Blog tour “La sorella minore II” di Catherine Hubback, Vintage editore. A cura di Alessandra Micheli

Perché mi imbarco in imprese che mi tolgono il sonno la notte?

Questa mia tendenza al masochismo ha bisogno sicuramente di una adeguata terapia miei lettori.

E cosi, in questo giorno di fine estate, con l’autunno che bussa lieve alla porta, la notte quando tutto tace e si rannicchia negli angoli dei sogni, sono davanti al bianco candore di un foglio che dovrei riempire con le mie parole.

Vuote parole signori miei.

Perché recensire, criticare, analizzare un libro di tal guisa è praticamente un eresia.

Un abominio.

Un atto che è degno della punizione tonanti di quel dio che occhieggiò dalla nube, rimproverando Giobbe per il suo ardine e la sua impertinenza.

E mi aspetto che il volto di Catherine sbuchi da quella stessa nuvola, con una simil tonante voce e dirmi Tu chi sei per infastidire il consiglio con parole incipienti?

E io dovrei stare zitta con gli occhi bassi a prendermi il rimbrotto della nipote della regina dell’arte letteraria.

Perchè la Hubback non è una scrittrice qualsiasi.

Ma la degna nipote di Jane Austen.

Colei che è stata capace di scrivere libri scolpiti a fuoco nel mio cuore. Erroneamente considerati letteratura da signorine, da pollastrelle diremmo noi oggi o peggio antesignani del recengy rosa.

E invece no lor signori.

Con aria furente e il fioretto sguainato io difenderò l’originalità e la profondità di Emma, di Orgoglio e pregiudizio con ogni ultima mia forza.

Loro che sono stati resoconti luci e ironici, cosi ironici da rasentare il sarcasmo, di un epoca e sopratutto di un umanità che si è sempre perdita in convenzioni, fallaci chimere e apparenza tesa a nascondere le proprie fragilità.

Ci lascia quindi libri che sono feroci nonostante la domma eleganza, sopratutto alcuni che restano silenti e pertanto eterni in ogni nostra memoria.

Come i Watson o Sandition.

Ecco quella loro incompiutezza ci lascia un amaro in bocca e la solita fascinazione dell’inconcluso, aprendo la strada a congetture fantasie e la seduzione del e se forse…

Cosi la sua nipote prediletta, colei che ascoltava con aria rapita, (oh già ,mi sembra di vederla!) I racconti di zia Jane ha deciso non di omaggiarla di una conclusione dei Watson ma della sua personale interpretazione.

Mettendoci tutta se stessa un po’ degli insegnamenti della somma e il suo mondo.

Quel mondo che stava cambiando rinchiudendosi su se stesso e tarpando le ali persino ai sogni.

Forse non sarebbe più stato possibile a un Darcy sposare la povera ma intelligente fanciulla.

E forse le successive Elizabeth avrebbero avuto, almeno nella propria interiorità, la volontà di evadere da ogni prigione, persino quella dell’amor salvifico.

Ecco dove sta l’innovazione di Catherine.

Lei figlia del vittorianesimo ha deciso di inserire un po’ di quella ribellione che si può notare in cime tempestose e in Jane Eyre relativa alla continua mortificazione della passionalità, della fantasia e pertanto della ribellione portata avanti dall’immaginazione.

Lei, rea di portare caos e scompiglio ma anche novità e prosperità.

Che permetteranno alla Emma di Hubback di accettare la sua condizione inferiore ma anche di metterla a servizio di una libertà ritrovata già non nel matrimonio ma nel desiderio del lavoro.

E’ il riscatto moderno di una generazione che rivendicava il suo posto nella società anche a scapito di merletti e di balli.

Anche se fatta di lavoro e di sacrificio.

Emma rifulge pertanto persino più della sua omonima Elizabeth.

Più consapevole, più matura, più equilibrata.

E a me non resta che sforare il libro con rispetto, con riverita ammirazione e con la tristezza che si prova davanti a un capolavoro ineguagliabile.

Quando la propria mediocrità iene messa in risalto dal genio, dallo stile aggraziato e irridente, meno feroce apparentemente di quello della zia ma se mi si permetta molto più incisivo e scorrevole.

E cosi ecco a te Catherine il mio umile omaggio.

So di non essere stata in grado di raccontarti.

Ma so anche che il privilegio di leggerti in questa nuova traduzione è il dono. Immeritato, ma assolutamente gradito.

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