Si lo so…sempre lei.. La Famigerata Barbara Anderson non contenta dei miliardi di libri della lista, legge di sua spontanea volontà “Natura Selvaggia” di Kyle Perry, Fanucci.

SINOSSI:

Quando un gruppetto di ragazze adolescenti sparisce durante una gita scolastica nella natura selvaggia della Tasmania, gli abitanti di Limestone Creek entrano immediatamente in uno stato di allerta. Negli anni Ottanta, cinque ragazze scomparvero tra quei pericolosi dirupi e la leggenda del cosiddetto “Uomo Affamato” perseguita ancora gli abitanti del luogo. Jordan Murphy, spacciatore locale e padre di Jasmine, una delle studentesse disperse, è il primo a essere sospettato. Ma il detective Con Badenhorst sa che in una città come questa – con poliziotti corrotti, politica di provincia e una teenager famosa su YouTube – tutti hanno dei segreti da nascondere, e mentire è parte della loro stessa natura. Cos’è successo in cima a quelle rocce? Qualcuno sa come sono andate realmente le cose; ammesso che le leggende del posto non si rivelino vere… Un luogo esotico, impervio e inesplorato fa da cornice a una storia dove pericolosa è sì la natura dell’isola, ma anche quella degli uomini che la abitano.

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Sono cresciuta con i Documentari commentati dalla voce calma e suadente di Piero Angela, con l’abbonamento mensile alla rivista The National Geographic. Sono affascinata dalla natura, dalle foreste, dai boschi, dalle montagne, dai paesaggi immersi nella natura sconfinata e amo leggere e soprattutto amo il thriller, l’adrenalina, l’azione.

Il blog mi assegna questa lettura, dalla cover esotica e misteriosamente affascinante, il titolo che mi fa sentire un’amazzone che cavalca nuda o seminuda tra le foreste oscure e misteriose della vita e non so cosa aspettarmi, non so dove mi porterà questa lettura, in quale luogo remoto o conosciuto di questo pianeta o di questo universo misterioso che è la vita e la letteratura.

Ed ecco che vengo catapultata in Tasmania.

Prendendo i panni di Piero Angela, vi premetto che la Tasmania è uno stato insulare dell’Australia e si trova a 240 km a sud della terra ferma australiana. L’isola principale della Tasmania era abitata da popolazioni aborigene fino a 40.000 anni prima della colonizzazione britannica. Si stima che la popolazione aborigena fosse compresa tra 3000 e 7000 al momento dell’insediamento britannico ma fu quasi spazzata via entro 30 anni durante un lungo periodo di conflitti con i coloni; noto come “Guerra Nera” e la diffusione di malattie infettive. Il conflitto raggiunse l’apice tra il 1825 e il 1831 costò la vita a quasi 1100 aborigeni e coloni.

Ed arriviamo ai nostri giorni e a questa lettura che è a dir poco entusiasmante, avvincente, travolgente e sorprendente.

Un gruppo di studentesse vanno in gita scolastica insieme ad alcuni insegnanti, vengono sorprese da un’improvvisa tempesta tra le gole del paesaggio e la fitta foresta. Quattro ragazze sono scomparse, una delle insegnanti viene trovata ferita e in stato confusionale. Iniziano le indagini e comincia a calare una nebbia fitta di mistero, di terrore, di leggende, di antiche paure.

Trent’anni prima nello stesso luogo cinque ragazze scomparvero e non furono mai più ritrovate. Una storia che aveva sconvolto le vite del villaggio, che aveva alimentato storie di fantasmi, di soprannaturali creature comeL’uomo affamato, un eremita che secondo il folklore locale abitava nella foresta e si nutriva di giovani ragazzine.

Quando si tratta di male, di dolore e sofferenza a volte sembra quasi impossibile attribuire tanta violenza ad un essere umano e si preferisce cercare le risposte e scaricare le colpe verso qualcosa di demoniaco e innaturale. E in questa storia, in questo thriller avvincente, il soprannaturale e la realtà entrano in contrasto ed in conflitto tra loro per svelare misteri e segreti che sono più umani di quanto si potesse immaginare.

