
Quando un libro è un piccolo gioiello, le voci diventano doppie. E oggi esprimono il loro amore per il genere “vintage”.
Eccole a voi!
Benvenuti in regata mortale. A cura di Patrizia Baglioni
Sarà l’educazione al giallo classico che mi porto dietro, sarà che il vintage addosso a me si trasforma in stato d’animo, ma quando apro UNA REGATA MORTALE sento il benessere.
Ci sono libri che ci restituiscono il piacere della lettura, perché leggere, per noi che abbiamo una dipendenza dalle pagine, è un bisogno fisiologico, ci adattiamo a tutto pur di entrare in una storia, saltiamo tra i generi e sperimentiamo storie che a volte non sono nelle nostre corde.
Poi arriva il libro che aspetti, quello che ti svolta la giornata e per il quale è necessario un rituale: una tisana a tema, una tuta comoda e una coperta calda.
E nel comfort adeguato apri il libro e la magia inizia.
Naturalmente siamo nella campagna inglese, dove sorge l’antica Abbazia di Wissingham.
Qui si reca in visita Diana Lane, una giovane ragazza da poco rientrata dall’Italia dopo aver perso la madre, per rivedere la sua migliore amica ormai sposata.
Diana ricorda Merle come una ragazza vivace, determinata e un po’ viziata, ma la riconosce cambiata, inquieta, sfuggente e infelice.
Merle decide di confidarsi, di raccontare di come con i suoi soldi abbia salvato l’Abbazia da una lenta rovina in cambio dell’onore di entrare in una antica famiglia nobile.
Siamo negli anni ‘30, la rispettabilità è ancora rappresentata dall’appartenenza, e la signora Holroyd, suocera di Merle e signora della magione, è l’emblema della rigida formalità dell’etichetta.
La tradizione, è questa l’eredità più importante da trasmettere, ma Merle sembra non capirlo e fa di tutto pur di scompigliare le regole della casa.
Suo marito Leonard la lascia fare, d’altronde la sua è una prigione dorata, ormai Merle è sua moglie e lui può condividere i suoi interessi con la giovane Ida protetta di sua madre.
Diana percepisce tutto quello che non va e sente la tensione farsi sempre più forte, fino a quando la situazione potrà reggere?
E poi alla regata che tutti aspettano, qualcosa succede… e il corpo di Merle viene ritrovato senza vita.
Inizialmente si sospetta un furto visto che le preziose perle di Merle non sono più al collo della ragazza e un ladro è a piede libero nella zona.
Tutto sembra spiegato ma Diana non sa darsi pace, sono troppe le incongruenze del caso e se non è riuscita a proteggere la sua amica prima, proverà a fare giustizia, a scovare il colpevole della sua morte, perché il legame che le legava era di autentica amicizia.
Come una provetta Miss Marple, Diana inizia le sue indagini proprio dal popolo, dalle persone semplici, quelle che sembrano trasparenti e nella loro compostezza e discrezione tutto vedono: cameriere, vecchie zitelle e giardinieri che alzano un po’ il gomito.
Perché ci sono due segreti che i gialli vintage ci ricordano: i maggiordomi hanno sempre colpa di qualcosa, e l’apparenza ben protetta e costruita inganna… fino a un certo punto.
Riuscirà Diana a vendicare Merle?
Indagate insieme a lei e gustatevi questo giallo dalle tinte tradizionali dove basta una descrizione per creare la suggestione di un’epoca, di un mondo, di un modo di vivere il giallo.
“Seguì Burton (il maggiordomo) nella quadreria, dove la signora Holroyd stava ricamando. Era nella sua poltrona preferita sotto un grande Van Dyck: il maggiore Wrey fu colpito per come si adattava all’ambiente, il suo bel profilo piegato sul lavoro che teneva in quelle mani forti ma delicate. La bellezza e la dignità del luogo erano il suo destino. L’anziana signora rappresentava ciò che lui ammirava di più: la continuità e la tradizione.”
