
Mi ricordo di un tempo felice.
Fuori dalla finestra un vento freddo, ma meno aspro di questo che oggi incombe su di noi.
Meno traumatica questa società che corre cosi lontano da sfuggirci e lasciandoci sempre un po’ più fragili e confusi.
Tempi in cui rannicchiata sulla mia poltrona preferita, leggevo con un sorriso fanciullesco di dei e miti, di elfi e coboldi, di fantasmi e di leggende.
E chiudevo gli occhi rapita da immagini che erano si di fantasia, ma una fantasia che era un po’ anche parte di me.
Creata e nata secoli orsono, da uomini che tentavano di rendere ineleggibile questo mondo, sempre di corsa, sempre più un disastro.
E in ogni mito, in ogni racconto popolare, trovavo una parte di me, della mia anima che si rivela molto più antica, di quello che la scienza mi dimostrava. Meno sola, perché parte di una linea temporale mai interrotta, un filo che univa in modo indissolubile presente, passato e persino futuro.
Ecco quelle notti e quei pomeriggi lontani, tento sempre di ricrearli.
Per questo amo i racconti di folclore, le suggestioni e persino le allucinazioni di chi come me, in fondo, ha bisogno di arcani segreti, irrisolti misteri e un pizzico di magia, per colorare a volte questa vita cosi grigia, con quel tedio simile a una ragnatela vischiosa, che si acquatta come un mostro dietro l’angolo.
Ecco perché ho scelto di leggere, anzi di assorbire le parole nascoste in questo straordinario testo.
Nato in seno a una valle poco conosciuta, in una terrà che di mistero si è sempre nutrita.
Dove Artù e gli incanti diventano un po’ meno distanti da noi, sia geograficamente che nel tempo, e sempre più vicini, più possibili, è più tattili. Valle d’Itria potete conoscerla con il viaggio, attraverso guide turistiche, persino nelle foto sul motore di ricerca scelto.
Potete guardarla e magari perché no innamorarvene.
Ma la vera sua anima, il suo ethos e il suo spirito, soltanto questo testo può narrarlo.
Perché quel suolo piena di colori, di contrasti dove il cielo abbraccia la terra, dallo strano colore rossastro, è qualcosa che sfugge alla comprensione e persino alle leggi della fisica.
E’ una sorta di canto soave che entra, piano piano nelle vene, vetusto, affatto scontato.
Una nota che si nutre delle meravigli di una mente umana che ha creato eroi, preghiere, persino mostri, spiriti che aleggiano in desolate case, nei Trulli, in boschi che profumano di mediterraneo.
A volte è solo una parola scritta che può racchiudere non solo mille significati, ma anche colori, volti, voci lontane, troppo lontane e troppo lievi per poter essere udite in questi tempi di grida disperate.
E cosi forse saranno solo semplici leggere, pane per i superstiziosi.
Saranno allucinazioni.
Saranno riti scaramantici che nulla hanno di vero.
Ma sono nostri.
E’ il nostro retaggio più profondo, è l’eredità che ci hanno lasciato i progenitori, i nonni, persino più in la nel tempo.
Ed è nostro dovere, diritto e compito tenerlo tra le mani, e ripararlo dal buio che oggi incombe.