
Intrappolati nell’oscurità, attratti come falene dalla luce da fasulle promesse di ricchezza e di felicità, che inevitabilmente si trasformano in incubi.
C’è un intero mondo che gira intorno alle vittime dell’occultismo.
Ci sono gruppi dediti alla magia e all’esoterismo, altri gruppi “specializzati” in spiritualità. Questo fenomeno è fortemente cresciuto durante la pandemia, molto probabilmente perché a fronte di nuovi strumenti l’uomo tende sempre a rifugiarsi dietro vecchie credenze per poter affrontare tutto ciò che è straordinario e inspiegabile.
Il Parassita di Sir Arthur Conan Doyle si immerge proprio nella dicotomia tra razionalità e scienza occulta e rappresenta un modo per riflettere sia sull’epoca dell’autore, la fine dell’Ottocento con la rivoluzione industriale alle spalle e alle porte una guerra che ha reso realtà la peggiore fantasia dell’uomo del XX secolo, sia, secondo me, sulla nostra nuova condizione post pandemica.
L’epoca di Doyle, conosciuta anche come età vittoriana ha visto spesso la scienza lottare con l’occulto.
Il nostro presente allo stesso modo ci vede dibattere sulla necessità di ricercare aiuto dall’alto o dal basso o dalla magia per fuggire dalla paura del nulla, del vuoto, dell’oblio.
Quasi che l’uomo abbia più paura di morire che di soffrire.
Il professor Austin Girloy è un docente universitario, un uomo che ha votato la sua vita alla scienza e ai numeri, uno scettico per definizione, un uomo con i piedi ben piantati a terra che ha fatto della concretezza e del metodo scientifico la sua ragione ultima. È un uomo che teme la propria debolezza e ne ha vergogna. Conosciamo il panico di quest’uomo. Nelle righe possiamo leggere la sua disperazione, la convinzione di toccare le corde della pazzia e lo sconforto nel sentirsi mortificato, umiliato e violentato nell’intimo e portato dalla disperazione a invocare la morte.
Miss Penclosa è una donna storpia, dedita alla scienza occulta, lei è il totalmente altro rispetto all’essere e alla natura del protagonista. Penclosa è una donna, è una straniera, la sua pelle è di un altro colore rispetto a quella del professore, è istinto nell’accezione più animalesca del termine, è la personificazione del demonio in tutte le sue più oscure forme. Subdola nelle azioni, tanto quanto nel linguaggio.
Chiedo perdono se prendo le misure per vincere il vostro scetticismo
Il mesmerismo che altro non è che il magnetismo animale, ossia la terapia di malattie o disfunzioni basata sull’applicazione delle teorie di Franz Anton Mesmer, medico tedesco del Settecento è l’inizio della ricerca e dell’avventura del nostro professore. Durante una seduta di mesmerizzazione il nostro uomo di scienza si imbarca per un viaggio verso l’ignoto.
Il parassita, Miss Penclosa, comincia ad abitare l’inconscio di Girloy che perde via via se stesso e il controllo delle proprie azioni fino ad intaccare i sentimenti per Agatha Marden, moglie, ugualmente donna come Penclosa, ma opposta ad essa in ogni luogo dell’universo di Doyle. L’amore, l’equilibrio e il legame forte con Agatha sarà il filo che terrà il professore attaccato alla realtà durante la possessione demoniaca.
Non è forse vero che l’istinto di sopravvivenza non ha nulla a che vedere con la razionalità? Sopravviviamo se siamo in grado di aggrapparci a ciò che per noi ha realmente valore e spesso sprofondiamo negli abissi per lo stesso identico motivo.
Rimane in sospeso la questione della consapevolezza, ovvero se nella pazzia sia meglio mantenere la capacità di rendersi conto delle proprie azioni oppure essere completamente in balìa del destino. Voi cosa scegliereste?
Consiglio per la lettura: tanto tanto caffè e cercate di non addormentarvi prima di averlo terminato.