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LES FLEURS DU MAL – BLOG LETTERARIO

~ e per tutti i ragazzi e le ragazze che difendono un libro, un libro vero così belli a gridare nelle piazze perché stanno uccidendo il pensiero. Roberto Vecchioni

LES FLEURS DU MAL – BLOG LETTERARIO

Archivi della categoria: Distopico

“Cronache della Legio M Ultima – Sangue sull’Impero”, I Demiurghi. A cura di Francesco Mastrolonardo

07 giovedì Feb 2019

Posted by Alessandra Micheli in Distopico, Fantasy, LE RECENSIONI DI LES FLEURS DU MAL

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Miei cari lettori,

prima di interagire sul terzo capitolo di questo meraviglioso progetto, colgo l’occasione per fare una premessa: come ben sapete, la difficoltà che tutte le saghe (cartacee o televisive) incontrano durante il loro percorso è la perdita di attenzione da parte dello spettatore e questo accade, non tanto per mancanza di idee, ma per svogliatezza degli attori della stessa, che incuriosiscono sempre meno il loro pubblico.

Mi spiego: possiamo avere i migliori attori a disposizione, i migliori scrittori del mondo, le sceneggiature più intricate ma se c’è mancanza d’iniziativa, carenza d’innovazione, per assurdo, anche un colosso come Dan Brown andrebbe a morire nell’ovvia monotonia, come tanti scritti in circolazione.

Invece “Legio M Ultima”, grazie ad un attento e minuzioso lavoro di penna, ingegno e novizia di storia e particolari è riuscita nell’intento di oltrepassare il problema di cui sopra citavo.

Anzi, vi è un vero e proprio ribaltamento perché, il primo libro è nato un po’ in sordina, soprattutto indirizzato ad un certo tipo di lettore di nicchia, non solo avvezzo alla cultura romano/antica ma anche con una proprietà di linguaggio che va ben oltre il lettore medio.

Quello in questione, invece, rappresenta il capitolo della piena maturità e consapevolezza che questa storia ha da offrire a tutti noi.

Attraverso una serie di quatto racconti, questo terzo libro evidenzierà come, nonostante l’Impero romano ed il suo braccio armato vengono messi a dura prova, mostreranno al nemico i denti, dando prova che un uomo ferito non è necessariamente un uomo morto.

“Cronache della Legio M Ultima” non lascia molto spazio all’aspetto magico che caratterizzava i due precedenti libri ma offre maggiore spessore all’aspetto caratteriale e morale dei personaggi, i quali dovranno dar conto alla loro coscienza, dandosi, giocoforza, risposte che per troppo tempo son rimaste celate.

Impareremo a conoscere attraverso i loro occhi e le loro disavventure, cosa significa la vita, la morte, l’amore e soprattutto l’onore in quei tempi.

Ancorché, vedremo la nostra Sapiente, nella sua rigidità e forza, emozionarsi e fare un passo in avanti di fronte al pentimento ed alle scuse di un bambino (divenuto uomo troppo presto), erettosi emblema di infamia ed infinito sangue versato da poveri innocenti.

La brevità ma soprattutto la spontaneità del racconto non mi consentono di esporvi un breve sunto però vi assicuro e garantisco che leggere codesta storia vi farà sentire parte di quel periodo storico e soprattutto vi lascerà dentro una scia di tenerezza, parola sconosciuta leggendo qualsiasi libro che narra vicende storiche, reali e non, durante l’Impero romano.

Beh, che dire… Leggete quest’altro capitolo della saga, senza tralasciare una sola frase dei precederti due libri, cosi da avere anche voi, come me, la sensazione che i Demiurghi hanno voluto offrire, ovvero che anche l’Impero ha un anima.

“Perchè non voglio dimenticare chi sono in realtà, non voglio dimenticare che si pagano sempre le conseguenze delle proprie scelte…”.

Bonum cursum…

 

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“Tryte” di Luca Giribone, Europa Editore. A cura di Alessandra Micheli

30 mercoledì Gen 2019

Posted by Alessandra Micheli in Distopico, Fantascienza, LE RECENSIONI DI LES FLEURS DU MAL, Thriller psicologico, Thriller/Gialli/noir

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Ho pensato molto a cosa scrivere per Tryte.

O meglio quale suo aspetto raccontare.

Perché sicuramente Luca ha inserito molte idee dentro al libro.

E sta a me fare da mediatore tra voi e questo strano autore, cosi ricco di fantasia e cosi profondo.

E so benissimo che non è stato facile scovarlo quest’autore, perché si nasconde dietro al testo, seminando inizi e deliziandosi della confusione di noi lettori appassionati.

Ma non perché ama metterci in difficoltà.

Ma perché già il senso stesso della ricerca è importante.

È importante il muoversi e poi iniziare a farsi domande fino ad arrivare alla stanza segreta, dove esistono i segreti, lo svelamento del fine della trama, dove tutte le storie tornano semplicemente una storia.

E cosa dobbiamo cercare allora mi sono chiesta?

Apparentemente il libro sembra raccontare della nostra società e di una Roma funestata dall’orrore della corruzione.

Storia patetica di oggi.

Ma qualcosa, dentro di me, mi diceva non è solo quello.

Perché Roma si accorge di essere perduta solo quando viene raccontata.

Prima dello svelamento tutto era immobile e stantio.

Uso spesso questa parola, stantio, che racconta molto bene della nostra triste società attuale.

Ecco il segreto allora mi sono detta.

Il libro parla del mestiere dello scrivere.

E scrivere in fondo significa dare corpo alla nostra realtà.

Scrivere è come il nominare di Adamo, spaesato in mezzo a un mondo appena creato iniziava a dare forma e consistenza al sogno di dio, tutto nato dalla parola, dal verbo, dal suo respiro.

Scrivere è creare si, ma anche dare vita, come i demiurghi, non solo a personaggi e fantasia ma ai messaggi, ai valori, ai concetti, agli ideali a tutto ciò che sostiene e fa da impalcatura alla nostra realtà.

Noi scrittori e voi i personaggi che prendete vita, fino a arricchire quella che Jung chiamava la coscienza collettiva.

Forse ecco perché Pirandello scriveva di sei personaggi in cerca d’autore.

Come se per esistere, archetipi e idee, dovessero per forza essere partorite dalla mente di qualcuno, dotato di un minimo di raziocino adatto per procedere per esperimenti e tentativi, fino a intersecare le giuste combinazioni di parole frasi e creare storie.

Non è quello che raccontate voi oggi editor?

Non è la vostra idea di scrittura quella di un calcolatore intelligente capace, con raffinati giochi di byte, a produrre racconti?

Non siete voi che in fondo considerate lo scrivere solo un tentativo, nutrito da qualche manuale da qualche regola?

Alcuni addirittura usano la matematica per formare personaggi, convinti che basta dividere in frazioni l’unità per poi riunirla.

E cosi che il progetto si chiama Tryte, un progetto di intelligenze artificiali quelle che oggi inseriamo nella letteratura.

Siamo noi calcolatori umani a dare origine per un caso o per una favola cibernetica a quelle storie.

Ma davvero il conte di Montecristo è soltanto questo?

È soltanto una causalità di incontri perfetti tra grammatica sintassi e una forma di pro-scienza?

Io non credo.

Credo che i personaggi non sono creati dall’autore.

Non è un Dio che modella creta.

O che produce parole.

L’autore è soltanto una porta.

E se è in connessione con quel magico mondo delle idee serve soltanto per portare Edmond Dantes, Elizabeth Bennet, David ma anche Frank E Elena in questo mondo.

E una volta accolti loro divengono reali, non soltanto forme abbozzate di pensiero.

Divento io, diventi tu, diventano tutti noi.

Frank è la giustizia che non vuole mai stare zitta, ma anche la coscienza di un mondo meno organizzato e più multiforme che le nostre limitatezze ci mostrano.

Frank è anche la guerra e la scoperta, è l’ambiente in cui vive e la follia di chi se ne discosta.

Dorothy è amore e maternità, ma anche accettazione tutta femminile che non esiste la fine.

Bobby è l’antenna che tutto collega in una fantasmagorico organismo vivente fatto si sottili ragnatele di eventi e ricorsi.

Elena è la volontà di uscire da se stessa e iniziare a provare a vivere in un modo più passionale.

O magari folle.

E il programmatore sarà l’uomo capace di dire no al suo passato e al suo presente, di dare un calcio al marciume e iniziare a crearsi un futuro in cui le catene sono solo un bel ricordo o un soprammobile.

E Il nostro sindaco sarà il potere che corrompe e che ne frega dei poveri coglioni dei cittadini che servono solo per produrre utili.

Ecco.

I personaggi sono dentro di noi.

E una volta attivati essi vivranno da soli, saranno loro a guidare l’autore e non viceversa.

Affinché il libro divenga soltanto un magico mondo in cui vedere l’altra soglia. Sta a noi decidere se sia abisso.

O paradiso.

Tryte è un inno alla creatività quella vera, quella che vive a prescindere dal nostro pensiero, e che grazie al nostro pensiero nasce.

Ma come un figlio poi si forma da sola e va per la sua strada.

E a noi lettori non resta che seguirla attonita e iniziare a raccontare ogni storia della storia, per poterci fondere con questo mondo chiamato iperuranio.

E tornare a essere persone senza l’ansia di cercare l’autore.

