“Milano sotto tiro” di Matteo Speroni, Fratelli Frilli editore. A cura di Alessandra Micheli

Ci ho messo tanto per scrivere questa recensione.

E sapete il motivo?

Il libro di Speroni è perfetto.

E voi sapienti come fate quando dovete parlare di qualcosa che, in fondo, si dovrebbe soltanto leggere?

Ditemi voi dotti, come trovare le parole, perché io certamente non so come raccontarlo.

E’ un amico il mio adorato Luponi.

Uno di quelli che sai che incontrerai nel supermercato a cui chiederai consigli e con cui parlerei in una trattoria animata da strani personaggi, del mondo che scorre troppo veloce, quel mondo in cui non ti trovi affatto.

Magari racconteremo di Roma, funestata da quel gergo che si allontana dalla veracità che tanto amavo.

O del boom economico che, al contrario non ci ha fatto affacciare al futuro, ma ci ha reso sempre più tristi e nostalgici di un qualcosa che non possiamo più sognare perché è qua per noi.

Milano sotto tiro è tutto questo.

Non solo il noir che sconvolge la nostra tranquilla sonnacchiosa vita con l’orrore dell’indifferenza.

E non è solo la sfida che un abile narratore lancia al lettore di genere, troppo tronfio e sicuro di se.

E’ un viaggio dentro la nostra umanità che vive e si nutre persino della città che ci regala i natali.

E ci forgia con i suoi pro e i suoi contro.

Luponi è quel passato a cui persino io mi rivolgo con una sorta di strana nostalgia.

Quanto tutto era più facile, quando il futuro era una chimera che ci spronava a andare a avanti.

Quanto il business in fondo non ci aveva ancora avvizzito dentro. Quando il natale forse sapeva di magia e meraviglia e non si apparenza e dovere.

E cosi in questo mondo che corre, corre troppo, tra noia e apatia sono le riflessioni del nostro ex a farci vibrare il cuore.

Riflessioni su questa pazza società in cui ci troviamo a vivere.

Che io contesto ogni giorno e che a tratti dipresso con un cipiglio da intellettuale fallito.

E invece dovrei in fondo apprezzare, perché è la mia possibilità di riscriverei l futuro.

Io che oggi posso, che posso scrivere, ballare, studiare e progettare.

E grazie alla sciarada che in questo libro si svolge sotto il mio sguardo attonito, posso cambiare prospettiva.

E cosi non risolve solo il caso intricato e assurdo, ma anche guardare con altri occhi, meno crudeli il mondo che mi scorre davanti e quella città che è cosi piena di contraddizioni da rasentare l’assurdo.

Perché noi sempre in bilico tra innovazione e tradizione, cosi sospesi tra provincialismo e orizzonti sempre più ampi, siamo gli unici, i soli a poter non solo dare un volto all’assassino ma a conservare, come un qualcosa di prezioso le storie delle vittime.

E sono loro che ci parleranno in questi capitoli, loro e il vero protagonista Milano che è un po’ tutte le città e l’unica, che un tempo correva con un passo danzante verso l’orizzonte e che oggi, seppur zoppicante non è mai stata cosi bella e triste.

E cosi il noir si conferma un genere che è un baule a doppio fondo: appena lo apri ti serve il delitto perfetto.

Ma se scavi troverai tesori nascosti.

Milano mia, portami via

Fa tanto freddo e schifo e non ne posso più

Facciamo un cambio, prenditi pure

Quel po’ di soldi, quel po’ di celebrità

Ma dammi indietro la mia Seicento

I miei vent’anni e una ragazza che tu sai

Milano scusa, stavo scherzando

Luci a San Siro non ne accenderanno più

Roberto Vecchioni

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