“Simbolica degli ultimi gradi di perfezione e saggezza” di Irène Mainguy, edizioni Mediterranee. A cura di Alessandra Micheli

So che quando si parla di massoneria, i capelli si rizzano sulla testa e vengono in mente oscuri complotti e tanto, troppo marcio.

Massoneria oggi è sinonimo di corruzione di privilegi, di orribili escamotage dominati dal dio mammoma.

E tutti sognano di entrarci non già per ottenere l’illuminazione, quanto per sentirsi finalmente arrivati ai vertici di un potere che nulla cambia se non i suonatori.

E io che amo la massoneria da tempo, mi ritrovo spesso quasi a vergognarmi di tanta ammirazione.

Penso alla loggia P2, agli scandali e al fango e mi sento quasi in dovere di nascondere questa passione.

Non lo nego, ogni percorso spirituale è in pericolo di vita, se incontra il dio Denaro.

Se il potere lo osserva e ne diventa ghiotto.

Se l’uomo lo stravolge e lo degrada per sentirsi finalmente un dio sceso in terra, ma senza la fatica che è connessa alla vera illuminazione.

Ma proprio perché sono stufa marcia di provare imbarazzo per una passione, associata troppo spesso a faccende che di spirituale non hanno un bel nulla, sono felice, ma felice tanto, di potervi raccontare questo meraviglioso saggio. Perché soltanto con la simbolica degli ultimi gradi possiamo ridere lustro, orgoglio e rispetto a un percorso faticoso, ma totalmente etico.

Non è la massoneria a essere a rischio di devianza.

Siamo noi che odiamo faticare per raggiungere la conoscenza.

E che forse della conoscenza poco ci interessa.

Perché essa, chiamata anche gnosi, non ha solo dei riflessi etici ma ci osserva fino all’interno del nostro io, laggiù nelle ombre, nel fango, nella terra più profonda.

Ci fa vedere tutto ciò essa contiene, persino vermi, persino la melma.

E proprio grazie a queste scorie noi possiamo rinascere.

E’ dall’ombra che emerge la luce.

E in fondo, gli ultimi gradi di questo difficile, perché è un difficile percorso, non sono altro che fasi fondamentali della crescita del nostro io.

Dal trentaduesimo grado, con le sue preghiere meravigliose, con i suoi simbolismi, fino all’apice il 33esimo.

Che è non tanto il punto di arrivo ma di partenza.

Si miei amati lettori, perché, la massoneria, lavorando come un artigiano sulla creta rozza e grezza, con sudore, speranza e lavoro non fa altro che creare edifici in onore e omaggio al grande architetto dell’universo.

Noi siamo pane da servire la convitto di dio, perché triturati da una macina celeste con amore, e con passione.

E il pane diventa nutrimento per quell’energia da cui dobbiamo tornare.

Sono immagini bellissime quelle che appaiono in questo prezioso tomo.

Il mio dito scorre su di esse, nella vacua speranza che un po’ della loro forza si imprima sul mio dito per raggiungere il mio cuore.

E i secoli, in cui l’umo ha immaginato, lottato, creduto in una società migliore, sono descritti con quella forza della simbologia che narra e al tempo stesso lancia indizi perché l’assetato segua quell’arcana Scia.

La massoneria non è deviata.

La massoneria è il corpus di conoscenze che hanno dato origine alla ribellione contro la dittatura.

E per questo noi dovremmo rivolgerle il rispetto dovuto, lanciandola con i nostri stessi capelli come Maddalena redente da ogni lordura, e da ogni fango.

“Dee, fate, streghe. Il potere femminile dai culti naturali a Walt Disney” di Angelo Serifilippi e Leone Locatelli, Delos Digital. A cura di Alessandra Micheli

E’ una grande emozione tornare a recensire dopo quei giorni di forzata pausa.

Ebbene si miei amati lettori.

Ho avuto anche io il momento influenza e devo confessarvi che ho adorato poltrire sul letto, con i libri, e i miei sogni a farmi compagnia. Ma è giunto il momento di portarvi con me, in questo viaggio attraverso gli archetipi e le varie figure della donna, quelle che si sono susseguite nei secoli e che in fondo descrivono un po la nostra storia mitica.

Questo libro affronta, dunque, un tema fondamentale non solo per il femminismo ma anche per l’immagine di noi stesse, quella che emerge guardandoci a quello specchio interiore e che rimanda inevitabilmente alla morale, alla politica e alla lotta di potere.

E questo emerge se si osservano persino I catoni animati di una disney che è da sempre stata foriera di messaggi occulti.

