
Un libro e una magia.
E’ difficile spiegare altrimenti le sensazioni provate scorrendo con le dita la pagine create dal genio di Laurie R. King.
Letto in una giornata, proprio quando l’autunno con quella sua romantica malinconia bussava alla finestra, con dite sottili, simili ai rami spogli di un albero che decideva di andare a dormire.
E cosi con le nubi che si inseguivano ferocemente, con questo strano odore come di cose antiche, mi accingevo a leggere le avventure di Mary Russell.
Fino a che ho confuso con gioia la realtà dalla fantasia, scordando che Holmes, il mio Holmes fosse un personaggio di carta partorito dalla mente di Ser Conan Doyle, ma fosse vero, vivo con la figura capace di attraversare quella strana fumosa, indisciplinata Londra.
Ed è stato meraviglioso.
Solo per un istante sospende la mia incredulità da lettrice, gioiosa perché per un istante la logica abbandonava le regioni su cui aveva domino, lasciandomi finalmente, respirare.
Ho sempre amato Sherlock.
Ma al tempo stesso capivo la ritrosia e l’antipatia che il suo stesso padre nutriva per lui.
Troppo sicuro.
Troppo tronfio.
Troppo alieno da risultate una stana anomalia in un mondo che si comportava come una perfetta macchina a Vapore.
Lui era l’ingranaggio sbagliato eppure capace di farla girare più velocemente. Creando però strani stridii, strani rumori e la prua che, prima o poi la macchina programmata da menti meno nobili si sarebbe fermata per sempre.
E cosi il personaggio cosi eccentrico aveva forse bisogni di un cuore.
Un cuore che lo rendesse fragile e non più protetto dall’eternità di essere partte del sogno.
Sherlock doveva diventare terreno.
E per farlo aveva bisogno non più di una spalla ma di un alter ego, a cui donare quell’amore di cui sembrava davvero privo.
E ecco arrivare la nostra Laurie.
Che accanto ha messo una squisita figura femminile, altrettanto dissonate, altrettanto rumorosa eppure coerente con quel mondo che sembrava scomparire e morire, per apprestarsi a cambiare pelle.
E in quell’istante in cui la guerra distruggeva vite e speranze, e in cui la giustizia sembrava una parola astrusa, il loro incontro è diventato il catalizzatore non soltanto di un romanzo mistery ma di una vera e propria rinascita di un personaggio che, non ci siamo mai davvero resi conto, rischiava di odorare di stantio e di vecchio.
Eh si miei amati lettori.
Senza Mary Russell non mi sarei mai accorta di questo fosse lacera la figura di Holmes.
Di quanto in fondo grondasse di ragnatele che lo ancoravano all’immobilità.
E di quanto quest’immobilità decreta la fine di qualcosa.
Senza movimento, senza contrasto era il personaggio mitico, sempre meno definito e sempre più evanescente.
E’ Mary che lo riporta in vita.
Che lo libera da tante troppe rigidità.
Che lo rende vero proprio perché capace di sbagliare, capace di voler bene, capaci di essere “battuto” a colpi di logica e di coraggio.
Ecco che l’allieva di Sherlock non supera il maestro, lo rende piuttosto di nuovo reale, vivo e corporeo.
E forse per noi amanti di quello strano investigatore con la pipa e il violino è il regalo più bello.
Incantevole.
E devo dare ragione a the Mercyry News “meglio dell’originale”.
Scusami Scerlock, ma dovevo dirlo.