Paolo Santaniello, Monna Lisa Macaroni, Aporema edizioni

A volte l’apparenza conta, è questo quello che mi dico mentre osservo la cover di MONNA LISA MACARONI.

Qualcosa non torna, ecco, la famosa Monna Lisa non sembra lei, eppure la conosco bene: l’ho studiata a scuola, ne conosco la storia e soprattutto mi sono persa nei suoi occhi al Louvre.

Lo confesso, l’ho messa anch’io alla prova, come tanti, cercando di scoprire il suo segreto, l’ho aggirata con furbizia spostandomi velocemente da un angolo all’altro della stanza che Lei con suprema eleganza domina, e sì il suo sguardo mi è rimasto attaccato, malizioso, incurante, superiore allo scorrere del tempo e alla sfida.

Osservo con più attenzione la copertina, questo gioco di forme e prospettive mi inganna, è lei eppure sembra un’altra… questioni di apparenza.

La Monna Lisa da sempre l’opera più famosa del genio Leonardo Da Vinci, o forse no?

In realtà l’opera è sempre stata di grande valore, curiosa per la caratteristica dell’espressione ammaliante della donna dipinta, misteriosa per la sua origine, ma ad attribuirle fama assoluta fu il suo furto nel 1911.

Il dipinto fu trafugato dal Louvre e il fatto finì su tutti i giornali, gli investigatori dell’epoca setacciarono il museo da cima a fondo, interrogarono tutti i lavoratori, i visitatori degli ultimi mesi e personaggi celebri come Apollinaire e Picasso vennero sospettati.

Il ritrovamento dopo due anni consegnò anche il ladro: Vincenzo Peruggia, un decoratore italiano che stava lavorando alle cornici dei quadri del Louvre.

L’uomo di umili origini, dai modi timidi e riservati, era uno dei tanti italiani emigrati in Francia agli inizi del Novecento per trovare lavoro e una situazione di riscatto, visto dai francesi come un sempliciotto, un macaroni, chi poteva sospettare che avesse il cervello per un piano tanto delicato?

Giocosa, l’apparenza ha tirato a tutti un altro scherzo.

MONNA LISA MACARONI riprende con garbo e originalità questa storia.

Aspettate un attimo, i fatti sono gli stessi, alcuni dei personaggi che animano il libro sono realmente vissuti, eppure ancora una volta resto sorpresa.

In realtà me lo dovevo aspettare, conosco l’autore PAOLO SANTANIELLO, ho letto alcune delle sue opere, e ognuna di essa è diversa dall’altra.

Santaniello con abilità si muove tra generi diversi, vira dal racconto contemporaneo allo storico, ma c’è un aspetto comune tra i suoi libri: non avviene mai ciò che ti aspetti.

Questo dovrebbe essere garantito in ogni libro, il fatto è che il Nostro autore si diverte a partire da storie reali, conosciute, in questo caso famosissime, e arricchirle di dettagli, personaggi, immagini e ironia.

In questo modo l’accaduto riprende vita, si veste a nuovo, e acquista il fascino del rinnovamento, della prospettiva diversa e dell’inesauribile interpretazione.

Perché a dirla tutta, ancora oggi non sappiamo ancora con certezza perché Peruggia rubò la Monna Lisa, qualcuno disse per questioni nazionalistiche, altri sostennero la tesi della rivalsa personale, altri ancora una presunta stupidità di fondo.

Santaniello ci da la sua versione, e nel libro entrano un numero indefinito di personaggi (sicuramente definito e dal valore significativo per l’autore, scrittore – matematico), non finiscono mai, continuano a entrare in scena fino agli ultimi capitoli e quella che sembrava una vicenda scontata, perché conosciuta, diventa un intricato mistero da risolvere.

Il contesto è descritto in modo minuzioso, siamo agli albori del 1900 in una Parigi in rapido sviluppo dove la vitalità della Ville Lumière, esplode tra le vie, nei parchi e contamina tutti i cittadini.

Anche gli emigranti vorrebbero goderne, ma essi sottostanno alle prese in giro dei francesi, il pregiudizio verso gli altri spesso ha la meglio, gli italiani in modo particolare soffrono questo complesso d’inferiorità, questa difficoltà ad essere accettati e ad essere visti a priori come macaroni.

Il Louvre è già uno dei musei più frequentati e la modernità irrompe nelle abitudini quotidiane, nasce il cinema e si evolve rapidamente.

Anche due attori comici vengono chiamati a recitare la loro parte nel libro e Valentina si diverte a imitare la Gioconda, ingaggia una sfida di sguardi con lei, mentre immagina nuove storie da recitare con il suo compagno di scena… che per lei è anche qualcosa di più.

Gli avvenimenti si mescolano ai sentimenti e tematiche in apparenza lontane, ancora l’apparenza, si ricollegano tra i capitoli.

Così al tema dell’innovazione scientifica e tecnologica che dona sempre nuove possibilità si alterna la questione politica, gli ideali comunisti che conquistano gli umili e gli espatriati che restano al margine della società nonostante i loro sforzi.

E poi l’amore, immaginato, realizzabile e realizzato come quello tra Damien Routhier, il commissario di polizia in pensione e sua moglie Delfina.

L’immagine dei delfini a Venezia, è una delle più belle pagine d’amore che abbia mai letto, e il rapporto tra i due sorprende, intenerisce e attrae il lettore fino alla fine.

Perché ricordiamolo, nulla è come sembra, fino all’epilogo a dir poco sorprendente.

Mi riesce difficile concludere, vorrei dire altro, ma questo non è un libro da raccontare, ma da leggere, anzi da vivere.

Trascinante è l’ironia di fondo e la tecnica narrativa innovativa che incolla il lettore alle pagine e lo porta a chiedersi dopo ogni pagina: “e ora che succederà?”.

Do un ultimo sguardo alla cover, ma è reale o sto immaginando?

Mi sembra che il sorriso della Gioconda sia ancora più accentuato?

Forse si è specchiata e ha conosciuto la sua amica Macaroni.

Chissà che si raccontano? Forse è solo questione di apparenza.

Scopritelo voi! E buona lettura

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