Todaro Edizioni e Roberto Pegorini ci presentano un nuovo romanzo: un giallo veramente ben sviluppato, dalla trama interessante e dai personaggi dalle caratteristiche umane ed emozionali altamente centrate e realistiche.
Conosciamo tutti lo hijab, il velo islamico ma contrariamente a ciò che si pensa il velo non è una pratica esclusivamente islamica. Anticamente anche in Italia veniva utilizzato per proteggersi dalle intemperie, dal vento, dalla sabbia.
Osservando il punto di vista religioso, il velo sul capo rappresenta l’umiltà e la sottomissione a Dio; principi che sono seguiti anche dall’ebraismo e dal cattolicesimo.
Basta andare in alcuni villaggi del sud Italia per trovare donne con il velo sul capo.
Le tipologie di velo sono molteplici nella cultura islamica. Lo hijab è una specie di foulard o sciarpa che copre testa e collo lasciando il volto scoperto.
Simbolo per eccellenza di modestia e fede.
Ovviamente tutto ciò che è estremo e che è forzato prende una forma di violenza ma molte donne indossano il velo per scelta.
Tornando a questo romanzo. Lo Hijab o meglio la sua assenza diventa un indizio molto importante nel caso che l’abile ispettore Valerio Giusti e la sua squadra si troveranno a indagare.
Una giovanissima ragazza di 17 anni viene ritrovata morta, senza lo hijab sulla testa, come se la sua integrità morale oltre a quella fisica fosse stata deturpata e violata.
Umut è il suo ragazzo, un giovane pakistano umile, educato, modesto, il quale pensa che l’essere gentile nella vita sia il biglietto da visita più importante.
È innamorato della sua ragazza anche se le loro famiglie hanno forti disaccordi e attriti tra di loro.
Umut è un ragazzo pieno di sogni, che lavora nel ristorante pakistano di suo zio per potersi pagare gli studi e per poter costruire le basi di un futuro migliore.
La sua posizione da immigrato straniero e oltretutto islamico non gli rende la vita facile in una Milano che pulsa, che vive, che si muove veloce nella sua quotidianità fatta di lavoro, di pregiudizi razziali e religiosi.
Immaginate un ragazzo umile che all’improvviso si troverà a essere accusato dell’omicidio della ragazza che amava.
La prosa di questo romanzo è molto intensa e veloce, coinvolgimento immediato, connessione, intesa con i protagonisti, i quali appaiono ai nostri occhi come reali, tanto che il romanzo sembra di viverlo e non di leggerlo.
L’ispettore Giusti è un uomo dalla personalità spigolosa, una vita senza orari, un cuore infranto. Un uomo che aveva avuto una relazione complessa e che da sempre mente perfino a se stesso per paura della verità.
Nel mostrarci le vite dei protagonisti tutti scopriamo come è possibile comprendere il valore di ciò che abbiamo solo quando lo abbiamo perduto. Che anche i poliziotti hanno cuore e sentimenti, non sono immuni davanti alla morte con cui quotidianamente vivono, insieme alla criminalità.
No, non ci si abitua mai alla morte, al dolore delle famiglie delle vittime. Fa sempre un male immenso e non è facile mantenere cuore e testa distaccati dall’empatia quando le vittime sono ragazzini o bambini innocenti.
Si arriva a mettere in discussione persino noi stessi, persino la nostra fede, perfino la fiducia in un mondo che sembra sempre più ingiusto.
La squadra di Giusti è una squadra dinamica e molto ben affiatata, avevano già lavorato insieme a un altro caso di omicidio; ma stavolta si tratta di una ragazzina ritrovata in condizioni terribili.
Il vicequestore Giuseppe Cavalnese ha un rapporto con l’ispettore Giusti scanzonato, di confidenza e di sfottò, ma anche di profonda stima, rispetto e molta complicità.
La sovrintendente Melissa Gardini ha un passato particolare e qualche piccolo segreto che non si può tenere troppo lontano dall’occhio vigile della legge.
L’agente David Egger, il medico legale Giulia Decaroli, Mirko Bettoni, esperto in informatica che ho trovato davvero divertentissimo, un po’ fuori posto, un po’ impacciato.
Jessenia Rahimi è la vittima. Per la polizia preposta alle indagini chiamarla per nome potrebbe essere rischioso.
Come è possibile tenersi a debita distanza dalla sofferenza dei genitori?
Come è possibile non contaminare il proprio giudizio con le opinioni personali?
Il giovane accusato di omicidio era agli occhi della sua clientela un ragazzo per bene, un’opinione diversa da quella che ora le evidenze stavano mostrando agli inquirenti.
Umut è braccato. Sta scappando con la sua colpa o con la sua innocenza tra le mani?
Umut è anche il capro espiatorio ideale per una società che giudica e condanna ancora prima di avviare un processo.
Un ragazzo islamico è il mostro ideale da sbattere sulle prime pagine dei giornali.
Conta di più la verità o le supposizioni?
Quanto può essere dannoso un pregiudizio?
La vita è un oscuro gioco composto di fatti e di teorie, di supposizioni e di pregiudizi.
Come in una partita di tennis la palla balza da un individuo a un altro, ognuno ha la sua voce, ognuno ha la sua storia e ognuno di loro nasconde un segreto.
Nessuno è mai completamente onesto con gli altri e tantomeno con se stesso.
Gli eventi che si apriranno davanti ai vostri occhi li percepirete sulla vostra stessa pelle, l’aspetto umano, professionale e il complesso aspetto dei rapporti e delle relazioni interpersonali sia familiari che professionali e razziali sono complessità che viviamo quotidianamente.
Ognuno di noi ha i suoi traumi, siamo tutti vulnerabili, fragili, tutti abbiamo a volte una tremenda sete di vendetta, tutti possiamo commettere un errore.
L’ispettore Giusti troverà il coraggio di credere al suo istinto ma mettendo nella bilancia indizi e fatti, una bilancia che cerca di tenersi in equilibrio anche nella sua stessa vita. Perché siamo tutti santi e siamo tutti peccatori.
L’autore asserisce che scrivere è un atto estremo di solitudine poiché mentre si scrive si sta da soli con la propria testa, i propri pensieri, la tastiera, il computer o la carta e la penna… eppure questa solitudine quando il libro arriva tra le mani del suo lettore diventa comunione, condivisione compagnia.
Questo giallo mi ha toccato nel più intimo della mia sensibilità, la tragedia che viene esposta in modo sublime dall’autore ci mostra come le schegge del dolore facciano male a chiunque si trovi più o meno vicino al crimine commesso.
Ci sono conseguenze, ci sono emozioni devastanti e contrastanti. Cosa siamo disposti a fare per amore ma soprattutto quando è l’amore stesso che non siamo riusciti ad avere?
Il sacrificio estremo è spesso più estremo persino delle religioni.
La forza della giustizia e dell’integrità morale è l’arma con cui sconfiggere tutto il male che ci circonda e quello che abbiamo dentro di noi.
Complimenti sinceri all’autore che ha uno stile di scrittura davvero coinvolgente e fortemente emozionale ma anche una giusta carica di umorismo che trasmette al lettore quell’energia giusta per superare le parti più difficili di questa incredibile storia di fragilità, di traumi e di vulnerabilità umana.
Bellissimo anche il colpo di scena finale che mi fa sperare che Giusti posa tornare di nuovo a farci vivere emozioni e a farci scoprire nuovi indagini.