“Non si scappa dall’amore” di Melanie Harlow, Newton Compton. A cura di Alessandra Micheli

Una cosa mi ha subito colpito del libro: il titolo.

Non si scappa dall’amore.

Cos’è?

Una constatazione o una minaccia?

E perché mai, io donna che ha elucubrato teorie su teorie sulla libertà personale, sull’importanza di essere salda con se stessa, dovrei trovare qualcuno a ogni costo?

E cosi quel titolone, nero su bianco, un po’ fastidio mi dava. Dobbiamo davvero esistere solo innamorandoci?

E perché mai il nostro deve essere un lieto fine colorato di confetti?

E cosi ho riflettuto.

Possibile mai che alla soglia del ventiduesimo secolo dobbiamo ancora far combaciare la dualità di uomo e donna che si incontrano si amano e via con i petali in studio?

E cosi mi sono messa a leggere, convinta di poter “stroncare” la teoria esposta dall’autrice.

Ma ho fallito.

E mai fallimento è stato più bello di questo mio.

Perché ragazzi non si scappa davvero dall’amore.

Ma vedete non è l’amore che conoscete voi.

Quello fatto di sospiri e baci, di incontri e incastri.

Della necessita di una donna di trovare qualcuno da cui dipendere. Non si scappa dall’amore sapete perché?

Perché questo sentimento declamato, vilipeso, ammutolito e denigrato non è altro che crescita.

Eh si.

Mi sono sempre chiesta quale fosse la forza che muoveva il mondo. Quella che rese muto il nostro Dante.

Quella capace di creare cielo e terra, uomini e angeli.

Quella che ci fa rialzare dopo una caduta.

Che ci permette persino di sconfiggere la morte.

E’ l’amore.

E chi ama, ama davvero e non soltanto sbava perché vede in un ammasso di ossa e muscoli il perno su cui ruoterà la sua vita, comprende di avere davanti l’opportunità delle opportunità.

Quella che gli permetterà di usare in modo proficuo la rabbia per essere da sempre portatrice di definizioni che non la raccontano ma la limitano.

Quella che le farà rompere il muro che la separa dal mondo, che con dita acuminate toglierà strato per strato quell’orribile maschera che ci consegnano quando nasciamo.

Che ci si incolla sulla pelle fino a diventaste una parte di noi, quella che spesso impedisce la corsa verso l’orizzonte, perché appesantisce lo zaino.

Non si scappa dall’amore, quello che ti costringe a vederti rispecchiata in una polla d’acqua limpida, fino a vedere le rughe di sofferenza, le cicatrici e a diventarne orgogliosa.

Di averle perché questo ti ha reso ciò che sei.

Non si scappa da chi ti fa crescere.

Perché l’amore, l’amore vero è crescita.

E cosi la nostra adorata Veronica sfugge a una vita patinata, finta, con troppe luci artificiali e poca autenticità.

E tramite occhi intensi torna..se stessa.

Recupera i sogni.

Recupera i pezzi sparsi di un identità avvilita dalla costante pressione sociale fatta di aspettative e modelli.

Ama.

Ma prima di amare l’altro, inizia a mare se stessa.

Anche se l’incontro la ferisce perché non è che l’amore mostra soltanto la tua parte migliore.

Nossignori.

Mostra tutto di noi.

Il bello e il brutto, la pioggia e il sole.

Amare significa tornare prima di tutto integri per poter diventare tasselli di uno splendido mosaico chiamato vita.

Allora ho capito che, dal sentimento dei sentimenti non si scappa.

Non puoi scappare se a dio hai semplicemente chiesto stammi vicino.

Aiutami a accettare ciò che non posso cambiare e a cambiare ciò che posso.

E allora dio dallo sguardo luminoso ci manda qualcuno.

Qualcuno che infrange ogni schema.

Che distrugge ogni certezza.

Che sfalda ogni maschera.

E che ci fa sentire meravigliosamente liberi.

E allora no, non scappate ne dall’amore, ne da voi stessi.

Permettete all’energia che move il sole e le alte stelle, di scostare veli e di scavalcare muri.

Permettetegli di macinarvi come grano per creare con la vostra anima il pane per il convitto degli Dei.

E allora troverete voi stessi.

Nati per cambiare.

Nati per nutrire con quel sentimento il mondo in cui vi muovete e interagire.

E che non sarà mai più apparenza.

Ma sostanza fatta di sogni e luce.

Non scappate mai, mai, dall’amore.

Anche se vi spaventa perché è una burrasca.

Ma la burrasca beh non vi fa nulla, se imparata a danzare con lei.

