“Cour des Revenants.Holland Academy #1” di Amanda Fall, Words edizioni. A cura di Alessandra Micheli

Ci siam sorrisi e in un lampo
Ci siamo trovati con trent’anni in più
Ma son trent’anni rubati
All’invidia del tempo e sei sempre tu

Roberto Vecchioni

Ho letto questo libro sulle note del mio prof.

E’ strano non trovate?

In fondo si tratta di un gotico perfetto, diviso equamente tra sangue, morte e oscurità.

Lapidi e cimiteri, morte e demoni, nebbia che avvolge e sovrasta una Londra fumosa, partorita direttamente dia immaginazioni più tetre.

Eppure…

So che la Fall ha desiderato dipingere un affresco diverso dal solito, dalla dolcezza di libri in cui la fantasia è leggiadra e soave, dove l’ero non è spezzato o almeno non ci appare in tutta la sua disperata angoscia.

Lo so.

Ma mai, mai ho letto qualcosa di cosi intenso e commovente.

Di un’anima ferita, ridotta in brandelli che si accende id luce quando incontra occhi color cielo.

Cosi limpidi da non sembrare neanche di questo mondo.

Un altra anima che grida forte per essere vista.

Ecco.

La canzone del prof è adatta proprio a Cour de revenants.

Perché il cuore dei ritornati non è soltanto un famigerato covo ululante di demoni.

O almeno io l’ho interpretato in modo diverso.

Il cuore di ogni ritorno, è quello che non mostriamo al mondo.

Agli altri.

Indossando sempre la nostra maschera.

Vendetta, rabbia, o cinismo.

Sarcasmo o semplicemente una famelica voglia di rivalsa.

In questo affresco i protagonisti sono altrettanto anima che si sono perse.

Attenzione, non perduti.

Ma coloro che non sanno più, davanti a un bivio, che strada prendere.

E soli, indifesi iniziano a ringhiare.

Ma quello che forse, sottolineo forse, desiderano è il calore.

Che sia di un cantuccio caldo fatto di coperte o una mano capace di togliere l’inverno dal cuore.

Ed è quella parte cosi sognante e cosi cupa che mi ha letteralmente fatta innamorare.

Che ha fermato la mia brama di lettrice vorace, per farmi assaporare ogni descrizione, ogni dialogo, ogni piccola sfumatura.

Perché è questo signori miei il gotico.

Non solo ombre senza quasi un significato.

Ombre che vengono smarrite dal sole cocente.

Il gotico è quella parte del nostro io che sfugge dalla ragione che tutto spiega.

È il mistero, il sogno che sveglia durante la notte, che ci lascia tremanti forse, ma vivi.

E’ quel romanticismo che si cela in angoli impensabili del nostro percorso umano.

Lapidi, perché nella lapide è inciso il ricordo.

E noi senza ricordi siamo nulla.

Anche se questo risulta feroce se dilania le carni.

E’ quello il punto di partenza.

Pertanto, chi ama questo genere non teme affatto le ambientazioni classiche come cimiteri o i boschi cupi.

Sono in quegli antri che abbiamo nascosto parte di noi.

In luoghi in cui la corsa contro il tempo, contro noi stessi e contro quel mondo che ci vuole plasmare, è finalmente conclusa, quando viene inglobata in una idilliaca pace.

Nel bosco profondo, dove le parti più preziose di uno spirito ferito riposano, al riparo da occhi indiscreti.

Persino li, dove aleggia la paura come ombra sul lago, troviamo noi. Perché in ogni terrore notturno,noi possiamo fare amicizia con lati che il giorno non tollera.

Proprio perché sono veri, autentici, percorsi per crescere.

E in amori che non sono affatto tossici.

Ma che sono fondamentali per non cadere a pezzi, in quegli attimi in cui qualcosa ci trafigge e ci lacera.

Un attimo.

Un sorriso.

Un attimo.

Un eternità.

E mentre la lotta imperversa, alimentata da segreti che spero scopriremo piano piano, il mio cuore beve come un assestato la descrizione sublime delle vicende di Lena e di Elios.

Quando in un abbraccio che sembra non aver mai fine, trovano finalmente il loro posto nel mondo, mentre tutto il resto, vendette, odi, sangue, guerra e potere, non è altro che un rumore di fondo, indistinto e senza senso.

E cosi mentre accarezzo la pelliccia soffice di Ecate ( chi è lo scoprirete poi) una lacrima libera un anima intrappolata da troppe catene.

E mi sento finalmente meno rotta.

Portami via
Se ho freddo coprimi
Portami via
Se torno stringimi

Stringimi forte stasera
Ti sei primavera
Io sono l’inverno
Stringimi stringimi ora
Perché ho seri dubbi
Di essere eterno

Roberto Vecchioni

“Le dodici porte: Principessa dei cieli” di Veronica Pellegrino. A cura di Alessandra Micheli

Ogni libro fantasy racchiude un segreto importante e prezioso, che solo certi animi svegli e curiosi sanno cogliere.

E gli altri è solo divertimento, amore e avventura, quella che ci manca nella vita di ogni giorno.

E cosi anche se un autore infarcisce di simbologia ogni capitolo, spesso il lettore decide coscientemente di non coglierli.

Non vogliono capire cosa si cela davvero dietro le dodici porte. Vogliono draghi, amori, battaglie, amicizia e un po ma non troppo di sangue sperso.

Proprio perché perdere qualche personaggio amato, provoca lacrime e commozione.

E sentire che il cuore batte è in fondo il dono che un lettore cerca dal testo. E cosi

Aley è passata dall’attraversare un sacco di ambientazioni.

Da quella più marcatamente egizia a quella tipici di certi indimenticabili epic fantasy.

E ora eccoci di nuovo, tornati al punto di inizio.

Laggiù in un Egitto che non è più quello del zep tepi, il primo tempo.

Ma che fa parte della sua più intima essenza.

Aley cosi smette di diventare un attore del fantasy, per diventare il primo attore di un percorso iniziatico che era al centro della religione egizia.

Le dodici porte acquistano il loro senso in questo libro, che è a parer mio il cuore centrale di tutta l’avventura.

Aley trova il grimorio, ossia la porta per accedere a una dimensione conosciuta non solo dai sommi sacerdoti di quella terra antica e sempre presente in noi, ma che fa parte di un corpus di conoscenze che ritroviamo, oggi in ogni pratica religiosa.

Eh si mio lettore.

Dall’Egitto e dalla sua sapienza è nato persino l’ebraismo, il cristianesimo e lo gnosticismo che regge tutte le confessioni che da questi due grandi credi si diramano.

Sei stupito?

Se pensi che persino il più conosciuto padre nostro, deriva da un antica preghiera al Dio Aton?

Ecco che percorrere il loro sentiero specie in un libro destinato a ogni lettore, non solo a me che sono fissata con il simbolismo e lo studio del sacro, significa finalmente scegliere di evolvere.

E non solo per acquistare, come la nostra adorata protagonista la giusta saggezza per sconfiggere il male.

Ma per stare in armonia con il proprio ruolo sociale, con l’anima, il cuore e persino la mente.

Che come ci insegna l’Egitto sono indissolubilmente legati.

Perché per sconfiggere ogni elemento oscuro, impersonato dell’antagonista, noi dobbiamo purificare noi stessi.

