“Xenomelia” di Francesco Gozzo. A cura di Alessandra Micheli

Con questo strano caldo che ci fa vivere in un tempo sospeso l’unico brivido a cui possiamo aspirare ora è quello dell’horror.

E di riscoprire le nostre più ancestrali paure.

Una delle più gettonate?

Quella che ci rende noi dominatori di questo universo ( o meglio cosi amiamo definirci) delle semplici prede.

Eh si miei lettori.

Troppo spesso giriamo per le strade tronfi e arroganti, convinti che la nostra tecnologia ci difenda sa ogni pericolo.

E in questo mondo iper-connesso anche i mostri di un tempo non trovano spazio per mostrarsi.

E questo lungi dal farci sentire sicuri e orgogliosi procura una sottile, leggerissima tristezza.

Che è cosi lieve da poter a volte essere ignorata.

Tranne in questi instanti di necessaria e forzata stasi.

Un po’ il caldo, in po’ la pandemia, un po’ la stanchezza di anni duri ci hanno portato al centro di noi stessi, a fare i conti con cosa siamo e sopratutto dove siamo arrivati.

E ci sembra di aver raggiunto il nostro acme: tutti può essere spiegato ogni possibilità sembra danzarci voluttuosa attorno.

Ma è per ironia della sorte questa possibilità di conoscere e di sperimentare che rende l’ignoto meno allettante.

E ci priva della magia del non sapere, del non detto e del mistero.

Ecco perché l’horror o la fantascienza ancora oggi sono i generi capaci di interessare, emozionare e avvincere.

E devo dire che il nostro
Francesco ha saputo creare un qualcosa di originale pur patendo dai soliti archetipi, quelli che piacciono tanto ai nerd come me.

Alieni contro terrestri, che si impossessano di un corpo che non sentiamo più nostro.

Arti che ci appartengono ma che sono stranamente disconnessi dal nostro organismo perfettamente omogeneo simile a una macchina straordinaria.

Cosa accade?

Abbiamo davvero problemi o…la soluzione è più difficile da sopportare perché agghiacciante?

La carne del moncherino iniziò a ribollire e una serie di lunghe propaggini che terminavano in aguzzi spuntoni ossei ne esplose in tutte le direzioni.”

Leggete questa frase.

Sembra scaturire dai nostri segreti e reconditi incubi, e echeggia in queste descrizioni ( ne ho scelta una la mai preferita perché mi sembra di vedere un grande antico finalmente prendersi ciò che è suo) anche film iconici come Man in black o Alien.

O libri straordinari in cui vermoni alieni ci indossavano come abiti come Hematopages.

Insomma una notevole abilità riecheggia nello stile di questo giovane autore capace di modellare con grazia (si trovo ci sia grazia nelle descrizioni anche oserei dire splatter) i topos del genere con una carica innovativa derivata da una certa interpretazione ironico sarcastica.

Del resto quale miglior modo per intrigare il lettore se non quello di presentargli un horror fantascientifico con tutti i crismi del caso ma nutrito dalla sana derisione di quelle nostre eterne paure?

Ed è questa la ventata di freschezza che rende xenomelia una vera piccola chicca.

Un piccolo gioiello che non potrà non piacere ai neofiti cosi come ai nostri smaliziati.

Ah mi raccomando.

Se sentirete un arto come estraneo, contattate subito la sigma oltre che un bravo psicologo.

Non si sa mai sapete?

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