“Mr Crowley. Le cronache di Cefalù” di Aldo Luigi Mancusi, Ensemble. A cura di Alessandra Micheli

Torno di soppiatto, allungandomi come un ombra oscura sulle vostre fantasie.

E stavolta, finalmente entro con passo baldanzoso nella mia comfort zone, dopo aver passeggiato su lidi soavi e armonici.

Vi avverto miei lettori, qua nulla è armonico.

Anzi.

Si nutre di paura, di illusioni, di ossessioni e di tanta tenebra.

Tanta quanta ne abita in questo nostro copro umano, spesso usato o abusato da quella malsana abitudine a fuggire.

Da cosa fuggiamo?

Gli stolti diranno da noi stessi, dal problema reale che ostacola la nostre fallace idea di felicità.

Ma non è cosi.

Vedete noi osserviamo soltanto il sintomo ma non analizziamo MAI, sottolineo mai, la malattia.

Possiamo identificare l’organo che è avvolto dal disequilibrio, magari proporre qualche rimedio per alleviare.

Ma la cura no, è impossibile pensarla, proprio perché ci sfugge l’origine del nostro malessere.

E cosi pensiamo che se avessimo più soldi, più successo, più attenzioni dell’amato, più possibilità lavorative o più cultura troveremmo la pace.

Pace da una sorta di strana frenesia che galoppa sempre più veloce dentro di noi.

In questo testo evocativo, ipnotico e dal suadente tono agghiacciante, ci prospetta personaggi indimenticabili e odiata, dove sfuggono le linearità del pensiero occidentale fatto di perfetti schieramenti.

Sfuggono perché essi stessi, barlumi di quell’anima tormentata, partecipano a questa macabra danza.

Ma essenziale.

Per secoli, per anni Crowley è stato definito in mille modi diversi. E quasi mai lusinghieri.

Lui capace di disgregare una rispettabile società di menti illuminate come la Golden Dawn.

Lui iniziatore ai più blasfemi riti in cui contava soltanto il piacere personale.

Un ansia di vendetta contro chissà quale torto inflitto all’uomo dalla divinità evanescente e sopratutto evasiva.

Evasiva a ogni domanda posta in preda al più terribile dei tormenti…

Chi sono mio dio?

Dove mi stai portando?

E perché con piedi scalzi, continuo a trasportare stanche membra, lungo questo acciottolato fatto di acuminati sassi?

E costretti a un tristo vagabondaggio, lasciamo impronte sanguinolente su questo percorso affannoso, circondati da feroci fiere attratte dal ferrigno odore del sangue.

Chi sono mio dio?

Perché sento questo vuoto che mi divora, questo enorme buco nero nell’anima capace di risucchiare le stelle?

Nessuna risposta.

Mai nessuna risposta.

Soltanto Aleister, vissuto a pane e pentimento durante i suoi difficili anni giovanili ha potuto collezionare, prendendo spunti da ogni dottrina, una parvenza di risposta.

Noi siamo qua per dominare.

Per afferrare tutto ciò che questa terrena vita ci offre per prepararci al viaggio finale.

Ovviamente la dottrina era molto, ma molto più complicata.

E forse meno razionale di come la sto descrivendo io.

Ma è quello che ho assaporato dal testo.

Non è importante tanto “la bestia” descritta, anzi accennata in questo testo sapete?

Neanche forse la risposta a quella lacuna nelle biografie rappresentata dai sui anni a Cefalù.

Importante è scoprire perché noi siamo stati attratti da Aleister. Perché lo siamo ancora oggi.

Poter asserire di conoscerlo crea attorno a noi una sorta di potente aurea, come se fossimo partecipi di quel banchetto eucaristico in cui il sommo nutre a piccoli pezzi bocche avide.

E qua di avidità ne abbiamo a iosa.

Chi desidera il comando, specie donne relegate a ruoli di minor spicco in questa strana e patetica commedia dell’arte.

Uomini che lo bramano il potere o semplici devianti inadatti al viver civile, o forse indispensabili perché la società, qualsiasi società si elogi e si contraddistingua.

Perché è soltanto la dicotomia noi e l’altro che, in fondo, ci fa esistere.

E questi partecipano a uno stesso reality show, dove la vita non è importante se non in rapporto a un fine ultimo.

Che è l’origine di ogni nostro male.

Ed è questa la consapevolezza che precede la cura.

Ogni descrizione, acuta, sarcastica e affatto bonaria ci descrive un essere totalmente sbandato.

Totalmente disorientato come se …fosse capitato per sbaglio, errore o dispetto in un universo alieno che deve poter plasmare a sua immagine. Altrettanto imperfetto, altrettanto soggetto a somme fragilità.

Altrettanto disperato nel suo tenace istinto di sopravvivenza.

Noi microcosmo, che ci muoviamo in un macrocosmo fatto apposta per contenerci.

O imprigionarci.


E cosi l’esoterismo diventa soltanto un mero mezzo di rivalsa, rabbiosa contro quel destino che ci appare fatto di catene. Dipendenze forse.

O frustrazioni.

In fondo le cronache di Cefalù questo mostrano.

O mi perdoni l’autore, questo mostrano a me.

E dietro al mistery perfettamente congegnato, in cui l’elemento onirico dona un tocco squisitamente weird, l’uomo si agita, come si agitano certe formiche costrette a vivere in un terrario.

La cui vista di un orizzonte più ampio è preclusa.

E nessun Dio chiamato con forza può liberarci.

Forse si incazza ancor di più perché anch’esso costretto a strisciare in un terrario…

Onirico e duro, ma al tempo stesso elegante e feroce, il libro di Mancusi non può che sedurci.

Anche se stavolta la seduzione profuma leggermente di zolfo.

Siete pronti a precipitare tra le braccia dell’abisso?

Io l’ho fatto e non me ne sono minimamente pentita.

“L’Ottavo Mondo” di Rossana Balduzzi, Diarkos editore. A cura di Alessandra Micheli

Non pensavo che lo avrei mai detto.

Ma gli anni passano cosi veloci, come fulmini in un cielo abbastanza sereno, immobile quasi scontato.

Poi una mattina ti svegli e il cielo è completamente diverso.

Ci sono nuvole che sostano pigre.

Sprazzi di azzurro che non avevi mai notato prima.

E allo specchio trovi rughe sul volto e sorrisi stanchi di chi troppo ha visto e chi troppo ha vissuto.

Anni che pesano sulle spalle con i loro carico di emozioni e esperienze, tutte dentro il tuo zaino che improvvisamente diventa pesante.

E’ la vita che passa e che all’improvviso si fa sentire, decisa a non parlare più con voce sommessa, con voce pacata.

E cosi davanti a un universo mortale che decide di non cambiare mai, questa mutazione ti fa sentire un alieno, vecchio di cent’anni, depositario di un sapere che la modernità rosicchia piano piano.

