
Perché raccontare storie di fantasmi? Perché leggerle o ascoltarle? Perché trarre piacere da storie che non hanno nessuno scopo tranne quello di spaventare?
Non lo so. Non del tutto. È una tradizione che risale a tanto tempo fa. Abbiamo storie di fantasmi dall’antico Egitto, dopo tutto, storie di fantasmi nella Bibbia, storie di fantasmi da Roma (insieme a lupi mannari, casi di possessione demoniaca e, naturalmente, più e più volte, di streghe). Abbiamo raccontato storie di alterità, della vita oltre la tomba, per un lungo periodo; storie che fanno formicolare la carne e rendono le ombre più oscure e, cosa più importante, che ci ricordano che viviamo e che vi è qualcosa di speciale, qualcosa di unico e straordinario nell’essere vivi.
Neil Gaiman
Soltanto questa splendida frase di Neil Gaiman basterebbe per creare una recensione su questo libro, edito da Pav edizioni nella meravigliosa collana horrorpop.
E questi racconti, queste perle anzi piccole ossa capaci di formare uno scheletro nell’armadio, antico e necessario non fanno altro che impersonare l’idea di Gaiman.
Noi abbiamo bisogno di fantasmi, di storie del terrore da raccontare attorno al fuoco.
In quelle notti buie, gelide, senza luna, dove le angosce sembrano quasi reali.
E gli spiriti, uccisi dal tempo, dall’odio, dal rancore o dalla sfortuna danzano attorno a noi e ci chiamano anche se facciamo finta di non udire.
Eppure partecipano alla nostra eredità, seduti composti lugubri eppure desiderosi, ancora un ultima volta, di sentire sulle evanescenti mani il calore dell’umano corpo.
Noi vivi, cosi distratti da questo universo sempre in corsa, impegnati a recitare sul palcoscenico della società, costretti a indossare rigidi abiti, sembriamo cosi sicuri di noi, felici del pregresso capace di cancellare la superstizione.
Anche le notti, in fondo, se lo vogliamo non sono mai davvero buie.
Basta accendere le luci, mille artificiali luci, e fingere che il sole non tramonti mai e poi mai.
E di corsa, per non restare in quel vuoto che sembra riguardare ognuno di noi, convinti che è tutto rumore, tutto urla, tutte opportunità per far parte di questo rumoroso girotondo.
Non c’è posto per il mito.
E’ tutto spiegabile, raggiungibile, intercambiabile.
Persino la nostra faccia, la pelle, ogni lascito del fato o del DNA.
Siamo noi i padroni del tempo, lo sfuggiamo, lo combattiamo.
Eppure..
Eppure a volte è un fantasma, la memoria del passato, del dolore, di un no, che incide a sangue sulla pelle il vero vivente.
Non noi che scappiamo, urliamo, ci affrettiamo a illuminare un buio che, non è affatto sparito.
E’ soltanto più pericoloso, più orribile, più crudele.
Il fantasma è cosi messo in un angolo.
Nel recesso del nostro io, costretto a uscire di notte, nei sogni, nei pensieri, in quell’attimo in cui abbassiamo la guardia.
E allora con questo libro, tremanti, incantati e quasi rapiti da un oscura malia, leggiamo di misteri e enigmi, che nessuna scienza potrà mai davvero spiegare.
E nell’attimo in cui un refolo di aria gelida passerà attraverso una fessura e accarezzerà il nostro volto, allora, solo allora in quel brivido orripilante, saremo davvero vivi.
Storie d’amore e orrore.
Storie che fanno parte di noi.
Si levano come una nebbia caliginosa dal profonda della notte, e danzano irrequiete attorno a noi.
In fondo cos’è la morte se non il risveglio da un lungo, lunghissimo sonno?