Da ogni scoria e da ogni idea sbagliata riguardante il nostro destino. E Aley è una prescelta.

Significa che è soggetta a una serie di esperienze, rese forse complicate da una punta di crudeltà che appartiene a ogni scrittore, che divengono a volte più forti, pesanti e dolorose rispetto a ciò che un umano può sopportare.

O almeno cosi pensiamo o ci convinciamo.

Tanto che, spesso, il prescelto, come in questo caso, è piano di ansie e stress, paure derivate da un carico di responsabilità enormi da infilare nel proprio zaino interiore.

Io sono colei che dovrà riportare la pace in queste terre.

Io dovrò lottare contro il male incarnato.

Questi sono i pensieri della nostra Aley.

Tutta la sua vita sembra un copione prestabilito e questo a volte la soffoca.

Lo si avverte durante tutta la lettura.

Ogni volta che comprende un po di più cosa significa avere il fardello del prescelto, la nostra eroina si inceppa.

E questo la porta a compiere atti al limite della sconsideratezza.

Ma le dodici porte risolvono l’annosa questione.

Percorrendo i dodici sentieri della conoscenza, cosi come si percorrono i dodici segni zodiacali (corrispondenti a altrettanti insegnamenti eterni e immortali) la sua anima spezzettata come il corpo di Osiride/ordine a opera di Seth/ caos significa osservare e interpretare la questione prescelta da un altra visuale.

Non più come una sorta di condanna, ma di scelta.

Avere la possibilità di comprendere il male, le sue origini e quindi sapere come riportarlo in senso alla Maat cosmica, significa non diventare prescelta, ma sentirsi prescelta.

Perché chi ha la possibilità di viaggiare dentro l’anima delle divinità rappresentanti archetipi di noi stessi, significa essere coscienti delle potenzialità.

Ed è in quel momento che Aley può…

No.

Non ve lo svelo.

Ma vi garantisco che la lotta finale è degna di essere letta, perché rappresenta la giusta alternativa ai nostri triti e ritriti modi di risolvere i conflitti.

Un capitolo intenso e coinvolgente è quello che la nostra Veronica ci regala.

Un insegnamento senza tempi, doveroso e importante, perché è ora di posare la spada e armarsi con lo scudo della compassione.

“Gli dei si manifestano giocando” di Romana Maiori e Dario Ponissi, In.edit. A cura di Alessandra Micheli

Mentre finalmente il caldo irrompe con malcelata grazia in questo aprile che volge al termine, le note accattivanti di un jazz, rompono il silenzio che mi circonda.

Sono una persona fondamentalmente pigra, poco avvezza a manifestazioni eccessive di qualsivoglia colore.

Ne rabbia, ne gioia, soltanto una placida e serena mono-espressione che tra parentesi aiuta la mia pelle a non essere irrorata da rughe.

Tanto placida che ogni sorriso mio è un ghigno.

Immaginate quanto sia abituata a bagordi o a frenesie, tutto ciò che contrasta con la mia religioso dedizione alla dea Aergia.

Eppure..

Bastano poche note di blues al grido di Pay me my money down che qualcosa cambia.

I miei piedi non smettono di muoversi come se indossassi incantate scarpette rosse, maledette da un flauto incantato del diabolico Pan.

E il corpo non può non seguire le note sfrenate del jazz. Eh si. Alla voce di Bruce non resisto.

Figurasi se poi mi si presenta al New Orleans jazz festival…

Impossibile resistere.

E’ una magia assurda, incomprensibile ma feroce.

E cosi se il jazz smuove questa pigra signora che vivrebbe di gatti, e di te, capite il potere che ha?

Del resto lo stesso Silente lo disse La musica! Una magia che supera tutte quelle che noi facciamo qui!

La musica non è più umana, assolutamente no.

E’ direttamente scesa dal sorriso di Dio.

Eh si.

Se noi siamo le sue lacrime e la sua disperazione, la musica è il tintinnio delle risate.

E cosi che dio si manifesta.

Che ogni divinità si manifesta.

Tanto che persino la preghiera ha ritmo.

Che persino il jazz, il mio amato jazz, diventa preghiera.

Un incantesimo non è che un canto ripetuto, un misto di ritmo e suoni che hanno una cadenza paragonabile alla stessa strofa di una canzone.

Comprendete che è uno strumento incredibile?

La musica diventa cosi la chiave per aprire ogni porta su ogni lato del nostro altrove.

Soltanto che invece di trovare lugubri paesaggi, beh incontriamo divinità che scendono dai loro ricchi troni e iniziano a giocare.

Danzando.

La migliore immagine di questa grandiosa festa di creazione ce la danno le divinità vodoo.

Esse con salti e sberleffi, con girotondi e con quelle strofe ricche di energia rotatoria, con in mano in whisky e un sigaro in bocca, continuano a muoversi in circolo.

Fino a che dal circolo si solleva polvere su polvere.

Basta una nota e ecco fatto, la creazione è iniziata.

Ecco perché la vera manifestazione della divinità, come la si vuole chiamare, è nel gioco, nell’allegria nella passione.

Insomma, nella musica.

Tanto che chi padroneggia i suoi intricati misteri, forse può davvero comandare il mondo.

Perché se esso è nato da un ballo, probabilmente dallo stesso ballo rovesciato può essere distrutto.

Mentre le ultime note del jazz si spengono, il libro sul mio comodino, sfiorato, assaporato ve amato inizia a brillare.

Come se avesse assorbito tutto quel ritmo, quella bellezza, quella perfezione matematica scaturita dalla sincronia di note mai dissonanti.

E le immagini contenute, raccontate con somma eleganza e grazia diventano cosi vive che mi sembra di vedere davvero…

No.

Cosa è al centro di questa fiaba inziatica e esoterica, non ve la svelo. Dovete leggere questo piccolo gioiello.

Non soltanto per la poeticità della scrittore, per quella sua classicheggiante raffinatezza.

Ma perché forse comprenderete qualcosa di voi.

Qualcosa nascosto dentro la vostra anima, o acquattato nell’ombra.

Quel potere che vi ha fatto scendere qua in terra, facendovi sacrificare bianchi e soffici ali.

Quello che costrinse i figli di Dio a desiderare di essere sangue carne e ossa.

L’amore.

“Cuore di ghiaccio” di Wendy Webb, Pienogiorno. A cura di Alessandra Micheli

Sono da ore seduta davanti a questo virtuale foglio, fatto di pixel e di byte e non so dove iniziare a raccontarvi cuore di ghiaccio.

Non lo so davvero imo lettore.

E questo non perché il libro non sia dotato di una forza indomita, quella volontà di trascinarti volente o nolente in un universo dell’altrove.

Ma perché forse, e sottolineo forse, staccarmi dall’abbraccio di quel fiume, che giuro ho visto davvero, non è semplice.

Ne lo voglio.

In un istante, mentre il suo stile evocativo intesseva la sa malia, ho sentito l’abbraccio caldo dell’acqua scorrermi in sottilissime goccioline tra le braccia. Mentre una nenia strana e familiare sussurrava all’orecchio.

Sono emozioni che nessuno vorrebbe mai lasciar andar via.

Specie io, che nel libro stesso mi rifugio, mi rannicchio chiudendo il caotico mondo fori dalla mia zona di comfort.