Ecco che ci siamo noi e gli altri, quelli che il tempo pensano ancora di poterlo gabbare, che considerano la storia soltanto un attimo do noi che si inframezza delle possibilità da raccogliere con mano aperta e fiduciosa.

E mentre i tuoi occhi vedono altrove, il resto si crogiola nella sua pigrizia, in quel costante non vedere e organizzare il mondo secondo le proprie prospettive limitate. Forse questo libro che appare il solito mistery forse racconta qualcosa di veramente simile a quell’anima che non sonnecchia più, ma diventa piano piano consapevole. L’ottavo mondo è quello del buio, della notte che proietta sulla caverna strane e inquietanti ombre.

La notte dell’oblio umano e divino.

La notte che ci fa dormire, inconsapevoli della bellezza e della meraviglia del reale.

E chi vive in quell’oscurità se all’improvviso si trova catapultato nel mondo dei colori, impara a amarlo sempre di più.

Impara a non poterne fare a meno.

Brama tutto lo spettacolo per se.

Non si rende conto che questo piano d’esistenza è bello perché il colore è fatto di un insieme di pigmenti.

Non si rende conto che il cielo è immenso perché creato da minuscole particelle.

Ne che il mare in cui ci perdiamo con lo sguardo è formato da mille gocce diverse.

Chi si trova a beneficiare di tanti doni, o diventa Santo o peccatore. Il santo si riconosce quale infinitesimale parte del tutto.

Il peccatore si sente dominatore del tutto, perché capace di vederlo e bramarlo.

Ecco che la ricerca del passato non equivale soltanto a definire il futuro.

Ma a comprendere l’errore del passato.

Misteri che si rivelano durante la ricerca hanno troppo e tutto a che fare con l‘essenza stessa della vita.

Non importa che tipo di entità noi rappresentiamo.

Importano le scelte.

Importa come ci raccontiamo.

Importa come accogliamo un mondo che non è possesso di nessuno.

E’ soltanto un’anticamera da cui poi arrivare al centro dell’immensità.

Raccolti da un essenza a cui noi stessi apparteniamo.

Ecco che l’ottavo mondo è molto di più che una bella avventura che si dipana nei secoli e che rende reale l’impossibile.

È la parabola dell’uomo, che da élite deve sentirsi semplicemente parte di un progetto nato dalla lacrima di dio.

Che deve diventare semplicemente goccia.

Smettere di bramare.

Smettere di divorare.

Smettere di nascondersi.

E imparare a amare.

Perché se qualcuno ci ha fatto arrivare in questo quadro fatto di città dai grattaceli altissimi, fino a sfiorare il cielo, di boschi ombrosi, di laghi cristallini, lo ha fatto perché innamorato.

Non solo di noi, ma della vita stessa.

Iniziato come un thriller mozzafiato, permeato di oscurità e orribili segreti, il libro di Rossana diventa, nello scorrere della lettura il racconto migliore della discesa o dell’ascesa umana.

Nel mito ritroviamo semplicemente archetipi che possono parlare all’essenza della nostra più profonda umanità, facendo della parola non soltanto bellezza ma persino monito.

Non so chi ha creato il mondo ma so che era innamorato

Alfa

“Il gatto che miagolò all’inferno”, Fabio Maglio, O.D.E. Edizioni. A cura di Barbara Anderson

Eccoci qui di nuovo insieme oggi per parlarvi di questa nuova lettura scritta da Fabio Maglio, autore con il suo libro di esordio.

Un autore giovane, dalla fantasia intensa e oscura che sembra portarci per mano verso la routine, la normalità fino a spingerci nel baratro del mistero e dell’oscurità. 

Questo romanzo nasce originariamente come fumetto per poi espandersi e diventare appunto un romanzo.

Ambientata su una piccola isoletta dove il tempo sembra trascorrere quasi a rallentatore, dove in inverno tutto sembra fermarsi per poi ripartire durante la stagione estiva.

Per chi come me vive su un’isola, entrare in connessione con quello stile di vita e con quella mentalità da highlanders diventa qualcosa di naturale.

Ovviamente la mia isola si trova nell’Oceano Atlantico ben lontana dall’Isola Uberia dove si svolgono fatti e misfatti creati da questo giovane autore.

Gli isolani sono diversi dagli abitanti della terraferma e hanno un rapporto molto più intimo con la propria terra, un legame indissolubile.

Chi nasce e vive sulle isole, ovunque queste si trovino nel mondo, tende ad abbandonare quei luoghi per studio, per lavoro, per esplorare il mondo; ma poi un filo sottile che li lega a quegli scogli, a quelle onde, tende a portarli sempre di nuovo a casa con il tempo.

Come se fossero dei boomerang.

Spesso si pensa a noi isolani come persone solitarie eppure vi posso garantire per esperienza che chi vive su un’isola percepisce molto meno il senso di solitudine rispetto a chi vive altrove.

L’isolamento attiva il meccanismo della solidarietà, tra di noi ci si conosce tutti e ci si aiuta a vicenda nei momenti di difficoltà; perché abbiamo imparato l’importanza e la necessità di avere qualcuno su cui poter contare nei momenti di difficoltà.

Anche qui nella mia isoletta irlandese spesso colpita da mal tempo: da alluvioni e tempeste che ci interrompono i contatti con la terra ferma, siamo diventati capaci di essere autosufficienti, ci si aiuta, ci si sostiene, si collabora insieme per prevenire i danni del maltempo, quando una tempesta è in arrivo ci si aiuta anche con viveri e legna, quando non abbiamo la fortuna di poter usufruire dei riscaldamenti o dell’elettricità.

L’isolano è di temperamento orgoglioso, creativo, testardo, sente il tempo che cambia, conosce il mare.

Io che ormai vivo qui da oltre 24 anni so già in anticipo quando il tempo sta cambiando, quando sta per piovere, l’acqua la senti già nell’aria mentre il cielo è ancora blu e batte forte ancora il sole; sappiamo interpretare le nuvole e il linguaggio del mare. I nostri uomini per la maggior parte sono pescatori, alcuni tornano altri non torneranno più. Il mare dona i suoi frutti ma a volte richiede sacrifici in cambio.

Siamo collegati alla terraferma da un traghetto che si muove lento e appesantito trasportando anime e mezzi, viveri e rifornimenti attraverso il metallo dell’imbarcazione e le onde d’un mare che a volte si agita e altre si placa.

Chi vive su un’isola tende a diventare parte integrante di quell’isola.

La sente dentro, infiltrata come se fosse una malattia ma anche come se fosse una cura. 

Chi abbandona l’isola tende sempre a tornare, io che vivo qui non potrei mai più vivere altrove.

Il rapporto tra cultura locale e personalità individuale è strettissimo e indivisibile, è eterno.