Una narrazione assolutamente meravigliosa che ci fa vivere e sentire quella foreste come se fossimo fisicamente lì, tra gli odori di argilla e di eucalipto, tra lo scroscio incessante della pioggia, quel vento impetuoso, la nebbia, il fitto fogliame, i fiori selvaggi… una scrittura sublime di un autore che ha nel cuore e nell’anima quella terra e quei luoghi e riesce a trasferire tutta la sua bellezza e la sua inquietudine attraverso le parole e la sua storia.

Conosceremo i giovani protagonisti di questa avventura affascinante e pericolosa, così come gli adulti che fanno parte della vita di questi ragazzi. Ognuno con le sue storie e ognuno con la sua personalità ben distinta.

Il primo sospettato è Murphy, il padre di una delle ragazzine scomparse, lo spacciatore locale, uno dei miei personaggi preferiti, che ha quel contrasto tra un delinquente ed un padre affettuoso e premuroso che vuole il meglio per sua figlia. Facile dare la colpa al delinquente dell’isola, eppure quell’uomo è distrutto dalla perdita di sua figlia e vuole scoprire la verità, vuole ritrovarla e ritrovarla viva.

Vi garantisco che riderete molto ma che sentirete il terrore della verità stringervi alla gola come una morsa silente di un mostro che prende sempre più forma.

L’autore è abile nel depistare il lettore. Ho fatto un calcolo, sono stata depistata ben “nove” volte e non sto esagerando. Tanti i presagi che appaiono nella storia che ci danno degli indizi validi che lì per lì non comprendiamo. Quando poi più avanti diventa tutto così ovvio e così concreto ci scoppia il sorriso o meglio il ghigno malefico sul nostro stesso volto.

Quando a scomparire sono delle giovani ragazze entrano in campo diversi fattori, le loro vite, i loro rapporti interpersonali. I loro legami, le loro antipatie anche le più segrete e Madison che è il personaggio più criptico, più odioso ma anche più significativo della storia mi ha affascinata moltissimo così come tutte le ragazze del gruppo. 

Tenete presente che il romanzo tratta argomenti forti e dolorosi come la depressione, il suicidio, il bullismo, la corruzione, il ricatto, la vendetta, lo stupro…

Ma tutto in una maniera velata, necessaria solo ed esclusivamente a comprendere gli eventi che hanno portato alla sparizione di queste ragazze.

Interessanti le indagini che a volte mi sono apparse stranamente approssimate e prive di metodologia tanto che mi sono chiesta se determinate omissioni siano state volute proprio per dimostrare l’inadeguatezza della Polizia e la superficialità di come il caso fosse stato seguito.

Ho amato la prassi del detective Con Badenhorst che mi ha riportato agli allineamenti di Dungeons & Dragon

  • Il bene verso il male                   
  • La legge verso il caos                             
  • Neutrale

Il bene e il male lo conosciamo tutti, la legge o il legale si intende, l’aderenza ad un sistema, ad un codice di regole, neutrale (che sta nel mezzo) si riferisce a chi non si fa scrupoli a fare del male a delle persone ma non senza un vero motivo. Caos/caotico quando c’è l’assenza di logica se non il solo ed esclusivo desiderio personale. Ed è con questo sistema che si arriva alla soluzione del caso.

Tra l’eucalipto del Sidro, la menta piperita, i sassofrassi, il lissosperma, la Marjuana di Murphy, quei boschi, quelle gole paurose, l’albero dei suicidi, la Gola del Diavolo, il cinguettio di uccelli di cui non avevo mai sentito il nome.

Con tutte le false piste che si intrecciano tra loro mi sono sentita intrappolata in un labirinto immaginandomi come Alice nel Paese delle meraviglie, affascinata da tutta quella bellezza selvaggia della natura e spaventata da tutto quel mistero fatto di verità e leggende che sentivo osservarmi in silenzio, un silenzio che ovatta tutto ciò che mi circonda tanto da arrivare ad un punto in cui avevo totalmente perso il senso della mia realtà. Io ero lì in quella storia ed ero quella storia. Io ero la vittima e il colpevole, io ero il genitore di quelle ragazze, io ero la loro insegnante e il detective. In questa storia sono stata tantissime cose ma soprattutto sono stata la bellezza di quella natura selvaggia.