Con occulto ovviamente non voglio certo allinearmi al coro dei complottisti.

Occulto è tutto ciò che rifugge dalla apparenza della logica razionalista, possiamo definirlo se più vi aggrada come i residui parietani.

Dietro a ogni legge, a ogni società, a ogni etica e persino a ogni morale eisste uqalcosa di molto più tenebroso che affonda le radici in paure, lotte di potere e mitologie che sono oramai dentro di noi.

Cosi basta persino un Elsa qualunque, di un cartone animato adorabile e leggero per poter comprendere come la donna sia stata soggetta a varie modifiche della percezione.

E questa percezione ha seguito un iter molto interessante che inizia in modo ciclico: abbiamo la sovranità declassata e funestata dalla degradazione, per poter poi trovare finalmente uno spiraglio di rinascita.

Dee, streghe e fate, per poi magari tornare al punto di partenza, ossia di nuovo dee.

E’ questa la sorte della percezione verso il femminino.

Si inizia con il tempo mitico, con quel mondo narrato da studiosi vari in cui la donna era la sovranità.

Semplice e immediato.

Sacerdotessa e madre, protettrice e legislatrice.

Colei che governava i cicli e insegnava gli stessi agli uomini.

E cosa poi è mai accaduto per tornare la rango di streghe?

Il gioco di potere.

La sovranità è ambita, e cosi per poter passare di mano serviva la demonizzazione.

Da divinità, da sacerdotesse ecco arrivare alla tetra figura della regina della notte, la perturbatrice dell’ordine naturale, il pericolo della ribellione, la trasgressione dell’immaginazione.

E tutto questo ci appare chiaro, nella sua magnificenza nel percorso dinesyano: streghe crudeli, streghe come disordine, streghe che minacciano bellezza, sottomissione e purezza.

Grimlde contro la Biancaneve che reagiva ai soprusi con il canto e lo stato dormiente.

La perfida strega del mare della sirenetta che tentava con crudeltà di sottrarre lo scettro a Nettuno.

Ecco lo schema.

Semplice, immediato e agghiacciante.

La realtà stregonesca fin dai primordi della storia è stata duplice, da un lato guaritrici, levatrici donne del popolo con conoscenze mediche. Dall’altro un livello sotterraneo nascosto e pericoloso per lo status quaò, e che trovava il suo nutrimento e la sua ragione d’essere nel tempo mitico della religione della natura.

Il magico, dunque.

Scaturiva proprio da questo sotterraneo fiume, mai inaridito di quella cultura femminile benefica da cui emergeva una tradizione di libertà, di anarchia che non scendeva a patti col potere maschile.

Ed è questo valore che sembra emergere poi con la comparsa della fata. Smemorina, le madrine, Trilly rivendicavano quasi sommessamente il ptoere messo a disposizione della popolazione contadina che senza di loro sarebbe stata abbandonata a se stessa.

I riti officiati erano riti della vita della fertilità, della trascendenza che comprendevano i due opposti dell’esistenza sociale: la nascita e la morte.

Ed è contro questa cultura alternativa, che si scagliò l’azione furiosa della chiesa.

Il suo obiettivo principale fu di portare avanti la politica di de-solidarizzazione e frantumazione del vecchio mondo rurale e popolare. Questa distruzione della profonda coesione che legava le guaritrici ai contadini, fu effettuata introducendo la cultura del sospetto in un tessuto sociale di reciproca solidarietà.

In tal modo, i conflitti non più mediati dalle istanze tradizionali, sarebbero esplosi rendendo necessario l’intervento dell’autorità esterna Stato/chiesa che si prefiggeva l’arduo compito di distruggere il mondo sovrannaturale in cui si muoveva la strega e in cui si rifugiava il popolo.

E dalla fata, si è finalmente arrivati a una ristrutturazione della figura della donna, appunto grazie a Elsa.

Che duplice con quel potere perturbante riesce non solo a riabilitare la figura della strega ma a compiere il passo ulteriore: tornare a rivendicare il ruolo divino che le spetta.

E non una divinità lontana e assente, troppo impegnata a godere di se stessa.

Ma una presenza reale e familiari con proprie leggi, una propria società e cultura che poteva servire servivano da tramite tra l’uomo e la maat suprema.

La dea intercede, intercedevano, risolve conflitti, protegge e applica le sacre leggi dell’armonia cosmica, punivano e premiavano, istruivano e concedevano grazie.