Noi isolani dobbiamo contare sempre gli uni sugli altri, ci si conosce tutti per nome, nessuno su questa isola è mai un estraneo.

Ed è proprio su un traghetto che porta a un’isoletta che inizia la storia di Ettore, un professore di scuola media che osserva il mare e gli addetti al traghetto insieme ai suoi passeggeri mentre fuma una delle sue sigarette e cerca di restare saldo alla piattaforma senza farsi spostare dal vento impetuoso e dai timori della sua nuova avventura.

Suggestivo è quel trasporto che sembra quasi l’imbarcazione di Caronte, che trasporta le anime dei defunti al fiume Ade dove saranno giudicati per decidere il luogo del loro riposo.

Le anime di questo traghetto sono ancora vive. 

E saranno le loro scelte a determinare il corso delle loro vite e della loro morte.

Conosceremo Ettore e la sua scuola, il suo appartamento piccolo e scarno, le sue giornate fatte di lavoro e di vuoti da riempire.

Incontreremo l’operaio Domenico e sua moglie, i suoi colleghi Franco e Jimmy, Luciano Moretti e la sua storia presente e passata, vedremo la vita di Veronica, moglie di Domenico e scopriremo il legame affettivo e paterno tra Rebecca e il suo datore di lavoro Carlos.

Rebecca lavora durante la stagione estiva nel pub di Carlos, sta per riprendere quel traghetto per tornare sulla terra ferma e proseguire quegli studi universitari che non molto le interessano, ma una figlia non vorrebbe mai contraddire i suoi genitori e Carlos è lì, disposto ad ascoltarla, a sostenerla, ad aiutarla e anche ad aspettarsi qualsiasi decisione sul futuro, sull’andarsene o restare o magari sul poter di nuovo tornare.

L’arrivo di Ettore, il professore, è visto di buon occhio ma ovviamente anche con un po’ di diffidenza. Gli isolani necessitano di tempo per poter accettare un nuovo arrivato.

Viene studiato. E osservato.

Ci avete mai pensato quante cose si scoprono su di una persona quando la osserviamo senza che questa se ne accorga?

Attraverso una narrativa dall’apparenza di quotidiana normalità si inizia piano piano a respirare l’oscurità di mistero che sta calando come una nuvola invisibile su quell’isola.

Tante sequenze narrative che rallentano un po’ la lettura ma che ci aiutano a conoscere aspetti utili per definire le caratterizzazioni dei personaggi e delle ambientazioni.

Una serie di eventi oscuri e misteriosi inizia ad avvenire uno dopo l’altro: persone il cui legame non ha un’apparente connessione iniziano a delineare storie vissute, fatte di oscuri segreti, di gelosia, di relazioni tossiche.

Due giovani perderanno la vita nel mare, lo stesso mare che più avanti restituirà con clemenza quei corpi. 

Strane vicissitudini e inquietanti visioni e apparizioni terranno compagnia al nostro Ettore così come uno strano gatto che sembra essere apparso dal nulla e che forse arriva direttamente dalle viscere più profonde dell’inferno. 

Si dice che quando il diavolo ti accarezza è perché vuole la tua anima… sicuramente lo stesso avviene quando ad avvicinarsi a noi è un gatto; soprattutto un gatto che ci arriva accanto per caso, un caso che poi diventa un oscuro, tetro, infausto destino.

Dopo aver letto questo libro, le fusa del mio gatto assumono un aspetto sinistro un po’ come la mia bellissima isola dove il tempo si ferma e a volte torna indietro fino a portarci all’inferno.

Tenetevi pronti per assistere a qualcosa di inimmaginabile, di incomprensibile, di inspiegabile.

Le sentite anche voi quelle voci?

Prendete il vostro sacco di juta e seguitemi in questa macabra avventura.

“Cercasi Fantasma”,Milka Gozzer,La versione di Cornelia.A cura di Barbara Anderson

Cosa c’è al di là della vita? 

Cosa accade alla nostra anima? 

È vero quello che si racconta nei salotti del paranormale che le anime dei defunti che hanno qualcosa in sospeso nella vita restano intrappolate e prigioniere nel mondo dei vivi e che solo dopo aver compiuto la loro missione possono finalmente riposare in pace?

Se realmente lo spirito di un defunto fosse costretto a restare aggrappato a una vita che non può più vivere; quanto dolorosa sarebbe quella condizione in sospeso? 

Quanta solitudine ci sarebbe a essere circondati da vivi che non potranno né percepire la nostra presenza, né allietarci con la loro compagnia?

La morte è l’unica condizione permanente e irreversibile che appartiene al nostro meraviglioso genere umano.

La vita ci permette ancora di modificare le cose, di migliorarle, di peggiorarle, di ripararle.

La vita ci offre moltissime opportunità ma è pur vero che ci sono persone che si privano di vivere la vita per paura della morte stessa o che la vivono intrappolati nell’avarizia e nella cattiveria.

Qualsiasi sia una condizione senza via di uscita è prigionia e spesso alcune persone sono prigioniere delle proprie stesse scelte e condizioni esistenziali.

La morte non è una scelta a meno che non si sia commesso un gesto estremo; per porre fine alla propria miseria e sofferenza.

In questa storia il narratore in prima persona è proprio un fantasma.

Un ectoplasma, un’anima che vaga solitaria nel suo castello. Quella che era stata la sua dimora, la sua casa ma anche la sua tomba.

Cornelia di Pergine, morì alla giovane età di 18 anni precipitando dalla torre del castello. 

Eh no, non si trattò di un suicidio e Cornelia se fosse in vita vivrebbe nella speranza di mettere alla luce la verità sulla sua disgrazia.

Ma è defunta quindi giace senza pace nella speranza di portare alla luce la verità. Non perché ha voglia di vendetta o di sfogare la sua ira e il suo dolore per ciò che le è stato strappato di dosso; ma per necessità, per mettere la sua anima in pace, una pace che non trova ristoro.

Cornelia si annoia terribilmente; la sua condizione di fantasma le permette di allontanarsi dal castello non più di 8000 piedi (all’incirca 2 km e 300 metri) quindi il suo contatto con il mondo esterno è limitato alla distanza che può ricoprire nei suoi spostamenti. 

Seppur un fantasma, è curiosa, ha voglia di vedere i cambiamenti del mondo che conosceva nel corso dei tempi, è affascinata da tutto ciò che è nuovo e inoltre ha, nella sua condizione di morta, la capacità di vedere le persone per quello che realmente sono senza contaminazioni personali o esterne.

Ciò che più l’addolora è vedere la sua casa, la sua amata dimora nelle mani di una donna avida, egoista, fredda, calcolatrice, arida di sentimenti, malvagia, una vecchia di oltre settant’anni che ha al suo fianco Achille un viscido servo, Nello il factotum quasi sempre ubriaco.

