
Ma Nino non aver paura di tirare un calcio di rigoreNon è mica da questi particolari che si giudica un giocatoreUn giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia
Franceso De Gregori
Non potevo certo iniziare questa recensione senza citare le meravigliose parole di De Gregori.
Perché per chi lo ama, e lo ama davvero il calcio è un po’ la metafora della vita. Un campo pieno di facce sconosciute, una meta lontana, da raggiungere con fatica e sudore.
E qualcosa in cui credere, una maglia un sogno, nutrita di lacrime e di sorrisi.
E’ cosi la vita ragazzi miei.
Quando il corpo fa male e fanno male le gambe ma in quell’attimo in cui il corpo ti parla tu sparisci.
Puoi farlo dietro un pallone, dietro un foglio di carta, davanti a un piano.
E quando sparisci, sparisce il tuo nome e senti soltanto il cuore che romba allora cominci a ricostruirti.
Perché nella vita conta soltanto centrare il rigore.
Significa aver paura ma affrontarle e provare, con tutta la forza e la fantasia che hai dentro di fare del tuo meglio.
Vincere è qualcosa di diverso dall’ottenere plauso e grida dei tifosi.
Non è dal calcio di rigore che si vede un giocatore, ma da come si approccia a quell’attimo.
E cosi trascinata da questa note, che scorrono per tutto il libro ho ritrovato, nelle parole di Ettore, il mio amore messo a dura prova. Il mio amore antico per quello strano sport.
Quello che sembra solo da bar, quello che serve solo per sentirsi parte di qualcosa.
Quello un po’ ridicolizzato dagli intellettuali.
Ma che in quest’oceano di emozione finalmente viene salvato, persino da se stesso.
In questo viaggio, perché in fondo ogni storia è un po’ un viaggio c’è tutto.
Abissi, risalite.
Amore e rancore.
Pianto e paure.
Risa gioie e contraddizioni.
E’ la vita resa metaforicamente più vera dall’immagine non solo del calcio ma di un oceano, che si staglia con il suo istinto naturale oltre la rete.
E la rete sono i nostri limiti, le convinzioni errate, i disastri che combiniamo quando vogliamo solo scappare da noi stessi.
E non vederci attraverso uno specchio.
Correre dietro il pallone allora diviene solo un esercizio fisico, senza che sia coinvolta mente, cuore e emozioni.
Conta solo entrare in classifica e non la partita come grido per affermare che nonostante ogni difficoltà si esiste.
E si ha diritto di esistere.
Che siamo qualcosa di complesso e bello dietro il pregiudizio, dietro ogni fastidioso schema.
E qua i giocatori non sono certo quelli a cui oggi ci siamo abituati.
Trasgressori, viziati, primedonne.
Qua ‘è tutto il calcio che mi ha affascinata da piccola.
Un uomo che diventa pura forza, pura passione, puro amore.
Amore persino quando i muscoli fanno male.
Amore nella sconfitta, amore e basta.
Rojo e tutti gli altri sono i veri esempi, di qualcosa di puro che questi tempi scellerati ci stanno strappando via.
Quando non si gioca più come se il pallone fosse stregato, fosse una specie di passa-porta per un modo diverso, non certo idilliaco ma per cui vale la pena di soffrire e di provarci.
Oceano oltre la rete è davvero uno dei libri più commoventi, meravigliosi che io abbia mai letto.
Storia di rinascita e di perdono.
Storia di lasciti e di resurrezione.
Storia in cui qualcosa di prezioso ci viene donato.
E che resta impresso a fuoco nei nostri cuori.
Perché spiegare cosa sia davvero lo sport non è facile.
Ma ci pensa il nostro Zanca con quella sua scrittura scorrevole, potente e a tratti lirica.
E quest’insegnamento credetemi, non lo scorderemo mai.
Cosa sei per me, spiegarlo non è facile
Una parola sola…
Sei il primo gioco che facevo da bambino
E che ci gioco ancora, tu sei la Roma
Ricordo che quand’ero ragazzino
Sognavo di essere Agostino
E dare calci alle paure
Ci sono stati giorni amari che
C’avevo solamente te
E poco altro per star bene
C’eri tu e qualche amico in più
Quante volte in un tuo abbraccio
Ho preso coraggio
Marco Conidi