Intermediari tra il mondo magico e il mondo fisico, essi presenziavano e custodivano le tradizioni magiche dei riti di fertilità di guarigione, e quelli che celebravano e ritualizzavano l’attestato di fede nel sacro legame con la Dea.

Ecco che Elsa può instaurare un dialogo continuo fra umano e mondo numinoso, mondo magico, dissolvendo, finalmente, la barriera fra naturale e sovrannaturale poteva essere facilmente penetrata.

Ecco che possiamo definire l’ultima fase della trasformazione del femminile, Elsa, l’archetipo di donne diverse libere che formarono un anti-società, una cultura alternativa tramandata ed esercitata da millenni in grado di sviluppare doti naturali.

Le streghe riuscivano ad transitare fra due dimensioni, quella visibile e quella invisibile capaci per questo di polarizzare tensioni di mondi differenti eppure uniti tra loro.

Nel regno della natura, gli opposti erano riuniti in una sintesi perfetta ed armonica del cosmo, tali sintesi veniva trasmessa alla natura umana che grazie ai riti e ai miti professati ritrovava l’originaria unità perduta, scissa dalle religioni istituzionalizzate in mente e corpo.

Secondo questa visione olistica della realtà, vita e morte, bene e male erano parte di un ciclo unitario in trasformazione perenne e in movimento continuo.

Era questo movimento eterno di relazioni e nessi, azioni e retroazioni che si contrapponeva al regno visibile, esclusivo dominio della chiesa, dove regnava il degrado del corpo, la separazione dell’inseparabile, il regno in cui la conoscenza era ritenuta il male peggiore, il regno delle norme che controllavano e strutturavano ogni aspetto della vita.

Finalmente ciò che davvero desidera la donna è a portata di mano: ritrovare la strada di casa, affinché la sposa perduta torni a regnare nel suo universo simbolico.

“Antichi esseri Alati” di Fabrzio Bartoli, Nisroch edizioni. A cura di Alessandra Micheli

I libri della Nisroch sono per me paragonabili ai regali posti ai piedi dell’albero di natale.

Quelli che guardi con bramosia, che magari non apri, ma che sai che conterranno gioie e meraviglie.

Io li sento cosi.

Attendo con impazienza le loro produzioni, le accarezzo e le leggo con attenzione regalandomi il tempo.

Pagina per pagina, guardando le foto che corredano i loro saggi.

Assorbendo le informazioni e lasciando che la fantasia viaggi.

E mi ritrovo sempre altrove, in una realtà che ha il sapore del mistero e dell’ignoto.

Ecco perché amo i loro libri.

Non creano un altro mondo, non indagano dimensioni a me sconosciute.

Mi portano indietro nella storia magari, ma sono argomenti di attualità, incanti architettonici che potrei toccare con mano, quadri e immagini che sono in questa terra.

Magari ignorati, oscurati dalla fretta di una società che poco si dedica alla sostanza e moto offre all’apparenza.

E cosi antichi esseri alati, piomba su noi come non una rivelazione straordinaria, ma come un fatto ovvio che tendiamo a scordare.

In ogni civiltà, in ogni religione, il messaggero dotato di candide piume ha fatto la sua comparsa.

Latore di liete novelle, portatore di conoscenze, o di ribellione.

Esso appare a noi, primitivi e addormentati esseri umani, come colui che stimola, che dona, che risveglia.

Che libera sopratutto.

Pensate alla meravigliosa storia dei Nephilim.

Essi trasgrediscono il tabù, che li separa dal resto della creazione, regalando alla donna che li amano i segreti occulti di una sapienza che deriva dal cielo.

O Prometeo, che ruba il fuoco proibito e lo dona all’uomo immerso nel buio.

E’ la trasgressione, dunque, il primo passo della civilizzazione necessaria affinché l’umo si risvegli, come la bella addormentata davanti all’ardire del principe.

Deciso a renderla autonoma e davvero libera.

Perché senza apprendere, senza passare di livello, senza cambiare la prospettiva con cui si osserva il mondo, nessuno può dirsi davvero umano.

Possiamo essere frammenti di luce, immagini di una potenzialità resa dormiente da qualcuno o qualcosa geloso della nostra possibile autonomia.

E cosi gli esseri alati sono coloro che portano la creazione al di la dei limiti consentiti dal dio limitante.

Colui che nega a noi la percezione del bene o del male.

Colui che decide per noi, che ci regala un’illusione beata certo, ma fuorviante e falsata.

Solo coloro capaci di elevarsi al di sopra delle sensazioni materiali, coloro che possono raggiungere il cielo inteso come elevazione spirituale, possono avere la volontà, la tentazione di regalarci l’assoluta libertà dalla schiavitù del nulla. Quel nulla che ci coccola, che ci rassicura, ma che si spegne inesorabilmente.