L’anima di Cornelia ha ancora molti ricordi bellissimi fatti di gentiluomini al servizio della sua famiglia e fatta anche di batticuori, di amanti e di giovani carnali passioni.

Durante una delle sue escursioni al di fuori delle porte del castello e nei limiti impostigli dalla sua condizione di fantasma Cornelia si avvicina a una commessa di un negozio, l’innocente e dolcissima Elena; una ragazza umile, bella, delicata, molto fragile e vulnerabile, una ragazza che non sa ribellarsi e non alza mai la voce, una facile vittima di soprusi e di sfruttamento da parte della gente senza scrupoli come il suo datore di lavoro, Aldo, un uomo arrogante, egoista, taccagno e miserabile che approfitta della bontà della ragazza in ogni modo possibile.

Spesso Elena nella sua totale sottomissione sembra più morta di quanto lo sia di fatto Cornelia.

Cornelia è ancora frizzante, briosa, piena di vitalità mentre Elena è spenta, senza alcuna motivazione, vive una vita di solitudine, di abbandono, di precarietà.

Quando ormai allo stremo della sua sopportazione lavorativa rimane anche senza un tetto sulla testa, non potrà fare a meno di accettare un’offerta di lavoro dalla Signora Vittoria la proprietaria del castello che le offre vitto alloggio e un umile salario in cambio dei suoi servigi di domestica.

Quando non si ha scelta si ricade sempre a fare l’unica scelta possibile, purché ci permetta di poter tirare avanti e si tende sempre in quel caso di cadere dalla padella alla brace.

Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima e Cornelia è brava a capire dagli occhi delle persone il loro animo.

Alcuni predatori sanno annusare le proprie vittime anche a distanza e quando Vittoria aveva posato i suoi occhi sulla ragazza per bene, malinconica ed educata Elena, sapeva che sarebbe stata la sua vittima perfetta.

Con una narrazione frizzante e ironica ma colma di malinconia, in un’atmosfera a volte inquietante e tenebrosa, altre leggera e divertente, si respira anticipazione, mistero, si percepisce come il male sia tangibile e il bene e il buono vulnerabile e fragile.

Vedere Elena nelle grinfie di una strega malvagia ed egoista, e minacciata dalla libidinosa lussuria del viscido Achille mette al lettore ansia e inquietudine. 

In alcune circostanze ho provato perfino disagio.

Attraverso gli occhi di Cornelia che è testimone di ciò che accade, ma non ha la possibilità di poter intervenire, tutto diventa sofferenza.

Nel momento in cui Vittoria decide di trasformare il castello in un hotel sfruttando il lavoro dei suoi dipendenti, pagandoli miseramente, razionando il cibo con il contagocce e senza un regolare contratto. Affiancata dalla factotum e spia Anastasia anche chiamata miss Varechina, Adele la cuoca e Andrea il social media manager che si prenderà cura degli affari on line della Signora Vittoria cercando di sfruttare al massimo il potenziale turistico del castello anche scavando un po’ nella storia del passato del castello stesso e dei suoi misteri.

In un’atmosfera di conflitti, di rivalità, di invidie, gelosie e interessi economici, tra manipolazione e sfruttamento anche emotivo tra la violenza psicologica subita e perpetrata dalla vecchia arpia nei confronti del suo personale.

Ci ritroveremo insieme a Cornelia e Elena a dover risolvere un giallo colmo di mistero. 

Un morto giace ai piedi della torre e bisognerà non solo cercare di scovare il colpevole e il movente ma anche di aiutare Elena a risolvere le sue difficoltà e la sua posizione all’interno del castello. 

Un ispettore innamorato segretamente, un fantasma, una domestica e un factotum si troveranno invischiati in una trama malefica e calcolatrice che rischierà di metterli in seria difficoltà anche con la giustizia.

Quando si rimane vittime di un’ingiustizia non ci si rassegna.

Cornelia osserva, indaga, scruta e cerca di scoprire la verità. 

Vittoria è una donna crudele e miserabile ma che ha il terrore di 3 cose: dei sotterranei, dei fantasmi e degli insetti e ovviamente in un castello di tutto rispetto non manca nessuno degli elementi che rendono la donna vulnerabile e fragile perché la cattiveria e la malvagità tornano sempre indietro e il karma che colpirà la vecchia Vittoria sarà spietato e giusto come solo il karma sa essere.

Quando si cerca di raggirare la legge e le persone si rischia di fare passi falsi, passi che rendono ricchi i miserabili e miserabili coloro che vorrebbero con le loro azioni arricchirsi.

Un giallo carico di mistero, di ironia di emozioni e di sofferenza ma anche di legami e di sentimenti che nascono per amicizia, per amore o per condivisione di una sofferenza comune.

Un giallo davvero originale che unisce mistero e non solo a un crimine del presente ma anche a un crimine commesso nel passato.

Cornelia ci diventa familiare, amica, sorella, figlia e compagna e nella sua morte ci lascia più emozioni di chi è ancora in vita.

“The daemoniac” di Kat Ross, Saga edizioni. A cura di Barbara Anderson

SINOSSI:

Sherlock Holmes incontra X-Files in questo acclamato mistero paranormale di Gilded Age!

È l’agosto del 1888, appena tre settimane prima che Jack lo Squartatore terrorizzi Whitechapel, un altro assassino si aggira per le strade di New York. La sua opera porta i tratti distintivi di una possessione demoniaca, ma la detective dilettante Harrison Fearing Pell è certa che la sua preda sia un uomo in carne e ossa. E spera di farsi una reputazione risolvendo il bizzarro caso prima che l’uomo che la stampa ha soprannominato Mr. Hyde colpisca ancora.

Dallo squallore dei Five Points alle bische d’alta classe del Tenderloin e alle scintillanti dimore della Fifth Avenue, Harry segue le tracce di un killer spietato, scoprendo alcuni imbarazzanti segreti delle più ricche famiglie dell’alta società di New York lungo la strada. Gli omicidi sono un caso di magia nera o un semplice ricatto? E il sentiero porterà più vicino a casa di quanto avesse mai immaginato?

***

Ho avuto il piacere e l’onore di leggere questo romanzo, tradotto, edito e curato dalla casa editrice: “Saga Edizioni”; la quale continua a concedermi letture veramente originali, interessanti e che soddisfano il mio continuo desiderio di pagine accattivanti e che riescano ad accendere il lume della ragione o della follia nella mia testolina pazza.

Inutile negarlo, chi di noi non è stato attratto e incuriosito dal paranormale e dall’occulto?

Confesso che anni fa mi avvicinai con curiosità e con passione alla ricerca e allo studio dell’occulto e del paranormale, partecipai in prima persona a sedute spiritiche e a riti che potessero permettermi di scoprire qualcosa di più sull’aldilà e sulle forze del male e del bene. Ho visitato un numero infinito di abitazioni abbandonate insieme a ricercatori e studiosi di eventi paranormali. 

