
Eccovi miei amati lettori, di nuovo con me per un altro viaggio perturbante all’interno delle idiosincrasie della nostra amata società, che sta dimostrando tutte le sue fragilità che si veste con colori sgargianti tentanto, seppur invano, di mascherale e di farle passere per punti di forza.
E cosi l’arrivismo, la scorciatoia, il fine giustificano i mezzi, parole da noi conosciute ma che acquistano un diverso senso, una semantica capace di allontanarle dalla loro vera essenza.
Semplicemente placebo, non in grado di curare alla radice il nostro malessere e che, al contrario acuiscono in modo totalizzante quel nostro senso costante di vuoto.
E’ difficile per tutti noi fermare lo sguardo proprio su queste cesure.
Cosi riempite di marcio, brulicante di vermi come un terrificante arto in cancrena.
A noi possiamo soltanto, da pavidi quale siamo, distogliere lo sguardo, inorriditi nella consapevolezza che, tutto il nostro costrutto sociale, persino quello stato, la giustizia, la democrazia sono solo parole con cui ci infarciamo la bocca, ma che sono vuote, sono chimere, sono solo illusioni.
In questo caso soltanto un libro può farci attraversare quel terreno decadente, in un modo immediato, semplice e apparentemente indolore.
Perché il libro e la parole hanno la forza dell’immagine immediata, ma anche quella simbolica, dell’archetipo che mette le sue radici dentro di noi e germoglia a ogni cambio di stagione.
E le radici sono cosi forti, cosi centrate che non è più possibile sradicarla la verità.
Ecco il senso del dipinto di Roberto Zaupa.
Attraverso l’escamotage del perfetto noir, venato di sfumature del legal thriller ci parla con voce tonante di fallimenti, di contraddizioni, ridonando ai termini che abbiamo manipolato la giusta dimensione.
Il delitto diventa cosi una conseguenza nata in senso proprio di quelle imperfezioni, che non sono affatto tenere, giustificabili ,ma che sono frutto di parametri orrendamente vetusti, fallaci e obsoleti.
Ecco che i personaggi perdono la loro corporeità per asservire al ruolo di simbolo, comunicando altro e non solo la loro umanità.
Comunicando quel disagio strisciante che conosciamo bene e che nasce, troppo spesso da un’assurda volontà di rivalsa.
E cosi ci troviamo di fronte a un libro che è più di u n libro: con la sua penna atroce Zaupa, tratteggia una storia senza vinti ne vincitori, senza buoni ne cattivi.
Ci fa stanziare in un grigio eterno, soffocante e claustrofobico senza l’appiglio dell’eroe, del santo o del peccatore.
In questa nebbia caliginosa il fulcro della storia, il delitto non è altro che la nefasta conseguenza di un certo modo di concepire la società.
Non già come luogo di condivisione e si protezione, ma come mera di conquista del dominatore di turno, che verrà scalzato dal suo alter ego più furbo, scaltro o più..disperato.
Il malaffare non è più la logica conseguenza di una rottura posta al centro dell’animo umano che determina la modalità di approccio al reale, ma è al contrario il reale che mi mostra in tutta la sua crudeltà.
Con un ritmo serrato, con quella cupezza degna dei grani scrittori noir Zaupa ci regala un viaggio allucinato e allucinante attraverso la rivelazione di una verità da troppo tempo taciuta: un ambiente sano, un ambiente in cui i rapporti sono improntati sulla cooperazione, sul dialogo e sulla crescita produrrà sempre meno abissi tentacolari.