“Saluteremo il Sig. padrone”, Stefano Valerio, Buendia Books. A cura di Barbara Anderson

Cosa succederebbe se tutti si dimettessero dal proprio lavoro? A Torino, dopo una strana notte di luna piena, l’operaio Lino, la commessa Fara e il rider Amir decidono di licenziarsi, e lo stesso accade nel resto del Paese: venti milioni di lavoratrici e lavoratori, pressoché nel medesimo istante, abbassano le serrande, inviano lettere e mail, intasando le caselle di posta delle aziende, interrompono la produzione e l’erogazione di ogni servizio, o quasi. A Roma, i ministri esterrefatti pianificano soluzioni e colpi di Stato, tra le organizzazioni politiche già si parla di rivoluzione, l’ingegnere Farouk (cugino di Amir) è chiamato dall’Inghilterra per ideare macchine e robot capaci di aumentare enormemente la produttività e i suoi obiettivi diventano via via più ambiziosi… E se l’Italia diventasse una Repubblica fondata non più sul lavoro, ma sul reddito garantito? Tra fantapolitica e inconscio collettivo, distopia e utopia, un caleidoscopio di vite, eventi e reazioni a catena che cattura, affascina e instilla nuovi, allettanti interrogativi, mentre l’impossibile, forse, diventa possibile…

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Quante volte rientro a casa dal lavoro, dopo il mio turno di 13 ore e 80 minuti di viaggio in totale tra andare e tornare a casa, mi faccio la doccia, do un bacio ai miei figli, me ne vado a letto, leggo qualche pagina di un libro e poi cerco di dormire, per svegliarmi di nuovo alle 5 del mattino e ricominciare da capo. 

Lavoro da 33 anni e la pensione è ancora lontana.

Sono stanca, i turni mi distruggono mi rendo conto che la vita scorre e il tempo che ci concede è sempre meno. 

Vivo nel desiderio di arrivare alla pensione e di poter stare a casa, fare le cose che mi piace fare e per cui non ho mai tempo.

Dedicarmi alla famiglia, al tempo libero, al godermi un po’ la vita. Assurdo che io stia desiderando di avere già 67 anni per poter essere libera dal lavoro con 15 anni di anticipo sui tempi perché ho ancora una “tenera età”.

Il capitalismo sta distruggendo la vita, i lavoratori, il clima, sta danneggiando irreversibilmente la nostra società: sempre meno soldi disponibili, più tasse, rincari allucinanti e se stringiamo la cinghia un po’ di più smettiamo perfino di respirare.

L’articolo 1 della Costituzione Italiana dice:  L’Italia è una Repubblicademocraticafondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Eppure il lavoro scarseggia, le paghe sono misere, gli orari sono allucinanti e il bilancio tra vita e lavoro verge sempre di più solo ed esclusivamente verso il lavoro.

Con questa favola sociale mi sono ritrovata in un’esperienza onirica intelligente, interessante, che mi ha fatto capire che non sono la sola in questo folle mondo dove l’economia che gira è il nucleo di questa cellula pazza.

Chissà quante volte ci siamo posti la domanda di come potrebbe essere la vita se l’Italia fosse una Repubblica non più fondata sul lavoro ma sul reddito garantito?

No, non come il reddito di cittadinanza, qui si tratta di una forma ben più complessa e forse anche più fattibile e giusta rispetto al vano tentativo di dare qualcosa ai propri cittadini selezionando solo alcuni beneficiari.

Mettendo da parte le polemiche e i punti di vista sul reddito universale, andiamo oltre e immergiamoci in questa avventura strepitosa, realistica nella sua fantasiosa realizzazione, che ci mostra persone come noi, che lavorano, che vogliono lavorare, che hanno lavorato una vita e che sono stanchi. Che vorrebbero mollare tutto, smettere di lavorare fregandosene altamente del capitalismo e delle regole che la vita ci impone facendoci diventare servi del padrone.

Gli italiani non sono scansafatiche e certamente vorrebbero lavorare, ma non nelle condizioni di esasperazione in cui li ha portati il sistema.

Non più! Ed ecco che per un evento spazio-temporale misterioso accade qualcosa di incredibile, i cittadini italiani si svegliano una mattina e individualmente, senza alcuna pianificazione sindacale o sociale, decidono di presentare le proprie dimissioni.

Uno sciopero di massa che coglie il paese di sorpresa creando un’implosione allucinante che fa saltare la macchina della produzione dell’economia del consumismo.