Salgo sopra questo palco per giocare con la vita

Ma se mi si spezza il fiato, se poi spezzo la matita?

Più in basso è il punto di partenza, più alta è la salita

Ma spero che il panorama valga tutta ‘sta fatica

Non so che cos’è l’amore, ma a volte lo percepisco

In un tramonto, uno sguardo, un disco

E se mi guardo attorno penso che son fortunato

Non so chi ha creato il mondo, ma so che era innamorato

***

Per te folletto Rosso

che hai ancora paura a danzare nella burrasca.

Per te

romana emigrata che nonostante avessi ferite e paure, lo hai accolto l’amore nella tua vita.

E per te bizzarro fratello irlandese che dimostri a tutti che significa davvero essere un uomo.
.

e per te, che da lassù sorridi e mi illumini con la tua luce.

“La custode dei libri antichi dimenticati” di Barbara Davis, Newton Compton. A cura di Sisi


I libri.
Unica certezza quando tutto sembra andare per il verso sbagliato.
Unico modo per evadere dalla realtà circostante.
Unico modo per vivere mille vite.
I libri non ci abbandoneranno mai. Ci permettono di sognare. Ci permettono di tornare bambini, sperando nell’arrivo di un principe azzurro o qualcuno che ci salvi. Ci permettono di crescere, di immedesimarsi in più punti di vista e conoscere persone uguali o diverse da noi.

La custode dei libri dimenticati, uscito il 26 marzo per Newton Compton di Barbara Davis è una storia di rivalsa, di rinascita, una storia che ognuno deve leggere almeno una volta nella vita. Una storia che dimostra quanto a volte nei libri ci siamo molto di più di quello che pensiamo. Un libro in cui passato e presente su mischiano, un libro che ti prende fin da subito e mette tanta curiosità.

Ashlyn Greer, una collezionista di libri rari, possiede un dono unico: riesce a percepire l’eco delle emozioni dei vecchi proprietari dei volumi. Quando scopre due testi gemelli, apparentemente mai pubblicati, la loro storia diventa un’ossessione per lei. Le dediche nei libri sono una sorta di accusa, e gli autori, Hemi e Belle, narrano versioni discordanti della stessa tragica storia d’amore. Senza sapere come quei libri siano giunti fino a lei, Ashlyn si immerge in un mistero letterario che risale a decenni prima. Più si avvicina al finale, più si rende conto che la vicenda di Hemi e Belle la coinvolge a un livello viscerale. E se quei capitoli scritti in un lontano passato potessero cambiare il suo presente per sempre?

Ashlyn è un personaggio tutto da scoprire e alla fine tutti avremo voluto avere il suo potere. Per di più la storia tra Hemi e Belle, coinvolge anche il lettore. Io avrei voluto entrare nel libro per aiutare la nostra protagonista a scoprire tutto ciò che c’era sotto.

Perché questa è una storia di mistero, ma anche di amore, di elementi magici e tutti da scoprire. Perché Hemi e Belle sono la dimostrazione di quanto l’amore possa essere forte, di quanto ch possano essere più versioni della stessa storia ma allo stesso tempo di quanto a volte bisogna mettere da parte i rancori. Perché questa è una storia di conoscenza, di rivalsa, una storia, anzi due storie di vita.
Questo romanzo, con la sua capacità di raccontare due storie struggenti e interconnesse, è altamente consigliato per gli amanti della narrativa storica. Ed è assolutamente da leggere

“Aspettando Lei” di Antonello Iovane – emozioni tra le parole. A cura di Giulia Previtali e Ilaria Cattaneo

Dopo aver posato momentaneamente la penna gialla, è il turno di afferrare la penna rosa, rossa, in un viaggio personale, di riflessione, di ricerca.

Un viaggio emotivo.
Antonello Iovane ritorna con Aspettando Lei.

Le avventure di Leonardo Manfredi, ricche di forti emozioni, attraverso un viaggio intimo e personale alla ricerca del suo posto nel mondo.
Dai sorrisi al pianto, dalle delusioni all’amore, in un vortice di eventi che metteranno il protagonista davanti a una serie di scelte: decisioni cruciali per trovare un impiego, scoprire il volto della sua compagna di vita e, forse, realizzare un sogno.

Antonello Iovane, classe 1978, nasce e vive a Lamezia Terme. Laureato in Scienze politiche, si afferma nel mondo culturale calabrese, dove coltiva la passione per la scrittura attraverso numerose collaborazioni con giornali e siti di informazione. Ha pubblicato la raccolta di racconti “Zefiro in Ovest” e il romanzo giallo dal titolo “È giunta l’ora”.
“Aspettando lei” è il suo secondo romanzo.

