“Giallo al cimitero maggiore” di Paola Varalli, Fratelli Frilli editore. A cura di Alessandra Micheli

Sono sempre più convinta che, la musa occhieggi innamorata verso di me. Altrimenti non mi spiego come mai ultimamente ogni libro è un atto d’amore nei miei confronti.

Sei tu divinità che dalle nuvole mi elargisci sorrisi?

Non so dirlo.

So solo godere di questi incantati attimi, di queste meravigliosa parole che compongono un testo che, per ironia della sorta, scappa dalla carta e si fa immagine.

Giallo al cimitero è uno di questi fotogrammi che, tutt’oggi danzano davanti ai miei occhi rapiti e finalmente sognanti.

Nonostante sia un giallo classico esula dal giallo, lo corteggia, lo seduce per poi abbandonarlo e abbracciare altre mille generi dalla narrativa ironica al romanzo sociale.

Tutto condito con uno stile fresco, intrigante capace di ricordare per alcuni versi il buon Camilleri per altri…il buon Twain.

C’è infatti un tocco di sarcasmo, che si differenzia da quello del buon Mark per una nota di dolcezza tipicamente femminile.

Si sa noi siamo caustiche, ma con un tocco di grazia che deriva dalla capacità congenita di provare empatia.

Del resto la donna non è stata per secoli simboleggiata dall’elemento acqueo? Ecco è proprio l’acqua che si adatta e riempie ogni contenitore, senza modificarne la natura ma lambendo le pareti con la sua fragrante umidità.

Ecco l’immagine migliore per descrivere l’empatia.

Riempire ma non modificare, restando sempre due oggetti distinti.

La Varalli in questo testo immette, dunque, un tocco di autentica femminilità che non stonerebbe sulle labbra di femministe come la Pikola Estes.

Anzi oserei dire che le due protagoniste, Anita e Mirella sembrano uscite direttamente da uno dei saggi della nostra Clarissa: lupe insofferenti alle regole, eppure con un senso della giustizia che permea ogni loro passo come fosse un profumo di tempi andati.

E cosi dalla loro differente eleganza una coda birbante spunta da sotto le gonne, rendendole davvero una loba feroce e tenera, assurda e fiera, curiosa e al tempo stesso decisa.

E cosi che viaggiano attraverso la storia divenendo persone reali, concrete e cosi vicine a noi, per quei dettagli e quei pensieri che ci scavano nel profondo.

In uno scenario misterioso e al tempo stesso quotidiano lo straordinario, simboleggiato da un incontro impossibile, irrompe nella routine di una di loro, mettendoli a contatto con due realtà che fanno parte di noi e al tempo stesso ci sfuggono: il dolore e la perdita.

Sono questi due elementi che creano l’intreccio e fanno muovere i personaggi con quei fili intricati chiamati scelte: come reagire alla perdita?

Come tappare i buchi dell’anima provocati dal dolore?

Redenzione lenta, come un percorso innevato e meraviglioso o la soluzione placebo migliore e indolore, ma incapace poi di tapparli quelle cesure?

E cosi tra una risata e l’altra si riflette.

Ci si diverte, e si viaggia assieme a due pazze scatenate, ma cosi vicine a ognuna di noi che alla fine comprendiamo come in fondo, una Mirella e un Anita vive in ciascuno di noi.

Ancora una volta la Fratelli Frilli si rivela una fucina di talenti e di meraviglia. Grazie mia musa!

E grazie a te meravigliosa casa editrice.

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