“Il carosello delle curiosità” di Amiee Gibbs, Fazi. A cura di Alessandra Micheli

Chiudo gli occhi e li stringo, in questa notte densa come inchiostro.

Chiudo gli occhi perché se li apro le immagini andranno via.

E tornerò su questa terra, dove il mondo va avanti stancamente.

Dove la realtà viene spacciata persino per originalità.

Eppure siamo burattini pronti a ballare al ritmo di una mano che oscenamente ci fa danzare, scomposti e pietosi.

Anche chi come me cerca un briciolo di stranezza, di fantastico, si trova a dover accettare sogni di plastica, gente che millanta di essere il proprietario di un circo maestoso, con essere straordinari a danzarti accanto.

Ma trovi soltanto figure di cartone, spaventate dalla vita e decise a crearsi un mondo diverso per affrontare la delusione.

Noi che ci sentiamo alieni non cerchiamo assolutamente compensazioni.

Noi che nascondiamo qualcosa di unico che all’esterno viene definita deformità, cerchiamo soltanto la strada per tornare a sentirsi a casa.

Nascondiamo una coda di lupo, denti feroci come di orsi, lische scintillanti di arancio come quelle dei salmoni.

E un ghigno che ci fa assomigliare a strane bambole dallo sguardo feroce come quella di un coltello.

Io so come ci si sente a essere definiti strani persino dagli appartenenti dell’èlite del bizzarro.

So come ci si sente a vagare per le strade senza sentirsi mai a proprio agio.

E quanto lo sguardo fisso in un punto in lontananza, oltre l‘orizzonte, disperato alla ricerca di casa, venga scambiato per strano, per inquietante e minaccioso.

So cosa si prova a avere un cuore completamente fuori posto in questo reale.

Mentre gli altri hanno uno che pompa sangue e piastrine, tu dentro hai qualcosa che non batte, ma suona arie da carillon. Siamo coloro che stanno sulla linea dell’orizzonte, tra i materiale e l’Altrove.

Siamo i mostri, troppo diversi per questo mondo che ha un bisogno estremo di categorie.

Siamo troppo scomodi per chi l’invisibile vuole solo sfiorarlo, senza che distrugga la visione perfetta di una vita che passa il tempo a mostrarsi.

E nel mostrarsi perde di vista l’essenza.

Sogni e meraviglie oscure non sono per tutti, eppure tutti le cercano.

Le amano sempre a patto che non invadano la perfezione della tranquillità, finchè i colori non erano troppo forti e stridenti.

A patto che la notte non grondi mai gocce d’inciostro sui vestiti candidi e alla moda.

Vago per strada in cerca di un cielo amaranto.

Vago nella notte nella speranza che il signore dei Crocicchi mi appaia.

E non gli chiederei nessun desiderio.

Solo un abbraccio.

Soltanto un abbraccio.

E che dopo mi porti finalmente al posto chiamato casa.

Mi faccia sentire accolta, protetta, compresa e accettata.

Sogno che il carosello delle curiosità sosti nella mia grigia città.

Sogno che Harlequin mi sorrida, si tolga il cappello mostrando le sue aguzze corna ai lati della fronte.

E svanisca e riappaia accanto a me.

Mi stringa la mano per non lasciarmi mai più.

Perché il carosello non è soltanto un libro.

Non è soltanto il sogno che porta con se il nero rassicurante di una notte che non terrorizza ma coccola

E’ il desiderio profondo di chi l’Altrove vuole sentirlo dentro la propria vita.

Sentire che quelle dita oscure si avvincano all’anima solitaria come viticci di edera a una ringhiera arrugginita, dandole la bellezza che sente di aver perso.

In questa diversità che io avverto come familiare, si svela l’orrore di una vita che non può assolutamente sopportare di aver la magia davvero dentro di se.

La teme, perché la magia è lo specchio con cui possiamo finalmente vederci.

E se non si è sicuri di accettare che accanto all’armonia dei lineamenti di questa strana creatura chiamata uomo, conviva la deformità del difetto, allora lo specchio diventa nemico.

Il carosello delle curiosità diventa il male che scende immorale in strade rassegnate al degrado.