Lo so, una follia, ma ho seriamente avuto un periodo in cui ero interessata solo ed esclusivamente a questo.

Non perché io fossi una donna che necessitasse di credere all’incredibile o che fossi una persona vulnerabile e facile da poter abbindolare (io ho una razionalità che potrebbe spaventare ma ho anche la capacità di cercare e andare oltre al comprensibile, lavoro in ambito scientifico e medico ed ho assistito a quelli che alcuni di voi potrebbero chiamare perfino miracoli, così come ad eventi e situazioni che starebbero benissimo in un film horror). Sono una persona curiosa che ama capire, conoscere, scoprire ed imparare. E posso dirvi che ho incontrato ciarlatani, truffatori e spesso sono scoppiata in sonore risate quando vedevo il lavoro di recitazione e l’utilizzo di effetti speciali improvvisati e anche ben artefatti pur di vendere una bugia.

Ma aimè ho anche pianto e sono stata anche spaventata quando avvicinandomi alla ouija board, la tavola utilizzata per le sedute spiritiche ho assistito ad eventi di cui ancora oggi non ci sono spiegazioni logiche o scientifiche, così come ci sono state occasioni in cui dei medium mi davano messaggi che solo la persona a me vicina defunta poteva effettivamente conoscere.

Ed ecco che si arriva al nesso con questo romanzo.

L’autrice, Kat Ross, ho avuto modo di leggerla in altri suoi lavori sempre scritti in lingua originale, l’inglese, stavolta invece la leggo nella mia lingua natia: l’italiano grazie ad una traduzione e ad un editing ben curato che ne ha saputo preservare l’integrità narrativa.

Scritto in un linguaggio garbato  tipico del periodo storico in cui è ambientato, in una descrizione di luoghi, ambienti, e personaggi che ci rende vivide le immagini di un’epoca che risale al 19esimo secolo, in una New York che ha un fascino antico così lontano dalla New York attuale. Eppure per alcuni tratti si percepisce quel ronzio di vite, di situazioni e di pericoli che sono vivi ancora oggi.

Chi di noi non possiede un sogno, un desiderio? Tutti, nessuno escluso, che lo teniate rinchiuso a doppia mandata in una cella frigorifera, nel cassetto del vostro comodino, in un forziere nel profondo dell’Oceano Atlantico o in un meandro remoto e nascosto della vostra mente, tutti ne abbiamo uno.

Cosa saremmo disposti a fare per poterlo realizzare? Cosa saremmo capaci di fare, dire o nascondere pur di poter vedere il nostro desiderio realizzato? Se vi fosse servita su un piatto d’argento l’opportunità di mentire pur di raggiungere il vostro obiettivo, fino a che punto sareste capaci di arrivare?

Ecco le riflessioni che mi hanno portato questa lettura, facendomi fare un percorso nella memoria dei tempi in cui ero vicina alla ricerca del paranormale e dell’occulto (andavo anche a ricercare testi antichi ed esoterici e ne ho letti parecchi).

Il romanzo ha quel sapore e quella magia delle indagini del famoso Sherlock Holmes e del suo fidatissimo Watson, una combinazione di letteratura vittoriana, gotica, thriller, paranormale che ci lancia sprazzi di ricordi della serie televisiva X Files con indagini che scavano tra ciò che è spiegabile e ciò che è incomprensibile.

Una scrittura che avvince, che affascina che accattiva il lettore già dalle prime pagine.

La sorella di Harry, è nota per le sue abilità investigative e quando una coppia si presenta a casa sua per ingaggiarla, inconsapevole del fatto che questa fosse partita in un’altra missione investigativa, si troveranno accidentalmente davanti alla sorella minore, Harry appunto, scambiandola immediatamente per la persona che stavano cercando. 

Harry, non perde tempo e lascia che questi credano sia lei sua sorella, sa di avere le capacità per poter fare lo stesso lavoro della sorella, è acuta, furba, intelligente e ha imparato da sua sorella come svolgere le indagini ed ecco che inizia una serie di menzogne, tra sedute spiritiche, eventi paranormali durante il corso di una serie di omicidi che sembrano essere stati eseguiti da un entità demoniaca. Harry troverà una spiegazione scientifica e plausibile per ogni evento occulto o paranormale che si troverà davanti agli occhi, farà di tutto per smascherare le menzogne altrui proprio mentendo lei stessa a tutti gli altri; in un contrasto tra verità e bugia che si intrecciano e che ci portano ad un corso di eventi veramente avvincenti, curiosi che ci lasceranno con un milione di dubbi e con altre centomila risposte. Sì, perché il corso di questa narrazione varierà in base al lettore che la legge. Sarà il lettore stesso ad incidere sulle parole dell’autore il confine dove inizia la verità e dove finisce la menzogna e vi assicuro che resterete sorpresi da ciò che alla fine del romanzo avrete nella testa.

Il rapporto di amicizia tra Harry e John è così puro, reale, sincero che sfiora a volte la possibilità di una storia d’amore, in un’intesa palpabile ad ogni pagina e in ogni situazione in cui i due si trovano nel corso degli eventi. Anche quando non hanno la stessa opinione e si scontrano tra loro.

Tra cadaveri ritrovati in assurde e oscure circostanze, tra evocazioni spiritiche, tra paura e scetticismo, tra la voglia di credere a qualcosa di superiore che non sempre è l’esclusiva presenza del nostro Dio ma di qualcosa di più oscuro e misterioso.

Harry desidera così fortemente dimostrare a sua sorella le sue capacità e di essere apprezzata per queste, stanca di vivere dietro l’ombra della maggiore, così famosa per le sue  indagini investigative, stanca di vedere oscurati l’entusiasmo e il desiderio di poter far parte di qualcosa che le avvicini anziché dividerle.

Harry, è una giovanissima donna (18 anni) che emula la sua rinomata sorella maggiore e il suo complice nelle indagini, l’amico John studente universitario di medicina farà in modo che il sogno di Harry possa realizzarsi.

Una menzogna se non arreca danno forse non è più una menzogna, ma un mezzo per dimostrare il proprio valore, le proprie capacità.

Seppure questa storia coinvolge due giovanissimi protagonisti, riusciranno a farvi vivere un esperienza assolutamente interessante e piacevole, l’autrice riporta eventi storici reali che si amalgamano così bene in questa storia di fantasia che ad un certo punto tutto ci sembra reale.

La razionalità di Harry è talmente forte, intelligente e coraggiosa che riesce a spaventare anche l’occulto.

Devo aggiungere che nelle descrizioni oscure l’autrice è bravissima a creare quel giusto pathos e quella nebbia gelida di terrore che colpisce il lettore all’improvviso.