Cercate un bel thriller? Eccolo qui servito in tutta la sua bellezza ed il finale che nessuno si sarebbe mai aspettato arriva come un colpo in faccia e una ferita immensa al cuore.

Murphy lo amerete e lo odierete con tutta la passione che avete dentro di voi.

Ricordate che l’uomo affamato se non lo guardate in volto non vi prenderà. Cercate sempre di guardare bene dentro di voi, perché quel mostro dei nostri incubi e delle leggende spesso lo abbiamo rinchiuso dentro il nostro dolore.

“Senza esclusione di polpi” di Marcello Lombardi. A cura di Alessandra Micheli

Nulla è più difficile da imparare se non l’arte di vivere.

Credetemi.

E’ un qualcosa che si apprende a suono di batoste, porte in faccia, e tante troppe ferite.

E questo cambia dentro, nel profondo.

A volte si diventa insicuri e troppo fragili, cosi tanto che ogni piccolo sasso diviene spina acuminata nei talloni impedendo di camminare.

Altre volte, se si è meno fortunati, si diventa cosi duri, ma cosi duri che raramente qualcosa penetra dentro quell’aridità.

Neanche nelle fessure provocate dall’arsura.

Una foglia che viaggia sospesa sulla riva di un lago placido.

Ma che mai, e dico mai affonda nel profondo.

E questo non vi provoca la mancanza di dolore.

Anzi.

E’ un dolore doppio, perché la tua profondità reclama sassi capisci di increspare quella placidità.

Perché è nel movimento che esiste la vita.

Pertanto coloro toccati dalla maledizione di una dura roccia che ricopre il cuore, spesso faticano più degli altri a vivere quelli che riescono a piangere, arrabbiarsi e indignarsi per ogni schiaffo.

A chi ha la roccia dentro lo schiaffo non fa effetto.

Infastidisce forse, crea un lieve pizzicore, come puntura d’insetto.

Ecco è li che si capisce che qualcosa non va.

E l’arte di di vivere diventa soltanto l’arte del tira a campare.

Per questo chi, ha questa condanna, legge.

Perché solo in quel modo con la parola che tenace come goccia penetra dentro lo scoglio allora qualcosa può muoversi.

E cosi si inizia a piangere, sorridere e vedere ciò che ci circonda nella sua nitida interezza.

E magari ci incazziamo anche, finalmente.

Eh si miei lettori.

Anche io sono una scorsa dura.

E questo viene visto come un fottutissimo vanto.

Non è cosi, anzi siete orgogliosi se le ferite fanno male.

Perché a me, ve lo assicuro, non fanno più nulla.

Neanche il lieve pizzicore.

E cosi mi sento sempre più automa e sempre meno persona, fino a perdermi.

E non servono forse libri che lo raccontano.

Oh no, non funzionano con me.

Sapete cosa mi fa provocare un brivido, prezioso nell’anima?

La risata.

Quella che improvvisamente ti coglie indifeso, quella che ride e deride ma descrive anche.

E cosi come direbbe il nostro lontano amico è una risata che vi seppellirà.

Perché il ridere, l’ironia, l’umorismo è feroce e letale, distrugge i piedistalli, seziona con acume e accuratezza la nostra società.

Ci mostra per quello che siamo: anime in perenne ricerca di chissà cosa.

Un sogno, o una motivazione.

Un ideale o una canzone che faccia da sigla alla nostra unica storia.

E cosi in questo libro un po’ ci si prende in giro.

Nelle nostre velleità umanistiche e ribelli.

In quelle assurdità contraddittorie che mescolano le carte e ci fanno apparire sano il marcio e anormale l’ovvio.