Eppure, questa magia la devo spiegare a voi, anche se è impossibile tradurla in parole.

E’ una questione di pelle, di cuore e di anima.

Sono sensazioni che strisciano feroci lungo la spina dorsale, che rapiscono la mente e aprono quella porta in un mondo in cui gli spiriti dirigono la tua vita.

E non sei affatto solo.

Non temi nulla, ne morte ne odio.

Perché lo sai che loro raddrizzeranno torti, e non vi lasceranno mai svanire nell’oblio.

Cuore di ghiaccio non parla soltanto dell’eternità dell’amore carnale.

Parla di eredità familiare, quelle positive, non le catene di disperazione alle quali siamo, troppo spesso abituati, quelle che magari si riassumono in storie raccontate al chiaro della luna, eredità che come raggi di luna su un telaio intessono sogni e resilienza.

Eh si.

Chiunque di noi, nei periodi più difficili del mondo, avrà la fortuna di rivolgere lo sguardo indietro nel tempo, non dovrà temere nulla.

Salirà in soffitta, in quella polverosa stanza in cui sono ammassate vecchie cianfrusaglie.

E mentre qualcosa ti spingerà a aprire il baule di legno scuro, intaccato dai secoli, dagli anni che passano, troverà il prezioso regalo, quello che neanche il beffardo tempo potrà negarti.

La nostra eredità, di voci lontane, di amori mai spenti, di verità da sbrogliare.

E di leggende.

Perché ogni famiglia ha la sua leggenda.

Magari non la conoscete perché vi siete persi con lo sguardo nell’orizzonte delle possibilità, ma ci sono.

Ed è il lascito di generazioni prima di voi, di rituali che avevano lo scopo di legare i destini a valori che non sarebbero mai ammuffiti.

Ed è durante la tempesta che nel baule troverete magari un libro.

E la vita di chi ci ha preceduto si intreccerà con la vostra.

E il tempo sarà sconfitto.

Ecco cuore di ghiaccio è la vostra immaginaria soffitta.

La, vi ricorderete voi stesse i volti perduti di persone che hanno forgiato il vostro destino, regalato doni e possibilità, tutte racchiuse dentro di voi.

Persone che avranno lasciato il sottile ricordo, simile a ragnatela di un fiume sacro, di un bosco, un albero o un ciondolo.

Mente chiudevo l’ultima pagina, mi sono alzata e sono andata nel mio cassetto segreto, quello dove tengo i ricordi più importanti, i doni delle mie nonne, bisnonne e di mia mamma.

Ho preso quella collana di perle e stretta tra le dita.

E mentre le dita scorrevano lente su ogni piccola lacrima, ho sentito voci attorno a me.

Voci benevole di gioie e amori appena nati.

Voci malevole, di rabbie invidie e sbagli.

Danzavano attorno a me, in una cacofonia che, però, al contrario del mondo fori non disturbava, ma mi faceva sentire meno sola.

E forse anche la mia famiglia ha avuto il suo fiume.

Che ha dato loro doni e regali, quelli di unire passato e presente in un unica meravigliosa danza.

Ecco che con le perle strette tra le dita, ho gettato uno sguardo gioioso, nonostante i volti perduti nell’aria fumosa di questo strano marzo, al libro che irradiava una luminescenza strana, li fiero sul comodino antico.

E ho sorriso a Wendy.

Perché solo lei è capace di questa magia.

Capace di usare ogni cliché, strapparlo alla sua monotonia e renderlo emozione.

Una lacrima rotola sul volto e finisca terra.

Ogni rancore è svanito.

Ogni torto è redento.

Ogni dolore asciugato.

E io sono qua, profondamente grata per queste emozioni.

Profondamente grata, perché viva.

E t spirito del fiume che hai toccato con le tue gelide mani anche il mio volto, proteggi sempre questo antico retaggio.

E’ l’arma con cui possiamo ribellarci alla realtà privata di questi sottilissimi, arcani fili.

Immagination is only weapon against the reality

“The scarlet veil” di Shelby Mahurin, Harper Collins. A cura di Alessandra Micheli

Di solito lascio decantare i libri dentro di me, prima di accingermi a scrivere la mia recensione.

Devono sedimentare ogni emozione perché io poi possa trovare, in quello scheletro, i temi e i significati che poi posso passare a te mio lettore.

Ma stavolta non è possibile.

Perché vedete sono proprio le sfumature a rendere questa lettura un viaggio da cui difficilmente vorrete tornare.

Io ancora sono imprigionata nella sua malia, in atmosfere gotiche, in una ricerca costante non soltanto della verità, ma della mia stessa essenza.

The scarlet veil apparentemente mi ha chiamato a se, con la promessa di essere una lettura leggera, adatta a questo mio momento cosi strano, dove raccolgo, giorno dopo giorno, parti cadenti di me.

E’ il momento della transizione.

Il momento in cui la fanciulla cede il posto alla saggia, alla Dea oscura che benedirà con le sue suadenti dita scheletriche, una fase particolare della mia vita, potente ma densa di misteri.

So che non potrò davvero conoscere ogni anfratto della mia anima.

E che forse dovrò liberare il mio zaino da ogni intralcio emotivo e pratico. Perché stavolta non si va in discesa ma soltanto in salita.

Scarlet non ha affatto soddisfatto queste puerili aspettative.

Si è fiutato.

Capirete bene come, in questo segmento d’esistenza, trovare una protagonista capace di parlarmi non è affatto facile.

Non ho bisogno di promessa d’amore.

Non ho bisogno di trovare forse la mia vita.

Ho un disperato, feroce bisogno di liberarmi da ogni definizione, da ogni concetto, da ogni descrizione, poiché è l’etichetta stessa che appesantisce il mio viaggio.

E mi sento davvero stanca di dover corrispondere a un aspettativa, di dover essere protetta dalla verità o dal male.

Perchè la potenza che cresce dentro di me è quella dei sopravvissuti.

Di chi la fine l’ha tenuta per mano, di chi è stato sfiorato dal dolore e dalla perdita.

Di chi quel velo che solleva i mondi non ne ha più paura.

E’ attratto.

Fortemente attratto.

Sentire il suo incantato richiamo.

Ecco nessuna protagonista può davvero comprendere il mio cuore.

Nessuna..

O forse…

Celiè tu puoi vero?

Tu ascolti e vedi oltre le apparenze.

Tu che sei stufa di essere raccontata dagli altri e mai da te.

Tu che senti il momento giungere, quello in cui è il tuo valore a dover essere cantato dai bardi.

Tu che hai una ferita sanguinante nel cuore eppure di quel sangue che sgorga ne ha un disperato bisogno.

Tu che hai viaggiato coni mostri ma potuto osservare come essi siano in cerca di un abbraccio.

Tu che vedi le ombre e non ne hai affatto paura ma le senti vicine a te.

Non ti lasciano mai sola.

Tu che odi musiche ultraterrene, anche se non sai perché.

Tu che hai voglia di amare, di mordere la vita eppure dentro di te viaggiano secoli e secoli di esperienza, come se il dolore stesso avesse risvegliato una sorta di memoria cosmica.

Tu che ti senti più a casa in luoghi completamente illogici, bizzarri e pieni di tenebre e poco nei mondi che devono accettarti a patto di sancire con uno scambio, la tua appartenenza.