Magari fare le nostre battute e scrivere da soli il nostro finale o il nostro inizio.

Scrivere è un po’ come vivere.

E’ tutto un viaggio ammantato dall’incognita.

E con la libertà di scegliere il bivio che più ci aggrada.

Ecco che lo scrittore non diviene più autoreferenziale, cosi come Tryte non è più il libro di Luca, ma diventa mio, tuo e di Frank.

Diventa vita e carne, corpo e sogno.

Pensiero e materia.

E solo rari, rarissimi eletti, avranno la gioia di capire che quella bella stanza con il calcolatore, è solo una facciata.

La scrittura è soltanto una porta.

E l’autore, in fondo non fa altro che aprirla.

Ma non per lui.

Per noi e per il mondo intero.

Sono dei pazzi?

Forse.

Ma come direbbe De Gregori:

siamo quei pazzi che venite a cercare

e di cui abbiamo tanto bisogno.

“L’ultimo nemico” di Luca Luchesini, Lettere animate editore. A cura di Alessandra Micheli

12 sabato Gen 2019

Posted by Alessandra Micheli in Distopico, Fantascienza, LE RECENSIONI DI LES FLEURS DU MAL

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L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte

Lettera ai Corinzi 15,26

Quante volte abbiamo letto questa frase, sdoganata dalle lettere del buon san Paolo e resa famosa dalla nostra zia Jane?

Tutti credo.

Ma pochi come me si sono fermati a riflettere: perché considerare nemico un fatto collegato al nostro ciclo vitale?

Quello che ci accomuna a fiori e piante, che nonostante abbiamo avvinto di colori terrificanti, per chi ha una mente curiosa non sarà altro che un altra, grande scoperta.

In fin dei conti, per una mente ben organizzata, la morte non è che una nuova, grande avventura.
Albus Silente, Harry Potter e la pietra filosofale

Un avventura, una porta che ci aprirà scenari diversi, mai congrui alle nostre personali aspettative, che nessuno potrà mai descrivere.

Oh se ci hanno provato.

Poeti, scrittori, pittori, tutti a dipingere quel paesaggio che nessuno sa.

Ognuno colorandolo delle proprie idee, ideologie, credenze e speranze.

Ma nessuno riesce lontanamente a immaginare cosa si cela dall’altra parte. Possiamo solo narrarlo con gli occhi delle fede, qualsiasi fede, che sia religiosa o atea o scientifica.

Possiamo solo esorcizzare la paura dell’ignoto con la nostra arte creativa, sperando sempre di sbagliarci e che questo ultimo nemico sia diverso da come lo immaginiamo, più semplice, più riconoscibile, come un amico che non vediamo da tanto tempo e all’improvviso ci chiama sorridente.

Forse la morte è davvero un altro sogno, un altra dimensione, un altra storia da raccontare e raccontarsi, perché soltanto con le parole noi tracciamo le linee essenziali dell’eternità.

L’ultimo nemico è sicuramente un perfetto thriller colorato di distopia, da leggere con il fiato sospeso.

Ma è anche, per i fini intenditori, un viaggio filosofico attraverso la nostra più grande paura, la signora con la falce che non risparmia nessuno da secoli.

Possiamo tentare di gabbarla con la scienza, o con la musica come ci dimostra il mio amato Branduardi in ballo in fa diesis minore.

Possiamo affrontarla con occhi di brace e essere immortali grazie al nostro tentativo di confinarla in rigidi concetti.

Ma ci sfuggirà sempre.

Anche nell’ultimo nemico il sogno di Picard, intelligente e lungimirante scienziato, lei regna sovrana.

Tuttalpiù ritardiamo il nostro arduo incontro con il suo cinereo volto.

Ma palla fine bussa sempre.

Nello stravolgimento apportato dalla scoperta del Teleomerax, essa non fa altro che ballare fiera e sarcastica.

Tra morti, intrighi, velleità umane tutte improntate alla ricerca del potere, lei occhieggia beffarda.

Non potete sconfiggermi sembra sussurarci sorridente.

Eppure io, in quel sorriso feroce, non ci ho mai visto nulla di macabro.

La morte è li soltanto per amore.

E lo capisce il nostro scienziato alla fine del suo lungo, lunghissimo viaggio attraverso anni, epoche, sempre improntate alla perfidia del potere che seduce gli uomini facendoli alleare con l’unico vero nemico: l‘ingordigia e la voglia di dominare l’altro.

Ecco che la morte è solo il mezzo per aver un sano timore di Dio, affinché si possa comprendere che esiste sempre una legge sacra da rispettare, che nulla ha da spartire con l’immobilismo fanatico religioso.

La morte è lo stimolo a superare i nostri limiti a vivere sempre con maggior passione quella vita, importante finché è la nostra, da rendere CAPOLAVORO assoluto, non distruzione oscena.

E il timor di Dio, in fondo, è questo: sapere di avere nella nostra anima un lato oscuro, lato terribile, cosi degno sia di venerazione come di spavento.

Il timor di dio non è il limite da superare, ma è semplicemente il rispetto che dobbiamo portare ai nostri doni, l’intelletto, la creatività, la fantasia e tutto quello che da questi straordinari strumenti può nascere.

Vedete l’uomo è immerso in un ordine strutturato che il nostro dio, quello vero non quello creato dalla nostra finalità cosciente, ci invita a nominare.

Capite?

Nominare ossia rendere esistente.

E nominare comporta l’osservazione, e l’osservazione è il primo passo della sperimentazione tattile e mentale.

E cos’è questa se non la scienza?

La scienza è il riconoscimento della meraviglia che ci circonda.

Lo stesso Picard non fa altro che emozionarsi davanti alle scoperte del DNA dei telomeri.

I telomeri sono le strutture che permettono al DNA di replicarsi e formare una copia esatta della cellula originale, solo che con il passare del tempo diventano sempre più corti, fino a quando la cellula non è più in grado di riprodursi correttamente e muore.

Del resto come non stupirsi delle meraviglie del corpo?

La struttura perfetta, ingranaggio di un meccanismo con una precisione maniacale.

E che dire dei numeri dell’universo, quelle costanti che sono alla radice di tutti i fenomeni del mondo e ne determinano il ripetersi sempre uguale, con una perfetta sincronia.

Allora la morte non è l’ultimo nemico.

Il vero antagonista di noi stessi va ricercato in un sistema che non cambia mai, nonostante le diciture sociologiche che identificano ogni finto stravolgimento come nuovo ordine.

i grandi conflitti dello scorso secolo sono successi in periodi di tumultuoso sviluppo. Pensi solo ai progressi della fisica, alla scoperta dell’energia nucleare a cavallo delle due guerre. Tutto questo ha scatenato una sequenza di invidie, timori, risentimento e disordini economici che sono infine sfociati nella guerra. Quindi, niente di nuovo.

Un sistema che fa dello scontro, della competizione la sua raison d’etre, descritto perfettamente dal nostro Luchesini, con una bravura rara, con la capacità di coniugare tensione e riflessione.

Un mondo distopico?

Forse molto meno di quanto immaginiamo.

E’ lo scenario di chi vuole semplicemente raccogliere la sfida di signora morte e provare a cambiare se stesso, con la sua intelligenza, la sua evoluzione personale, per creare un uomo nuovo, o una razza che possa finalmente imparare dagli errori e procedere verso un apprendimento diverso, quello del terzo tipo tanto auspicato da Gregory Batson.

Allora oltre a restare avvinti da queste pagine, raccogliamo la sfida di Signora Morte e cerchiamo di superare i nostri limiti per raggiungere, finalmente, un armonia tanto agognata ma tanto lontana.

Complimenti Luca.

Emozionarmi non è affatto facile.

E tu ci sei riuscito

Il Telomerax permette di ampliare le opportunità, e questo è esattamente quanto facciamo da quando abbiamo abbandonato le caverne. Se ne fossimo stati più consapevoli, avremmo forse potuto evitare tutte le tragedie che ci siamo auto-inflitti lungo il percorso.”

Ecco che cosa ci manca: una sana, necessaria consapevolezza di noi stessi. E nulla, neanche la scienza potrà darcela.

E’ la nostra scelta.

 

“Il crepuscolo degli eccelsi. Volume uno e due” di Uberto Ceretoli, Nero press editore. A cura di Alessandra Micheli

24 lunedì Dic 2018

Posted by Alessandra Micheli in Denuncia sociale, Distopico, Fantasy, Fantasy contemporaneo, LE RECENSIONI DI LES FLEURS DU MAL, Romanzo sociale, Urban Fantasy

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E’ la vigilia di natale.

Fuori è un freddo pungente, e il sole è oscurato da nuvole grondanti di pioggia, che sembrano lacrime trattenute a stento.

Volti in giro, tanti volti, spenti, granitici, quasi assuefatti a un botulino che non è estetico ma è dell’anima.

Fissi in espressioni rassegnate, fissi nel ripetere quasi in modo ossessivo comportamenti, tradizioni, movimenti che non nascono più dal cuore.

Come se un burattinaio perverso, un Mangiafuoco dalle fauci spalancate in una grassa risata, muovesse i fili di quelli che un tempo, un tempo felice, erano uomini.

Non c’è amore.

Nello scambio di auguri.

Non c’è amore nello scambio di regali.

Non c’è amore nelle case, non c’è amore negli addobbi.

