
Ragazzi io ho un problema.
Non mi rendo conto e quindi non riesco a vantarmi della mia esperienza di lettrice.
Eppure di libri ne leggo tantissimi.
A volte troppi.
E ne è testimone una vista sempre mento spettacolare e una certe ritrosia a interagire con il mondo.
I libri sono amici fidati, amanti esigenti e delicati, e soprattutto non sono mai inutili.
Anche la peggiore lettura ha qualcosa da comunicare e quindi rispetto alle persone non è mai una perdita di tempo.
Però del libro ci si può stancare.
Anzi non del libro ma del genere.
Forse davvero chi ha letto moltissimo, ma moltissimo ha bisogno di dare voce ad altri sussurri, anche quelli meno popolari.
Ed è tra le nicchie che si trova la rarità.
Scrutando tra gli scaffali magari quelli più polverosi, meno frequentati, tra quelle case editrici che non urlano, ma parlano a bassa voce che noi nerd, intenditori o sfigati andiamo a cercare.
Il killer è uno di questi.
Storia a tratti cruda, a tratti di un sarcasmo feroce e con quella poeticità che solo le anime tormentate possono comprendere: fatta non di cuori soli e fiori ma di rimpianti e di scelte sbagliate che un po’, il cuore, lo lacerano.
E cosi una assurdità, uno strano scambio confonde le carte e gioca con quegli stereotipi che davvero a me sono indigesti.
I buoni e i perfetti e i cattivi imperfetti.
Si, interessante quasi come la vita di un ascaride.
O forse quella è più eccitante.
Insomma, è giusto che la redenzione, il pentimento e la crescita divenga preponderante in un testo.
Ma che sia di esseri complessi come siamo noi umani, discesi dalle alte regioni del cosmo per un capriccio o per un atto d’amore e messi qual sulla terra a cercare di ricordarci chi diavolo siamo.
Perché chi scende e viene messo cosi tanto alla prova, se lo scorda.
Cosi come capita non solo a Garrell ma anche Benay.
Ognuno dei due totalmente inserito nel suo personaggio, posto a recitare a soggetto (perdonami Luigi se ti ho rubato la battuta) un ruolo prestabilito.
L’avvocato probo e puro, il killer crudele e senza scrupoli.
Ma dietro la loro smorfia spacciata per sorriso cosa si cela?
E dietro le loro convinzioni apparentemente granitiche?
Sono loro Ying e Yang, totalmente empatico con l’altro, un po’ di nero nel bianco e un po’ di bianco nel nero, quasi a omaggiare e esaltare proprio lui, fatto più di angeli e stelle, l’uomo.
Che tenta sempre di indossare la maschera peggiore, a farsi male e a assumere un volto feroce.
Ma alla fine è sempre cosi fragile da amare, con tutto se stesso qualcosa. Un animale.
O un bambino.
O Se stesso tanto da svegliarsi e diventare consapevole di poter avere un altra possibilità.
In fondo, la morte qua non è la fine, quanto una rinascita.
Pensate, finalmente il concetto di compassione diviene fatto pratico: provare e sentire ogni emozione, ingiustizia, o dolore come se fosse il nostro.
Lo schiaffo sulla pelle come se fosse dato a noi.
E allora il killer diventa un libro davvero profondo e poetico, e un anima come la mia tralascia, stranamente il lato pulp….a convincerla c’è molto altro.
Siate sempre capaci di sentire, nel più profondo, qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunque, in qualsiasi parte del mondo.
Ernesto Che Guevara
Grazie per l’analisi delicata come una pennellata su tela.
Canova Luca
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Grazie a te per avermi emozionata. Alessandra
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