Celie non appartieni a nessuno, se non a tre stessa.

E in questa nebbia oscura trovi..la luce.

The scarlet veil diventa un po’ casa mia.

Nonostante orrori e paure, nonostante la terra sia malata.

Nonostante qualcuno voglia assolutamente distruggere l’equilibrio.

Tu che socpri chi sei e ne sei fiera, anche se quell’anima non viene, non può venire accettata dal mondo.

Tu sei in me e in te fluisce un po’ di me.

Non facendomi più sentire sbagliata, sola e completamente isolata dagli altri. Non è questo il regno a cui apparteniamo Celiè.

Forse siamo capaci di viaggiare tra i mondi.

Forse rivendichiamo con dura dolcezza il nostro posto nel mondo.

Forse, dico forse del posto nel mondo non ci interessa affatto.

Se abbiamo compreso il nostro passato, e il nostro presente, il futuro non ci interessa più.

Siamo qui e ora, ferite, sanguinanti ma con uno scintillio d’acciaio nello sgardo.

Ed è per questo istanti in cui ci vediamo, vale ogni ferita che nutre la terra oscura.

Un carillon tra le mie mani suona.

Piano, lento, deciso.

Ed è la nota che con una mano laccata di rosso, dai lunghi artigli fende l’atmosfera attorno.

E piano piano lacera il velo.

E il passaggio.

E con passo di danza accompagnata dalle note, entro in quell’Altrove dove non esiste ordine, ne sole.

Ma in quelle lande desolate, il calore sale dalla terra e come viticci di rose nere, mi avvolge.

Non sono affatto sola.

La musica suona, suona per me.

Una lacrima scende…

E’ tua Celie, conservala come il dono più grande.

Bevi dalla lacrima.

Bevi senza mai fermarti.

E sorridi.

Siediti accanto a me, stingimi la mano e racconta, ancora e ancora la tua storia.

Sono qua e ascolto…

“La prigione del mago vendicativo”, Omega, Pubme, Lifebooks. A cura di Barbara Anderson

Eccomi a voi ragazzi, scusate il ritardo semmai ci sia stato ma sono appena rientrata da un viaggio assolutamente fantastico.

Ho intenzione di raccontarvelo ma quanto siete disposti ad ascoltare? Per quanti giri di clessidra siete disposti ad ascoltare la mia avventura? 5 Clessidre? 10? Fino a quando non è il tempo stesso a consumarla?

Sappiate che è questo che mi è stato detto quando da viandanteper terre fantastiche e sconosciute ho incontrato questo misterioso individuo. Mettetevi seduti e comodi e soprattutto non indugiate a mettere le vostre mani su questo scritto che, vi assicuro, vi porterà in un viaggio multisensoriale.

No non stiamo parlando di intelligenza artificiale, di visioni quadrimensionali ottenibili attraverso un apparecchio da mettere davanti gli occhi. Qui per questo viaggio, gli occhi dovete tenerli liberi di leggere le parole e non avrete bisogno di nessun artefatto che manipoli la vostra immaginazione; avete già nella testa il chip che serve per dare immagini alla vostra fantasia.

Non fatevi ingannare dalla tecnologia. 

Avete mondi straordinari nella vostra testa che aspettano solo di essere esplorati.

Mentre inviate gli infermieri con le camicie di forza per rinchiudermi a causa dei miei deliri letterari, lasciate che vi dica di cosa sto parlando.

Sono entrata nella mente fantastica di questo originale autore, che mi ha saputo portare in un mondo nuovo costruito sotto al mio naso come fumo che si mescola a fuochi fatui; ho visto innalzarsi davanti a me un regno.

Sapete cosa dicono i maghi durante i loro spettacoli?A me gli occhi please!

Ed è esattamente come i maghi e gli illusionisti degli spettacoli di magia, che il narratore di questa storia cattura subito, già dalla prima pagina, la vostra totale attenzione, e lo fa incantando e intrappolando con il suo stile. 

Uno stile veramente intenso: pensate che utilizzando parole semplici e comprensibili riesce a descrivere immagini molto complesse nella testa di noi lettori.

I suoi personaggi utilizzano i dialoghi per evidenziare la loro personalità non solo le azioni.

Pensate che è riuscito a integrare in una storia fantastica la magia nella sua pura essenza. No, non la magia bianca o quella nera perché come ci dice il grande Maestro la magia non ha colore, non può essere limitata e divisa in categorie in base all’uso che se ne fa. La magia è pura essenza, pura energia, pura forza ed è un tutto non una serie di cose divise per intenzioni. La magia è integrità e non scissione.

Inoltre ci parla di tecnologia, di politica, tanto da ritrovare situazioni che si avvicinano di gran lunga alla politica del nostro pianeta. Inserisce dettagli che a parole diventano visibili, essenziali, uno stile elegante ma divertente, intenso ma delicato.

Conoscete tutti la vendetta immagino.

Attraverso la vendetta diamo soddisfazione a noi stessi, attraverso la punizione di chi ci ha ferito o offeso, coloro che hanno osato calpestarci nel nostro essere più profondo come se a essere stata lesa sia l’immagine che abbiamo di noi stessi e la nostra identità.

La vendetta sapete bene che non ha leggi, né regole e che è esclusivamente dettata dall’odio e dal rancore. Ed ecco che 

ABERAKAZAM!

Entriamo nel fulcro di questa straordinaria avventura.

Io mi sono divertita tantissimo.

Dove si svolge la storia?

Ovviamente nel mio luogo preferito: l’Altrove!

In un luogo che sa di sabbia e di vento, di aria e di fuoco, di luce e di tenebre, di sangue e di ossa.

Chiudete gli occhi… lo sentite il vento tiepido sulla pelle?

Sentite l’aria che diventa quasi corporea?

Come una carezza, come una spinta verso l’alto… un’ascensione.

Aprite gli occhi, siete come un albatros che vola a planare al di sopra di 5 borghi a forma di stella.

Ogni borgo ha una torre, sulla punta di ogni torre una pietra magica che di notte illumina la via ai cittadini del borgo. Ogni torre eretta come un faro, come una guida, come qualcosa che ci protegge, che ci osserva, che in qualche modo ci governa.

Obeahdove risiedono agricoltori, maniscalchi e soldati.

Yinurossdove risiedono gli artisti, poeti, pittori.

Magiusdove risiedono gli studiosi delle arti magiche.

Tihriandove troverete creature diverse e straordinarie.

Ravariail borgo che trasuda di storia. 

Al centro di questa stella è eretta la sesta torre, una torre mutante, inaccessibile dai cittadini dei 5 borghi.

Solo un mago dagli straordinari poteri può farlo, solo che non sappiamo chi esso sia, da dove venga; si dice che la sua intenzione fosse quella di far espandere la grandezza della stella a 5 punte ma fu ingiustamente imprigionato e rinchiuso nella torre senza nome per un crimine che (forse) non ha commesso.

Così inizia un’immensa avventura per voi che leggete e per i protagonisti di questa storia.

Incontrerete governatori, guaritori arcani, un robottino paranoico, maghi, costruttori come Archimede, soldati, e conoscerete l’evocatore Thymos dotato di straordinari poteri, e anche il suo apprendista Vox dotato di coraggio, di sincera passione e rispetto per la magia e per il suo Maestro.