Non esiste passione nei cortei, nelle proteste, neanche in quei politici da reality.

Non c’è amore nelle finte processioni, nelle chiese, nei luoghi dove dio dovrebbe rinascere.

Non esiste amore nelle proteste, nelle lamentele, in ogni nostro finto ribellarci.

È tutto un costante ripetersi di trite e ritrite commedie dell’arte, fatte da guitti senza talento.

Non c’è amore nei libri, in quella letteratura cadaverica decomposta, stantia usata solo per rimpinguare le tasche scintillanti di denari, sanguinosi denari, del re di turno.

Viviamo una società che della distopia ha fatto una realtà concreta in un omaggio beffardo e senza coscienza al nostro Orwell e a quel Bradbury che pensavano soltanto di farci un favore, scrivendo il peggiore dei nostri incubi: la perdita dell’umanità.

Il Crepuscolo degli eccelsi poterebbe essere letto come uno spettacolare urban fantasy, pieno di azione e di adrenalina.

Ma descriverlo in codesto modo è mancare di rispetto a voi lettori, considerandovi ebeti e soprattutto all’autore e alla casa editrice, che non hanno confezionato un mero prodotto commerciale, atto solo alla vendita.

No.

Hanno deciso di svegliarvi nel modo peggiore, dando corporeità e risalto alla denuncia del disastro subito o scelto ( a voi lettori l’ardua sentenza) dalla nostra società cosi fallimentare, cosi permeata di ossessioni, di staticità, di esaltazione dei bisogni più abbietti.

Un mondo al contrario osservato da una prospettiva privilegiata, quella di un immortale capace di oltrepassare i tempi, sopravvivere a essi, testimone dei corsi e ricorsi storici sempre improntati alla ricerca dell’acme della soddisfazione, della massimizzazione dei benefici senza la condanna dei costi. In fondo, il nostro ludico divertimento deve avere il miglior risultato possibile, quello di sfruttare gli altri senza subire la ripercussione dell’atavica legge quantistica di azione/ reazione.

In fondo, il nostro ludico divertimento deve avere il miglior risultato possibile, quello di sfruttare gli altri senza subire la ripercussione dell’atavica legge quantistica di azione/ reazione.

Conoscete l’effetto farfalla?

E’ una teoria che considera importanti anche piccole, infinitesimali variazioni nelle condizioni iniziali che possono in realtà produrre grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema.

Un battito di una farfalla può scatenare un uragano.

Da sempre governanti e élite al potere hanno tentato di aggirarne la trista profezia, l’oscuro avvertimento, non dando credito o relegando predizioni e moniti, nella strana dimensione del mito e della leggenda.

Nostradamus ciaone in pratica.

Ma l’effetto farfalla vorrebbe soltanto salvare quell’umanità nata da un sogno divino, da una lacrima di dio, da un progetto che voleva brillare e investire l’intera creazione di splendore.

E dov’è lo splendore?

E non soltanto in questo libro ma nella nostra attualità.

E’ nel dramma delle emigrazioni causate dalle guerre?

Dal terrorismo che viene strumentalizzato per dividerci ulteriormente?

Dalla menzogne di una realtà precostituita che legittima e giustifica il dominio?

Pensate al caso Husseim.

O alla terribile minaccia dei talebani.

La verità precostituita li vuole come enormi cancri in senso alla nostra perfetta società, da estirpare a ogni costo, in nome di un bene superiore.

Ce lo dice il nostro governo, lo sussurra il TG di turno, lo urla con forza il leader mondiale.

Ma è davvero cosi?

Leggete anzi assorbite queste parole:

Ora sapresti dirmi i motivi che hanno spinto l’Inghilterra ad accettare le richieste di aiuto del Somaliland?»

«La disputa sulla proprietà di un giacimento di uranio, posto al confine, di cui il Somaliland ci aveva concesso lo sfruttamento».

«Farò finta di non aver sentito, quello che mi hai detto. La miniera è il ringraziamento da parte del Somaliland per l’aiuto, non è il casus belli».

Deborah sospirò. «Il governo estremista della Somalia aveva costruito armi batteriologiche che intendeva usare contro i territori indipendentisti del Somaliland e aveva iniziato a deportare gli oppositori politici e i sostenitori della nuova Repubblica. Siamo entrati in guerra soltanto per motivi umanitari».

«Ottimo, è proprio questo che volevo sentirti dire. C’è altro da aggiungere?»

«Che le armi batteriologiche non sono mai state trovate e che le foto dei campi di concentramento somali erano un falso creato ad arte dai servizi segreti italiani?»

«Farò finta di non aver sentito anche stavolta».

«Ma sono l’unica che non crede alle invenzioni che avallarono l’intervento militare?»

Vi ricorda nulla?

No di certo.

Avete la mente assuefatta da una straordinaria droga: la banalità.

Starway to the heaven.

Siete subissati da messaggi pubblicitari, da sponsor, da intrattenimenti colorati che inneggiano alla logica del self made man.

Un grammo di felicità e diventi famoso!

Un trono e le porta della bellezza si spalancano e troverete amore, denaro, fama, successo.

Basta solo firmare con il proprio sangue il patto che vi chiede solo l’annientamento della coscienza.

E credere a ogni fandonia che serve per ingrassare i porci che comandano. Quello scritto sopra non è altro che il volervi ricordare l’intervento osceno in Iraq.

Come?

Osceno dici Ale?

Come puoi asserire che la cacciata di un dittatore sia osceno!

Non sei allineata, non credi alla nostra bella voce autorevole.

Dubiti dei dati.

Dubiti delle giustificazioni, guardi negli occhi i sudati politici, pingui come sanguisughe, o quei finti giornalisti, in cerca della conservazione della specie, ossia del loro posto e del loro status quò.

Eppure…

Saddam Hussein, il bieco osceno dittatore, schifato da tutti, maledetto dalla Damnatio memoriae.

Ma voi sapete chi è?

Saddam era una pedina usata per contrastare lo strapotere di un certo Iran di un certo Khomeini.

In fondo, il nostro occidente perbenista temeva davvero la potenza di questo piccolo stato, preoccupato che il fondamentalismo islamico potesse impadronirsi dei paesi arabi.

E dei loro giacimenti di petrolio ovviamente.

In pratica era sostenuto MILITARMENTE da noi.

Anzi rettifico dagli Usa.

Sapete che nonostante le atrocità commesse dal pazzo, gli Usa promisero all’Iraq strumenti per sviluppare armi di distruzione di massa?

No.

Immagino che queste verità siano troppo scomode.

Del resto come dice il nostro grande autore:

E poi a te cosa te ne frega della vera verità?

Noi che poi abbiamo deciso, un giorno, di togliercelo dalle palle.

Insomma la legge finanziaria ci impone di allearci anche con i mostri.

E quale scusa migliore della presenza di armi chimiche nascoste chissà dove?

Peccato che l’ONU stessa non trovò mai nessuna prova di questa strana accusa. Ma chissenefrega, il petrolio ha un profumo troppo allettante.

E poi una democrazia a immagine e somiglianza del dominatore, ci assicura, in nome del bene comune, soldi a palate.

Armi chimiche, storia di una menzogna.

Ottima base per un libro di distopia.

Ah no.

Non è fantascienza è storia.

Storia vera.

E leggete queste parole:

Curveball” nell’intervista al giornale britannico fece capire che molte di queste informazioni (se non quasi tutte) erano inventate, in particolare quelle sui suoi ruoli nella produzione di armi e sui camion per la produzione delle armi di distruzione di massa. Disse al giornalista del Guardian: «Forse era vero, forse no. Mi dettero questa opportunità, di costruire qualcosa per abbattere il regime. Io e i miei figli siamo fieri di averlo fatto e di essere stati la ragione per dare all’Iraq la possibilità di una democrazia», aggiungendo: «Quando penso che qualcuno viene ucciso, non solo in Iraq ma in qualunque guerra, sono molto triste. Ma ditemi un’altra soluzione. Sapete dirmela? Credetemi, non c’era altro modo di portare la libertà in Iraq. Non c’era nessuna altra possibilità».

https://www.oltrelalinea.news/2017/03/17/armi-chimiche-storia-di-una-menzogna/

Ah beh contento te che per liberare hai regalato manette che lacerano i polsi, e li hai fatti camminare su una strada lastricata di cadaveri, beh contenti tutti.

La mia coscienza però non è d’accordo.

Pensa sempre che l’uomo sia più importante del Sabato.

Ci avevi pensato quando hai deciso che il rispetto del regolamento viene prima del rispetto umano?»

Quindi la libertà si basa sulle menzogne.

La libertà si costruisce a seconda dei nostri cazzi privati.

Non lo sapevo.

Ma non si finisce mai di imparare.

Volete parlare dei Talebani?

Armati da nientedimeno che la nostra USA!

Per contrastare nel 1979, lo strapotere dell’avversario URSS.

Ecco che per ottenere non il bene comune, quello è morto da tempo, ma il sostentamento dell’èlite al potere e con élite io intendo tutti, economisti, imprenditori, politici, e compagnia bella, bisogna sempre allearsi con i mostri.

Ma sapete cosa cerca il volgo?

Non è importante quello che pensi, o le fonti che avvalorano la tua tesi e quella dei giornalisti non-allineati: gli insegnanti vogliono sentirsi dire una cosa riguardo alla Guerra d’Africa, la verità che è stampata sui manuali».