La narrazione è placidamente lenta all’inizio ma non noiosa, ci permette di comprendere al meglio i protagonisti, le differenze sociale, il periodo storico, prenderà poi un decorso più veloce quando le indagini entreranno nel vivo e quando vi ritroverete una serie di situazioni sotto gli occhi che alimenteranno la vostra curiosità e voglia di scoprire la verità. 

Una lettura che va apprezzata nelle notti di pioggia incessante, che batte sulle finestre, sotto un cielo senza luna, quando siete soli in casa e l’unico rumore che vi tiene compagnia oltre la pioggia e il vento sono dei passi fuori la vostra stanza, che sia una suggestione, che sia realtà che si tratti di qualcuno che è entrato in casa vostra dalla porta, dalla finestra o chissà dalla profonda oscurità degli inferi.

La risposta la troverete solo leggendo.

Per ora iniziate la lettura con scetticismo nei confronti dell’occulto, andrete d’accordissimo con la protagonista, ma fate attenzione e cercate di andare oltre la razionalità poiché le risposte più vere si trovano al di là dei confini della ragione.

“L’ultima reliquia” di Miriam Palombi, Dark Zone. A cura di Alessandra Micheli

Quando leggo un libro di Miriam ammetto di avere sempre alte aspettative che ma, e sottolineo mai, vengono disattese.

E questo mi porta a darla per scontato.

Ah si è Miriam, vabbè sarà fantastico come al solito.

E cosi anche scrivere la recensione diviene quasi scontato e non le rendo mai, mea culpa il giusto omaggio.

Quindi cercherò di rimediare mia Regina della notte.

Perché il tuo è un dono e come tale, va celebrato.

Di solito amo i suoi racconti dell’orrore, quelle atmosfere cupe eppure romantiche, come una ninnananna oscura da cui è difficile staccarsi o tornare. Solo da poco ho elaborato la fascinazione di Creepy Tales per esempio.

E tuttora, la notte quando chiudo gli occhi rivedo le pareti di quell’orfanotrofio immerso in un bosco oscuro.

E che dire del suo capolavoro assolto miseri resti sepolti, talmente bello da sfidare l’eternità?

E potrei continuare fino all’esaurimento della vostra pazienza miei amati lettori divagando nel rendervi partecipi di una qualcosa che può definirsi solo come talento.

E non solo per quanto riguarda i regni ctoni della paura più cupa.

Lei riesce a destreggiarsi con abilità e raffinatezza in ogni genere.

Thriller, fantasy gotico, e adesso il mio Amato mistery.

Eh si.

Oggi sono stra orgogliosa di parlarvi dell’ultima reliquia, libro che mi ha provocato emozioni forti, intense e vivide, emozioni che non provavo dal tempo di indiana Jones.

Con la differenza che quel tocco di eleganza non manca mai, rendendo le pagine vischiose come una ragnatela pronta a ingabbiare, per sempre la sua mosca.

Io sono la mosca e la sua arte è la ragnatela.

Ovviamente.

In questo testo ciò che strabilia e conquista è l’apparente semplicità della trama. Un archetipo da sempre presente nelle narrazioni, quell’ossessione che ci immerge nella speranza, un domani, di poter contemplare il divino e di essere ammessi a sbirciare oltre la soglia del consueto.

Li dove dimora Dio, il segreto della nostra esistenza e il mistero della nascita del cosmo spesso viene analizzato alla luce della fantasia più sfrenata, creando scenari, ambientazioni che diventano, a volte, eccessivi e privi di quell’alone di meraviglia capaci di allontanarli dalla banalità del nostro reale.

I libri che narrano dei misteri di dio a volte peccano di eccesso di straordinario tanto da renderli…ordinari.

Miriam ovviamente, scontato dirlo non cade nella trappola.

Affatto. L’ultima reliquia prende i simboli, ci gioca senza mai eccedere, e li mostra senza fronzoli in quella semplicità che è parte del segreto dei segreti: il nome di io, la potenza che ci tocca e la sensazione di essere avvolti da quella strana, crepuscolare luce.

Noi con l’ultima reliquia siamo avvolti dal sacro, lo tocchiamo con mano ma al tempo stesso di esso abbiamo un riverito timore.

Quel libro diviene la porta coeli, laddove troneggia sull’architrave di questa orgogliosa magione la scritta “terribile luogo è questo. E’ la dimora di dio”.

E terribile lo diventa questa narrazione, intrecciando passato e presenta, con grazia e al tempo stesso forza, divenendo non già parola ma porta, appunto in cui osservare ogni evento descritto come se fosse possibile toccarlo, viverlo in prima persona, e esserne parte attiva.

La trama si svolge e tu ne sei catturato, ne diventi protagonista fino all’egregia scena finale che, supera a sorpassa per la sua forza evocatrice, ogni film, ogni testo letto, ogni nostra immaginazione.

E cosi si chiude il sipario.

Lasciandoti stupito, conquistato e ammaliato.

Dalla forza di questa piccola grande donna che ci regala non solo il volto del sacro ma anche un piccolo scorcio di noi stessi.

Noi in cerca di Dio ma cosi terribilmente e incautamente attratti dal peccato.

Basta un gesto, basta l’ardire di chi con prosopopea alza il velo perché l’abisso diventi suadente, molto di più del mistero che ci aveva precedentemente chiamato.

E cosi la fantasia diviene parabola: occhio a voler conoscere senza essere preparati.

Perché puro e impuro, a volte, sono facce della stessa medaglia.

Complimenti Oscura regina.

“Il sigillo dei padri fondatori” di Marco Caciolli, La Corte editore. A cura di Alessandra Micheli

Quando si parla di America, di società segrete e di strani inghippi socio economici, beh allora io mi sento proprio nel mio elemento.

Perché come ho sempre sostenuto e lo sosterrò sempre, il complotto, la segretezza e ogni altro orribile orpello che tanto ci disturba fanno davvero parte della politica.

E’ il modo con cui gli interessi che soggiaciono alle intenzioni nobili, quindi i residui logici parietani si mostrano all’osservatore e al cittadino stesso.

Non esiste e forse non può esistere politica, stato e nazione che non abbia una parte visibile e quindi mostrata con orgoglio al mondo e una più esoterica, nascosta, difficile da sbrogliare, ma altrettanto importante di quella più manifesta.

E’ in questa che si giocano interessi fondamentali che esulano dal bisogno primario e si rivolgono più che altro all’immaginario, al sentimentale e perché no persino al lato egoico.

E cosi il sogno americano non è da meno.

Abbiamo i padri fondatori che hanno immaginato e non solo ma anche dato vita a quella volontà rousseauiana di un agorà che racchiudesse tutti gli interessi e lo dirigesse in un ottica universalistica.

Nessuna dittatura colora la volontà generale.

Semmai è il modo con cui il singolo desiderio sfuma per poter dar vita alla comunità sociale fondata sul patto politico.