Nessuno intende più lavorare, tutto si ferma tranne chi lavora in ambito sanitario e dell’educazione.

Tutto il resto resta immobile, la gente avverte un senso di liberazione e di indolenza, non ha alcun interesse. Non pensa alle conseguenze, a come pagherà le bollette, l’affitto, il mutuo, come farà ad acquistare il cibo.

I cittadini sono esausti e se devono vivere per lavorare preferirebbero morire per vivere.

Tra personaggi assolutamente piacevoli dalla personalità così rassegnata e stremata, tra chi ha qualche sogno nel cassetto e chi vorrebbe poter trascorrere un po’ di tempo con il suo bambino, la storia ci mostra un’evoluzione, un cambiamento che va dalla distopia al militarismo, al colpo di Stato con una fantapolitica grottesca ma che ci mostra il volto attuale della nostra realtà sociale. 

In una storia che è un grido, una protesta, un’anticipazione al fatto che i lavoratori non potranno andare avanti così ancora per lungo tempo. Si arriva inevitabilmente al punto in cui tirando la coda questa si spezza.

Ricordiamo che la storia ci insegna che un popolo affamato fa la rivoluzione e che la variopinta ingordigia di denaro e di potere a lungo andare diventa un mostro dalle grandi fauci che divora perfino se stesso.

Con una narrazione tra il fantastico, il politico e il sociale l’autore ci porta in questo immaginario collettivo di cui confesso avrei voluto realmente fare parte.

Tra i concetti del grande Marx, il quale sosteneva che il profitto delle imprese deriva dal plusvalore prodotto dai dipendenti, riuscirete a vedere il vero volto di ciò che ci è stato imposto come un diritto, come un dovere, come un obbligo.

Se non ci fosse necessità di lavorare potremmo dedicarci ad implementare la conoscenza, la cultura, l’educazione e metterla al servizio del prossimo.

E mi tornano in mente i canti di un tempo tra cui Finardi con Saluteremo il signor padrone che riporta al canto delle mondine nelle risaie: 

Saluteremo il signor padrone Per il male che ci ha fatto Che ci ha sempre maltrattato Fino all’ultimo momen’ Saluteremo il signor padrone Per la sua risera neta Pochi soldi in la casseta Ed i debiti a pagar

Arriverà un giorno in cui ci concentreremo sul bene comune e l’uguaglianza sociale, in cui tutti potremo vivere una vita degna e dignitosa.

I tempi sono lontani ma il risveglio è già iniziato e questa favola fantapolitica ne è già la prova.

L’imprenditore Briatore ha dichiarato che i giovani non vogliono lavorare.

Ma non è esattamente così. I giovani non sono pigri e scansafatiche, hanno solo capito che la vita è una, che la vita è breve e che nessuno ha il diritto di costringerci a lavorare sottopagati e sfruttati. Hanno visto con i loro occhi i sacrifici di una vita dei genitori e non hanno nessuna intenzione (a ragione secondo me) di percorrere la stessa strada.

Il cambiamento è necessario.

Il cambiamento sta già iniziando.

Complimenti davvero all’autore per l’originalità e l’intelligenza con cui ha trattato l’argomento e per i riferimenti marxisti spiegati in maniera sorprendentemente semplice e comprensibile.

Un romanzo da leggere per necessità, con un’apertura mentale e con una reale visione di quello che sarà inevitabilmente il nostro futuro.

Autore: Alessandra Micheli

Saggista per passione, affronto nei miei saggi e articoli ogni argomento inerente a quella splendida e misteriosa creatura chiamata uomo, cosi amata dall'energia creatrice: "che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato" Salmo otto

2 pensieri riguardo ““Saluteremo il Sig. padrone”, Stefano Valerio, Buendia Books. A cura di Barbara Anderson”

  1. Un quadro terrificante, cara Alessandra.
    Soprattutto quello dei tuoi “orari”, delle tue levatacce!
    Io quando avevo la tua età lavoravo ancora 10-12 ore al giorno e – devo essere sincero – mi pesava non poco.
    Adesso lavoro “solo” 8-10 ore e non mi pesa più: cosa farei altrimenti?

    Un saluto di incoraggiamento; sorattutto un complimento per quanto ogni giorno… produci, e soprattutto per i contenuti di questo “quanto”.

    Ciao
    Max

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    1. ciao max in realtà è la recensione, postata da me, di Barbara Anderson. E la sua descrizione è e resta terrificante. Per questo sapevo che lo poteva recensire nel migliore dei modi. un abbraccio

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