“Codex Innsmouth e codex Nokken” di Uberto Ceretoli, Delrai edizioni. A cura di Alessandra Micheli

Arrivate in un soffio le feste e già concluse.

Cosi velocemente, quello scintillio di luci e quei canti cosi soavi lasciano il posto a una tetra malinconia.

Ricominciare la vita di tutti i gironi, aver sfiorato la magia e poi perderla, cosi improvvisamente con quel reale che è tornato serafico a bussare insistentemente alla tua porta.

E lo stress, quello che deriva da quell’impatto con impegni e con le pretese di ognuno che smessi gli abiti del buonismo natalizio veste di nuovo la maschera da carnefice.

E noi vittime di questo banale scorrere dei giorni, tutti uguali senza neanche quell’evanescente ma prezioso senso di attesa.

Persino il cielo, lontano dai fasti del sole che torna sembra piangere con voi.

Eh si voi.

Perché io quella festa zuccherosa proprio non la sopporto.

Mi sta stretta.

Mi stanno sul gozzo le luci sfavillanti, i sorrisi bonari, quelle infinite riunioni fatte di brindisi e cacofonia.

Odio il rituale del volemose bene, che mi stacca e costringe a abbandonare i luoghi impervi oscuri ma cosi rassicuranti dei miei mondi immaginari.

Per me la magia è ogni giorno.

Ma è fatta di caligine fumosa, di segreti inconfessabili e di strane mostruose ombre che mi sussurrano negli angoli.

E pertanto il ritorno al reale non ha senso alcuno.

Io abbandono le ridenti valli dei regni festivi per tornare, felice e persino coccolata, in balia degli esseri partoriti dalla mente di Howard.

Torno a Innsmouth, tra i flutti di un are burrascoso alla ricerca di quella città ciclopica dove il sommo Chtulhu sogna.

Di noi pedine in questo gioco di scacchi cosmico.

E a aiutarmi in questo ritorno a casa, ci ha pensato la Delrai edizioni, capace di accaparrarsi il re dei sogni oscuri, di quelle tetre voci che assomigliano a una nenia antica, sgraziata ma cosi suadente: Uberto Ceretoli.

Non nego che parlavi del maestro, del figlio dei grandi antichi, perché i suoi scritto non sono altro che la possibilità di codificare voci che noi tutti, amanti del weird sentiamo, nel codice che ci è più familiare.

Lui ha le visioni, macabre, agghiaccianti, di isole lontana dall’umanità, di posti dal putrido sentore di pescato e di marcio, ma capaci però di essere mano mostruosi del genere umano, di noi cosi abietti nel cercare di mascherare il nostro volto bestiale dietro l’apparenza logica di valori, di sentimenti, di impegno sociale e di onorabilità.

Non siamo forse ibridi al pari degli abitanti di Innsmouth?

Non sarà la nostra cupidigia a svegliare dal sonno eterno il Nokken?

Lo potrete capire, comprendere soltanto immergendoci in questo tomo affascinante e al tempo stesso capace di far risuonare nelle nostre menti un rintocco tetro, di una campana che suona sgraziata.

Ascolterete sussurri, passi strascinati, rumori grotteschi.

Vedrete idoli blasfemi e al tempo stesso mentre rabbrividirete di terrore, vi sentirete molto più a vostro agio con i mostri nati dalla fantasia antica di Lovecraft e dipinti di nuovo dalla maestria di Ceretoli.

Perché quello che il nostro meraviglioso talento fa risaltare non è solo la volontà di far si che i miti degli antichi non vadano mai perduti.

Ma anche di poter porre in rilievo quanto l’uomo sia terrificante, sia cosi perfettibile e al tempo stesso cosi deciso a sottomettere, uccidere, ingannare, ghettizzare, molto più degli abitanti deformi di Innsmouth.

Che lo sono in virtù di un antico patto o di un ricordo che latente viene stuzzicato dall’incontro con il mistero: non siamo in fondo, che incubi nati dal sonno del Dormiente.

E noi ci illudiamo di poter dominare questo cosmo che ci sfugge e ci è alieno. Che in fondo non è altro che un palcoscenico su cui noi danziamo come patetici burattini. E mentre dividiamo tutto in categorie, mentre ci scanniamo tra fratelli per una terra che non è ami stata nostra, Dagon sorride e mostra le sue fauci acuminate e gioca, gioca con le nostre menti, con la nostra illusione, con quella superbia che di fronte all’orrore si sgretola e svanisce, come la nebbia davanti al sole del giorno.

Codex Innsmouth e Codex Nokken sono qualcosa di cosi meraviglioso e di cosi spaventoso che parlarne è impossibile.

La sua malia vi chiama inesorabilmente.

Vi avvince e vi rapisce.

E’ poetica e maledetta al tempo stesso.

E non posso non amare il coraggio di una casa editrice che permette a quella oscura malia di non svanire, di continuare a intessere incantesimi perché il sogno di Chtulhu non smetta mai e poi mai, di brillare dentro di noi.

Volenti o nolenti.

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