
La letteratura come la conosciamo nasce con la mitologia, erano i miti greci che venivano letti dagli antichi romani, sempre dai miti nascono capolavori come l’Odissea e l’Eneide i quali, a loro volta, hanno dato vita ad altre storie fino ad arrivare ai romanzi moderni.
Sì, quando leggiamo un romanzo in realtà stiamo leggendo una sorta di racconto mitologico rielaborato e ricreato per i nostri gusti moderni, del resto anche Dante (che tanti studenti ha tediato) era uno scrittore moderno nella sua epoca!
Quindi non c’è nulla di più moderno e attuale della madre di tutte le storie e pare averlo ben capito Salvoni che nel suo romanzo prende in prestito miti più o meno famosi per riadattarli, usandoli per creare delle storie disturbanti, a volte terrificanti, ma sempre legate al mito originale anche se non sempre il legame pare chiaro.
Abbiamo così “Eco e Narciso”, dove una donna matura passa la vita alla ricerca spasmodica di un riflesso su un vetro, per lei il viso del vero amore.
Mentre in “Pigmalione e Galatea” il protagonista è uno scultore innamorato non tanto dell’arte quanto della materia stessa con cui essa viene plasmata.
Per finire, la mia preferita: “La settima fatica: le cavalle di Diomede” dove dei simpatici coniglietti affamati di carne umana sono quello che da il via alla fame ben più grande del protagonista.
Nove racconti, dunque, in cui i protagonisti mostrano il lato peggiore dell’animo umano, storie che ci disturbano, alcune perché spaventose e altre perché spaventano nella loro apparente normalità.
Ma, del resto, i miti sono così.
Nascono per appassionare, sconvolgere e raccontare e Salvoni può tranquillamente entrare nell’Olimpo, sicuro che i suoi personaggi non sfigureranno di fronte agli antichi da cui prende spunto.