All’orizzonte vedo una coppia di anziani che passeggiano tenendosi per mano. Dopo tanti anni passati insieme, il tempo non ha scal- fito la loro voglia di camminare mano nella mano. L’invidia verso quell’amore è tale che non riesco più a guardarli.

La delicatezza con cui Antonello racconta questo viaggio mi commuove e non può lasciare il lettore indifferente. Perché tutti noi abbiamo bisogno di una carezza del cuore in un mondo egoico, egoista che non si occupa più dell’altro.
Questi libri servono, perché siamo chiusi nella nostra crisalide dell’ipocrisia sociale della società contemporanea.
Noi che non ci ricordiamo di essere isole, ma le isole sono bagnate dal mare, che può essere visto come il mare dell’amore.

Le parole del Piccolo Principe riecheggiano nella mia mente, sono come un macigno che blocca la mia corsa. Poggio le mani sulle ginocchia, piegato in due cerco di recuperare il fiato. Sono un folle, o forse è giunto il momento di darmi un’altra opportunità. Mi butto sdraiato sulla sabbia. Guardo il cielo e le nuvole che scorrono lente nell’azzurro. Devo smetterla di dare importanza a chi non ha alcun pensiero per me invece di cercare chi mostra anche un piccolo interesse nei miei confronti. Forse è arrivato il momento di dare a me stesso la possibilità di essere finalmente felice.

L’autore prende per mano il lettore e lo accompagna verso la scoperta di sé, perché in Leonardo c’è un po’ di tutti noi.

Una buona lettura. Da recuperare.

Giulia & Ilaria

“Il bacio” di Simonetta Caminiti, Le trame di Circe editore. A cura di Alessandra Micheli

Ah, guarda tutte le persone che sono sole

Eleanor Rigby raccoglie il riso nella chiesa dove c’è stato un matrimonio

Vive in un sogno

Aspetta alla finestra

indossando la faccia che conserva in una brocca vicino alla porta

Per chi è?

Tutte le persone che sono sole

Da dove vengono tutte?

Tutte le persone che sono sole

A che terra appartengono tutte?

Ecco la canzone che apre le porte segrete del libro “il bacio”.
Un libro sicuramente catalogabile nella migliore narrativa di formazione, ma che per molti di noi, ha un dono in più.
Ed è quello di una generazione diversa, sospesa tra opportunità e paura, tra meravigliosa curiosità e un senso quasi latente di perdita, quella che verrà sancita durante il primo decennio del duemila.
Il duemila, il millennium bug, l’apoteosi della tecnologia che danzava suadente di fronte noi, che ci apprestavamo a mollare anni troppo difficili, sospesi e quasi privi di identità.
Anni di frutti da cogliere, di potenzialità inespresse ma vittime di una solitudine perniciosa che ancor oggi ci accompagna.
Ci lasciammo dietro gli anni del mondo che sembrava risorgere e al tempo stesso decadere, gli anni della crisi economica dell’imponente Giappone, gli anni della presidenza di Mandela, della riunificazione della Germania ma anche delle atrocità di una guerra che ci ha lasciato l’amaro in bocca, spiazzati, delusi sempre più fragili.
Ecco una generazione che impara presto il valore dell’apparenza, di un internet che sostituirà le incertezze con la sua cacofonia di anonimi sorrisi.
Siamo noi, lacerati dalle guerre e sì soli, sempre più soli di fronte a un mondo che diventava per nulla pacifico ma mostrava, come nei tempi passati, tutta la sua ferocia e la sua inumanità.
E così ci preparammo all’arrivo del millennio, pieni di dubbi e forse ancora di sogni, sogni bruciati da un alba troppo radiosa di illusioni per poter sopportare il peso di una vita.
E così Diana e il suo dolce bacio, più sognato che reale, diviene l’emblema di tutte le adolescenti che vivevano una profonda vita interiore come ancora in un mare in tempesta.
Che avevano bisogno di creatività, di passione e perché no di un tocco di elegante trasgressione.
Un’adolescenza che è mirabilmente rappresentata in questo quadro dalla tinte poetiche e al tempo stesso nostalgiche, una ragazza che cerca di diventare donna, senza però perdere di vista la sua interiorità così speciale, quasi esaltata dal confronto con la più “conforme” sorella.
Diana che si sente diversa, Diana nel suo mondo totalmente personale, Diana nel suo guscio, Diana che scopre i sentimenti, anche quelli più particolari, attraverso le emozioni di un libro, e che riversa ogni sua aspirazione segreta nel verso e nella parola.
Diana che come Eleonor dei Beatles, in fondo vive in un sogno e aspetta qualcosa alla finestra mentre la vita passa veloce, e la chiama.