E la verità muore, languendo disperata e invocando l’auto dei sui perfidi figli

Quello che pensano gli altri stati, i politologi e i sociologi non ha importanza: gli insegnanti devono capire quanto hai studiato i libri di storia.

E allora chi cavolo è il vero mostro?

Un vampiro che segue la sua scellerata natura, o l’uomo creato più alto di stelle e coronato di gloria che per i suoi abietti fini si allea con abomini?

Vite umane? Definiresti tali quelle degli esseri che conosci? Dimmi, chi tra noi è il vero non-morto: io che sfuggo al giorno e al tuo mondo oppure tu che ne sei prigioniera? Io che vivo di sangue o i burattini che obbediscono alle leggi del Direttorio e che uccidono in suo nome?

Umani?

Quelli che pur di non faticare a pensare accettano ordini dall’alto consci che non devono usare il loro intelletto per scindere bene o male ma soltanto

noi poliziotti non abbiamo bisogno di lavarci la coscienza. I poliziotti non hanno coscienza. Gli agenti obbediscono, i patemi sono per chi impartisce gli ordini, non per chi li esegue. Se ci ordinano di irrompere dentro un pub e uccidere chiunque si muova, questo dobbiamo fare: sono le regole del gioco. I cittadini dovrebbero comportarsi in modo che non venga mai ordinato di irrompere in un pub; se accade, chi spara è soltanto uno strumento.

Siamo solo marionette in mano del potere, grasse vacche che rendono I nostri aguzzini tronfi e panciuti.

Sono un mostro?» Roger spalancò le fauci e provò a dilaniare l’umano con i denti acuminati; si fermò, ostacolato dal potere della croce ortodossa. «

E voi umani cosa sareste? Il vostro patetico Impero ha scatenato metà delle guerre degli ultimi cinquant’anni. I vostri figli hanno vomitato le budella nelle giungle, nei deserti, sulle strade di città ridotte a carogne. Guardami, schiavo del Direttorio, se la mia malvagità è una condanna, la tua è un dono. Io succhio sangue, ma la classe agiata che ti controlla e ti ha sottratto la ricchezza e la libertà: dimmi, stupida marionetta, chi sono i vampiri?»

Chi è il vero mostro?

Noi che appoggiamo questo sistema, ogni tanto concedendoci una finta parentesi ribelle, o l’essere soprannaturale, frutto della nostra perversione?

A voi la risposta.

Io sinceramente, dopo le notizie di questo natale senza amore, spero che un Roger de Tosny venga a demolire questo orrore reso carne. In cui io non mi riconosco nè oggi nè mai.

Perché credo che chi davvero crede nella vita, nella giustizia, nella Maat, nella solidarietà, con I mostri non ci scende a patti. Li combatte a costo della vita. E se questo non è accettato dallo status quò preferisce perderla quella vita che è svenduta per un pugno di dollari.

«Ho imparato una cosa da questa lurida società, e sai cos’è?» Gli occhi di Roger brillarono di una tenue speranza. «Che è l’unica che abbiamo e che dobbiamo fare di tutto per difenderla: non si scende a patti con i mostri. Mai!»

Continuo a camminare e a scontrarmi con facce tristi e sconfitte.

E una frase riecheggia per i vicoli della mia città:

Non c’è amore tra gli uomini,

E finchè questo amore non lo troviamo dentro di noi, e non lo porteremo all’esterno, nessuna politica, nessuno sforzo, nessun cambiamento, ci elargirà un alba diversa.

Io ve lo consiglio questo libro.

Perché chi lo legge, ha una speranza di non diventare un semplice ingranaggio di questa oscena fabbrica di privilegi chiamata società.

“Stones” di Selene Piana. A cura di Alessandra Micheli

11 martedì Dic 2018

Posted by Alessandra Micheli in Distopico, Fantascienza, LE RECENSIONI DI LES FLEURS DU MAL

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Quando ho ricevuto il libro di Selene per la recensione, ammetto di aver pensato: “Oh no, un altro dannato rosa con una misera ambientazione distopica a giustificare gli ostacolo d’amore”.

Per fortuna il mio pregiudizio è così labile e così sottoposto alla curiosità naturale del lettore che quando apro il reader, esso si dissolve. E inizio ad ascoltare la voce dell’autore, ma soprattutto del testo.

A mia discolpa ammetto che oggi pochi hanno voglia di raccontare, ma più che altro di proporre il loro prodotto. E i sottogeneri della fantascienza non sono affatto adatti al marketing. Semmai sono adatti alla comunicazione di qualcosa per noi, e per la nostra vita interiore può rivestire enorme importanza.

Selene è brava.

È riuscita a identificare e a percorrere senza indugi, senza soccombere al lato sensazionalistico della storia, il difficile sentiero della distopia. Claustrofobia, senso di disorientamento, panico e rassegnazione di chi all’improvviso si trova di fronte a un mondo… capovolto.

Perché la distopia è semplicemente l’orrore immaginario, reso reale, è il disastro che sembra lontano e profetizzato ma che all’improvviso si concretizza rompendo ogni schema mentale, ogni abitudine, ogni speranza. In un mondo rovesciato in cui i valori civili si rivelano per quello che sono, cioè illusioni, bisogna poter sopravvivere. E spesso la sopravvivenza in un mondo mutato, muta anche l’animus umano rendendolo feroce, spiazzato, disperato, senza coscienza (come in “Brandelli d’Italia”) o fa nascere i migliori sentimenti di quella giusta rabbia che ci portano alla reazione (come in “Nectunia”).

Come notate, ogni libro ha il suo messaggio ed è nato e nasce per raccontarci, oltre alla storia adrenalinica e disperata, qualcosa di noi, una parte di società che dobbiamo per forza vedere. Che sia totalitarismo, che sia la tecnologia che sostituisce il cuore, che sia la radicalizzazione di un’idea, che sia il rifiuto di avere esseri pensanti a dominare un mondo distrutto (spero ricordiate Fahrenheit 491, dove è la conoscenza il vero male del mondo) insomma, ognuno dei nostri nefasti impulsi trova nel genere il suo onorevole racconto.

Allora cosa ci dice Selene con Stones?

Perché usa questo racconto di devastazione, paura e sospetto?

Mentre leggevo e persino a libro terminato ci riflettevo. Era lì la risposta, vicino a me che sussurrava, ma qualcosa in quel libro di un Italia in preda al contagio, fatta di morte, de-solidarizzazione e sopravvissuti prescelti, quasi immuni alla malattia, mi sussurrava. Ma era una voce flebile. O forse io non volevo affatto ascoltare. L’Italia isolata, minacciata dalle altre potenze, un’Italia in preda al caos, in cui soprattutto donne e bambini venivano sterminati.

Poi all’improvviso da una radio arrivano le parole di Edoardo Bennato:

 

“una mattina mi sono svegliato, tutto sbagliato baby…”

 

Tutto sbagliato.

L’Italia?

Tutta sbagliata.

I valori?

Tutti sbagliati.

Le nostre ideologie?

Cadute.

I nostri sforzi per rendere l’Italia una nazione etica?

Tutto finito.

In fondo il libro di Selene non fa che anticipare in un universo terrificante il vero contagio del nostro paese: l’odio verso l’altro. Quella società così dedita alla caccia alle streghe da implodere su sé stessa.

Una civiltà così osteggiata dall’Europa, il mosaico che doveva incorporarla, da essere isolata da un muro.

Il muro della vergogna.

E quel muro lo vediamo oggi ragazzi miei. Lo vediamo nella volontà ancora viva, nonostante sia cadavere, di attaccare i frutti della nostra stessa vita: donne e bambini. Ecco il contagio. Ecco la malattia. L’Italia si rannicchia su sé stessa, stanca di fingere ed esplode, in una miriade di pezzi, mutando, anzi diventando, finalmente libera di mostrare il suo vero volto: la distruzione.

Non ci rendiamo conto che piano piano stiamo rosicchiando le stesse basi della civiltà, dei diritti su cui speravamo e sognavamo di fondare uno stato diverso. Non è diverso. È simile agli altri, peggiorato perché abbracciato con forza e disperazione a stantii valori.

“Stones” sono le persone che riescono a sopravvivere al contagio, quello di essere risucchiati in un mondo dedito alla sopraffazione e alla legge del più forte, e che hanno la forza indomita di una rabbia atavica. Non è un caso che le protagoniste, le vere luci che brillano, sono donne. Donne che devono essere usate, che devono essere costrette a dare a quel paese morente una speranza. Costrette, non lodate perché capaci di mutare.

Ecco il segreto. L’essere umano deve poter cambiare, trasformarsi, ingerire i germi della malattia per poterne diventare immuni. Ma per farlo, deve poter vedere. Riconoscere che essi sono virus. Riconoscere dunque i valori sbagliati, gli assunti culturali oramai divenuti stereotipi e smettere di esserne schiavi.

Devono diventare quelle rocce sui cui impiantare un nuovo dannato ordine mondiale.

Il nostro vero problema è che noi non abbiamo Amore nei nostri cuori. Riconosciamo il sesso, riconosciamo il possesso, riconosciamo la rabbia dell’appartenenza. Ma di amore noi non sappiamo nulla.

