
Avevo tredici anni quando ebbi la mia prima diatriba storica.
Me lo ricordo come se fossi ieri, alla vigilia degli esami di terza media discussi del mio programma con lacune amiche.
Ero decisa a portare, come argomento storico, la rivoluzione francese, il mio antico amore.
Quel periodo di sfavillanti novità mi affascinava, come il popolo poteva destituire un tre, un governante solo perché non aderiva a dettami presenti in una legge non scritta era per me un elemento di grande suggestione.
Pur comprendendo, anche allora, come essa non fu solo il boato finale di un dissenso, ma il lavorio intermittente di filosofi e forze sociale, da troppo tempo tenute in disparte, quel popolo sovrano, guidato dalla luce di Jean Jqquest Rosseau era una manna dal cielo per me, eterna idealista.
E cosi con ardore da futura pasionaria, difendevo la mia scelta di fronte alle più scontate guerre mondiali.
Erano, a detta delle mie future colleghe, molto più emotivamente coinvolgenti di qualcosa accaduto in quel tempo cosi lontano.
Eppure, ribattei, senza rivoluzione forse non avremmo avuto nulla dalla storia. Forse non ci sarebbe stato uno stato, e forse non si sarebbe mai lottato per la propria autodeterminazione e la propria sovranità.
Era quello che mi affascinava della rivoluzione francese: il diritto all’autodeterminazione, la fratellanza, la libertà in senso politico e sociale ( libertà di sposarsi, di cambiare il proprio status sociale) e l’uguaglianza che in fondo per me diventava equità.
I diritti e i doveri di un cittadino.
Il bene comune e la volontà generale.
Erano e sono i termini con cui effettivamente sono cresciuta.
E sono sempre dell’avviso che per avere uno stato giusto e equilibrato le singole volontà debbano convergere con qualcosa di più alto.
Che durante i miei anni accademici identificai con la Maat egizia.
Che in fondo non era altro che egalitè, fraternitè, libertè.
Peccato però…che i sogni rivoluzionari, quasi tutti si sono infranti sulla barriera della tirannide del fanatismo.
La rivoluzione francese mise il popolo in rilievo.
Era lui a rinunciare a un pezzo della propria sovranità in favore dei suoi rappresentanti che l’avrebbero dovuta gestire in concomitanza con una costituzione che era al tempo stesso sacrale e morale.
Non a caso la Dea Ragione era raffigurata come una Dea redente, un’Iside assisa sul suo trono di stelle, immagine e simbolo di un cosmo con la perfezioni di leggi cosmiche.
Cosi in cielo come in terra
Citava la meraviglia del Corpus Hermeticum.
E quindi la rivoluzione era un atto sacro di ricostituzione di uno stato originario, immagine di qualcosa sopra di noi.
Perfetto e immutabile.
Non certo figlio degli umani.
Ma nessun cielo, nessun valore, nessun ideale si sarebbe nutrito di sangue.
Di passione si.
Si sacrificio del proprio status sociale.
Di rinuncia ai privilegi.
Ma ogni rivoluzione è e deve restare sacra.
Altrimenti, cosi come ben ci spiega Trifirò resta solo una momentanea sostituzione.
Un miraggio in cui tutto sembra cambiare affinché nulla cambi.
Per molti il regno del terrore e la de-sacralizzazione di una Francia annegata nella violenza era una necessità.
Il bene supremo richiedeva mano forte e polso rigido.
Ma è stato solo il modo in cui, chi non voleva la vera libertà, chi non desiderava un popolo consapevole e maturo al comando e custode e guardiano dei sacri valori.
Di chi in fondo usava la scusa della necessità del bene e la ghigliottina per sostituirsi semplicemente, al re.
Manipolando coscienze e rendendo, di nuovo, il popolo massa.
Ogni rivoluzione è stata repressa cosi.
Senza colpo ferire, quasi senza lacrime.
Addio ideali rivoluzionari.
Addio Rosseau.,
Addio bandiera rossa.
Addio.
Ma solo con certi libri che pongono il dito su sbarre di gabbie dorate, ogni rivoluzione potrà rinascere.
E essere restituita alla storia.
Non nego né io ne Massimo ,la necessità di uno stravolgimento radicale degli assetti politico sociali.
Rinneghiamo i corvi assetati di sangue che aspettano all’ombra, nell’oscurità il momento di colpire.
E sapete come?
Obnubilando le coscienze.
Manipolando gli eventi. E rendendo il popolo un lontano ricordo.
Riappropriatevi della vostra rivoluzione.
Perché il bene non ha necessità.
Esso respira e riempie del suo suadente effluvio ogni atmosfera.
Respiratelo.
In barba alle necessità di un bene che non è volontà generale.
E non lo sarà mai.