E in quell’istante in cui la risata si libera e fa vibrare tutto il nostro io, si può agire.

E sopratutto reagire.

Perché senza colpo ferire il libro ti ha mostrato non solo i difetti ma anche la via per accettarli e forse con l’accettarli superarli.

E credetemi per noi che dentro abbiamo una scorsa dura, indistruttibile, cosi ferrei e eterni e immutabili tragicamente come rocce, quella risata è la vera libertà.

Libertà di sentirsi rotti, sbagliati, precari, assurdi, ma vivi.

Ecco senza esclusione di polpi colpisce duro.

Ma è in quei lividi oche ci risveglia, che è la nostra salvezza.

La mia sopratutto.

Ma che mai come oggi mi sento a disagio nei miei vestiti.

Che mai come oggi mi chiedo se siano i miei occhiali con cui vedere il mondo ad essere sbagliati.

Che mai come oggi sono tentata di accettare che l’ovvio sia invece il male da combattere.

Che penso che l’impresa eccezionale sia uscire fuori dalla normalità e dal quotidiano per compiere chissà cosa.

Io, che oggi dopo una risata, mi sento finalmente viva, nonostante mi senta sempre sull’orlo di un baratro.

Quindi ridete.

Ma senza esclusione di polpi.

Perché stavolta la risata non vi seppellirà ma anzi, vi farà uscire fuori da un letargo che è simile alla morte dell’anima.

Quindi il mio grazie lo devo rivolgere a te Marcello.

Grazie perché il tuo libro mi ha salvato dall’essere troppo immutabile e congelata in questo atroce attimo infinito.

Per te

Che mi aspetti sorridendo alla stazione di Zima.

Sono troppo piccola per questo mondo.

Ma se mi dici che posso farcela allora ci credo.

“Revnion” di Dario Vergari, Bre editore. A cura di Barbara Anderson

SINOSSI:

Stanco di un mondo imperfetto e di essere bombardato ogni giorno da notizie di violenza e orrori, il giovane musicista Drago Ozelot, nell’ideale, surreale tentativo di creare bellezza e amore, inventa il Devil, [Dispositivo Emozionale Variabile Intra Limbico], un congegno che altera la percezione della realtà in chi ne viene colpito, e lo sperimenta sugli spettatori dei suoi concerti, con esiti sorprendenti. Viene scambiato per un nuovo Messia! E inizia a parlare come… Dio. Dopo aver spodestato dal Vaticano il suo legittimo occupante, attraverso il Devil e le Riunioni televisive, Drago ipnotizzerà la popolazione mondiale, incarnerà il Dio Senza nome e plasmerà il mondo a sua immagine e somiglianza, imponendo all’umanità i nuovi comandamenti, costringendola a essere felice e a vivere in pace e letizia, nei secoli dei secoli. Fino a che… venite a scoprire il clamoroso finale!

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Per chi come me nella lettura è alla ricerca di originalità ed audaci iniziative letterarie, questo romanzo è indubbiamente pane per i propri denti o pagine per i propri occhi!

Eh sì, perché quando la fantasia di un autore che è capace di toccare temi attuali e servirli in un mix di quotidianità e realismo (in cui ci riusciamo ad identificare) riesce anche a sorprenderci con qualcosa di particolarmente geniale ed intelligente, la conquista del lettore è compiuta.

Confessiamo, tutti noi spesso abbiamo immaginato un mondo equo, giusto, dove non esiste il ricco né il povero, dove nessuno combatte contro il suo vicino, dove non ci sono guerre né interessi politici ed economici ma solo condivisione, collaborazione e armonia.

Una delle utopie umane più belle che si possano immaginare.

All you need is love cantavano i Beatles!

Perché tutto ciò di cui abbiamo veramente bisogno è solo amore. 

Ed è con le note di questa canzone che inizio il mio viaggio, la mia lettura e questa recensione in cui vi racconto un po’ di questa storia.

Immaginate per un momento che la chiave della felicità non solo individuale ma del mondo intero si trovi nella chiave del violino.