Ma lei non riesce proprio a rispondere a diventare un’adolescente addomesticata. Diana che in fondo è molto meno sola di chi abbandona le proprie fantasie per accontentarsi.
Diana che forse rinuncia al suo essere femmina per conquistare il suo essere donna, anche se fuori dagli schemi. Diana che in quel bacio racchiuse il suo ricordo migliore, un bacio che è qualcosa di molto più profondo di un incontro di labbra.
Per lei è un modo per passeggiare tra le emozioni e sono loro, più dell’atto fisico a renderlo speciale.
Diana, così simile a me, così decisa a non affrontare quel millennio omologandosi.
E forse capace, più di me, di accettare di non essere di questo mondo.
Laddove i sogni restano totalmente puri, la sofferenza una stoica capacità di piegarsi al vento forte di un irrealtà chiamata vita, l’erotismo una sensazione così pura da non poter essere intaccata dalla banalità del reale.
Diana con una sensibilità così spiccata, lirica e eterea, da rappresentare, in fondo, la parte perduta di ognuna di noi, quella che da adolescente aveva grandi illusioni, grandi progetti e si sentiva libera di volare come l’albatros baudelairiano, ma costretta a zampettare goffa per il ludico piacere di marinai senza poesia.

“Un quarto di luna”, di Lorena Maria Teresa Milano, PAV edizioni. A cura di Jessica Dichiara

I ricordi bruciano la punta del cuore. La passione che finisce per trasformarsi in un semplice accordo tra le parti è il peggior spauracchio per ogni matrimonio.

Il nostro bisogno di essere visti dall’altro, rassicurati, riconosciuti si scontra con l’apparenza da mantenere e il desiderio di non fallire.

Ma siamo esseri umani, siamo programmati per provare sentimenti che ci tengono svegli, ci rendono insicuri, ci travolgono, ci condizionano, ci rendono imperfetti e vivi. Non possiamo evitarle le emozioni. Il viso, la pelle, gli occhi ci tradiscono.

In questo breve romanzo c’è la storia di una donna e dei suoi sentimenti, delle sue scelte, dei suoi momenti felici e di quelli bui.

La storia di una madre che sorregge la figlia in preda a un attacco di panico, di una disperazione e di una sofferenza potenti e inumane, della paura e del panico impossibile da gestire e dominare che ci fa apparire fragili e indifesi.

La storia di Paola, dei suoi sensi di colpa, del suo mettersi in discussione, dell’impotenza davanti alla propria cecità che non le ha permesso di vedere, di andare oltre, di prevenire, di leggere la realtà con tutto il suo carico di incongruenze e di cattiveria.

Le parole in questo romanzo hanno un enorme peso. Fanno accadere le cose, le rendono vere, le fanno materializzare accanto ai nostri occhi sottoforma di mostri a tre teste. Ci fanno capire che spesso i figli leggono i nostri silenzi, i nostri spazi vuoti e li interpretano.

Non sono spettatori assenti ma sono protagonisti dei nostri drammi e ne subiscono le conseguenze, scelgono di resistere o di ribellarsi ma non saranno mai indifferenti difronte ai problemi che coinvolgono i propri genitori.

Paola fa un viaggio nella sua stessa vita, un viaggio non lineare che si dipana tra un passato e l’altro, tra un ricordo e un frammento dimenticato e nascosto in un angolo del suo cuore provato dalla vita e dalle prove che le ha presentato.

Questo viaggio diventa un diario intimo, una finestra socchiusa da cui scivolano i ricordi portati via come una scritta sulla sabbia viene portata via dall’acqua.

L’animo quando si lacera brucia, e permane nel tempo quella sensazione di ustione che si risveglia ogni volta che la mente torna nell’angolo in cui riposa il dolore. Esatto ho detto riposa, perché il dolore non scompare con il tempo.

Il tempo cura

Quante volte abbiamo sentito questa frase?

Non è vero. Il tempo non cura un bel niente. Il tempo nasconde, coccola, addormenta, calma, ma non cura. Non si è più quelli di prima perché il dolore ci segna in maniera indelebile.

Altro punto chiave di questo romanzo è l’età. Avrei voluto quasi non parlarne in realtà perché non considero l’età come un fattore determinante soprattutto quando si parla di sentimenti, ma mi piace sottolineare il fatto che finalmente in un romanzo ho trovato una possibilità vera data a una persona non più giovane.

