
E adesso mi tocca vero?
Sono questi i momenti che detesto con tutta me stessa.
Quando un libro mi fa vivere in un altra dimensione e invece di indugiare sulla soglia del mondo incantato, devo tornare su questa terra cosi brulla e scarna per raccontare, trovando le parole migliori un sublime incanto.
Vi avverto, è impossibile.
Quando un libro ti entra dentro, non può assolutamente analizzarlo. Non rendi onore alla magia, non rendi onore a quel meraviglioso momento in cui sei profondamente te stessa e libera.
Non rendi omaggio alla speciale musica che quel testo emana, come un canto antico che riconosci e si, ti commuove e ti fa piangere.
Quindi perdonatemi, non sarò la solita prolissa.
Non ho intenzione di mancare di rispetto a questo quadro che è cosi oscuro e cosi luminoso, cosi ironico e cosi dolce, dolce da strappare uno strano sorriso bagnato da strani ruscelli che sgorgano dal core.
E quindi lettore che ti immergi nelle mie parole, preparati a raccontare il libro non sarò io, né la mia voce indegna.
Saranno solo pennellate intinte nell’inchiostro chiamato fantasia con la sola regole dell’immaginario.
Il detective fantasma affonda le sue mani in uni dei tabù del nostro tempo: la morte.
In ogni pagina i protagonisti l’affrontano in modo diverso, chi con sdegno, chi con rassegnato fatalismo, chi con dolore.
E chi in fondo rendendosi conto di essere un po sua figlia e non poterne in fondo fare a meno.
E sullo sfondo di fantasmi non morti, esseri in bilico tra oblio e regno altro e persino i ribelli, colore che alla nera signora e ai suoi piani oppongono un no deciso esiste lui, il signore dei crocicchi, una figura che apparentemente sembra uscita dagli incubi, e che invece non è che uno strano sogno, di quelli che odorano di incanto e di magia.
In questo libro appare feroce e al tempo stesso leggiadro, dona i desideri agli uomini, un po’ li beffa e è sempre in lite con la signora dalla falce argentea, rea di essere un po’ burocrate.
Chi è mai questo personaggio?
Nel testo lo chiamano persino Papa Legba.
Altri lo identificano con lucifero.
Io l’ho identificato con il guascone per eccellenza Baron Samedi cosi tanto odiato eppure cosi incompreso.
E’ dalla sua ribellione e dal suo modo non ortodosso di concepire la vita che parte tutta l’avventura invi descritta.
Alla ricerca del colpevole di atroci delitti.
Eppure..
in questa epopea cosi romanticamente gotica nessun male è davvero male.
E’ piuttosto il non comprendere l’importanza dell’altro mondo.
E’ il nono conoscere le leggi del mistero che, in fondo, ci fa inciampare, tentennare e compiere abomini.
Ecco perché devono esserci intermediari che conoscono si il mondo dell’abisso ma che la tempo stesso siano capaci di colorarlo di emozioni. Amore paterno, amor carnale, amore e nostalgia.
Voglia di compassione e bisogno di avere qualcuno da proteggere, da accudire e da abbracciare.
Anche in silenzio, anche fingendo di essere solo gusci vuoti.
Anche il sommo divino Burlone in fondo combatte signora morte perché attratto, conquistato, ammaliato da signora vita.
E signora vita in fondo non fa altro che amare, redimere e abbracciare.
Anche se non lo vogliamo ammettere.
Anche se il nostro ruolo, stabilito dagli uomini, ci pone al di la della linea che demarca la realtà dal sogno.
Capite perché ho amato detective fantasma?
Perché se persino un duro come Jack White ha bisogno della vita, se persino l’uomo dei crocicchi ha bisogno di questo piano d’esistenza, significa che la vita è il bene più prezioso che abbiamo.
E se per tornarci, camminare, muoversi in quelle strade cosi affollate, cosi ricche di emozioni c’è bisogno di una brutta faccenda da risolvere, beh allora chi significa che questo mondo ha un po’ di importanza.
Non tanta, ma abbastanza per non torturarlo con l’indifferenza che ci è propria.
l’Uomo dei crocevia avrebbe potuto tirar fuori i piedi dall’acqua facendo arretrare l’oceano di un passo, ma aveva preferito sporcarsi, stare scomodo e imprecare. Wyte lo rispettava per questo. C’era un motivo per cui il diavolo era sempre stato così caro all’umanità. Era come loro, l’espressione della loro stessa attitudine a sbagliare e fare stupidaggini. Era il genere di individuo che brucia la frittata, dice la cosa peggiore al momento sbagliato, mette il dito nella presa elettrica per vedere che cosa succede.
E’ bella cosi la vita, cosi imperfetta, imprevedibile, cosi sghemba, cosi unica e cosi breve.
Cosi piena anche se brucia in un attimo, da abbracciarla e tenerla stretta a te.
E allora dopo avervi scritto queste misere parole, ho deciso di accendere un sigaro bere un rum e brindare proprio all’uomo dei crocevia, che non è mai dritto, non ama le via lineari e un po’ in fondo mi assomiglia.