
Niente può intrigare una mente pronta, capace e fantasiosa, più di un enigmatico “What if…?”.
Prima ancora che Disney ne facesse lo slogan della serie innalzata a stendardo del multiverso, il mondo dei “E se…” si era già da tempo conquistato un suo angolo privato nella letteratura, guadagnandosi il nome importante di Ucronia, nessun tempo.
Betta Zy ci regala una prospettiva alternativa su uno dei periodi storici più inquietanti e al contempo intriganti della storia contemporanea.
Intinge il suo Codice Redox nelle acque torbide della Seconda Guerra Mondiale, restituendo una versione ammantata di fantascienza che tuttavia segue in modo fedele molte delle vicende realmente documentate, portando interpretazioni alternative.
E nuovi inaspettati protagonisti.
Dietro le grandi innovazioni in campo scientifico e bellico del Terzo Reich forse non si trovano solo le menti geniali e folli di scienziati come il Dott. Mengele.
E se…. a fornire conoscenza e tecnologia avanzata ad Hitler fosse stata una razza non umana, gli Ariani, insediatasi sulla Terra per studiarne caratteristiche e popolazione?
E se questa popolazione avesse stretto una sorta di alleanza con Hitler, senza essere pienamente consapevole di cosa ciò avrebbe comportato?
“In fondo loro rappresentavano il grado successivo dell’essere umano. Anni di esperimenti li avevano portati ad una veloce evoluzione, e con l’aiuto dei tedeschi avevano raffinato e perfezionato le loro fattezze avvicinandosi sempre di più alla perfezione.”
Dopo un incipit in cui le vicende socio-politiche e militari hanno un ruolo fondamentale nel costruire le basi della trama futura, grande spazio viene dato agli innumerevoli protagonisti, un susseguirsi di personaggi di nazionalità e professioni diverse che attraversano la Storia, la vivono, la costruiscono.
A partire da Brigitte ed Hans e quel muro eretto così, improvvisamente, a spezzare in due una città, intere famiglie, l’Europa stessa, le convinzioni e i pensieri fino ad allora dati per scontati.
La forza del romanzo corale, a mio avviso, è qualcosa di necessario laddove le vicende sono più grandi e complesse della singola volontà.
Scelta quindi decisamente azzeccata quella di diramare gli eventi attraverso il tempo e lo spazio, balzando di casa in casa, da punti di vista diversi, ma sempre connessi da un filo rosso visibile solo al lettore.
Molti i personaggi: compagni che condividono missioni top secret, forze militari, giornalisti, semplici insegnanti o studenti universitari.
Alcuni sfiorati di fretta, come in un incontro fugace tra sconosciuti al bar o sulla metro.
Solo un nome a caratterizzarne il profilo.
Di altri conosciamo prima il padre o la madre, e li vediamo poi crescere rapidamente sotto le nostre dita intente a scorrere da una frase all’altra.
In una posizione di ingannevole onniscienza, li osserviamo indagare, scoprire, scavare sotto i segreti dei genitori, delle forze politiche del dopoguerra, della CIA e del KGB.
Paradossalmente, la necessità di creare connessioni, di comunicare, di ricordare incontri preziosi si manifesta proprio dove c’è divisione, diversità e sospetto.
E sarà proprio questa ricerca di legami e punti di contatto per avviare un processo di conoscenza tra “diversi”, a mettere a rischio il delicato equilibrio creatosi tra le fazioni schierate, a smuovere e a far precipitare gli eventi verso l’epilogo.
Epilogo sospeso, congelato nelle ultime pagine, in attesa di vedere la sesta compagnia entrare in azione nel prossimo capitolo della saga, alleati alla ricerca della verità nascosta dietro ad un crudele omicidio.
In un gioco di collaborazione, equilibri e scambi di conoscenze e informazioni, proprio come in una reazione chimica di ossidoriduzione in cui elettroni migrano da elemento ad elemento rispettando il principio di annullamento delle cariche opposte.