“Il seminarista” di Antonio Vasselli, Robin & Son edizioni. A cura di Alessandra Micheli

E’ un libro complesso quello di Vasselli.

E non sapete quanto questo mi ha reso felice.

Finalmente qualcosa da scandagliare, osservare e scoprire.

Perché la trama è fitta e assomiglia a uno di quegli arazzi dai mille fili diversi che però, uniti formano dei paesaggi o dei disegni che rasentano la perfezione.

Il seminarista è un libro di questo genere.

E proprio per la sua complessità è difficile da raccontare, poiché si rischia di rivelare troppo e togliere al lettore la bellezza della scoperta.
Quindi tenterò di tenermi sul vago, seppur evidenziando come mio solito il punto focale della trama che è e resta il contenuto e i suoi messaggi.
Pronti a iniziare?

Cominciamo.
Molti sono i discorsi aperti dal Vasselli.

E rappresentano altrettante sottotrame che apparentemente sembrano scollegate l’una della altre.

Questa tecnica richiede una notevole capacità e un notevole talento, poiché poi si rischia di lasciare qualcosa di aperto, di non spiegato e, soprattutto, raccogliere e riannodare i fili spersi è un impresa..eccezionale.

E a lettura ultimata, se si procede a ritroso, ossia dall’ultima pagina fino all’inizio, si scopre come in realtà i diversi discorsi appartengono a uno, omogeneo e onnicomprensivo, che abbraccia il dramma umano nella sua interezza: il terrore.

Che sia terrore del giudizio divino, di una scienza senza etica e morale, la paura che, i valori, possano essere sacrificati sull’altare del business, poco ci importa.

Ogni personaggio è seguito e braccato da questa grigia signora molto più evanescente e inconcreta di Signora Morte.

Soffia il suo vento sui nostri volti, sibila negli angoli, seduce e conquista nel silenzio.

La paura è ovunque e noi oggi la conosciamo perfettamente.
Ed è resa ancor più perturbante perché si rivolge a uno dei posti che, la tradizione, la consuetudine, il sentito dire cementato in certezza, ci ha costretti a vedere come tranquillo e rassicurante: il luogo sacro per eccellenza. La chiesa, i suoi vicari e la sua missione sulla terra.
E’ nella chiesa che si compiono i terrificanti omicidi del mastino.

E’ la chiesa che sembra intessere strani rapporti con servizi segreti e ordini segreti.

E’ la chiesa che sembra custodire dei misteri non solo dell’anima, ma del nostro cosmo.

Se ci pensiamo la storia lo racconta.

Il Vaticano ha protetto segreti inimmaginabili, dalle più ardite teorie conservate nelle arcane pagine dei manoscritti perduti alle più sfrontate ammissioni sulla realtà del rapporto tra scienza e religione.

E’ tutto custodito, reso inavvicinabile alla popolazione considerata non pronta a certe rivelazioni.

Molti thriller viaggiano proprio su questo binario: cosa hanno davvero nascosto a tutti i membri del clero?

La verità su Dio, sulla Bibbia, sulla storia della salvezza, persino sulla credenza nei fantomatici alieni.

E ha avuto anche tante commistioni con intelligence di tutto il mondo, per non parlare dell’influenza della massoneria all’interno delle stanze del Vaticano.

E non solo enigmi che stuzzicano la nostra voglia di mistero.
Ha nascosto tradimenti, omicidi, intrallazzi con la finanza, tentativi di corruzione e persino scivoloni molto più terreni e banali.
Ecco che nel seminarista la storia si fa thriller, o ,per meglio dire, il thriller si serve della storia per un progetto ambizioso, in cui raccontare, in fondo, cosa accade davvero quando non è la fede, quella sincera, quella pura, a guidare le nostre azioni e le nostre scelte.
Ma è solo il latente senso di colpa di non essere degni agli occhi di un dio creato su misura, di aver infranto un patto di cui non si conoscono le clausole e di perdere, perché questo succede, la fiducia nell’istituzione.
Il mastino si sostituisce a Dio proprio perché, in fondo, Dio ha abbandonato quei loro cuori.

Almeno è cosi che apparentemente sembra, perché in questa ricerca della rivelazione, non solo spirituale, ma materiale e persino delle origini, è l’imperfezione che ne esce vittoriosa.

La fede cosi rappresentata non è altro che una chimera.
Non si può aspirare al perdono di qualsiasi energia arcana, se prima non si accetta di guardarsi davvero allo specchio, di mostrarsi fragili ma forti nell’ammissione di quella fragilità, ed è forse per questo che il mondo, oggi, ci appare cosi dannatamente vuoto e guasto: siamo alla ricerca di una perfezione inarrivabile, correndo come pazzi per arrivare per primi sulla cima della montagna, senza goderci affatto il viaggio e il percorso.
Cosi pieni di colpa per non essere degni affatto di quel dono fattoci da qualcosa che lassù brilla.

E che per quanto assurdi, fragili, incompleti, emotivi e traballanti, ci ha reso più brillanti degli angeli e coronati di gloria e stelle.

Perché a volta la risposta al perché della vita non è importante quanto la domanda.

E’ in quel momento che, fili resi ingarbugliati da qualche divinità dispettosa e serafica, possono tornare al loro ordine primordiale, mostrando un disegno complesso che brilla in tutta la sua magnificenza.

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