Lo sanno forse gli animali e infatti sono loro che, in questo libro, ricoprono di calore le ferite di quella gente distrutta, che una mattina si è sbagliata e ha visto che il mondo che conoscevano o che credevano di conoscere era tutto sbagliato.

Negli ideali, nelle battaglie, nei finti cambiamenti, c’è solo il sistema che si ripropone con la stessa oscura canzone, senza che si muti davvero il nucleo profondo che sostiene una traballante civiltà.

Nel palazzo dalle mille stanze
nel silenzio di pareti grigie
non si salva niente, nemmeno le apparenze

Nel disegno di quei corridoi
interrotti da ritratti di eroi
non si salva niente nemmeno le intenzioni

Non c’è amore, nelle cattedrali del partito
nei discorsi ufficiali, non c’è amore
nei finti battimani

Non c’è amore, nelle processioni del partito
nelle bande e nei cori, in quei canti
che non sono canzoni

E  in questi assunti culturali non abbiamo amore.

Se l’amore non nasce neanche quando il disastro è alle porte, davvero non si salva più nulla.

E possiamo solo dirci le parole amare di Edoardo

 

lotta di lunga
lunga durata, tutta sbagliata

 

Senza basi, noi non siamo altro che entità astratte, prede di un mondo che si ribella costantemente contro di noi.

E allora ogni lotta, persino quella di questa scrittrice degna solo di lodi, diviene solo un altro immenso lungo tentativo andato a vuoto.

Rifletteteci

“Brandelli d’Italia” di Marco Crescizz, Delos Digital. A cura di Alessandra Micheli

13 lunedì Ago 2018

Posted by Alessandra Micheli in Denuncia sociale, Distopico, Fantascienza, LE RECENSIONI DI LES FLEURS DU MAL, Romanzo sociale

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Basta dare un’occhiata al titolo del testo di Crescizz per domandarsi se ci si trova davvero davanti a un horror a una lucida e crudele cronaca del nostro tempo.

Lo hanno definito cattivo, eccessivo, sconvolgente e hanno spesso criticato l’ambientazione e la scelta degli espedienti letterari.

Per questi motivi ero davvero curiosa di immergermi in una lettura tanto controversa, per capire il motivo per cui il suo “splatter”, non più fastidioso di tanti altri libri, fosse cosi contestato. Capire nel profondo le motivazioni che portano un giovane autore a non scrivere di speranza, ma a delineare un tetro scenario post apocalittico.

Senza redenzione.

E sapete cosa mi ha stupito?

Che il senso del libro, si è presentato a me in tutto il suo sanguinoso splendore, un urlo che attraversava in lampi infuocati la mia mente mettendomi di fronte ai pericolo insiti OGGi, Ora e non in un fantomatico domani, nella nostra società.

E mi sono chiesta se sono io la solita esagerata, pronta a cogliere un senso etico in ogni libro, convinta che sia quello a dover creare le fondamenta del testo, o se semplicemente l’autore si è divertito a creare un clima ansiogeno senza ulteriori intenti.

Cosi ho letto e riletto Brandelli.

A ogni lettura una sottolineatura, a ogni nuova analisi una frase che spiccava tronfia e decisa a farsi notare.

Allora ho compreso.

No, non sono io esagerata, semplicemente il libro è una sorta di prova per il lettore, pronto a dargli quello che la sua evoluzione richiede. Solo i degni capiranno che, dietro l’avventura al limite, i personaggi assurdamente amorali, gli scenari tragici e il taglio crudo delle scene, Crescizz descrive una realtà sotto gli occhi di tutti. Siamo noi incapaci di vedere, talmente presi da una realtà virtuale, precostituita da non accorgerci della manipolazione che ogni giorno la nuova teocrazia ci propina.

Perché ripeto Brandelli non è un horror fantascientifico, ma una tetra allegoria di cosa accade alla nostra spaurita pseudo civiltà.

Ma andiamo con ordine.

Anche in questo testo l’ambientazione è apocalittica.

E indovinate di chi è la colpa?

Di un essere apparentemente superiore, ma che è in realtà troppo stupido per amare la vita e troppo preso da se stesso dalle sue mire espansionistiche, troppo preso dalla brama di potere, tanto da deturpare l’ambiente in cui vive e opera. Anche qua si rivela fallimentare la parabola batesoniana della finalità cosciente: l’uomo cosi convinto di essere padrone del mondo, al centro di questo blando universo tanto da reclamare come diritto assolutistico il suo potere di nominare (ossia dominare) la materia, si rivolta contro l’energia creatrice nelle sue vesti di equilibrio cosmico. Di armonia, di perfezione o per dirla come gli egizi al principio della Maat. Ma il dio ecologico, il dio che soprassiede i processi vitali, non si può beffare e si rivolta, sprofondando l’uomo in una sorta di medioevo. Ed è un medioevo più dell’animo che reale, creato e intessuto con i peggiori istinti, impulsi e oscenità umane. Tanto che in un’antica volontà di ritorno allo stato di natura, si avvera la profezia hobbesiana: homo lupis. Ed è questo che porta la lacerazione del tessuto sociale italiano (oserei dire mondiale) rendendo appunto la nostra civiltà a brandelli. O in maniera ancor più pessimistica, rendendo ovvia la vera situazione attuale: quella appunto di una compagine sociale lacerata, ridotta allo stremo che si teneva unita da pallidi e inesistenti principi.

Che il nostro paese si regga su assunti fallaci e poco sentiti, quindi decadenti perché non accettati nel profondo di noi stessi dai suoi cittadini è oramai un fatto assodato. L’Italia è un nome non una realtà, tenuta assieme da legami fittizi di convenienza e dominata da assurdi giochi di potere.

Ma badate bene, non è un risultato ma il suo punto di partenza.

Mi spiego meglio.

La storiografia ci ha fatto sempre credere che, l’idea italiana, di patria di struttura organizzata e organica fosse un sentito bisogno del popolo, portata avanti da eroi che si sono sacrificati per il bene comune.

Nulla di più errato.

L’Italia e lo stato italiano è nato da un preciso piano di dominazione che intendeva, semplicemente, sostituite il dominante. Ma non intendeva assolutamente annientare lo status di dominato. Da democrazia a oligarchia e poi successivamente da dittatura il passo è breve. Son entrambe accomunate da una falsa prospettiva, da una falsa origine e alimentati da meri interessi personalistici. La teocrazia descritta da Crescizz esiste: la si ritrova quando ogni idea diviene ideologia e serve per mascherare i veri intenti. E da qua torno a citare il mio amato Vilfredo Pareto, dietro a ogni grandioso pensiero si cela il più turpe interesse: sono i residui non logici dietro alla perfezione dei sistemi di pensiero. Cosi comunismo, socialismo, persino fascismo e nazismo, la tecnocrazia, diventano figlie aberranti di quella smania di conquistare, di primeggiare, di sottomettere per emergere. Cosi come la democrazia con i suoi comandamenti cosi rigidi tendenti ad annullare, annichilire e annientare la diversità in favore dell’uguaglianza. Fu Tocqueville a metterci in guardia dal pericolo del motto tutti uguali: ossia l’omologazione.

E l’omologazione, l’annientamento delle potenzialità servono per far emergere il demiurgo di turno, colui che plasma non tanto il sistema di governo ma la nostra percezione del reale.

In questo testo questa si rivolga alla tecnica più antica del mantenimento del potere ossia la creazione del nemico. Questo concentrerà attorno a se ogni terrore, ogni paura, ogni oscurità presente nella psiche più profonda, quel luogo dominio dell’ombra da cui possiamo trarre paradiso o inferno. Nel testo è ovviamente l’inferno a emergere.

Immaginate tutto questo in una situazione di totale devastamento delle certezze, in una sorta di mondo post atomico da cui ricominciare.

E come si ricomincia?

In questo ambiente fintamente multiculturale, in cui il messia prende le redini del comando e manipola le coscienze, si alimenta non il lato migliore dell’uomo ma quello oserei dire più tenebroso: le inquietudini. E queste non possono che generare divisioni, rabbia, violenza e caccia al colpevole capro espiatorio di una società che non sa o non può prendersi la responsabilità del proprio fallimento.

è necessario un nemico da temere, degli esseri inferiori che facciano stare bene gli altri.

E’ l’esaltazione dell’individualismo estremo quella descritta da Crescizz che mitizza la mancanza di responsabilità a favore della sopravvivenza.

E cosa diventa la sopravvivenza personale senza responsabilità?

Violenza. Orrore. Sangue. Blasfemia.

Senza più limiti etici l’essere umano si spinge oltre il lecito e il consentito, sfida dio con arroganza e inizia a sostituirsi a lui. Grazie a questo delirio di onnipotenza l’essere umano diviene oggetto e non più soggetto,un semplice mezzo per raggiungere i suoi fini. E rendere l’uomo svuotato di ogni diritto di ogni dignità è il passo indispensabile per dominare.

È facile muovere una rivoluzione, sovvertire il potere dominante… ma poi, figlio mio, cosa resta? Macerie… e gente pronta a ricostruire. Aspettano solo che tu dica loro in cosa credere.

Ed è una terribile verità: senza più il libero pensiero, spronato dalla dignità, senza più la capacità di autocritica, siamo solo facile preda per il dittatore di turno, che sia un leader politico, religioso, un life coach, o semplicemente uno che decide, per suoi interessi come dobbiamo usare la nostra creatività e i nostri doni.