(La chiave di violino è una delle 7 chiavi musicali che ritroviamo in musica. Esse sono dei simboli grafici che servono all’identificazione, all’altezza delle note comprese sul pentagramma).

Che sia la musica il vettore del messaggio divino, il linguaggio universale per la comprensione del messaggio di Dio?

Avrete sicuramente sentito spesso parlare della Teoria del complotto del NUOVO Ordine Mondiale, una delle più grandi tesi complottiste secondo la quale un presunto gruppo di potere oligarchico e segreto si adopererebbe per prendere il controllo di ogni Paese del mondo in maniera totalitaria al fine di ottenere il dominio della terra.

Ecco e se questo gruppo fosse non un’organizzazione politica o un élite finanziariamente potente bensì un gruppo musicale?

È così che nasce questa storia che trasporta il lettore in una situazione assurda ed affascinante non necessariamente impossibile né tantomeno improbabile.

Basta lasciarsi andare alla guida dell’autore Dario Vergari in un trip mentale psichedelico che ha il potere di un concerto heavy metal, il genio del male celato dietro le buone intenzioni per il bene dell’umanità tutta.

Io ho uno dei miei figli che è musicista, suona il pianoforte, la tastiera, la batteria, il sassofono, studia al conservatorio musicale; in casa mia la musica è parte integrante della nostra cultura e della nostra quotidianità.

Io sono stata la ragazza che urlava ai concerti in estasi, io sono quella che dice oggi a mio figlio di abbassare il volume della sua musica mentre la suona e la masterizza perché mi fa scoppiare la testa.

Lui è quello che, come i ragazzi di questa storia, la musica la ama, la vive, la suona ed è il mezzo con cui comunica le sue emozioni, le sue speranze e la sua energia.

Incontrerete, leggendo questo libro, i ragazzi, quelli in cui ognuno di noi potrà riconoscere se stesso in uno di loro o ricordare qualche amico del presente o del passato che faceva parte del nostro gruppo di amicizie e di conoscenze un po’ folli  e un po’ sbilenche. 

Acquadicane, Anna la Nera e Anna la Rossa, Billy, Mirko, Drago, Paolo, chi alle percussioni, chi al basso, chi alla chitarra, chi è la voce, chi si occupa del suono. Chi studia il potere della vibrazione acustica, i suoi effetti sul suono e gli effetti che il suono ha sulle emozioni e sulla percezione delle stesse.

La musica che dà energia, che mette serenità e pace, che trasmette gioia, che esprime rabbia, violenza e dolore, la musica romantica, quella erotica. Il corpo risponde alle emozioni del suono.

E a tal proposito giorni fa leggevo ciò che era avvenuto ad un concerto di musica filarmonica, durante la quinta sinfonia di Tchaikovsky; una donna del pubblico è stata stravolta da un orgasmo causato dal suono dell’orchestra.

Che dire, interessante episodio che si ricollega molto al fulcro portante di questa storia.

L’apice del piacere non è solo il frutto della stimolazione delle zone erogene ma il risultato del ritmousato per stimolare queste zone. La stimolazione produce effetti se praticata con una certa intensità e durata.

La sensazione di isolamento che genera un piacere intenso altera le frequenze delle onde cerebrali e lo stesso effetto lo genera l’ascolto di una musica particolarmente apprezzata.

Inoltre molti esperti hanno collegato il piacere alla pelle. Si parla di “Skin Orgasm” per sottolineare quel brivido che fa venire la pelle d’oca quando ascoltiamo la musica che amiamo e che ci fa essere molto sensuali quando balliamo al ritmo di una musica caliente, la psicologa Psyche Loui, della Wesleyan University, l’ha definito: “un misto di eccitazione e euforia che ci attraversa e ci trasporta lontano. L’esperienza può essere così intensa che potresti riuscire a non fare più nulla”.