Ma questa torre nera, avvolta di mistero che appare come un’entità vivente colma di rancore di rabbia che cosa vuole? Perché sta uccidendo brutalmente chiunque si avvicini tranne il mago misterioso Thymos?

Thymos ha intenzione di aiutare la stella a cinque punte ma si sa che quando c’è qualcosa di nuovo e di sconosciuto si diventa diffidenti. Quella torre rappresenta una minaccia o un’opportunità?

Pensate che rappresenti la vendetta?

Chissà

In un momento di grande tumulto e sotto la minaccia di qualcosa di potente e invincibile, l’interesse economico di chi non ha nessuna intenzione di sospendere le trattative delle risorse della stella poiché concentrato più sull’integrità economica e i propri interessi piuttosto che sulle vite degli abitanti dei borghi. Ci suona familiare questa politica vero?

Vivrete tensione, conflitti, tradimenti, menzogne, inganni, ingiustizie e giustizia. Osserverete il cambiamento che tutto muta tranne le intenzioni di chi è malvagio nell’anima.

I personaggi eccellono per le loro azioni ma hanno i loro limiti e le loro debolezze in cui il lettore riesce a identificarsi.

Una fantasia coinvolgente davvero.

Avete mai sentito quella forza interiore che nasce dal desiderio di conoscere la verità ma al contempo anche la paura di scoprirla?

Laddove il limite tra realtà e finzione diventa così sottile da sembrare quasi impercettibile. Tra magie, intrighi primordiali, creature celestiali, vedrete che nel regno della stella come nel nostro ogni piano richiede un sacrificio, come la fenice che rinasce dalle ceneri.

Vorrei citare un verso di un grande autore fantasy di tutti i tempi J.R.R. TOLKIEN, da il Signore degli anelli:

Dalle ceneri rinascerà un fuoco,L’ombra sprigionerà una scintilla;Nuova sarà la lama ora rotta,E re quel ch’è senza corona.

Siete ancora qui ad ascoltare la mia storia?

Ne sono lieta. Lasciatemi dire un’altra cosa, io nei passaggi finali di questa magica avventura ci ho perfino visto l’immagine di Dio, la sua rappresentazione forse fantasy frutto della mia metabolizzazione di quest’avventura.

E mi ha lasciata a bocca aperta tra ciò che di più antico e primordiale sia esistito e ciò che di quell’essenza atavica risiede anche oggi nel nostro presente che ha poco di fantasioso ma che è a suo modo fantastico sotto ogni aspetto del mistero della nostra esistenza.

Ciò che è la nostra casa può diventare la nostra prigione. Provate a leggere questo pensiero invertendo la prigione con la casa.

Chissà che non scopriate davvero qualcosa di magico.

Puff…

Una nuvola di fumo viola vi esplode davanti agli occhi e io, grazie al cielo per voi, sparisco, ma appare questo libro da portare a casa a far compagnia ai vostri pensieri e alla vostra fantasia.

Complimenti all’autore e grazie per questa bellissima esperienza di lettura.

“Meraviglioso starlings” di Amanda Linsmeier, Newton Compton. A cura di Alessandra Micheli

Mentre scrivevo questa recensione, convinta di poter dare la mia interpretazione al libro, qualcosa è andato storto.

E le colte parole ricche di spunti sociologici è praticamente sparita.

Immaginate la mia espressione furente.

Ero quasi decisa a abbandonare ogni scritto, perché incapace di creare altre meraviglie, o convinta che qualche divinità mi avesse mandato un messaggio “ sta recensione non s’ha da fare.

E stavo proprio per chiudere il PC.

Poi mi sono fermata.

Ho guardato fuori dalla finestra e mi sono chiesta cosa davvero volevo scrivere su questo libro.

E cosi sono rimasta in silenzio.

Ultimamente ho compreso come ogni mia lettura non fosse altro che un percorso assolutamente intimo e privato, che mi parlasse al cuore, che servisse non tanto per dimostrarvi quanto sono brava a scrivere, o colta, o addentrata nei campi della filosofia e della sociologia.

Ma era lo specchio necessario per guardare me stessa.

Io, che sto affrontando forse il momento più improntante della mia vita, quello più delicato, dove ogni mia sensazione, emozione e speranza viene messa alla prova dal tempo inclemente, che bussa alla mia porta.

E ho capito che non era quello il taglio da dare al mio scritto.

Che forse Dio mi aveva mandato un segno è vero, ma non di non scrivere, ma di entrare dentro me stessa, cosi come è costretta a fare la nostra Kit.

Anche lei come me ha un dolore atroce dentro, che brucia e urla.

Anche lei come me sente che la vita, cosi come l’ha definita fino a adesso è semplicemente scivolata via.

E il suo viaggio a Rosemont, non è altro che un percorso iniziatico necessario, quello che subisce a mio parare ogni donna.

Ognuna di noi viene sacrificata sull’altare di qualcosa.

Ognuna di noi scambia l’importanza con il costante logoramento della sua vera essenza.

Siamo nate come legame tra cielo e terra e pertanto a ogni cambiamento epocale, a ogni bisogno societario siamo la merce da barattare. Indossiamo vestiti eleganti, di un candore immacolato, per poter essere offerte in olocausto al demone di turno.

E a Rosemont qualcosa accade sapete?

Non c’è solo la maledizione.

C’è una comunità che perde inesorabilmente se stessa.

E’ per questo che la famiglai Starling è cosi venerata.

Dietro ogni sudditanza, infatti, miei amati lettori c’è sempre uno scambio.

Voi nutrite l’altro con la vostra energia, con i vostri sogni, con l’immagine che diventa il vostro carnefice.

E quel mondo che tenta di darsi via, incapace di contenere impulsi famelici, ha bisogno proprio di noi.

Possono essere amici dai ghigni vampireschi, o amanti che sono cosi vuoti dentro da doversi divorare.

Rosemont in fondo non è altro che il simbolo di ogni mondo che perde il legame con l’infinito.

Che perde se stessa in cerca di chissà quale soddisfazione personale egoistica.

Il legame con l’infinito è reciso.

Perché noi che siamo stati creati da una divinità benevole per prosperare, crescere, gioire e evolverci, in modo da far evolvere dio stesso, trasformiamo la gratitudine verso questo regalo n cupidigia.

Noi siamo al centro del modo.

Noi siamo i dominatori.

Noi.

Solo noi.

E se il patto si infrange, se il filo che ci tiene uniti in un affresco grandioso si lacera, cerchiamo la soluzione migliore per convincere quel dio a perdonarci.

E sapete cosa facciamo?

Sacrifichiamo qualcosa, qualcuno o una parte di noi stessi.

In una sorta di gloriosa orgia di dolore e sangue, spesso simbolico, ma non meno atroce.

Prendiamo donne, bambine, giovanette, le vestiamo eleganti e con candide vesti e le diamo in pasto a feroci zanne che iniziano piano piano a triturarle. Perché il legame si ristabilisca.

Amanti che ci divorano, mentre piangiamo lacrime silenti, in cambio di gioielli e vita meravigliosa.

Obiettivi fotografici che con il costante scatto rubano pezzetti di anima. Apparenza che ci relega in un angolo oscuro sole e prigioniere.