Crescizz maschera un atto di denuncia in romanzo, conscio che è il mezzo migliore per far germogliare idee non per creare una rivoluzione, ma per stracciare questo osceno e putrido velo di Maya. Solo comprendendo cosa si cela dietro i dogmi è possibile non solo la salvezza ma anche la scelta. Chiunque creda di avere oramai la strada spianata, chiunque sia stato “clonato” per meglio assecondare le malate pulsioni di una società allo sbando, con la gnosi, con la consapevolezza può rompere questa catena che ci rende schiavi.

E scegliere.

E diventare pienamente umani.

E quando qualcuno si arrogherà il diritto di scegliere per noi, saremo protetti e capaci di lanciarci come novelli Vendicatori sulla prigione che tenta di costruirci attorno.

Io decido cosa è giusto e cosa non lo è, fiuto i bisogni del popolo, ne alimento le speranze, creo le necessità e smonto le teorie. Posso rielaborare i fatti, gestire le paure, veicolare i gusti, dare coerenza a ciò che non ne ha. Sono in grado di manipolare gli ideali e i loro simboli, come la svastica e il crocifisso, e posso reinventare il nazismo e il fascismo e mischiarli al cattolicesimo, fondere insieme scienza e religione, governando con la prima e facendo credere al popolo di vivere sotto l’ala protettrice della seconda.

Dubitate dei lupi travestiti da agnelli, degli imbonitori, di chi si sostituisce alla vostra mente, di chi vi dice cosa è giusto e cosa è sbagliato, chi odiare, e chi amare.

Sperimentate, crescete, evolvete.

Fate domande, ascoltate la vostra voce interiore diventate capaci di buttare la cesso ogni vostra certezza.

E ricominciate da zero.

Siate coraggiosi.

E questo libro vi aiuterà.

Sapete perché?

libri sono gli oggetti più pericolosi che possano esistere per chi detiene il potere. Forniscono informazioni utili per ogni cosa, da come costruire un edificio stabile a come ricavare un farmaco dalle piante. Ma non solo, i libri muovono le coscienze, accendono gli animi, danno sfogo al libero pensiero. Lo stesso si può dire di internet e dei telefoni, dei film, dell’arte, ecco perché ho bandito le comunicazioni e anche il cinema. Queste forme di espressione portano a un massiccio scambio di informazioni e di idee, formano le opinioni, creano alternative… e io non l’ho mai permesso. Le coscienze non devono avere coscienza affinché io possa governare su di loro.

 

Ecco perché molti sono stati sordi al grido lancinante di questo libro. Ma voi tenete le orecchie bene aperte e quando Brandelli vi chiama, rispondete.

“L’impero d’acciaio. Il segreto di Vesta” (Vol. 3) di Claudio Bolle, Lettere animate Editore. a cura di Frank Slade

08 mercoledì Ago 2018

Posted by Alessandra Micheli in Distopico, Fantascienza, LE RECENSIONI DI LES FLEURS DU MAL

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Uno degli errori madornali che fanno spesso gli autori di saghe è rallentare il ritmo dei loro racconti man mano che la storia va avanti, durante l’arco della pubblicazione dei libri.

Nel racconto strepitoso del nostro autore, invece, accade letteralmente il contrario: ovvero si passa da una normalissima vita, a tratti monotona, a nuove situazioni che, incrociate insieme, creano una combinazione di eventi schietti e veloci che non danno adito al lettore di annoiarsi.

Anzi voi che leggerete questo ed i precedenti libri, rinnoverete le vostre coscienze con punti di vista che vanno oltre l’ottica piatta ed in serie che gli anni 2000 ci hanno consegnato.

Leggendo questo terzo capitolo, è apparsa nella mia mente una citazione di uno dei miei cantautori preferiti, che, a mio modesto avviso, rappresenta a pieno titoto ciò che il nostro “Claudio” vuole esporci:

 

“C’è un cartello appeso in mezzo al cielo -Se vuoi vivere alla grande devi stare con l’Impero-.
Ma una ragazza un giorno m’ha spiegato che il mare ha tante onde e non finisce all’orizzonte”.

 

Ecco, mie cari lettori, il punto della questione è proprio questo.

L’Impero romano, grande ed immenso (come lo conosciamo), andrà oltre i suoi limiti, imparerà a sviluppare il suo immenso potere, in un modo che va oltre le possibilità del periodo storico, in questione.

I nostri sette amici, prenderanno maggiormente coscienza di quello che significa vivere nella Urbe, con tutti i pregi ma anche ostacoli che troveranno nella loro avventura.

Inizialmente, loro non si renderanno realmente conto delle grandiosità che la loro presenza ha portato all’Impero ma sarà proprio Tiberio a fargli comprendere l’importanza del loro lavoro ma soprattutto a fargli capire che è fondamentale, da parte loro, integrarsi bene nel tessuto sociale dell’epoca.

Accanto alla realizzazione dei progetti che loro stanno portando avanti, gli ostacoli, però, non smetteranno di mancare. Infatti, il manifesto rappresentativo dei vari problemi che incontreranno risiede in una citazione che il nostro autore evidenzia più volte nell’arco dei tre libri:

 

“Il nemico maggiore di Roma sarà Roma stessa”.

 

La storia ci racconta che l’Impero Romano cadde vittima di sommosse e guerre di potere al suo interno ed è proprio quello che potrebbe accadere. Ma i nostri amici, con l’appoggio e la fiducia dell’Imperatore, faranno di tutto per non far avvenire ciò e cambiare definitivamente la storia.

Se riusciranno a sconfiggere chi brama alle spalle dell’Urbe, avranno la strada completamente in discesa, portando avanti i loro progetti di rinnovamente della sicurezza, dell’economia fiscale e non, della materia giuridica, ecc, ecc.

In questo terzo libro, i nostri Neo-Senatori verranno ancor maggiormente influenzati dagli stili di vita del periodo, anche se decisamente trasgressivi.

E di conseguenza, uno dei grandi meriti dell’autore è stato quello di affrontare la tematica “sesso” e rapporti sociali, con una naturalezza ed un innocenza, che, nei tempi nostri, nessuno capirebbe mai, o quasi.

Ma il vero nodo cruciale di questo terzo capitolo è un altro…

Come evidenzia il titolo, c’è un mistero che attanaglia o meglio che lega i nostri amici al culto di Vesta.

Cosa può mai legare quei ragazzi a Vesta?

Cosa possono mai c’entrare loro con le custodi del “Fuoco Sacro”?

Beh… miei cari lettori, ormai la storia come voi la conoscete è stata avviata su una strada completamente nuova, nulla tornerà più come prima e la risposta a questo mistero vi fornirà la chiave per comprendere, realmente cosa è accaduto e soprattutto come è cambiata la vita, non solo dell’Impero ma del mondo intero.

Adesso voglio lasciarvi con una citazione di questo testo che, non solo, rappresenta a pieno il potere del cambiamento ma vi farà riflettere su cosa significa creare e donare cultura:

 

“-Un libro si scrive, non si fa, mi pareva di averti insegnato a parlare-.

“-Loro l’hanno scritto e anche fatto, vedrai-”.

 

Homo faber fortunae suae …

“L’impero d’acciaio. L’accademia degli Dei” di Claudio Bolle, Lettere animate editore. A cura di Frank Slade

01 domenica Lug 2018

Posted by Alessandra Micheli in Distopico, Fantasy, Fantasy Epico, LE RECENSIONI DI LES FLEURS DU MAL, Narrativa Contemporanea

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Miei cari gentilissimi lettori, il secondo volume della saga che il nostro “Claudio” ha scritto con dedizione e novizia di particolari, è una chiara e piacevole conferma di come non sempre siano necessari grandi azioni e grandi effetti speciali per rendere un libro intrigante ed entusiasmante.

Innanzitutto, leggendolo troverete tante conferme importanti ma anche alcuni eventi spiacevoli che renderanno il nostro gruppo di amici (forestieri dell’Impero) sempre più coeso, sia tra loro ma soprattutto con il presente/passato che stanno vivendo.

Il libro inizia con la partenza, avente un doppio scopo, verso l’isola dell’Elba della coppia di “novelli sposi”: in primo luogo, andranno a conoscere il modo in cui l’Impero estrae un certo metallo, in modo tale da insegnare loro un sistema d’estrazione più sicuro e veloce. In secondo luogo, questo viaggio sarà per loro un vero e proprio viaggio di nozze ed un modo per unire i quattro in un modo ancor più indissolubile, anche dal punto di vista sessuale.

Di ritorno da questo loro viaggio, seppero dall’Imperatore Tiberio stesso, che aveva deciso di abdicare a favore del figlio Druso, creando un importante precedente ed avendo la conferma, che con le loro azioni, stavano realmente modificando , in positivo, la storia dell’Impero romano.

Ovviamente, non mancheranno le prime congiure nei confronti dell’Imperatore ma che le due coppie, insieme ai tre loro amici militari, risolveranno nel migliore dei modi, durante una seduta al Senato.

In maniera, decisamente, celere vennero avviate le prime riforme economiche, sociali e in materia di legislazione che i nostri amici avevano programmato.

“L’ambizione, se usata per il bene comune e non per vuota soddisfazione personale, è una grande forza e senza di essa vivremmo ancora in capanne di fango”.