Spesso lo si fa in maniera finta, quasi fosse una sorta di zuccherino. Questa volta invece l’ho sentito proprio quell’amore maturo e quella passione consapevole di cui non sapevo di avere bisogno.

Sono veramente felice di aver dato una possibilità a queste pagine perché mi hanno lasciato la speranza e la consapevolezza che non possiamo prevedere la direzione in cui andrà la nostra storia ma possiamo soltanto provare a trarre il meglio da tutte le situazioni che ci si presentano.

Paola e il suo quarto di luna è una storia come tante, uguale e diversa a tante altre storie che parlano di vita vera e di quella speranza di felicità destinata solo all’uomo. Di un amore che non basta mai pur riuscendo a riempire l’eternità con uno sguardo.

La poetica romantica di Teresa di Gaetano. Tra presente e passato. A cura di Alessandra Micheli

Teresa di Gaetano dimostra, ancora una volta una straordinaria capacità di spaziare tra generi diversi e differenti, dote rara poiché spesso gli autori si fossilizzano su un genere a scapito della sperimentazione stilistica.

Come ben saprete miei lettori, considero il genere la pietra d’angolo necessaria a innalzare i diversi e cangianti edifici letterari.

È il progetto che deve guidare poi la costrizione di edifici che possano assolvere a ogni funzione specifica che riguarda sopratutto l’anima umana. Devono ossia innalzare lo spirito, renderci edotti sui misteri dell’umanità, divertirci o farci riflettere.

Sono cattedrali, parchi, biblioteche, scuole o semplicemente case comoda a cui tornare dopo giornate difficili e impegnative.

Quindi come ben sapete per me è fondamentale che il libro spazi e sopratutto che sia guidato da questa mamma che ovviamente si dirama in diverse direzioni.

Nel caso dei fantasy la Di Gaetano ha dimostrato di avere una sua peculiare poetica, ossia ha in mente canoni precisi, ed è capace di seguirli seppur innovandoli con i temi cari alla nostra contemporaneità.

Nel caso del rosa storico qua si avverte un cambiamento ancor più interessante che restituisce la storia d’amore ai tempi passati, quando essa si confondeva con un romanticismo completamente differente, di stampo ottocentesco che spesso confluiva e si intersecava con il sentimentalismo e con atmosfere gotiche.

Prendete ad esempio il sempiterno Cime tempestose.

Esiste una storia d’amore è vero.

Ma tormentata, claustrofobica e soprattutto non sempre a lieto fine.

Questo perché amore e morte, amore e sofferenza, sono parti indissolubili di un sentimento cosi onnicomprensivo e variopinto che non può essere raccontato se non onorando ogni sfumatura.

Nella trilogia dei conto di Barrow lontano da noi composta da rimani qui con me, pezzi di noi e amate ombre, ma ancor più in in un lungo inverno e in qualunque parte di noi, si avverte questo straordinario richiamo alle origini. Sono si storie d’amore ma appartenenti a un settore del romanticismo vicino e contingente a quello dei grandi autori del passato come se la nostra adorabile autrice fosse stata allattata a pane e poesia stillando a sua volta pezzi indiscussi di un romanticismo a cui, purtroppo non siamo avvezzi.

Le atmosfere sono rigogliose ma sofferenti, ed è la parte più emozionante, di una tensione emotiva che oserei definite gotica: non sempre luce ma sopratutto ombre, ombre dovute non soltanto dall’epoca in cui esse sono ambientate, quanto dalla necessità di raccontare davvero cosa si cela dentro di noi, in quei cassetti dimenticati in cui spesso è l’ombra, la parte meno nobile dell’uomo a essere rinchiusa.

Sono perciò libri ansiogeni?

No miei lettori.

Sono libri dotati di un romanticismo inconsueto, fatto di sospiri e di passioni spesso esacerbaste dall’impossibilità di viverle.

Di moti dell’animo decisi a oltrepassare le claustrofobiche barriere del se sociale ma costrette a non potersi manifestare mai se non con conseguenze a volte oscure.

E’ il caso di amate ombre, senza dubbio uno dei miei preferiti, laddove amore e vendetta cantano una canzone a tratti armonica e melodiosa e a tratti stridenti.

Altro punto interessante della sua poetica è senza dubbio l’evanescenza dell’epoca descritta.