Eppure il segreto è cosi semplice.

Il sacrificio non è altro che fare, compiere il sacro.

Accorgersi cosi come fece il vecchio marinaio di Coleridge del sole che si infrange sull’acqua e crea colori splendenti.

E’ sentirsi vivi e immersi un un arazzo che ha bisogno di noi, per creare una figura indimenticabile e eterna.

Per noi invece il sacrifico è separazione e quindi dolore.

E la femminilità parte delle lacrime di dio, serve per evocare un apparente ordine che in cambio di una prigionia ci toglie l’essenza e ci rende simili a sacchi rami.

Ma come si può evitare il patto se abbiamo nel sangue il ricordo di milioni miliardi di altre donne, sorelle lontane che si sono immolate?

Rosemont è in fondo immagine speculativa di ogni regione dell’anima.

Che in un rito quasi orgiastico pretende e mai regala.

E cosi Kit diventa l’ennesima Kore che deve affondare le sua mani dentro la terra brulla.

Come si rompe la convinzione di questo orribile e inutile sacrifico?

La meravigliosa Amanda lo descrive.

Con un’eleganza indimenticabile e commovente.

Riuscendo a fare braccia dentro ognuna di noi.

Ecco questo libro, apparentemente denominato paranormal romance è invece il racconto necessario di un altra Kore che forse si è stufata di cadere nel buio e piangere dentro un oscura caverna perché noi possiamo gioire della primavera.

Forse è il momento che Kore dica no, e si ribelli e rende responsabile, ciascuno di noi, della propria vita.

E di una comunità che deve smettere di sperare che qualche dio risponda alle preghiere.

Perché spesso a rispondere non sono altro che demoni soli, che sognano di amate ma non sanno farlo.

Evocativo, forte e elegante.

Meraviglioso Starling è la lettura che non ti aspetti.

Ma di cui tu, io e tutti noi abbiamo bisogno.

“Il carosello delle curiosità” di Amiee Gibbs, Fazi. A cura di Alessandra Micheli

Chiudo gli occhi e li stringo, in questa notte densa come inchiostro.

Chiudo gli occhi perché se li apro le immagini andranno via.

E tornerò su questa terra, dove il mondo va avanti stancamente.

Dove la realtà viene spacciata persino per originalità.

Eppure siamo burattini pronti a ballare al ritmo di una mano che oscenamente ci fa danzare, scomposti e pietosi.

Anche chi come me cerca un briciolo di stranezza, di fantastico, si trova a dover accettare sogni di plastica, gente che millanta di essere il proprietario di un circo maestoso, con essere straordinari a danzarti accanto.

Ma trovi soltanto figure di cartone, spaventate dalla vita e decise a crearsi un mondo diverso per affrontare la delusione.

Noi che ci sentiamo alieni non cerchiamo assolutamente compensazioni.

Noi che nascondiamo qualcosa di unico che all’esterno viene definita deformità, cerchiamo soltanto la strada per tornare a sentirsi a casa.

Nascondiamo una coda di lupo, denti feroci come di orsi, lische scintillanti di arancio come quelle dei salmoni.

E un ghigno che ci fa assomigliare a strane bambole dallo sguardo feroce come quella di un coltello.

Io so come ci si sente a essere definiti strani persino dagli appartenenti dell’èlite del bizzarro.

So come ci si sente a vagare per le strade senza sentirsi mai a proprio agio.

E quanto lo sguardo fisso in un punto in lontananza, oltre l‘orizzonte, disperato alla ricerca di casa, venga scambiato per strano, per inquietante e minaccioso.

So cosa si prova a avere un cuore completamente fuori posto in questo reale.

Mentre gli altri hanno uno che pompa sangue e piastrine, tu dentro hai qualcosa che non batte, ma suona arie da carillon. Siamo coloro che stanno sulla linea dell’orizzonte, tra i materiale e l’Altrove.

Siamo i mostri, troppo diversi per questo mondo che ha un bisogno estremo di categorie.

Siamo troppo scomodi per chi l’invisibile vuole solo sfiorarlo, senza che distrugga la visione perfetta di una vita che passa il tempo a mostrarsi.

E nel mostrarsi perde di vista l’essenza.

Sogni e meraviglie oscure non sono per tutti, eppure tutti le cercano.

Le amano sempre a patto che non invadano la perfezione della tranquillità, finchè i colori non erano troppo forti e stridenti.

A patto che la notte non grondi mai gocce d’inciostro sui vestiti candidi e alla moda.

Vago per strada in cerca di un cielo amaranto.

Vago nella notte nella speranza che il signore dei Crocicchi mi appaia.

E non gli chiederei nessun desiderio.

Solo un abbraccio.

Soltanto un abbraccio.

E che dopo mi porti finalmente al posto chiamato casa.

Mi faccia sentire accolta, protetta, compresa e accettata.

Sogno che il carosello delle curiosità sosti nella mia grigia città.

Sogno che Harlequin mi sorrida, si tolga il cappello mostrando le sue aguzze corna ai lati della fronte.

E svanisca e riappaia accanto a me.

Mi stringa la mano per non lasciarmi mai più.

Perché il carosello non è soltanto un libro.

Non è soltanto il sogno che porta con se il nero rassicurante di una notte che non terrorizza ma coccola

E’ il desiderio profondo di chi l’Altrove vuole sentirlo dentro la propria vita.

Sentire che quelle dita oscure si avvincano all’anima solitaria come viticci di edera a una ringhiera arrugginita, dandole la bellezza che sente di aver perso.

In questa diversità che io avverto come familiare, si svela l’orrore di una vita che non può assolutamente sopportare di aver la magia davvero dentro di se.

La teme, perché la magia è lo specchio con cui possiamo finalmente vederci.

E se non si è sicuri di accettare che accanto all’armonia dei lineamenti di questa strana creatura chiamata uomo, conviva la deformità del difetto, allora lo specchio diventa nemico.

Il carosello delle curiosità diventa il male che scende immorale in strade rassegnate al degrado.

Diventa il tabù che non va mai nominato.

Il signore dei crocicchi non è più il volto addolcito della fine di un’esistenza come la conosciamo.

Diventa l’oppositore, l’avversario, quello che decide per gioco il crollo di ogni nostra flebile conquista.

In un mondo in cui la bontà non è altro che la maschera della crudeltà.

In un mondo in cui il perbenismo è il biglietto da visita giusto per entrare con ogni onore nel ricevimento brillante di lusso senz’anima, il carosello si pone davvero come nemico.

Nemico di tutto ciò che compiamo per cupidigia, per paura, per sentirci finalmente visibili a un mondo cieco e senza pietà.

L’uomo dei crocicchi è vero, realizza i desideri.

E il desiderio è l’arma più pericolosa che abbiamo.

Eppure…

Chi gli si avvicina, chi fissa con candore quegli occhi che sanno diventare pozze neri, ma anche pozze di colme di estrema compassione, chiede una sola cosa.

Una cosa strana, segreta, inconcepibile ai benpensanti.

Inconcepibile a chi ci ha fatto sentire la sua carità, a chi ci ha legato i polsi con le catene della carità.

A chi ci ha richiesto qualcosa in cambio, qualcosa che ci lacera e ci rende invisibile: la libertà.

I sogni.

