“Raybearer” di Jordan Ifueko, Fazi editore. A cura di Alessandra Micheli

Come ben sapete io non leggo moltissimi fantasy.

E’ stato il mio genere da ragazza, poi però mi sono fermata perché non trovavo più seduzione nelle trame.

Tutte uguali tutte prive della necessaria magia capace ci trasportarmi altrove. Essendo, purtroppo, una maledettissima razionale con una piccola nascosta percentuale di immaginazione, cerco, forse inconsciamente, testi che permettano a quella parte che è custodita nei recessi della mia anima, nell’ombroso luogo del mio inconscio di dominarmi, almeno per una misera volta.

Immagini di posti incantati e ricoperti di quella bruma che solo il mondo altro riesce a trasformare in bellezza.

Capace di coniugare luce e tenebra in un connubio mai fastidioso e mai contrapposto.

E’ il luogo dove tutto torna, e dove al tempo stesso tutto emerge.
Emergono desideri, sensazioni di libertà mai toccati o raggiunti in questo mio oggi cosi grigio e faticoso.

Emerge la possibilità di andare oltre la maschera regalatami alla nascita, da una società che il diverso lo teme e lo raccoglie in seno alla sua volontà di omologazione.

Appariamo diversi forse, ci illudiamo di esserlo ma siamo dannatamente e maledettamente simili.

Ecco perché il fantasy che amo esula dalle rigide regole narratologiche tanto amate da chi la vera fantasia la teme.

La teme perché l’immaginazione è spesso accompagnata dal disordine, dalla ribellione a ogni regola, dalla rivoluzione e dal caos.

L’immaginazione ci permette di essere più che apparire, essere anche in contrasto con il bisogno di tutti di essere definiti.

Nel fantasy che piace a me nessuno può definirsi.

Sono tutti alla ricerca di qualcosa di impossibile, da stingere e accogliere proprio perché impossibile.

Nel fantasy che amo esiste una sola divinità il Narrastorie che ti prende per mano, una mano languida e piena di strano calore re inizia a parlare, raccontare, incantare con quelle nenie che sanno di musica e magia.

Nelle storie che amo io la protagonista è sempre alla ricerca di aggettivi da regalarsi, affinché riempano un cesto e possano colorare altri mondi e altri significati.

Nel fantasy che amo nessun destino è mai scritto, ma cesellato ogni volta da mani sapienti o timide.

Laddove il mito si incontra con il coraggio, laddove prendono vita dentro di te ogni racconto e ogni emozione dell’altro.

Intrecciate come fili resistenti da quella divinità che sorride beffarda.

Nelle storie che io amo, nessuno può ingabbiarti in un concetto o in un ruolo, sei cosi sfumato e cosi pieno da dover riversare tale pienezza in un fume che si ingrossa e esonda rendendo rigogliose le tue rive.

Il fantasy che piace a me è come Raybearear, fatto di antichi retaggi e di novità stupefacenti.

Di canti e di tamburi che risuonano nella vastità di una savana che assomiglia in modo assurdo e profondo proprio alla mia anima.

Dove si muovono raggi e sogni, dove le storie si intrecciano e crescono. Nel fantasy che amo è la voce di Mbali che mi descrive e mi da vita

“La gran sacerdotessa Mbali dice che la gente ha molti doni… Ma il nostro bene supremo è quello che non possiamo contenere: compassione, lealtà, dolcezza, ferocia. Capacità di conquistare i cuori, o di riconoscere la bellezza, o di superare una tempesta…”

E adesso io non posso contenere nessuna delle emozioni che ho trovato qua, in queste pagine preziose, gocce di vita che fluiscono adesso nella mia assetata anima.

E forse il mio scopo è davvero capace di spezzare ogni maledizione, quella che mi tiene legata a una realtà definita da altri, da un destino imposto da altri e mai da me.

Il tamburo suona e io non contengo più nessuna sensazione…danza fiume mio attraverso la savana della mia anima.

Danza e irroga i campi, fa crescere doni e meraviglie, spezza ogni maleficio e rendimi piane di scopi da regalare al narrastorie affinché possa creare mondi sempre nuovi, sempre fecondi sempre…pronti a diventare lo stesso fiume che oggi danza dentro di me.

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