“La tana del polpo” di Giorgio Lupo, Augh! edizioni. A cura di Gaia Puccinelli

Placido Tellurico, un nome che è tutto un programma; potremmo definirlo quasi un nomen omen, un nome che racchiude un presagio.

Infatti, Placido è un commissario di polizia che, dopo un tragico errore, per il quale ancora cerca redenzione, si ritira a Termini Imerese, sognando una vita tranquilla, senza più colpi di scena.

Ed è qui che il destino nascosto nel suo nome prende il sopravvento; la vita ha in serbo per lui altre scosse, altri casi da risolvere, altri omicidi da sventare e altri assassini da assicurare alla giustizia.

Tutto questo è allo stesso tempo ciò da cui il nostro protagonista sta scappando, ma anche ciò che è nato per fare, con il suo fiuto da cacciatore e la determinazione radicata nel passato, è l’uomo più adatto a risolvere questo e altri mille casi.

Sulla tensione tra ciò che il commissario desidera, un’esistenza tranquilla e serena, e ciò di cui invece ha bisogno per realizzare il suo essere, si basa tutto il romanzo, mettendo davanti agli occhi del lettore un’amara verità: a volte non abbiamo scelta nemmeno riguardo a chi siamo.

Possiamo però fare anche noi come Placido, scegliere un modo tutto nostro per abbracciare la sorte, assecondare l’essenza che abbiamo dentro senza rinunciare a chi vorremmo essere. Abbracciare gli ossimori che si trovano nel nostro animo.

Ma questo libro non è solo filosofia, è anche azione e suspence.

La vicenda si snoda intorno al ritrovamento di un cadavere decapitato in modo macabro, un mistero che si infittisce pagina dopo pagina, acquistando tinte fosche man mano che ci è permesso di entrare nella testa dell’assassino, provando compassione per la sua tragica storia.

E come in ogni giallo che si rispetti, anche in qui dobbiamo assicurarci di prestare la massima attenzione ad ogni dettaglio, perché niente è lasciato al caso, ogni cosa ha il suo peso per la trama principale e per le sottotrame inserite ad arte dall’autore tra le righe di una storia più ampia.

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