Ma questi istinti primari, istintuali non spariscono.

Si rintanano nelle cesure di quell’idea, di quel sogno che non può non avere margini di errori.

Ed è li che l’esoterico li organizza, li dirige e li controlla.

L’esoterismo espresso da alcune società segrete è il modo in cui si disinnesca il potenziale esplosivo delle stesse.

O si ferma o tenta di fermare l’avanzata del residuo logico.

Che contiene appunto un autonomia portata all’eccesso, personali mappe concettuali di successo e una versione distorta dello stato, come se ci si trovasse di fronte a uno specchio deformante.

E quindi ho apprezzato, non posso non apprezzato il taglio squisitamente economico di questo testo.

Che rende l’idea dei padri fondatori e persino quella massoneria e persino l’antagonista ossia gli illuminati meno frivoli, meno irreali, meno macchietta dal libro sensazionalistico.

E’ vero. Molti di voi vedendo il sigillo dei padri fondatori si aspetteranno una sorta di ricerca stile Dan Brown.

Ma la massoneria persino l’idea degli illuminati non è affatto cosi vanesia, cosi impronta su qualche blanda chimera spiritualistica.

Non scordiamoci che le loro intenzioni erano reali, concrete basate su un idea precisa di mondo nuovo, di libertà e ripeterò fino allo sfinimento di stato.

La loro era la volontà generale teorica da rendere stato, era il bisogno che la sovranità fosse un fatto democratico e si impegnavano cadendo in errore e persino provando a imparare dagli stessi un qualcosa che beneficiasse un po’ tutta la compagine sociale.

E sapete quale elemento sostiene questa volontà di rendere la sovranità meno oligarchica?

L’economia.

Ed è questo modo di pensarla in modo etico che emerge dal testo.

L’economia e l’idea di banca diventa il modo palese con cui il nuovo mondo concepisce e mette in atto lo stato.

Contro la dittatura.

Contro l’elitarismo.

E quindi questo si che è un libro strutturato avvincente, intrigante affascinante e meravigliosamente scritto.

Ma sopratutto credibile.

Perché la forza delle società occulte non è nei segreti vaneggiamenti di chissà cosa, ma nel modo in cui la filosofia agisce concretamente sull’uomo.

TRA LE STELLE E IL CUORE di SILVIA CASINI BIBI BOOK. A cura di Gaia Puccinelli

La protagonista di questo romanzo è Alma, una ragazzina di quasi diciotto anni alle prese con i propri demoni interiori; costretta ad affrontare la prematura morte dei genitori a seguito di un incidente durante una scampagnata.

Da quel momento le sue notti è stata mesi senza parlare, ma adesso la sua vita può riiniziare grazie alle persone che le stanno intorno e la circondano di amore: Gloria, amica di sua mamma tanto da essere una zia, Leo, il suo migliore amico e Donatella, la madre di Leo.

Sembra che le rimangano solo i brutti sogni da combattere, quelli in cui compaiono un uomo dalle dita di metallo e una figura misteriosa col volto coperto da una maschera: l’uomo tigre.

La situazione si complica con l’arrivo della fiera a Canale Monterano che si porta con se anche un piccolo circo itinerante.

L’atmosfera del circo e l’incontro con un carismatico violinista funambolo conducono Alma in una dimensione che potremmo definire onirica nella quale veniamo catapultati anche noi lettori. Diventa difficile distinguere il giorno e la notte, la realtà e ciò che la ragazza sta sognando. Incontriamo nuovi personaggi, nuove storie, che sembrano potersi incastrare, ma ancora ci sfugge in che modo.

È come se avessimo tutti i pezzi del puzzle, ma non avessimo il disegno di riferimento sulla scatola per poterlo completare senza difficoltà.

L’autrice gioca con le nostre menti, lanciandoci indizi come briciole di pane durante tutta la narrazione, ma non tutte ci conducono sulla strada giusta per risolvere il mistero.

Arriviamo, così, oltre la metà del libro con tante ipotesi, che nelle restante pagine vengono smontate una per una e riassemblate per dar vita ad un finale commovente e inquietante allo stesso tempo perché ci mette di fronte alla difficoltà e al dolore provato da altri esseri umani senza che possiamo fare niente per aiutarli.

Questo romanzo è un romanzo di scoperta, di discesa nella mente umana, di indagini serrate che portano a galla una storia incredibile.

Non voglio darvi troppe anticipazioni sugli indizi da seguire per arrivare a sciogliere i nodi intessuti dall’autrice, ma un suggerimento mi sento di lascarvelo, per permettervi di godere appieno delle emozioni suscitate dall’atmosfera del romanzo: seguite i fiori, lasciatevi guidare (come del resto fa Alma) dal profumo inebriante delle piante, ognuna di esse porta con sé una storia da insegnare, sta a noi saperle ascoltare.

Ci sono persone che riescono a farlo meglio di altre, il loro destino si lega a quello della natura che sembra in ogni suo angolo parlare proprio di loro e dei propri antenati.

Magari anche tra noi lettori si nasconde un Mangiafiori perso che saprà ritrovarsi tra le pagine del libro seguendo il profumo delle orchidee fantasma.

“L’allieva di Sherlock Holmes. il nuovo tempio di Dio” di Laurie R. King, Fanucci. A cura di Alessandra Micheli

So che è un libro molto particolare e che potrebbe far storcere il naso agli appassionati, ossessionati direi, amanti e seguaci di Sherlock Holmes.

Che è cresciuto a discapito persino delle intenzioni del suo egregio autore Conan Doyle fino ovviamente a essere da lui stesso odiato.

Odiato miei amati lettori eh.

Come può, direte voi, il creatore disprezzare la sua creatura?

E’ semplice.

Ci sono delle icone che escono dalla carta e diventano..reali.

Troppo reali e pertanto distaccati persino dalla loro origine, ammasso di idee che danno forma alla parola scritta.

Sherlock è, dunque reale, nonostante e forse oltre le intenzioni di sir Conan.

E pertanto noi, e mi ci metto nel calderone, siamo quasi convinti che, in realtà questa figura sia storica, sia qualche che ha vissuto e calpestato le strade di Londra.

Eppure non è cosi.

Non è assolutamente cosi.

Sherlock è un personaggio di fantasia che però ha sgomitato invadendo la vita reale.

Per tanto io AMO adoro i libri in cui lui continua a essere invadente e a rubare il posto che non gli spetta ma che per me, in fondo, merita.

Ecco perché trovo i libri della King terrificantemente spavaldi e eretici tanto da rendere Sherlock meno Sherlock e molto più umano.

Qua non abbiamo l’investigatore senza macchia ne paura ma un essere umano in tutte le sue meravigliose contraddizioni che…si trova a dover uscire o meglio a voler uscire dalla sua comfort zone e confrontarsi con una ..donna. Immaginate il nostro Holmes interloquire con una donna?