Ma torniamo al romanzo, questi ragazzi, che sono i ragazzi della porta accanto, un po’ scazzati, un po’ fuori di testa, un po’ eccentrici ed originali ma soprattutto ironici e irriverenti, troveranno il modo di cambiare il destino del mondo attraverso l’invenzione messa in atto da uno di loro, aiutati dal Libro dell’antico potere e dall’abilità inventiva con la quale riescono a creare il: D.E.V.I.L (dispositivo emozionale variabile intra limbico).

Un apparecchio che riesce a modificare il suono rendendo lo strumento musicale come il flauto del pifferaio magico delle favole dei fratelli Grimm: capace di incantare e di condizionare il volere degli spettatori.

Drago aveva la convinzione che la musica fosse la chiave per decifrare l’ordine matematico dell’universo.

Affascinato dal suono, dalle onde magnetiche, dagli elettroni, sogna di poter replicare quei suoni e quelle emozioni e studia le onde cerebrali e gli effetti del suono su di esse.

Creando così l’effetto Dio!

Inizia come un esperimento, diventa un gioco, un concerto, un piano diabolico per cambiare il mondo e questo cambiamento avviene, funziona, chi ascolta i loro concerti ascolta la voce del Dio Senza nome.

Sciami di persone si muovono in silenzio verso la collina per annunciare il ritorno di Dio in terra, e vedremo come tutto il mondo verrà colpito da questa follia, da questo delirio, da questo orgasmo mistico e musicale.

Tra le case delle famiglie benestanti e blasonate, con i loro accenti snob e il loro lusso che diventerà come una vergogna, tra le famiglie delle case popolari romane, tra gli ordigni degli attentatori islamici che si preparano per un altro attacco terroristico che verrà sventato dal suono di Dio e dal suo messaggero.

Tra il desiderio di onnipotenza, tra un’Italia che sta impazzendo, un’infezione di zombie catatonici e mistici che infetterà il mondo intero. Avremo il contrasto tra la chiesa cattolica, le potenze politiche e militari e l’ascesa divina di un Dio con la chitarra.

Questa band ormai al culmine del proprio potere siederà alla stessa tavola del papa BXVI il quale si inginocchierà al cospetto del Dio Senza nome riconoscendolo come il Dio assoluto e venerato.

L’arcangelo Ozelot, la Rivelazione, il Sacrificio estremo

“AMATEVI

FATE DEL BENE

FAI A TE STESSO QUELLO CHE FAI AGLI ALTRI”

Con messaggi che sembrano deliri il Dio Senza nome punirà i colpevoli della sofferenza del mondo, i mass media, i giornalisti con le loro menzogne, i loro sistemi manipolatori delle masse, i ricchi daranno ai poveri, chi vende veleno e droghe infligge su se stesso il male con cui fino ad allora si era arricchito e tutto questo bene, tutto questo professare amore vi spaventerà perché seppur il mondo come lo viviamo ora non è nel giusto, il nuovo mondo di Drago, di Mirco, di Diossido, destabilizza, preoccupa e fa paura, incute terrore, mi mette in una situazione di disagio psicologico e fisico.

L’immagine di quella collina su cui i fedeli si ammassano come una nuova torre di Babele ci fa riflettere e pensare che nel mondo di oggi ci vorrebbe giustizia ed equilibrio e che semmai Dio decidesse di tornare sulla terra questa volta potrebbe avere tra le mani una chitarra elettrica e un microfono.

Un romanzo dalle tematiche importanti e forti che vengono raccontate attraverso la musica in un linguaggio universale che tocca le corde più intime dell’anima del lettore.

Un’altra piacevole sorpresa letteraria

Una narrazione intrigante, oscura, divertente ed inquietante.

Vorrei veramente un mondo con tutto questo folle amore?

In tutta sincerità probabilmente no.

Mi ha spaventata notevolmente l’immagine che mi ha dato questa storia di un’eventualità così grottesca e mistica.

Il blog consiglia “Luci d’ombra”, LINEA edizioni, Il nuovo libro di Salvatore Enrico Anselmi

Lo storico dell’arte e scrittore Salvatore Enrico Anselmi torna a dialogare con i lettori con il suo nuovo libro, Luci d’ombra, LINEA edizioni, Padova 2023.

