“Il cacciatore di miele e la tigre del Bengala” di Davide Latini, Haiku edizioni. A cura di Patrizia Baglioni

Questo libro è una cornice che apre le sue pagine sul territorio selvaggio delle Sundarbans, nel Bengala, dove la foresta è padrona accattivante e terribile.

Natura matrigna, verrebbe da dire, leggendo della tigre “mangiatrice di uomini” o dei feroci coccodrilli che affogano lentamente la propria vittima nelle acque melmose del fiume, o dei pitoni che si mimetizzano tra i rami.

E poi la più implacabile delle creature: l’uomo che non ha pietà neanche verso i propri simili, li sfrutta, li umilia e li esclude.

Il racconto mi colpisce, perché per più della metà credo sia ambientato in un’epoca passata, un tempo in cui diritti civili e sociali erano lontani e invece si parla dell’attualità.

Ancora oggi circa cento uomini rischiano la vita per raccogliere il miele nella foresta sottoponendosi ai pericolo di essere attaccato dagli animali selvatici, in modo particolare dalle famose tigri e morire.

La loro non è una morte onorata, al contrario, le mogli dei cacciatori di miele caduti in missione, vengono ostracizzate, si pensa che portino sfortuna.

Roni è troppo giovane quando suo padre viene ucciso da una tigre, si ritrova sulle spalle il sostentamento di sua madre e sua sorella.

Il cibo non c’è, il lavoro neanche, quello di pescatore non consente loro di avere una vita dignitosa, per questo sua sorella vuole scappare a Dacca, per avere un’esistenza diversa.

Ma Roni è figlio delle Sundarbans, pensa che una via d’uscita debba esserci, che giustizia si possa fare.

Lui è giovane, è pieno di passione, ma il suo è un sentimento di vendetta che si scontra con una adolescenza che dovrebbe essere libera e spensierata.

Roni non ha il tempo di crescere e di formare un suo pensiero, la vita sembra scegliere per lui e presto si ritrova nella foresta come suo padre con il terrore negli occhi e la disperazione tra le mani.

Il ragazzo fa il suo dovere, e sfida i propri limiti fisici e mentali.

Nel frattempo Nasima, sua sorella si trasferisce nella grande città di Dacca, dove tutto sembra possibile.

Ecco, la possibilità si spegne, c’è solo guerra, amarezza, povertà e abuso.

Ognuno dei protagonisti di IL CACCIATORE DI MIELE LA TIGRE DEL BENGALA prova a mettersi alla prova, a superare l’invalicabile: un sistema basato su una speculazione senza regole, se non quelle dell’estrazione sociale.

Un romanzo intenso, che scuote il lettore e lo porta a riflettere, sulle economie attuali e sull’importanza del senso di comunità.

Il problema è quando ci si specchia nell’altro e si incontrano gli occhi della tigre del Bengala, che utilizza il solo linguaggio della violenza, capace di tutto pur di proteggere la propria vita.

Roni aspetta quello scontro, per averla vinta, perché una rivalsa ci vuole, una speranza è necessaria.

Riuscirà a sconfiggere la tigre?

Leggete e riflettete, e portate con voi la storia di Roni e Nasima.

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