La fantasia che colora di amaranto il mondo.

Ecco noi gli chiederemo una sola cosa all’uomo dei Crocicchi.

Sentirsi a casa.

Sentirsi meno ingombranti.

Sentirsi osservati con amore, nonostante le deformità.

Sentire il calore della vera accettazione senza baratti.

Ecco che a noi che in fondo chiediamo solo un sorriso anche se non recitiamo la parte che dovremmo, esso appare come il migliore dei maghi.

E io vago per le strade, cercandolo perché ho davvero bisogno di trovare il focolare in cui sostare per rompere il gelo del mio cuore.

Vago nella notte perché so, lo so dentro l’anima, che il carosello un giorno mi chiamerà a se.

E guadando dentro il mio petto, tirerà fori quel cuore fatto a carillon.

E non ne avrà paura, ma lo aggiusterà affinche non smetta mia di suonare quella oscura, rassicurante nenia.

Ecco il carosello che annuncia la sua venuta.

Abbiate il coraggio non di cercarlo come se fosse soltanto un istante in cui poter toccare l’Altrove, senza che l’Altrove tocchi voi.

Fate in modo che invece vi invada.

Lasciate ogni desiderio e non firmate il foglio dall’arcana scrittura.
Guardate L’uomo dei crocicchi negli occhi e chiedetegli soltanto di essere accolti.

Lo farà.

E la vita e l’intero universo sarà completamente diverso da quello in cui stancamente sostate.

Sarà colori, fuoco, bellezza, miracolo e bizzarro.

Ma sarà completamente vostro.

Siamo quelli che restano

In piedi e barcollano su tacchi che ballano

E gli occhiali li perdono e sulle autostrade

Così belle le vite che sfrecciano

E vai e vai che presto i giorni si allungano

E avremo sogni come fari

Avremo gli occhi vigili e attenti e selvatici e selvatici, selvatici

Siamo quelli che guardano una precisa stella in mezzo a milioni

Quelli che di notte luci spente e finestre chiuse

Non se ne vanno da sotto I portoni

Quelli che anche voi chissà quante volte

Ci avete preso per dei coglioni

Ma quando siete stanchi e senza neanche una voglia

Siamo noi quei pazzi che venite a cercare

De Gregori

***

Dedicata a voi

compagne di meraviglie e follie.

La vostra bellezza è in quegli occhi senza tempo, ridenti e pieni di dolore

Sei tu il mio uomo dei Crocicchi Barbara.

Sei tu la mia Casa Giulia

Siete voi che avete avuto la capacità di riparare gli ingranaggi rotti di un cuore.

“L’Ottavo Mondo” di Rossana Balduzzi, Diarkos editore. A cura di Alessandra Micheli

Non pensavo che lo avrei mai detto.

Ma gli anni passano cosi veloci, come fulmini in un cielo abbastanza sereno, immobile quasi scontato.

Poi una mattina ti svegli e il cielo è completamente diverso.

Ci sono nuvole che sostano pigre.

Sprazzi di azzurro che non avevi mai notato prima.

E allo specchio trovi rughe sul volto e sorrisi stanchi di chi troppo ha visto e chi troppo ha vissuto.

Anni che pesano sulle spalle con i loro carico di emozioni e esperienze, tutte dentro il tuo zaino che improvvisamente diventa pesante.

E’ la vita che passa e che all’improvviso si fa sentire, decisa a non parlare più con voce sommessa, con voce pacata.

E cosi davanti a un universo mortale che decide di non cambiare mai, questa mutazione ti fa sentire un alieno, vecchio di cent’anni, depositario di un sapere che la modernità rosicchia piano piano.

Ecco che ci siamo noi e gli altri, quelli che il tempo pensano ancora di poterlo gabbare, che considerano la storia soltanto un attimo do noi che si inframezza delle possibilità da raccogliere con mano aperta e fiduciosa.

E mentre i tuoi occhi vedono altrove, il resto si crogiola nella sua pigrizia, in quel costante non vedere e organizzare il mondo secondo le proprie prospettive limitate. Forse questo libro che appare il solito mistery forse racconta qualcosa di veramente simile a quell’anima che non sonnecchia più, ma diventa piano piano consapevole. L’ottavo mondo è quello del buio, della notte che proietta sulla caverna strane e inquietanti ombre.

La notte dell’oblio umano e divino.

La notte che ci fa dormire, inconsapevoli della bellezza e della meraviglia del reale.

E chi vive in quell’oscurità se all’improvviso si trova catapultato nel mondo dei colori, impara a amarlo sempre di più.

Impara a non poterne fare a meno.

Brama tutto lo spettacolo per se.

Non si rende conto che questo piano d’esistenza è bello perché il colore è fatto di un insieme di pigmenti.

Non si rende conto che il cielo è immenso perché creato da minuscole particelle.

Ne che il mare in cui ci perdiamo con lo sguardo è formato da mille gocce diverse.

Chi si trova a beneficiare di tanti doni, o diventa Santo o peccatore. Il santo si riconosce quale infinitesimale parte del tutto.

Il peccatore si sente dominatore del tutto, perché capace di vederlo e bramarlo.

Ecco che la ricerca del passato non equivale soltanto a definire il futuro.

Ma a comprendere l’errore del passato.

Misteri che si rivelano durante la ricerca hanno troppo e tutto a che fare con l‘essenza stessa della vita.

Non importa che tipo di entità noi rappresentiamo.

Importano le scelte.

Importa come ci raccontiamo.

Importa come accogliamo un mondo che non è possesso di nessuno.

E’ soltanto un’anticamera da cui poi arrivare al centro dell’immensità.

Raccolti da un essenza a cui noi stessi apparteniamo.

Ecco che l’ottavo mondo è molto di più che una bella avventura che si dipana nei secoli e che rende reale l’impossibile.

È la parabola dell’uomo, che da élite deve sentirsi semplicemente parte di un progetto nato dalla lacrima di dio.

Che deve diventare semplicemente goccia.

Smettere di bramare.

Smettere di divorare.

Smettere di nascondersi.

E imparare a amare.

Perché se qualcuno ci ha fatto arrivare in questo quadro fatto di città dai grattaceli altissimi, fino a sfiorare il cielo, di boschi ombrosi, di laghi cristallini, lo ha fatto perché innamorato.

Non solo di noi, ma della vita stessa.

Iniziato come un thriller mozzafiato, permeato di oscurità e orribili segreti, il libro di Rossana diventa, nello scorrere della lettura il racconto migliore della discesa o dell’ascesa umana.

Nel mito ritroviamo semplicemente archetipi che possono parlare all’essenza della nostra più profonda umanità, facendo della parola non soltanto bellezza ma persino monito.

Non so chi ha creato il mondo ma so che era innamorato

Alfa

Le cronache di Benjamin Owen (la profezia dell’oracolo), Nathan J. Walker, Lifebook. A cura di Barbara Anderson

Mi sono svegliata all’ improvviso, la notte era lì che cercava di fuggire dalle luci dell’aurora che con forza si stava già imponendo sulle oscurità di un cielo stranamente privo di nuvole e di stelle.

Sembrava per un attimo che qualcuno le avesse spente.

Il vento era immobile, così come immobile era il mio corpo, inseguito solo da mille pensieri.