Come se la storia stessa fosse parte non di un preciso momento storico, con le sue conseguenze sociali, ma fosse semplicemente una fotografia di un preciso istante della vita, quando ci troviamo di fronte alle scelte, quando le stesse sono funestate dai pregiudizi, quando la strada è interrotta da tanti, troppi ostacoli.

I libri della Di Gaetano sono romantici ma al tempo stesso vanno oltre il romanticismo.

Hanno una consistenza leggiadre a greve al tempo stesso.

Sono luminosi e oscuri.

E pertanto questa loro indefinitezza li rendono affascinanti, seducenti e pertanto indimenticabili.

Sono letture semplice e al tempo stesso complesse, sono pezzi di innovazione e al tempo stesso appartengono all’essenza stessa di quella letteratura romantica oggi deprivata della loro tetra grazia.

E mentre noi leggiamo una lacrima sicuramente bagnerà la pregiate pagine e forse anche il cielo stesso sembrerà piangere con noi.

La bambina che voleva amare di Adele Oriana Orlando, Land Editore. A cura di Ilaria Grossi

“Per molti anni ho creduto di essere nata solo per soffrire.Ogni qualvolta gioivo per un successo, c’è sempre una delusione dietro l’angolo ad aspettarmi e la voce ferma di mia madre che mi ricordava di non essere troppo felice, tanto le cose andranno male”

Alice è una piccola farfalla che sin dalla nascita, cerca di proteggere il suo bozzolo dall’indifferenza, l’umiliazione e le continue offese della mamma.
Sì, è così innaturale, la mamma è la persona che più ti ama al mondo, un faro sempre acceso, la coperta che ti scalda negli inverni più freddi.
E leggere della mamma di Alice, come una nemica e forse il primo bullo per la figlia, rende consapevoli che l’infelicità non era Alice, ma tutto quello che aveva la mamma portava dentro, un mondo interiore di rabbia e frustrazione da scaricare sulla figlia mortificando ogni giorno la sua stima.
Alice si sentiva sempre sbagliata e fuori luogo, crescendo farà scelte non condivise per il solo motivo di essere accettata a qualunque costo.
Se dal grembo materno c’era solo gelo, l’affetto vero lo conosce solo con la nonna e il padre che avrebbe forse potuto fare di più per Alice.
E poi l’amica Anna che con la sua famiglia sono stati sempre presenti e più di una vera famiglia.
Nonostante il susseguirsi di eventi dolorosi e distacchi forti che hanno portato via pezzi di cuore, Alice mostra una forza solo in apparenza perché nasconde una grande fragilità.

“Non puoi sapere quanto dolore puoi sopportare fino a quando non ci sei immerso”

Alice è una farfalla con le ali spezzate e la cura per l’anima porterà un po’ di luce dopo tante nuvole che hanno offuscato la sua vita.
Lo stile è fluido e scorrevole, si legge con piacere e il lettore sensibile dovrà andare oltre il dolore di Alice per arrivare assieme alla luce.

Buona lettura
Ilaria per Les fleurs du mal blog letterario

“Le madrine” di Monica Melnerney, Fazi editore. A cura di Gaia Puccinelli

Dopo aver perso la madre a diciassette anni Eliza Miller abbandona l’idea di trovare suo padre e trascorre tredici anni della sua vita impegnata prima nello studio e poi con il lavoro.

Gli unici punti di riferimento sono le sue madrine, Olivia e Maxie, un tempo amiche del cuore di sua madre e della quale custodiscono tutti i più intimi segreti, o quasi tutti.

Fin da quando Eliza era piccola si preoccupavano per la vita instabile che doveva subire per le condizioni di Jeannie, donna generosa e amorevole con la figlia, ma non sempre in grado di garantire sicurezza economica e sotto tanti altri aspetti.

In questo romanzo solleviamo a poco a poco il velo di mistero che l’autrice ha lasciato cadere intorno alla figura di Jeannie, la vera protagonista di tutta la vicenda; infatti la narrazione si articola intorno ai mille racconti di questa donna che la figlia, con l’aiuto delle madrine, dovrà cercare di mettere in ordine, capendo dove finiscono le bugie inventate per amor dell’avventura e dove invece inizi la verità che potrà condurla alla scoperta della sua identità e di quella di suo padre.

Ma il nucleo centrale non è solo questo.

Ci arriviamo di taglio, verso la metà del romanzo, anche se avremmo potuto averne i sentori già dall’inizio, Jeannie era una persona con problemi di salute mentale, avrebbe potuto affrontarli se avesse ricevuto aiuto da qualcuno vicino a lei, ma quando le sue amiche se ne sono rese conto ormai era tardi ed hanno cercato di rimediare prendendosi cura della figlia, come non avevano potuto fare per la madre.