Grazie a Edizioni Le Assassine per recuperare questi gioielli della letteratura internazionale che ci fanno viaggiare nell’amata campagna inglese, tra sentieri isolati, antiche Abbazie e rustiche fattorie, sentite anche voi un lieve vento che vi sfiora le caviglie mentre siete in barca?
Benvenuti in REGATA MORTALE e buona lettura.
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Il giallo come satira della società.. A cura di Alessandra Micheli
Ho una passione sfrenata e ossessiva quasi per i libri denominati, gialli vintage. Che non sono altro che vecchie, ma mai superate glorie, quelle che ci stiamo scordando in quest’affannosa ricerca dell’originalità a ogni costo, anche a discapito della bellezza.
Dobbiamo inventare trame arzigogolate, ricche si colpi di scena e ardimenti narrativi che in realtà stancano soltanto il lettore provetto, lasciandogli uno strano senso di amaro in bocca.
Troppo dediti alla ricerca della trasgressione per poter coccolare l’intelletto. Troppo affamati di fama notorietà per scardinare la dittatura dell’apparenza.
E’ tutto un correre sulle montagne russa, tutto un eccesso una disperata ricerca dell’acme di ogni emozione.
Tanto che, abituati a questa letteratura gialla cacofonica, ci siamo scordati della meraviglia della semplicità, dell’incanto delle trame apparentemente banali che prediligono contesti consueti ma che sono acuminati nella loro “denuncia sociale” molto più di ogni velleità di innovazione.
E una regata mortale non delude.
E’ perfetto in ogni passaggio, in ogni capitolo, in ogni indizio lasciato con somma classe dall’autrice nel lungo cammino verso la verità.
Ogni elemento si incastra perfettamente tanto che, andando a ritroso nella lettura la verità ci appare servita dall’abilità dell’autrice su un piatto d’argento, cosi immediata, cosi scontata cosi logica.
Ma non è ovviamente soltanto questo elemento di raffinatezza, di alta classe, a che mi affascina.
Dietro ogni “vintage” si cela un mondo intero perfettamente camuffato da giallo da passeggio.
Possiamo dunque leggerlo a più livelli.
Quello del godimento intellettuale che sfida la logica a trovare il bandolo della matassa.
Come estasi, educando di nuovo i nostri occhi alla bellezza del linguaggio e dell’arte letteraria.
O al livello che preferisco, quello che racconta tramite appunto il genere, dei cambiamento sociali e delle problematiche che questi portano inevitabilmente con se.
In questa trama è nascosta la sofferenza di un mondo elitario che piano piano si sfalda sotto i colpi pesanti del tempo che bussa feroce alla nostra porta e di un progresso che con se porta anche l’orrore di guerre, di conflitti sociali e di una sorta di rivendicazione del “popolo” contro i privilegi della casta dominante.
Che non ha più la giusta autorità per imporsi e che, anzi, mano a mano che la vicenda prosegue, viene sempre di più messa in discussione.
In questo idilliaco scorcio di Inghilterra emergono i temi cari alla narrativa sociale dunque.
Il marcio che si nasconde sotto il perbenismo, i rancori della working class contro il nobile.
E un identità dello stesso in continua evoluzione che, incapace di cavalcarla ne viene inevitabilmente sopraffatto.
Nella morte della giovane Merle non c’è altro che la vendetta di un antico retaggio insozzato dalla corruzione borghese.
Ma nella scoperta del colpevole c’è un intera protesta sociale che si fa grido. Non è più tempo di privilegi.
E’ tempo di meritocrazia.
E anche se oggi stiamo ancora aspettando che essa diventi realtà, nel libro è bellissimo scoprire come l’esigenza del tempo che fu era quella di assicurare che vincesse, emergesse e avesse risonanza il comportamento individuale piuttosto che l’immunità di casta, tramandata da secoli.
Cosa dire se non meraviglioso?