Questo testo non vi dona certezze.

Anzi.

Mette in discussione tutto, provoca e magari lancia qualche proposta ardita.

Ma lo fa appunto per togliervi il muro davanti agli occhi, quello che vi convince che esiste solo un unica verità.

Quello che fa di voi vittime della logica e della razionalità

Quello che, in fondo, vi priva di una storia che non si è mai svolta in modo lineare o regolare.

Ma è fatta di balzi e di orribili stop.

Che avanza e arretra che conosce e dimentica.

E che però nei simboli che funestano e infestano sogni e incubi, ogni tanto si rivela.

“Insetti: dei e demoni” di Fulvio Giachino. A cura di Alessandra Micheli

Ricordo ogni passo dell’arrivo di questo libro tra le mie braccia.

Era proprio la fiera di Torino e io ero ospita di una mia carissima amica.

La sua era per me la casa delle meraviglie, visto che possedeva il tesoro dei tesori, un giardino pieno di meraviglie.

Perché dovete sapere che per me, la natura è uno scrigno, è un po’ la mia Hogwarts.

Potrei passare ore e ore a osservare il lavorio di un ragno e il suo risultato finale, la ragnatela, perfetta, incredibilmente simmetria e spesso capace di attrarre la luce del sole.

Mille diamanti splendono su essa.

E il ragno, maestosa divinità osserva compiaciuto il frutto del suo lavoro.

E cosi ero stata a dilettarmi con le mie amate falene, compagne di mille notti d’estate.

E proprio su una poltrona, come un gioiello prezioso stava questo libro, insetti Dei e uomini.

Ora, lo so che ahimè il mio essere distrugge ogni canone della femminilità.

Che incrociarmi significa distruggere ogni schema, ogni pattern di cosa sia una donna.

So di essere proprio l’anticlichè per eccellenza, nelle mie passioni, nel mio modo di approcciare il mondo, persino nei ragionamenti logici.

Che a volte sono cosi netti, concisi e semplici da sconvolgere.

Un no è un no, o massimo un non ho voglia.

Un si è semplicemente un si, o al massimo ma perché no, muoviamoci un po’.

E quindi anche sugli insetti sono strana.

Ho amato il film phenomena e da sempre ho i miei inserti preferiti.

Ragni, falene, scarabei, formiche, api e persino mantidi.

Li adoro.

Non posso farci nulla.

E cosi quel libro mi fissava.

Lo giuro, non mento.

Mi guardava con un sorriso suadente, tipo sfogliami, prendimi e leggimi.

E cosi qualche pagina, lo ammetto l’ho accarezzata.

E sentivo quello strano pizzicorio sulla punta delle dita che mi imponeva di leggerlo per davvero, immergermi in quel mondo e sparire per un po’.

E cosi pensate alla meravigliosa coincidenza di me che incontro Fulvio e che vengo omaggiata del libro.

Sembra destino non trovate?

E ammetto di averlo letto, stavolta, con i miei tempi.

Non affannosamente.

Capitolo per capitolo.

Con calma, con la giusta lentezza che il libro merita.

Letto e riletto.

E poi chiuso con un sospiro.

Perché è vero che qua gli insetti sono spiegati in modo professionale ma…non disdegna il nostro autore di presentarceli in modo assai diverso dal cipiglio accademico.

Essi entrano a passo di danza nel nostro mondo.

E non quello pratico, razionale della scienza.

Ma quello magico, simbolico, folcloristico.

Quello delle storie che intrecciano i destini dell’essere umano.

Quello della religione.

Del significato oltre il dato oggettivo.

Quello che ce li fa amare o odiare.

Che ci terrorizza perché tocca fili delicati del nostro io.

Ricordi ancestrali, terrori ma anche il sogno.

Che è stato presente in ogni autore capace di penetrare dietro il velo sollevato a distingue reale e numinoso.

E allora il libro diviene prezioso.

Contenitore non solo di sapienza ma anche di magia.

E dietro al volo di un calabrone, al fruscio di una falena, il ticchettio di un millepiedi, il mondo interiore può essere davvero a portata di mano.
Perché un insetto è un piccolo microcosmo, spesso immagine di qualcosa di più grande.

E sta a noi rivelarne il segreto.

Magari grazie all’arte letteraria del nostro Fulvio.

E ora scusatemi.

La tela di ragno mi aspetta, desiderosa di rivelarmi ogni suo segreto.