“Storia Generale dei pirati volume uno e due. Henry Every, il re dei pirati e La leggenda di Barbanera” di Daniel Defoe, Haiku edizioni. A cura di Alessandra Micheli

Quando il mondo è troppo duro e la malinconia arriva di soppiatto alle spalle, prendo un libro e cerco di combattere il vuoto che ghigna feroce.

E non lo faccio con un testo qualsiasi ma uno dei libri sui pirati. Egh si miie amati lettori.

Quei feroci predoni con quella cupa bandiera fatta di teschi e tibie hanno sempre allietato la mia fertile fantasia di bambina.

Tanto che spesso lasciavo da parte le letture congeniali a una “ragazza” e mi immergevo nelle atmosfere salgariane, dove persino le donne potevano ambire a diventare membri di un equipaggio che aveva il profumo sottile e conturbante dell’anticonformismo.

E per fortuna che ho avuto una grande madre, una che si sarebbe fatta bruciare la rogo piuttosto che vestirmi e vedermi comportare da principessa.

Sono sempre stata spinta a assecondare la mia parte ribelle, polemica, quella capacità di mettere tutto in discussione a patto che lo facessi con la cultura. Leggendo, informandomi e studiando.

E analizzando ogni concetto, ogni discorso e ogni presa di posizione.

E il pirata era un po’ il mio simbolo.

Ecco perché quando i mari si fanno grossi, e la nave rischia di essere sommersa da qualche kraken, il pirata prende il sopravvento a guida la ciurma verso tesori nascosti, in barba ai pericoli e alla convenzioni.

Quelle che ci vorrebbero ligi al dovere o ligi alle regole sociali che non sempre tirano fuori la parte migliore di noi.

E forse per omaggio alla donna straordinaria che mi ha cresciuta, quella che oggi dalla sua stella grida “all’arrembaggio!”, che sono felice di raccontarvi un po’ questi due testi.

Cosi belli e cosi originali rispetto al marasma di racconti e mai narrazioni che inondano la nostra editoria.

La Haiku a fatto centro con questi volumi di storia dei pirati.

Testi particolari per i più, controversi per i puristi della letteratura colta.

Ma piccoli gioielli da custodire con cura.

Non solo le vite dei pirati descritte con abilità e un pizzico di pericolosa passione ma sopratutto la portata simbolica che ebbe questo tema della pirateria.

Oggi lo vediamo ovunque sdoganato da film e da nuovi testi.

Eppure non comprendiamo appieno perché ancora oggi affascini cosi tanto. Provo a spiegarlo io cosi che in un atto piratesco possiate fondarvi a leggere delle vite di Barbanera e Henry Every, il Re dei Pirati.

Tutti e due sono stati definiti nei modi più disparati.

Crudeli, feroci, avidi, uomini che andavano contro la nobile arte della marina. Ma è davvero cosi?

Ciò che emerge da queste due biografie è però una vicenda un pochino diversa. Ed è la voce popolare, vox populi a definirli meglio di quanto la storiografia ufficiale possa fare ( del resto si sa, la storia la fanno i vinti).

In realtà i pirati appaiono come piccoli Robin Hood dei mari ribelli che si ergevano contro la stratificazione sociale, contro le lobby commerciali e gli aristocratici che snobbavano un popolo in cerca, forse di riscatto, forse, in quell’idea di libertà che solo il mare, ma il mare quello vissuto può donare.

Del resto lo sappiamo bene che nella seconda metà del cinquecento fino alla fine del settecento il mondo della marina era (e forse mi permetto di dirlo resta) molto classista.

Lo strapotere dei capitani (caso strano aristocratici) e delle compagnie di commercio per cui lavoravano dava leggermente fastidio.

Era il sintomo di una società che nascondeva sotto le eroiche finte imprese, le loro contraddizioni feroci, molto più dei pirati che abbordavano le loro ricche navi.

E i marinai e ovviamente le loro famiglie costretti a lavori massacranti, e spesso reclutati in maniera forzata.

E sulle navi non esisteva certo l’avventura.

Ma angherie e soprusi.

Quindi unirsi a quei reietti diventava quasi una seduzione e una tentazione impossibile da respingere.

Unirsi a loro significava in fondo liberarsi di una sottile e perniciosa forma di schiavitù.

E volete mettere l’adrenalina e l’avventura che scorre nel sangue che solo il ribelle sa donarti?

E volete anche negare l’alto guadagno ottenuto dalle razzie?

In più sulle navi pirata vigeva una sorta di strana democrazia visto le norme di comportamento rigide e precise che venivano seguite.

Del resto era la ciurma a nominare il proprio capitano, magari tra i valorosi e i meritevoli, tra coloro che si erano distinti nell’abbordaggio della nave. E magari colui che aveva permesso il maggior guadagno.

Ecco che Every e Barbanera qua risorgono dalle ceneri della memoria e ci spingono, forse, a ribellarci allo status quo e alla spartizione affatto equa delle risorse.

Almeno di sognarla.

Che è già tanto.

Quindi cosa aspettate?

Cazzate la randa e salite a bordo.

Stiamo per solcare i mari e arrivare ai confini del mondo!

2 pensieri su ““Storia Generale dei pirati volume uno e due. Henry Every, il re dei pirati e La leggenda di Barbanera” di Daniel Defoe, Haiku edizioni. A cura di Alessandra Micheli

  1. Forse quella che facevano i pirati era vita vera, compresa di tutto: vittorie, sconfitte, gioie, dolori, avventure e razzie. Vita in nome di una libertà spavalda a baluardo di una loro piccola società, secondo me, più che ben funzionante. Forse è per questo che venivano mal visti dalla società, quella fittizia, insipida e inquadrata che permane ancora adesso… Del resto io l’ho scritto un brevissimo articolo in cui dico che secondo me, bisognerebbe vivere come un pirata! Spero di averci visto giusto…

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