Luci d’ombra è una raccolta di racconti che, come lo stesso autore sottolinea nell’introduzione, si lega al precedente romanzo Passaggi di proprietà,(Padova 2021- candidato al Premio Campiello 2022 e al Premio Comisso 2022, segnalato dalla Società Dante Alighieri), per intonazione e approccio narrativo, per l’istanza stilistica mimetica nei confronti delle età nelle quali le vicende narrate si svolgono, per aver alternato uno stile rarefatto ed evocativo, così come spiazzante e finalizzato a destabilizzare l’equilibrio della lettura.

Attraverso testi brevi, Luci d’ombra sorprende, commuove, fa sorridere. Indaga sull’identità umana e sulla sua natura per sezionare il tema in forma analitica, secondo una prospettiva lirica, introspettiva e, allo stesso tempo, ironica e surreale. In alcuni casi politicamente non corretta.

La creazione artistica, il confronto con la scoperta di sé, l’indagine sul rapporto amoroso, la distruzione perpetrata dall’uomo attraverso la guerra e il tentativo di ravvisare una redenzione, un viatico, un percorso di fuga o ricostruttivo sono alcuni dei nodi tematici.

Il titolo deriva dalla condizione dello spazio, del luogo, dell’oggetto sollecitato da una luce filtrata che passa attraverso una superficie o una massa frapposta come quando si rimane all’ombra degli alberi, di una pergola, all’ombra di un tendaggio o di un telo. La non perfetta, alta e diffusa illuminazione in tal senso chiazza lo spazio di ombre o richiama in superficie le zone sollecitate dalla fonte che attraversa il vuoto senza ostacoli. Così come accade nell’esistenza del singolo e nella vita comunitaria, la luce irradia e si nasconde. Può richiamare al brillio pieno la superficie di un oggetto o l’esercizio esperienziale di un uomo, ma può relegare entrambi al ristagno in penombra.

Convivono, nella trama di queste storie, racconti, lettere, monologhi, considerazioni solipsistiche che trovano voce nella parola scritta seguendo talvolta un abbrivio elevato, talvolta la medietà, talvolta la bassezza dei registri formali. A imitazione della vita e dei suoi protagonisti che veleggiano alti, ma possono incurvarsi nella negligenza quotidiana con la stessa frequenza e disinvoltura.

Secondo un andamento diacronico i primi racconti prendono avvio da vicende e condizioni che ambientano le storie in periodi più lontani dalla contemporaneità, per avvicinarsi al contesto attuale, sempre con uno sguardo evocativo e di riflessione. Talvolta l’io narrante parla in prima persona, talvolta con il distacco e la terzietà della vicenda raccontata servendosi di un approccio oggettivo.

La banalità della vita, per l’appunto, il senso-non senso di questa, il rovello creativo, il motore etico della scrittura, il dramma della violenza e la surrealtà delle minime cose, delle minime, piccole incombenze di quotidiana valenza, la mostruosa identità umana e la sua sublime capacità di innalzarsi per instaurare una visione altra, possono essere questi i crocevia del dubbio e lo snodo della prosecuzione. Così come centrale è il monologo interiore, il soliloquio che, pur con la variazione delle circostanze e delle intonazioni, costituisce un’altra tematica portante, un’altra voce che accompagna il lettore. È un collante l’identità analitica che sottopone al suo sguardo il circostante, lo storicizzato e il contemporaneo, l’elevatezza drammatica di un compositore, la banalità triviale di un gommista, l’atmosfera visionaria di un locale frequentato da particolarissimi avventori, l’istanza di conferire pregnanza all’arte in conflitto col tempo, il rammarico per aver smarrito il bene o sfiorato la perdita ineludibile e la ripulsa per una condizione omologata.

I monologhi conservano in buona parte la sostanza testuale consona a un allestimento teatrale, a un soliloquio destinato a un pubblico di ascoltatori compresenti nello stesso tempo e nello stesso spazio occupato dalla parola enunciata.