Parallelamente a questa situazione, stava nascendo un bellissimo amore tra Druso ed una donna, dalle fattezze di una delle nostre eroine del futuro, che perse il marito in battaglia.

Ma sopratutto verrà istituito, da parte dell’Impero “L’Accademia”, ovvero una centro studi gestito dai nostri amici Senatori, dove verranno educate ed istruite le menti migliori dell’Urbe: il primo Centro Studi che il Mondo abbia mai avuto e capirete che una novità simile porterà benefici incalcolabili.

“Trovare, conoscere, dominare!”

Successivamente, i nostri ragazzi, tra i lavori di creazione della loro Accademia ed il viaggio che effettueranno nelle loro terre native nordiche, si renderanno conto che quel tempo e quelle persone erano più evolute di quello che pensassero e che quindi le innovazioni che stavano apportando avrebbero avuto un impatto notevole per difendere l’Impero contro le invasioni barbariche che tutti voi conoscete.

“L’indomani sarebbe stato un giorno importante per la loro Accademia, tanto che un giorno, molti, molti anni dopo, avrebbero cominciato a parlarne come dell’Accademia degli Dei”.

Carpe diem…

E leggere rappresenta quell’attimo che vi può cambiare la vita, per sempre.

“L’impero d’acciaio. L’accademia degli Dei” di Claudio Bolle, Lettere animate editore. A cura di Frank Slade

25 lunedì Giu 2018

Posted by Alessandra Micheli in Distopico, Fantascienza, LE RECENSIONI DI LES FLEURS DU MAL

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Miei cari gentilissimi lettori, il secondo volume della saga che il nostro “Claudio” ha messo in piedi, con dedizione e novizia di particolari, è una chiara e piacevole conferma di come non sempre siano necessari grandi azioni e grandi effetti speciali per rendere un libro intrigante ed entusiasmante.

Innanzitutto, leggendolo troverete in essere tante conferme importanti ma anche alcuni eventi spiacevoli che renderanno il nostro gruppo di amici (forestieri dell’Impero) sempre più coeso, sia tra loro ma soprattutto con il presente/passato che stanno vivendo.

Il libro inizia con la partenza, avente un doppio scopo, verso l’isola dell’Elba della coppia di “novelli sposi”: in primo luogo, andranno a conoscere il modo in cui l’Impero estrae un certo metallo, in modo tale da insegnare loro un sistema d’estrazione più sicuro e veloce. In secondo luogo, questo viaggio sarà per loro un vero e proprio viaggio di nozze ed un modo per unire i quattro in un modo ancor più indissolubile, anche dal punto di vista sessuale.

Di ritorno da questo loro viaggio, seppero dall’Imperatore Tiberio stesso, che aveva deciso di abdicare a favore del figlio Druso, creando un importante precedente ed avendo la conferma, che con le loro azioni, stavano realmente modificando , in positivo, la storia dell’Impero romano.

Ovviamente, non mancheranno le prime congiure nei confronti dell’Imperatore ma che le due coppie, insieme ai tre loro amici militari, risolveranno nel migliore dei modi, durante una seduta al Senato.

In maniera, decisamente, celere vennero avviate le prime riforme economiche, sociali e in materia di legislazione che i nostri amici avevano programmato.

“L’ambizione, se usata per il bene comune e non per vuota soddisfazione personale, è una grande forza e senza di essa vivremmo ancora in capanne di fango”.

Parallelamente a questa situazione, stava nascendo un bellissimo amore tra Druso ed una donna, dalle fattezze di una delle nostre eroine del futuro, che perse il marito in battaglia.

Ma sopratutto verrà istituito, da parte dell’Impero “L’Accademia”, ovvero una centro studi gestito dai nostri amici Senatori, dove verranno educate ed istruite le menti migliori dell’Urbe: il primo Centro Studi che il Mondo abbia mai avuto e capirete che una novità simile porterà benefici incalcolabili.

“Trovare, conoscere, dominare!”

Successivamente, i nostri ragazzi, tra i lavori di creazione della loro Accademia ed il viaggio che effettueranno nelle loro terre native nordiche, si renderanno conto che quel tempo e quelle persone erano più evolute di quello che pensassero e che quindi le innovazioni che stavano apportando avrebbero avuto un impatto notevole per difendere l’Impero contro le invasioni barbariche che tutti voi conoscete.

“L’indomani sarebbe stato un giorno importante per la loro Accademia, tanto che un giorno, molti, molti anni dopo, avrebbero cominciato a parlarne come dell’Accademia degli Dei”.

Carpe diem…

E leggere rappresenta quell’attimo che vi può cambiare la vita, per sempre.

“Nectunia” di Daniela Ruggero, Dark zone edizioni. A cura di Alessandra Micheli

08 venerdì Giu 2018

Posted by Alessandra Micheli in Distopico, Fantascienza, LE RECENSIONI DI LES FLEURS DU MAL

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Recensire il libro di Daniela Ruggero non è affatto semplice. Apparentemente testo di evasione a una lettura più approfondita si rivela ricco di argomenti, di messaggi e di dettagli che non possono essere sottintesi. Ma vanno esternati e mostrati nella loro spietata bellezza al lettore. Potrei berciare della sua perfezione stilistica, dell’emozione, della sua carica di angoscia e al tempo stesso soffermarmi sull’adrenalina che pervade ogni pagina. Ma il bello del libro è di essere un vero, speciale distopico che omaggia i suoi padri predecessori e che si immerge nel catastrofismo tipico del genere.

E questo catastrofismo non è certo scaturito dalle stesse ansie o dalle stesse aspettative dei libri culto, come Bradbury o Orwell, ma da un preciso traballamento del nostro sistema post-moderno che sta annaspando in una credi economica e valoriale senza precedenti.

Innanzitutto il contesto in cui si muove Daniela è quello tipico della distopia. Un mondo devastato che tenta di rinascere, che argina la violenza cieca di esseri umani che hanno perduto ogni certezza. Per poter reagire alla disastrosa scelta umana, quella collegata da una finalità cosciente che ha come obiettivo quello dello sfruttamento insensato della terra e che pone come sua volontà principale la sopraffazione e la corsa al potere. Il benessere smisurato, la certezza di essere non ospiti ma padroni assoluti della terra causa lo sconvolgimento globale ed ecologico. Ecco come ce lo narra la Ruggero:

Anno 2500, la popolazione mondiale affronta la sua Era più buia. La quotidianità è scandita da efferati omicidi. Le lotte per impadronirsi delle ultime scorte di energia sfociano nella guerriglia urbana. Le sommosse sono sedate dalle forze dell’ordine con violenza, generando nuove rivolte. L’alternarsi delle maree nere ha soffocato la fauna marina e le specie commestibili si sono estinte quasi tutte. La terra si è impoverita. L’avanzare dei deserti ha ridotto lo spazio per le coltivazioni e il pascolo degli animali ormai lasciati a morire di fame e sete. L’inquinamento dell’aria ha raggiunto livelli preoccupanti, tanto che gli esseri umani sono costretti a indossare speciali mascherine dotate di un filtro in carbonio per depurare l’aria intossicata dalle particelle di piombo. La scarsità di cibo ha costretto i governi a frazionare le derrate alimentari e ridurre la dose di acqua pro capite per consentire alla popolazione di sopravvivere.

I poveri vivono negli angoli delle strade di città fantasma, ridotte a fatiscenti ricordi del loro splendore. Polvere, calcinacci e immondizia hanno sostituito la bellezza architettonica di palazzi d’epoca, che ora si sono tramutati in eleganti ghetti per rinnegati, gli stessi che attendono la notte per dare vita a saccheggi e violenza per la sopravvivenza. I cittadini si vedono costretti a rinchiudersi nelle loro case prima del coprifuoco che segna l’ingresso dei militari nelle strade per arginare il fiume di follia che la fame ha generato. Violenza contro violenza. Il caos germoglia.

E‘ da questo terrore, questa perdita di convinzioni, di appigli, questo mondo che crolla miseramente sotto i colpi dei nostri errori che l’unica sopravvivenza certa, l’unica speranza di una resurrezione è una netta e decisa presa di potere. Questo è un caso tipico delle civiltà al collasso: quando il cambiamento è cosi angoscioso, cosi irreversibile, è quasi scontato che, alcune frange del potere, in particolare quello militare, prendano il comando per arginare appunto il fiume di violenze. E’ per questo che la dittatura nasce, per porsi come referente politico e sociale di una società allo sbando. Non a caso, il termine dittatura ha nel linguaggio politico non soltanto l’accezione di

“Accentramento del potere di governo in un solo organo”

oppure nelle mani di una sola figura, il dittatore appunto che non viene assolutamente limitato da leggi, costituzioni o altri fattori politico/sociali, ma ha origine nella repubblica romana, dove una figura scelta assumeva il potete prevalentemente in tempo di guerra. Il dittatore era, dunque, un Dux nominato dai consoli romani per la durata di circa sei mesi e il Senato, poteva far decadere il mandato.

Si nota come la dittatura classica avveniva, cosi come nel testo di Daniela, in circostanze particolarmente delicate o pericolose in cui era necessario che, qualcuno, prendesse le redini decisionali per traghettare lo stato fuori dal rischio del naufragio.