Assurdamente e maleficamente meraviglioso.

E la nostra Mary la nostra stravagante Russell divine l’elemento di colore in un’opera fondamentalmente grigia perché è grigio il mondo sherlockiano, fino a sfiorare il regno misterioso e pericoloso del femminismo.

E qua signori miei si toccano alte vette di quel mondo multiforme che oggi viene visto quasi come una sorta di mostro tentacolare che tenta di mettere in discussione il nostro mondo.

Femminismo è il male.

Femminismo è l’anatema.

E’ il vaso di pandora di ogni malevole intenzione ribelle, usata per destrutturare e mai costruire.

Nel tempio di Dio si tenta di ricreare l’atmosfera del dopo guerra ( prima guerra mondiale) sulla soglia della belle epoque.

E quindi tutta quell’effervescenza, quell’atmosfera di progresso che sembra dover nascere nella mente e nella vita di ognuna.

E’ questo che rende Mary ancor più distruttiva del solito, intendendo distruzione in un accezione positiva, come quella di sfaldare ogni concetto eccessivo e ridondante a cui ci si appiglia in un mare in burrasca.

Mary incontra qualcosa che va oltre la sua ridigita ed è il sentimento.

La fede pura, senza spiegazione, senza prova e forse senza intelletutalismi, quella spinta capace di dare al mondo una nuova identità o almeno di provare a darla.

E grazie a questo sorso di innovazione svelerà il tentativo di una società che cerca di non crollare su se stessa e di riproporre il solito schema di potere e denaro.

E’ un libro molto più complesso del precedente e pertanto anche più affascinante, uno di quei libri da leggere e rileggere in continuo per trovarne altri significati e altri stimoli di riflessione.

Qua i protagonisti divengono davvero complicati, e forse risultano migliori del loro stantio cliché.

Ecco che Mary addomestica Holmes e gli fa ritrovare il suo cuore, quello sacrificato sull’altare dell’alterigia.

E al tempo stesso Mary grazie a Sherlock trova la sua autentica dimensione femminile.

Come?

Beh leggetelo per scoprilo no?

“Enola Holmes. Il caso del ventaglio segreto, Il caso del messaggio perduto, il caso della lettera in codice.” di Nancy Springer, DeA. A cura di Alessandra Micheli

Se penso a una canzone da associare ai libri di Enola Holmes, beh non posso non citare lui Bruce Springsteen nelle inedite vesti di menestrello con la sua Sessions Band, If I Should Fall Behind.

Perché proprio quella direte voi miei amati lettori?

Non solo perché ovviamente Io amo, amo infinitamente Bruce, ma perché in questa melodia che è una ballata dal sentore antico e moderno al tempo stesso, si spiega anche la particolarità di questi libri, per ragazzi mi dicono, ma che appassionano anche noi adulti.

Cosi convinti di avere le verità oramai a portata di mano che non si interrogano più su nulla.

Convinti di essere maturi,saggi e sopratutto fieri delle proprie convinzioni.

E dei propri valori inossidabili, convinti che essi siano nostri e nono un prestito indesiderato della società in cui noi cresciamo.

E in cui dobbiamo, volenti o nolenti iniziare a ballare.

E cosi, al pari di If I should fall, Enola si affaccia sulle pagine dei libri quasi con sfacciataggine ma con pudore.

Da subito la consideriamo inopportuna, assurda, distratta ma sopratutto inadatta e scomoda per ciò che le nostre aspettative ci obbligano a volere.

Non noi, ma le aspettative.

E questo accade con I libri, con le scelte di vita, con persino i gusti letterari e i valori.

Del resto un neo vittoriano che parli di Holmes, di quel dio della logica venerato da tanti appassionati deve seguire delle regole.

Sherlock deve brillare, deve darci emozione e farci inchinare davanti alla sua divina sapienza.

Ma già dai primi libri Enola, che non è altro che l’anagramma di sola, inizia a darci disturbo.

Troppo selvaggia, troppo ribelle, troppo intelligente per questo mondo cosi strutturato.

E cosi mentre con i primi libri, quasi goffa e confusionaria da prova di essere la regola rivoluzionaria in una comoda atmosfera tranquilla e anche noiosa.

Il ritmo dolce e malinconico della musica cambia.

E diviene frenetico, persino impertinente come il ballo irlandese simulato con Pay Me My Money Down.

E nei libri seguenti, tutto cambia, precipita o migliora.

In ogni libro Enola da battaglia ai suoi fratelli, il famoso e rigido Sherlock e il morigerato e pomposo Mycroft.

Tutti e due un pò ottusi riguardo alla natura umana re femminile sapete? Persino lui Scherlock cosi convinto che le convenzioni, cve non lo riguardano ovviamente, vadano bene per quella sorella che sfugge alle categorie in cui la società tenta di metterla.

E lei scappa, scappa lontano da ogni tentativo di essere imbrigliata.ù In ogni avventura ricostruisce un pezzo di se, e la parola sola non diveine più uma minaccia.

Anzi.

Si trasforma in opportunità.

Fino a che nel libro Enola e il caso della lettera perduta finalmente vincerà la sua battaglia.

E stavolta non è certo quella che la porta verso l’amore, o nell’abbracciare la consuetudine, perché è la fine di ogni ribelle.

Ma di essere, finalmente la donna che vuole, cosi come è.

Come la vita che ha scelto.

E magari una volta che si è accettata, non scapperà più.

Enola, da sola, magari ricostruirà anche la sua famiglia ma stavolta sarà lei a scegliere che volto dare a questi sentimenti.

E sopratutto..sceglie.

Enola Holmes è la dimostrazione che il proprio futuro, che il vostro futuro ragazze è una scelta fatta giorno per giorno, pezzo per pezzo.

A discapito della famiglia, delle aspettative, delle convenzioni e delle nostre con cui vi istruiscono per poter partecipare la gran ballo.

Sarete voi da sole a scegliere se sarà un tango, una rumba, un rock o un valzer.

Considero questi libri i più meravigliosamente femministi di sempre.

Ma di quel femminismo buono, sano e per nulla impositivo che semplicemente chiedeva questo.

Di poter essere sovrane non solo del proprio tempo, ma della propria vita interiore in primis e esteriore.

Di poter essere sempre cangianti e sempre pronte a inventarvi giorno per giorno senza le catene delle aspettative altrui.

Non vi auguro di essere guerriere ragazze mie.

Ne principesse, ne altro.

Vi auguro di non aver paura della solitudine e in quel silenzio sentire, come Enola la voce della vostra anima.

Che cambierà giorno dopo giorno cosi come cambia Enola con I suoi travestimenti.

Siate quello che volete, non ciò che vogliono gli altri.

Ecco cosa vi lascia questo libro.

E dio santo se è il miglior regalo che vi possa fare.