Dichiara un esercizio di stile non fine a sé stesso la duplicazione dell’incipit in Dietro la brina del vetro che di fatto sconfina e devia in direzione di due storie diverse tra loro, accomunate dalla celebrazione, se possibile, dell’ovvietà banale delle giornate e del loro svolgersi. La quasi vischiosa e puntuale descrizione, il ritmico e cadenzato avanzamento delle due storie sono tuttavia coerenti e convergono fin quasi alla sovrapposizione di due esperienze umane interscambiabili. Il sogno del giovane nel primo racconto potrebbe essere consumato dal ragazzo protagonista del secondo, nella cadenzata e sempre uguale procedura d’avanzamento nello spazio e nel tempo tramite la ripetizione del viaggio in treno.

Lo stile e il tenore linguistico perseguono un principio di adeguamento ai tempi, alle età, alle circostanze. Il mimetismo narrativo costituisce un altro tenace legame di coerenza con i temi dei racconti che rappresentano quasi la mutevole, ma unitaria eco di un’identità coerente. Evidenti e nascosti, macroscopici e sottesi sono le citazioni e i riferimenti storici, letterari, di cronaca e di costume. Macro e microscopia sono affiancate l’una all’altra nell’intento di mediare e trovare una linea, un filo, una coerenza di riferimento e di fondo. In ragione di tali caratteristiche Luci d’ombra è strettamente connesso, per cornice generale di riferimento, al romanzo che precede questa raccolta di racconti, ovvero Passaggi di proprietà, (LINEA edizioni, Padova 2021).

Quale rapporto dovrebbero innescare queste storie con il lettore? Non dovrebbe lasciarlo indifferente questa selezione di vicende che studiano il vero e il verosimile, evocano il passato e lo riconducono al presente. Contraddittorie, irresolute, confliggenti sono la banale oggettività della giornata comune, così come la ragione d’essere per chi crea, così come la ragione d’essere per chi attende o afferra il presente, per chi lo ipoteca in una soluzione possibile, tendente a una svolta. La violenza della guerra e la sua irragionevole azione livellatrice, l’essere umano perduto e ritrovato, la surrealtà e la gioia della vita tracciano un percorso chiazzato da accensioni e sordine.

Luci d’ombra è un terreno minato e un luogo d’inciampo, è un quesito la cui risposta forse contiene un imperativo. È una ripresa e una stasi.

Luci d’ombra è dunque un terreno chiaroscurato, percorribile a tappe, dopo soste, per sferzate e abbrivio del ritmo e del percorso periegetico intorno all’uomo.

Luci d’ombra è la sfida di un viaggio lanciata a chi vi si accosta per leggere e maturare un cambiamento in sé. Un testo raffinato, godibile e coinvolgente.

L’autore

Salvatore Enrico Anselmi,docente, storico e critico d’arte, ha collaborato con il Centro Studi sulla Cultura e l’Immagine di Roma (Atlante del Barocco in Italia, Roma 2014) e ha tenuto corsi di Storia dell’arte moderna presso alcuni atenei italiani. Ha pubblicato monografie dedicate alle vicende di committenza nobiliare di età moderna in area centro-italiana con particolare riguardo ai Giustiniani, ai Farnese, e ai Maidalchini-Pamphilj. Suoi contributi sono apparsi in riviste e atti di convegno.

Alle attività di ricerca affianca la scrittura narrativa di impianto storico e introspettivo. I suoi romanzi Exitus (Roma 2019, selezione Premio Mastercard 2020) e Passaggi di proprietà (Padova 2021, in concorso al Premio Campiello e al Premio Comisso 2022) sono stati segnalati dalla Società Dante Alighieri. Alcuni suoi racconti e testi poetici sono stati pubblicati in Nazione Indiana, Rapsodia. A magazine of art and literature, Critica Impura. Ha preso parte, tra l’altro, al Concorso Caffè letterario Moak 2020 attestandosi tra i vincitori, all’edizione 2021 della Fiera Italiana dello Scrittore, alle rassegne Italia Book Festival e Il Maggio dei Libri 2022.