In quel momento ho desiderato essere altrove o che la mia realtà fosse qualcosa di diverso, di straordinario, di magico, di incredibilmente epico.

Ogni volta che la mia mente decide di affrontare un viaggio versol’altroveriesco ad aggrappare i miei pensieri alla mia fantasia, altre volte sono un po’ più pigra e allora mi affido alla fantasia di un autore, di colui che è capace di utilizzare una penna come se fosse una bacchetta magica, capace di gettare un incantesimo sul lettore.

Così in quel buio di una stanza oscura sorge prima dell’aurora la luce del mio lettore digitale e da quel momento tutto intorno a me sparisce: il silenzio, il caos della vita, le responsabilità, tutto viene lasciato fuori mentre io salto in quel luogo fatto di cose belle, di storie scritte con passione, in un altrove che diventa per qualche ora la mia casa, la mia vita e un po’ anche la mia storia.

E pouf… in una nuvola di polvere azzurra tutto inizia a crearsi, a costruirsi sotto i miei occhi. Un world building che si plasma come fosse polvere, sabbia e creta davanti ai miei occhi, si innalzano paesaggi, panorami, si iniziano a percepire i profumi del bosco, del fuoco, della vita, si sentono venti di tempesta, di guerra e di emozioni.

Qui la mia immaginazione sembra un cavallo selvaggio che era stato rinchiuso e che ora è di nuovo libero di correre nella sua prateria.

Quel senso di libertà e di avventura fantastica che ti fa sorridere e tremare dalla felicità.

Il Continente è popolato da creature fantastiche, è diverso dal mondo reale, eppure in molti aspetti sembra integrarsi,è come se realtà e fantasia non avessero più confini, tutto unito e legato come se fosse l’infinita bellezza dell’esistenza e del suo fantastico.

I personaggi sembrano quasi ologrammi che ci appaiono davanti all’improvviso e che iniziano a muoversi diventando reali davanti ai nostri occhi. 

Benjamin è un ragazzo semplice ma anche intrepido, dal cuore grande e dalla testa capace di elargire pensieri e ragionamenti complessi, rimasto orfano in tenera età. E vive in una piccola casa nella foresta insieme a colui che lo ha allevato ed educato, Adenet, un amico di famiglia che lo ha sempre protetto lasciandogli insegnamenti di vita; un archeologo che ha insegnato a Ben l’importanza di cavarsela sempre da soli. L’intraprendenza, il coraggio e la forza.

Benjamin impara presto a fare affidamento su se stesso e sul suo cucciolo di drago Bolla che ricorda così tanto i draghi che mi raggiungevano nei miei sogni di bambina, impacciati, curiosi, un po’ goffi, ancora acerbi nell’uso del fuoco e delle fiamme.

Draghi che poi diventeranno compagni degli eroi dei nostri sogni più incantati e belli.

Le creature del Continente vengono introdotte al lettore in maniera avvincente, è come se ogni personaggio fosse nella vita reale un’emozione, è come se l’autore avesse proiettato parte della sua essenza in ognuno di loro e i lettori riescono in qualche modo a identificarvisi seppure sono creature così diverse, così straordinarie.

Le debolezze dei personaggi sono le fondamenta su cui nasce la forza di ognuno di loro. 

Le qualità individuali risiedono proprio nelle sfumature delle nostre emozioni, delle nostre paure e dei nostri desideri.

Rimasto solo mentre Adenet si era allontanato per un viaggio di studi archeologici pur avendo lasciato una protezione magica intorno alla dimora dove viveva con Benjamin, qualcosa sembra essere stata capace di superare quello scudo protettivo, capace di incendiare quel luogo che per Benjamin rappresentava la sua casa.

Tre ombre, tre creature che sembrano cavalli di fuoco che poi si trasformano in statue di pietra introdurranno Benjamin all’inizio di una nuova affascinante avventura e io sono lì con lui, accanto a lui, dentro ogni sua emozione. 

Dalla rabbia, dalla vendetta, alla paura, alla voglia di scoprire la verità, alla voglia di ritrovare il modo per ricostruire soprattutto se stesso.

Il narratore ci racconta le avventure di Benjamin e dei suoi compagni di viaggio e lo fa nello stesso modo in cui una mamma racconta le favole della buonanotte ai suoi bambini, ci legge la storia narrando di epiche avventure e di eroici protagonisti che faranno della nostra fantasia la loro casa e il loro regno.

Incontriamo i Criptidi, creature intriganti ma anche violente che popolano ogni angolo del pianeta ormai dall’origine del primo uomo sulle sue terre, ci sono i Vorsor cacciatori di frodo che cercano di catturare i Criptidi illegalmente per venderli al mercato nero.

In questa storia il corpo, la mente e lo spirito entrano in connessione, una connessione essenziale verso la verità, poiché è nel mezzo tra fantasia e realtà che la verità sempre risiede.

Benjamin dal momento dell’incendio aprirà le porte alla conoscenza, inizierà a cercare le risposte, a scoprire segreti, inganni. Un taccuino, una mappa e inizia un viaggio fantastico, lui guarda le stelle, immagina perfino di giocarci di afferrarle, di osservarle ballare come ancelle della luna avvolte di luce magica. 

E visiteremo terre meravigliose del Continente incontrando Criptidi principesse e cavalieri, vedremo Castelli e terremo tra le mani una spilla a forma di libellula.

Insieme a Benjamin e ai personaggi che incontrerà sulla sua strada ci imbatteremo nelle tre tipologie di amore:

L’amore passionale, quello che fa battere il cuore che ci infiamma da dentro l’anima e il cuore, quell’amore che sa di delirio e di follia come l’amore di Victor e di Ysabel

L’amore romantico, quello che sa di sogni e di poesie, che sa di rose e di candele, di promesse sussurrate, di sorrisi, di gesti delicati e di parole gentili, di risate e di complicità; come l’amore di Edzar.

L’amore profondo che sa di tempo e di fatica che è destinato a durare nel tempo, che resiste alle tempeste della vita, sa di rispetto e comprensione, di pazienza e di perdono, di sacrificio e dedizione, quello che sa di famiglia e di amicizia.

E poi il mio di amore, quello di chi subisce la fascinazione della lettura e delle sue storie, che si lascia trasportare senza paura dentro mondi inesplorati e oscuri.

Seguendo Benjamin impariamo che l’esistenza di ogni individuo ha un effetto, un impatto sulla vita degli altri, di come un’azione, un gesto, anche una bugia può influenzare il mondo intero.

Benjamin è dotato dell’arte della deduzione, ogni personaggio mi appare come la proiezione di un’emozione e l’autore di questo romanzo non è solo colui che narra la sua storia, ma è un custode, il custode del Continente e delle emozioni.

In questo romanzo Epico il linguaggio è semplice e delicato: ci sono forze minacciose, ataviche, creature fantastiche, elementi magici, eroi che nemmeno sanno di esserlo, che si avventurano in un mondo spettacolare e bello dove le storie sono più grandi perfino della vita, piene dell’incanto e delle esaltate virtù umane.

Alzo gli occhi staccandoli dal libro e volto lo sguardo alla mia finestra:

Quattro stelle brillano,

due di luce e due di fiamma, 

il male verrà sconfitto

e sorgerà la Grande Alba.

Siete pronti a scoprire la Profezia dell’oracolo?