“voler bene in segreto” di Domenico J. Esposito, Eretica edizooni. A cura di Alessandra Micheli

Eccoci di nuovo a raccontare un libro a tratti scomodo, dallo stile immediato e realistico quasi un omaggio a una corrente letteraria che crede non tanto nell’immaginare scenari alternativi e gentili voli pindarici, ma che si nutre e si basa su una quotidianità ritenuta poco intellettuale.

E’ un pianto della scavatrice di pasoliniana memoria, che necessita di un approccio diretto, semplice ma assolutamente, a non semplicistico.

Come a voler sottolineare che anche nella cosiddetta banalità del nostro vivere, senza slanci idilliaci e senza pompose manie filosofiche, si trova materia da mutare in arte e in melodia.

E infatti quasi con cipiglio testardo e anticonformista persino il titolo fa omaggio al ritmo, fattore essenziale di ogni arte letteraria: voler bene in segreto è si una sorta di presa di posizione ambivalente riguardo ai sentimenti, ma anche il verso di una canzone creata, appunto, dalle velleità artistiche del protagonista Efrem.

Che come ogni eroe che si rispetti è continuamente sedotto da uno dei peggiori demoni presenti sul nostro cammino che amo nominare prendendo a prestito un termina tanto caro al mio amato Charles: spleen. Quel tedio, quella sorta di cappa oscura che avvolge un po’ tutti gli umani, ma che altri sentono più profondamente come legacci ai polsi, diventa il vero protagonista di tutto il testo.

E’ il tedio, la noia esistenziale costellata da argini chiamati dubbi che si interpone tra la semplicità teorica della vita e il so svolgimento quotidiano, che necessità di azioni e non solo pensieri, di scelte e perché no di coraggio.

Efrem ha coraggio?

E’ la domanda che il lettore si pone a ogni capitolo.

Efrem riesce a essere un eroe dei nostri giorni?

La risposte è un ni.

Da una parte è coraggioso perché lascia scorrere i gironi nell’inconsapevole certezza che è il tempo che scioglie nodi e dona, alla fine come un fulmine a ciel sereno la risposta giusta, capace di aprire la prigione nella quale siamo o ci siamo rinchiusi.

Dall’altra ha un lato pavido, quando si trastulla nelle sue convinzioni a tratti paranoiche di non essere altro che il centro del mondo, il sole che viene continuamente oscurato dalle nuvole, il fulcro che fa muove astri e pianeti.

E soltanto nell’attimo in cui comprende, riesce a comprendere di essere un ingranaggio importante per carità, nel grande orologio chiamato cosmo, riesce a acquietare quell’anima tormentata e ad convivere, badate bene non a allontanare, lo spleen.

Voler bene in segreto è dunque il racconto iniziatico di un bambino che tenta di diventare uomo, cadendo e rialzandosi ogni volta, in un costante moto circolare.

Ma c’è di più.

Nel testo esiste la riflessione sui sentimenti denominati amore, amore per l’altro, amore come ideale, amore come talento, amore a trecento sessanta gradi.

E sarebbe scontato e banale, non un omaggio alla complessità celata dietro un apparente semplicità raccontare come la morale di voler bene in segreto sia un invito a non chiudersi in se stesso e a esprimere i sentimenti verso gli altri e i propri hobby a gran voce, tatuando quasi questo urlo sul petto, come segno di una propria apertura verso il mondo.

E’ anche questo.

Ma dietro il titolo, dietro a voler bene in segreto esiste un senso quasi pudico verso emozioni e sentimenti troppo espliciti, dati in pasto a un mondo che li fagocita e li rende sempre meno speciali, sempre più clamorosi, sempre più business.

Efrem è un po’ controcorrente anche in questo: il suo amore lo esprime in silenzio, come una sorta di offerta simbolica al suo sovrano, il silenzio. Ed è nel silenzio che matura la sua crescita.

E’ nel silenzio che risolve i suoi rompicapi.

E’ nel silenzio dolce e empatico che ritrova la sintonia con l’altro.

Perché in un mondo cosi ricco di parole, cosi cacofonico è l’essenzialità che restituisce valore alla nostra natura umana, ed è forse quest’essenzialità in grado di combattere il demone del tedio.

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