È una storia incentrata sui legami umani e familiari, quelli che si sgretolano, per volere della sorte o per la noncuranza delle persone, ma anche quelli che invece resistono alle avversità, che lottano per crescere e diventare sempre più forti.

Ed infine lancia un messaggio di speranza per tutti quei legami che crediamo impossibili da recuperare, così lontani perché ancora da iniziare, ma che non avremo modo di scoprire se non ci buttiamo tentando la sorte.

Con umorismo e delicatezza l’autrice dà voce ad una Eliza trentenne ben connotata nei suoi tratti distintivi, una giovane adulta che raccoglie dentro di sé l’eredità delle tre donne che l’hanno cresciuta, la madre e le due madrine, che si sono fuse dentro di lei dando vita a forza e coraggio tali che le permettono di affrontare anche le sfide più ardue.

Un’ultima lezione si può ricavare dal penultimo capitolo: mantenere un segreto richiede un costo elevato e tanto più grandi saranno le conseguenze di rivelarlo tante più energie costerà mantenerlo, ti corrode l’anima, ma non sempre è possibile sostenere il peso della verità.

Nella vita di tutti i giorni sembra facile giudicare chi mente, ma niente è mai puramente bianco o nero.

“Il piccolo villaggio dei cuori solitari” di Alison Sherlock edito Newton Compton Editori. A cura di Ilaria Grossi

Ogni romanzo è un viaggio che trasporta in posti sempre nuovi ed è proprio in quel piccolo paesino a Canbridge che ho scoperto una storia dolce come cioccolato caldo e piena di entusiasmo e coraggio come i protagonisti Amber e Josh.
Amber, lascia New York dopo aver perso il lavoro come vetrinista, decide così di ritornare dai genitori in Nuova Zelanda.
La mamma le chiede però una pausa prima di tornare da loro, un saluto  a Canbridge dove si trova l’amata amica di famiglia, Cathy.
Amber è consapevole che sarà una semplice pausa prima di ripartire e pensare al suo futuro sempre più incerto e precario, ma settimana dopo settimana inizia ad amare il piccolo paesino e soprattutto il Canbridge Store, che richiede una ristrutturazione per alzare le sorti economiche dell’emporio di famiglia.
Amber e Josh si impegneranno a far rinascere il piccolo negozio come tutta la comunità che a seguito di una tempesta si troverà più vicina e solidale.
Per Amber, Canbridge Store è casa ed è sempre più difficile immaginare un posto diverso in cui vivere.
Mi piace pensare che possa esistere davvero un paesino così tranquillo e delizioso come Canbridge in cui trascorrere del tempo in veranda, sorseggiando cioccolato caldo e facendosi coccolare dalle coperte di Nonna Tilly.
Siete pronti per questo viaggio?
Alison Sherlock ci regala una storia dolcissima,
in cui sostegno e solidarietà saranno le parole chiavi di una comunità che si riscopre cordiale e collaborativa.
E dove l’amore saprà superare ogni ostacolo.
La vita ci vuole coraggiosi e soprattutto mai smettere di credere in noi stessi.

Buona lettura

Ilaria per Les fleurs du mal blog letterario

“Laura Q.b.” di Laura Bissoli, La strada di Babilonia editore. A cura di Alessandra Micheli

Non è semplice raccontare di Laura q.b.

E quindi mi perdonerà sia l’autrice che la casa editrice per lo scarso risultato che emergerà da questa recensione.

Io vi giuro ci ho provato.

Ma andiamo con gradi.

Era il 25 maggio circa, quando al salone di Torino, affollato, urlante e dispersivo per un orso come me, si avvicinò una bellissima ragazza con un libro in mano e un sorriso che illuminava in giro.

Cavolo mi sono detta, meno male che lei almeno sorride.

Visto il mio atteggiamento asociale e decisamente cupo, seppur di un cupo a parre di molti simpatico e divertente, era una strana idiosincrasia.

E quando ho scoperto, perché sono tarda e rincoglionita, che era la stessa Laura conosciuta a un evento on line, sono rimasta senza parole.

Perché in quella veste di relatore, di blogger, l’avevo avvertita come distaccata, professionale si, ma distante.

E invece mi ritrovavo davanti una persona piena di calore e di dolcezza. Bizzarrie del web mi sono detta.

E con lo stesso modo elegante, raffinato e semplice mi porge questo libro.

Lo guardo e mi dico dannazione è un rosa.

