“Ramona Adler e il serpente piumato” di Anita Curci, Phoenix pubblishing. A cura di Jessica Dichiara

Interessante romanzo con accese tinte esoteriche questo di Anita Curci.

L’impatto con le prime pagine scaraventa il lettore in un mondo parallelo totalmente fuori dall’ordinario, tanto fantastico nelle forme quanto reale nei contenuti.

Ramona si conferma essere un personaggio di confine, forte nella sua fragilità, capace di sentire oltre e al di là e di portare il lettore fuori dalla propria confort zone.

Torna ad essere estremamente stimolante l’aspetto onirico, una dimensione misteriosa sapientemente indagata dall’autrice, in cui Ramona si muove con coraggio e istinto.

C’è un’altra riflessione che scaturisce secondo me dalle pagine di questo romanzo, ed è quella sulla fiducia.

Siamo costretti alla fiducia per poter abitare questa terra pur aspirando continuamente alla verità, eppure siamo sempre sospettosi nel concederla, percepiamo minacce ovunque e siamo impazienti di ritirarla laddove subentra il disagio del tradimento e la conseguente delusione.

Particolare cura e sensibilità nella descrizione delle reazioni fisiche e mentali.

È una storia che non dimentica di essere vera e tangibile. Vediamo Ramona passarsi nervosamente le mani sul volto e stropicciarlo inquieta, siamo lì con lei quando lo fa e la sua confusione ci investe con forza.

Percepire l’inquietudine e il disorientamento e intercettare l’ansia fa parte di un percorso di immersione che l’autrice propone attraverso un’attenzione quasi maniacale allo stato e all’essere dei personaggi.

Non ci si stanca di leggere di artisti di strada, zampogne e rintocchi di campane o di sentire l’odore delle sfogliatelle appena sfornate di Scarucchio perché ciò che rende reale il sentire non è tanto la razionalità, quanto ancora una volta la sensibilità declinata in ispirazione.

Il riuscire a vedere nei sogni la paura e l’ostilità in una specie di penetrazione onirica, trasporta l’esperienza di lettura su un piano diverso, solo apparentemente più complesso in quanto legato all’intuizione e svincolato da una dimensione temporale che appare scomoda e superflua.

Rispetto al primo romanzo qui abbiamo a che fare con un personaggio più maturo, tuttavia permane la costante e impaziente ricerca di sé.

Un viaggio duplice dunque alla scoperta di luoghi tanto affascinanti da apparire fantastici, correndo per i vicoli col cuore modulato sul battito aritmico della città dei diavoli, ma anche all’interno della stessa protagonista alla scoperta del senso e del modo di conciliare la sua doppia natura divina e umana.

Un viaggio verso la chiamata alla quale Ramona sacrificherà una parte di sé per potersi riappacificare con la sua essenza originaria.

Accettare l’incontro con il destino vuol dire anche redimersi mentre contrastarlo rischia di far saltare e sconvolgere diverse esistenze.

Dunque ancora una scelta, che scelta in realtà non è.

L’unica possibilità di lasciare la propria orma risiede nel saper discernere il proprio ambito di competenza. Intanto matura in lei la consapevolezza che vivere è anche un po’ morire ogni giorno se non si imbrocca la via della ricerca interiore, sfuggendo a quella della scalata al materialismo.

La chiave sembra essere nascosta in un libro: “la Sacerdotessa del Tempio di Jan”, ritrovato da Marisa nel primo romanzo. Mancano delle pagine ad ogni copia di questo libro e questa scoperta cambia gli equilibri della narrazione spostando l’attenzione sul mistero, sullo sconcerto della protagonista e sull’evoluzione dei suoi viaggi onirici che diventano via via sempre più consapevoli.

Al passato domandiamo la ragione sul futuro e la risposta rimane aperta sul prossimo volume. Volume che attendiamo con pazienza.

Consiglio per la lettura: concedetevi il privilegio di leggere la postfazione di Sigfrido E.F.Höbel. È una tappa estremamente affascinante in questo viaggio, tanto fuori campo quanto determinante per la storia di Ramona che viene legittimata dalla reale eredità della tradizione.

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