
Eccomi di nuovo, dopo giorni e giorni davanti al foglio bianco.
L’emozione è sempre la stessa gioia perché le parole mi mancano e premono per uscire e paura, paura di non avere più nulla da dire.
E non perché i libri siano diventati muti, ma perché la bellezza mi offusca la mente, rapisce i sensi e doma quella mia ribelle anima.
E leggere è come avere una mano gentile che tiene le briglia di quella mente che, inutile che lo nascondo fingendo di essere razionale, preme rabbiosa per aprire la porta dell’altrove.
E so come l’atrove sia per me fonte di giubilo ma anche trappola, trappola da cui è impossibile sfuggire.
L’immaginario, il bizzarro l’inconsueto, la fantasia sono tentazioni, sono diletti da cui non riesco e non voglio sottrarmi.
Quindi è solo il libro a reggere il fragile filo che separa la veglia dallo stato di sogno.
Un filo lieve, un velo che troppo spesso, ultimamente, si solleva aprendo davanti ai miei occhi scenari di incanto e disperazione.
Tutto quel mondo che ho dentro allora si può riversare libero e indomito su questo bianco foglio che attende, con bramosia le mie parole.
E cosi orsù Alessandra, inizia a raccontare cosa hai visitato in questi gironi, centellinando le pagine, con una pigrizia inusuale per i miei standard.
Pronta a gustare lieta ogni frase,ogni capitolo, ogni descrizione. E davanti a me si è aperto un mondo, un mondo distopico, claustrofobico eppure suadente con quei suoi caliginosi e oscuri richiami.
Con quel castello sullo sfondo e i suoi sbuffi di vapore, le sue bizzarre creature e un signore del maniero dal cuore avvizzito, lentamente stritolato da demoni ghignanti.
Ecco come si apre ai miei occhi collezione privata.
Siamo in pieno steampunk.
Non fatevi ingannare dalla maestria della bravissima cantastorie che perfidamente dissemina false piste fingendo, per i non avvezzi al genere, che quest’avventura ha altri profumi rispetto a quelli quasi sulfurei del vapore, della tecnologia usata per fra brillare un impero morente.
Che ha il colore eterno di quel sentimento a cui persino Dante, con quel suo afflato di ardo civile, ha infine chinato sconfitto il capo.
L’amore esiste ed è davvero ben rappresentato in ogni sua sfumatura.
L’amor canale, l’amore per la scienza, l’amore traditore, l’amore bugiardo, l’amore fraterno, l’amicizia e persino quello che richiede come pegno la fiducia e ogni barriera costruita per non guardare mai più dentro di noi.
Dentro l’abisso dei nostri fallimenti, dei peccati e delle ossessioni.
Esiste questo sentimento in ogni pagina.
Esiste nelle sue più incantevoli colorazioni cosi come nelle più torbide e grigie fino al nero profondo.
Quello che macchia la sua purezza rendendolo comunque sacro, perché il sacro di dibatte sempre negli estremi.
Ma c’è qualcosa in più.
Un mondo che si presenta davanti a noi in tutta la sua magnificenza e il suo degrado, immagine di quella sfrenata sicumera e orgogliosa imperfezione che si mostra la mondo come medaglia guadagnata dopo una guerra atroce contro la superstizione.
Collezione privata è steampunk in ogni sua intima essenza.
Lo è perché accetta ogni suo canone, non solo la tecnologia portata all’eccesso ma anche i limiti che hanno spunto ogni autore a immaginare un mondo anacronistico: quello dell’apparenza.
Il mondo descritto dalla Durand è quello che noi nerd amiamo con tutta la forza: è caotico, brillante, capace di gridare il suo successo ma anche marcio, decadente, capace di sgretolarsi, nonostante il suo fulgido apparente splendore davanti ai nostri occhi attoniti.
In questo universo cosi profondo la manifestazione più evidente del progresso è soltanto quello di trovare un altra modalità per rendere la società stratificata e ordinata in gerarchie.
Solo i possessori del giusto status possono impadronirsi di ogni comodità.
Solo coloro scelti secondo canoni mai davvero etici dal potere possono concedersi il lusso di pavoneggiarsi con macchine di alta tecnologia o con collezioni di creature incredibili.
Solo loro possono sfidare il tempo e la natura con una sfida costante a quel Dio eco che, prima o poi, se non in questo libro in un altro si ribellerà al suo aguzzino.
E cosi nel castello di Enoch si ripete la farsa voluta dall’imperatrice scellerata, stolta e leziosa, decisa a godere del prestigio più che a mantenere intatta la comunità su cui dovrebbe regnare.
Si ripete la messinscena del potente che si diletta con i suoi trastulli, china il capio e accetta lo status quo.
E per farlo deve chiudere coscienza e cuore in una campana di vetro.
Mentre il tempo scandisce i minuti che gli restano prima che quel muscolo muoia asfissiato.
Cosi il creatore di quel mondo al contrario avanza con passo pesante e orgoglioso verso l’abisso.
Ma la nostra cantastorie dopo averci descritto con mirabile arte il suo personale universo steampunk deicide di cambiare le carte in tavola.
E grazie a alleati impensabili immette nelle scena un personaggio stravagante, ma necessario, capace di strappare a morsi quel copione trito e ritrito.
Stila.
La ragazza senza passato, senza memoria e pertanto capace di innovare proprio perché…tutta da riscrivere o da riscoprire.
Lei senza status, senza quindi pregiudizi o preconcetti, senza bagagli emotivi è libera, totalmente libera di scrivere la sua storia.
Senza regole e senza limiti.
E in quella riscrittura beh è ovviamente scontato che ci cada anche il signore del maniero, il crudele Julian.
Attorno a loro il mondo dell’imperatrice Cristina tenta di andare avanti.
Ma è Stila che lo ha inceppato.
Che ha stravolto ogni gerarchia.
Sarà lei sa donare una ventata di aria nuova e la possibilità…di pensare in modo diverso.
Dopo quell’uragano fatto di passione, intrighi amore e vapore, tutto sarà possibile.
E sono certa che la ribellione continuerà nel prossimo capitolo, regalandomi un altra emozione, da custodire come il bene più prezioso dentro di me.
Un libro splendido, adatto a tutti noi amanti di quelle astenosfere ma anche a chi si approccia per la prima volta al contorto, meraviglioso, ma mai limpido mondo dello steampunk.