In Nectunia questo avviene. L’apparente nemico della stabilità e della civiltà viene individuato in un gruppo di ribelli accusati di fomentare il terrore e il panico causato da condizioni estreme: il mondo sta collassando. E quando una civiltà si trova in una situazione di rischio, il caos può generare due diverse reazioni: volontà di rinascita, o volontà di oppressione.

La falange militare di un fantomatico (insomma mica tanto) esercito europeo, pende, dunque, il controllo degli eventi., Il nemico è perfettamente identificato e non è evanescente come può esserlo lo stravolgimento ecologico, dove poche azioni restano da compiere se non sperare di salvare il salvabile e provare a re-imparare a vivere in armonia con la terra lacerata. Ma è un nemico preciso, fisico, facilmente identificabile e sui cui l’azione repressivo salvifica può essere indirizzata. E caricata di ogni terrore della popolazione, di ogni aspettativa, di ogni angoscia. Ecco la creazione di un nemico vero o presunto, causa di ogni male, artefice della distruzione, capro espiatorio su cui si riversa tutta la paura, il terrore e la violenza, provocate, invece, da una serie di sconsiderate azioni che hanno portato a retroazioni di portata distruttiva gigantesca. Il pericolo è quell’effetto farfalla che, noi oggi, sottovalutiamo e che Daniela pone come monito al lettore: attenzione alla nostra percezione del mondo, alla considerazione vanesia che abbiamo per noi stessi. Attenzione ai piccoli infimi gesti, alla nonchalance con cui viviamo, oggi su questa terra. Perché poi gli effetti farfalla, possono portare alla totale distruzione del genere umano. E il nostro effetto serra, il fantomatico buco dell’ozono, i cataclismi naturali sempre più devastanti ne sono una tragica prova.

Questa dittatura ha compiuto il suo passo principale quello che l’aiuterà a trasformasi in qualcosa di diverso e per nulla piacevole; dopo la creazione del nemico il predominio assoluto si mostra come unica speranza, unica soluzione per la sopravvivenza umana, portatrice di un nuovo mondo ordinato da cui ripartire, imparando dall’errore per eccellenza: la libertà.

E’ infatti il libero arbitrio il responsabile di tante tragedie. E’ quella nostra perfettibilità che senza mai raggiungere la perfezione ci porta a provare strade diverse, a esercitare il diritto di scelta che, pertanto, può e forse deve avere, anche conseguenze terribili. Senza la capacità di sbagliare, di osare e di sperimentare, senza il rischio di cadere nell’errore, senza la capacità insita in questo di portare a un’acquisizione di esperienza e quindi di responsabilità, la libertà non può esistere.

Senza conoscenza, consapevolezza e una certa dose di ribellione, senza la sua travolgente influenza rivoluzionaria, quella capace di aderire al suolo tradizioni, culture e valori accreditati la libertà non è libertà. E in più essa si nutre di un altro pericoloso elemento: la partecipazione. E quella consapevole non costretta da paure, rimorsi, e terrori.

Ecco che per un regime che si presenta come il Salvatore, come l’ente a cui delegare la volontà personale in favore del Sommo Bene Comune, quel concetto di libertà e di creatività rasenta l’anarchia. Diventa il demone da combattere. Pertanto ogni regime che si erge a barriera contro la naturale propensione umana alla sperimentazione, diventa per necessità TOTALITARISMO. Ecco perché esso combatte come deviante tutto quello che è connesso con l’espressione e con la capacità di pensiero critico: libri, cinema, emozioni, e arte. Il mondo perfetto che Nectunia mostra è pertanto asettico, totalmente liberato da ogni anelito emozionale, da ogni piacere, da ogni immaginazione. Perché l’unica realtà è quella mostrata con ardore e ossessione dall’ente primario, la fonte di ogni salvezza ossia una strana assurda entità Chiamata Grande Madre.

Su lei si innesta la civiltà immobile e eccessivamente protettiva di questo sistema che considera l’ignoranza la vera fonte di benessere. Ignoranza considerata come limitazione dell’arte della conoscenza e quindi delle domande, accettando in modo acritico ogni spiegazione e ogni soluzione. Non devi assolutamente fare altro che accettare la Verità assoluta patrocinata dal sistema.

E come si spenge il fuoco interiore dell’uomo?

Con la manipolazione neurologica. Con droghe, con l’indottrinamento, con la limitazione degli istinti. Non a caso il sesso, l’amore, persino l’arte della scrittura è totalmente privata dell’istinto, dell’intuito e del sacro fuoco della Musa. Bandito, cancellato, soppresso.

Ecco il mondo claustrofobico che la Ruggero ci mostra. Orripilante eppure monito per ognuno di noi.

E chi paga di più in questo strano istante eterno, congelato da una follia creata dal terrore del disastro?

Le donne. Portatrici autorevoli di vita, considerate dalla scrittrice Fatema Mernissi naturalmente dotate di una sana jahiliyya ossia immaginazione. Cosi scrive:

“la paura più grande dell’Islam è legata alla paura delle donne (strettamente correlate al disordine e al libero pensiero) una paura che gli arabi non si sono presi mai la briga di analizzare con calma come primo passo per superarla. All’inizio l’Islam tentò di liberarsi delle paure e dalle superstizioni degli arabi pagani. Ma ben presto l’esempio del profeta che insistette sulla necessità del cambiamento scomparve dall’inconscio popolare. I califfi scivolarono indietro verso la jahiliyya e misero sotto chiave le donne e le esclusero dalle moschee”. 

Fatema Mernissi

descrive questa capacità umana, quella di creare e distruggere, di dare la vita e di toglierla propria della donna come:

come sede di ogni sovvertimento.

E Nexium, il simbolo del nuovo ordine non ammette, non tollera non accetta nessun sovvertimento. E per questo si rivela la sua natura crudele che stravolge un intento originario positivo.

Non ci deve stupire. Ogni grande ideologia è nata da una sana, amorevole, dignitosa intenzione.

E’ la paura dell’altro, collegata con la sensazione di spaesamento che non fa altro che provocare non tentativi di rinascite ma barriere, barriere cosi granitiche, muri cosi duri che per essere abbattuti hanno bisogno di una ventata di ribellione.

Anche in Nectunia potrei associare il grande inno dei Pink Floid another brick in the wall, azione distruttiva per eccellenza unica in grado di restituirci la nostra natura di esseri umani e non di numeri imperfetti.

Il sogno è finito 

E io sono diventato Piacevolmente insensibile

Comfortably numb

E invece Nectunia ci insegna l’importanza della consapevolezza, della conoscenza e della libertà, un valore che noi oggi sacrifichiamo per essere accettati dalla rete dei social, da una classifica astratta, da un gruppo di pressione. Ci rinunciamo per una fatale sicurezza economica, per un nido confortevole, per un briciolo di amore, per un posto sotto le fasulle luci della ribalta.

E allora spero che leggendo Nectunia dentro di voi risuonerà il bellissimo, forse stonato canto della libertà ma cosi dannatamente perfetto nella sua imperfezione.

Non abbiamo bisogno di educazione

non abbiamo bisogno di essere tenuti sotto controllo

Another brick in the wall

Ultima annotazione.

Daniela Ruggero non è solo una donna che fa dell’impegno educativo il suo mantra. Ma in questo testo, perfetto, omaggia un grande libro, un autore che ha spianato la strada allo strepito di ribellione: George Orwell.

Gli appassionati non potranno non bearsi dei delicati accenni alla sua opera maggiore 1884.

Non potranno non notarne i riferimenti e sentirsi a casa, rivivendo la disumana magia di quel testo intramontabile. Ecco magari chi non lo ha letto, forse lo riprenderà in mano e lo assorbirà perché George non racconta soltanto una storia di un epoca precisa,1984 è, infatti un attacco ai totalitarismi come spiegherà l’autore stesso:

«Il mio recente romanzo [1984] NON è inteso come un attacco al socialismo o al Partito Laburista(di cui sono sostenitore), ma come la denuncia delle perversioni […] che sono state parzialmente realizzate nel comunismo e nel Fascismo.»

(Collected Essays)

Ma la storia di oggi e di domani. Noi siamo impegnati in una battaglia atroce per non perdere noi stessi e per non cadere nella trappola del revisionismo e del populismo. E solo libri di cotale genere possono aiutarci a combattere le distorsioni del sistema. Cosi, quando ascolterete frasi aberranti come:

<<la guerra è pace»,

«la libertà è schiavitù»,

«l’ignoranza è forza».

Saprete da che parte stare.

Contro la pretesa totalitaria di voler piegare la realtà e le persone a un fine superiore, ma che alla fine si rivela un banale e osceno asservimento alla paura. Obbedienza cieca a ogni partito, a ogni idea religiosa e politica non è altro che un effetto di un panico atavico, che ci porta spesso a delegare la nostra vita a qualche entità al di fuori di noi stessi.

In 1984 è il nostro mondo che agonizza davanti a noi

(Geno Pampaloni)

È questa caratteristica che ritroverete in Nectunia.

Devo aggiungere altro?

 

 

 

Nota.

Geno (Agenore) Pampaloni (Roma, 25 novembre 1918 – Firenze, 17 gennaio 2001) è stato un giornalista, critico letterario e scrittore italiano

Benché si sia sempre rifiutato di riunire in volumi la sua sterminata produzione critica,Geno Pampaloni è considerato uno dei maggiori conoscitori, interpreti e critici letterari del Novecento italiano 

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