Eppure ero davvero rapita dalla grazia rara con cui me lo aveva regalato. Quindi mi sono detta, okey una lettura diversa dopo chili di morti e squartati non mi può fare altro che bene.

In fondo non mi ha detto il mio boss di essere più sorridente e più leggiadra?

E mi sono detta un romanzo cosi almeno mi potrà insegnare a esserlo.

Anche se il mio alter ego in forma di Chtulhu, mi sussurrava, ma quando mai.

Ma io sono testarda e quindi mi sono detta arriverà il giorno in cui lo leggo.

E ho aspettato il momento giusto.

E quale giusto momento migliore di una giornata afosa, torrida in cui il cervello aveva voglia di staccare?

Nessuna miei lettori.

Cosi mi siedo sulla mia dorata poltrona, con la bambolina zombie accanto e inizio la lettura.

Cthulhu accanto inizia a ridere.

E io che sana non sono mi rivolgo a lui dicendo

ma che lo sapevi che è un romanzo sentimentale e di formazione???”

Chuthulu sa.

Lui proviene dagli antichi spazi e conosce benissimo il presente il passato e il futuro.

Non è finita” mi deride. “Continua e vedi la sorpresa”. Io mi affido e continuo a leggerlo.

E pagina dopo pagina mi dico “Minkia!”

se i rosa fossero tutti cosi, intensi, delicati e al tempo stesso sofferti beh ne leggerei a mucchi.

Ecco perché mi torvo a disagio.

Non perché non so come criticare il libro, ma non so come rendervi edotti di cosa contiene il suo cuore pulsante, il segreto dietro le parole d’inchiostro.

Laura viaggia con la stessa luminosa classe di quando l’ho letta.

Tanto che a volte si sospetta che dietro alla finzione letteraria che però ci serve a comprendere i meccanismi degli affari di cuore, si celi proprio la stessa ragazza sorridente del Salto.

Sarà davvero cosi?

La perfezionista, cosi complicata e al tempo stessa sperduta è davvero lei?

O sono io e altre mille donne che si trovano allo stesso bivio, con gli stessi ricordi a farla compagnia, con un vuoto lasciato da una perdita e con una sceneggiatura da film in cui è necessario riavvolgere il nastro?

Nonostante le molteplici caratteristiche che rendono questo personaggio unico lei è un po’ lo specchio di ognuna di noi.

La fine che diventa principio.

Il nuovo che irrompe nella vita, il cambiamento che bussa insistente e che come un uragano spazza via ogni certezza e loro.

Gli affari di cuore.

Che non sono solo relativi a noi e l’altro nel senso tipico del rosa.

Ma l’altro che può essere un amico, un parente, un amore o uno sconosciuto che irrompe all’improvviso in questa strana nostra avventura.

E che volenti e nolenti, riscrive il finale.

Laura si trova a affrontare eventi che sono fuori dalla sua comfort zone.

Un eredità che è molto più ampia di qualcosa di materiale.

E’ il riscoprire le sue radici e persino sensazioni, emozioni e attitudini che non sapeva di avere.

E la vincita non è un bene economico.

La rivincita è un anima ricostruita, fatta a pezzi si, ma ricostituita.

Con fatica e forse lacrime.

Magari anche del sangue.

Laura ci riesce a affrontare demoni e ossessioni.

Altri purtroppo no.

Perchè gli altri di cuore, amori, passioni, persino la coscienza non fanno sconti. Sono duri e crudi.

Perché regalando tanto pretendono tantissimo.

E se il finale lascerà un po’ di amaro in bocca, apparentemente, in realtà sarà la base per un futuro diverso.

In cui Laura sarà sempre meno maschera e più persona.

Con lo stesso sorriso luminoso di quel giorno di Maggio.

Quindi scusate se stavolta non sono riuscita a parlare del libro in modo adeguato.

Ma quello che ho dentro, forse è impossibile da mettere su carta.

A voi scoprirlo leggendo questa narrativa fatta di luce e profumi dimenticati.

E di sapori che troppo spesso abbiamo lasciato indietro, rinchiusi in un cassetto dell’anima, perché annusarli assaporarli è la chiave per aprire agli affari di cuore e lasciare che essi facciamo il loro meraviglioso lavoro.

Affari di cuore ti spazzano via

E non serve aggrapparsi a un po’ di nostalgia,

Affari di cuore falliti per via

E non serve strapparne la fotografia.

Affari di cuore per chi come noi non ha mai fatto affari, solo e sempre guai,

Affari di cuore ti imbrogliano sai

Ma la prossima volta giura quanto vuoi ci ricascherà