Diventa il tabù che non va mai nominato.

Il signore dei crocicchi non è più il volto addolcito della fine di un’esistenza come la conosciamo.

Diventa l’oppositore, l’avversario, quello che decide per gioco il crollo di ogni nostra flebile conquista.

In un mondo in cui la bontà non è altro che la maschera della crudeltà.

In un mondo in cui il perbenismo è il biglietto da visita giusto per entrare con ogni onore nel ricevimento brillante di lusso senz’anima, il carosello si pone davvero come nemico.

Nemico di tutto ciò che compiamo per cupidigia, per paura, per sentirci finalmente visibili a un mondo cieco e senza pietà.

L’uomo dei crocicchi è vero, realizza i desideri.

E il desiderio è l’arma più pericolosa che abbiamo.

Eppure…

Chi gli si avvicina, chi fissa con candore quegli occhi che sanno diventare pozze neri, ma anche pozze di colme di estrema compassione, chiede una sola cosa.

Una cosa strana, segreta, inconcepibile ai benpensanti.

Inconcepibile a chi ci ha fatto sentire la sua carità, a chi ci ha legato i polsi con le catene della carità.

A chi ci ha richiesto qualcosa in cambio, qualcosa che ci lacera e ci rende invisibile: la libertà.

I sogni.

La fantasia che colora di amaranto il mondo.

Ecco noi gli chiederemo una sola cosa all’uomo dei Crocicchi.

Sentirsi a casa.

Sentirsi meno ingombranti.

Sentirsi osservati con amore, nonostante le deformità.

Sentire il calore della vera accettazione senza baratti.

Ecco che a noi che in fondo chiediamo solo un sorriso anche se non recitiamo la parte che dovremmo, esso appare come il migliore dei maghi.

E io vago per le strade, cercandolo perché ho davvero bisogno di trovare il focolare in cui sostare per rompere il gelo del mio cuore.

Vago nella notte perché so, lo so dentro l’anima, che il carosello un giorno mi chiamerà a se.

E guadando dentro il mio petto, tirerà fori quel cuore fatto a carillon.

E non ne avrà paura, ma lo aggiusterà affinche non smetta mia di suonare quella oscura, rassicurante nenia.

Ecco il carosello che annuncia la sua venuta.

Abbiate il coraggio non di cercarlo come se fosse soltanto un istante in cui poter toccare l’Altrove, senza che l’Altrove tocchi voi.

Fate in modo che invece vi invada.

Lasciate ogni desiderio e non firmate il foglio dall’arcana scrittura.
Guardate L’uomo dei crocicchi negli occhi e chiedetegli soltanto di essere accolti.

Lo farà.

E la vita e l’intero universo sarà completamente diverso da quello in cui stancamente sostate.

Sarà colori, fuoco, bellezza, miracolo e bizzarro.

Ma sarà completamente vostro.

Siamo quelli che restano

In piedi e barcollano su tacchi che ballano

E gli occhiali li perdono e sulle autostrade

Così belle le vite che sfrecciano

E vai e vai che presto i giorni si allungano

E avremo sogni come fari

Avremo gli occhi vigili e attenti e selvatici e selvatici, selvatici

Siamo quelli che guardano una precisa stella in mezzo a milioni

Quelli che di notte luci spente e finestre chiuse

Non se ne vanno da sotto I portoni

Quelli che anche voi chissà quante volte

Ci avete preso per dei coglioni

Ma quando siete stanchi e senza neanche una voglia

Siamo noi quei pazzi che venite a cercare

De Gregori

***

Dedicata a voi

compagne di meraviglie e follie.

La vostra bellezza è in quegli occhi senza tempo, ridenti e pieni di dolore

Sei tu il mio uomo dei Crocicchi Barbara.

Sei tu la mia Casa Giulia

Siete voi che avete avuto la capacità di riparare gli ingranaggi rotti di un cuore.

Autore: Alessandra Micheli

Saggista per passione, affronto nei miei saggi e articoli ogni argomento inerente a quella splendida e misteriosa creatura chiamata uomo, cosi amata dall'energia creatrice: "che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato" Salmo otto

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