“L’ultima luce del faro” di Francesco Falconi, Sette Chiavi. A cura di Alessandra Micheli

Le illusioni sono per l’anima ciò che l’atmosfera è per la terra. Toglietele quell’aria tenera, e la pianta morirà, i colori svaniranno. La terra su cui camminiamo è cenere estinta. È magra quella che calpestiamo, e ciottoli spietati ci feriscono i piedi. La verità ci annienta. La vita è un sogno. È il risveglio ad ucciderci. Chi ci deruba dei sogni, ci deruba della vita.

Virginia Woolf

Virginia ha ragione mio lettore.

La vita è un grande, incedibile e spaventoso sogno.

E noi siamo immersi fino al collo in questo mare a volte burrascoso a volte placido.

E forse ne siamo felici.

Pensate alla bellezza dell’infanzia.

Ve li ricordate i giorni lieti dei vostri meriggi estivi?

Quando tutto sembrava sospeso, in attesa di chissà quale magico evento.

Ogni strada di portava vicino alla fine di un arcobaleno che indicava un tesoro nascosto.

E noi eravamo pronti a scavare senza paura per scovarlo.

Ogni angolo buio era l’altro segreto in cui si rifugiavano le rubiconde e maliziosa facce allegra cdi strani esseri provenienti dallo squarcio tra i mondi.

Ogni sera era foriera di avventure, patria di draghi e di mostri da combattere con spade di legno per poi finire a abbracciarsi e bere idromele sotto la luna eterea.

E non c’era giorno in cui non si poteva credere, credere alle possibilità, ai miracoli, all’incredibile e all’impossibile.

Credere soprattutto nella fiaba che avrebbe coronato la tua parentesi di vita, facendoti crescere, e rendendoti capace di realizzare ogni obiettivo, seppur lontano, seppur nebuloso, seppur difficile da raggiungere.

Convinti che una volta divenuti grandi, avremo conquistato la luna.

E siamo cresciuti un giorno, cosi all’improvviso.

I sogni fanciulleschi sono svaniti al rintocco dell’orologio che sanciva l’arrivo dell’alba.

Ma il sole che illuminava il nostro nuovo tempo, ci restituiva un paesaggio che aveva perso un po’ di..meraviglia.

Non vedevamo più gli arcobaleni ma solo il fastidio della pioggia. Della salita sentivamo soltanto la fatica, le gambe che non reggevano il peso della disillusione che mano a mano oscurava la bellezza degli orizzonti da raggiungere.

E la giostra della vita non dava più allegria e movimento, ma ci rendeva frastornati e disorientati.

Senza un indicazione capace di farci orientare.

Ogni speranza richiedeva un tributo di sangue, sangue versato dal cuore capace di irrorare una terra sempre più arida.

E notti solitarie in cui nessuno sguardo malizioso occhieggiava dai vicoli, invasi da terrori, ansie e minacciose ombre.

Si cresce mio lettore.

E crescere comporta svegliarsi dal lungo, dolcissimo sogno.

Comporta spesso abbandonare le speranza e tentare di sopravvivere, nel modo migliore e adeguarsi pertanto all’imposizione di una società affamata e assetata di giovanili energie.

Vivere comporta il tentativo costante di non arrendersi, mentre però la gola si stringe in un groppo di lacrime difficile da ingoiare.

E tu inizi a sentire strisciare nelle vene, quello spleen, quel male di vivere che trasforma un Albatros fiero e elegante nel cielo, in qualcosa di ridicolo e goffo, costretto in terra.

Come si resiste?

Alcuni di noi si abbandonano alla corrente e diventano semplicemente burattini, che si agitano scomposti nel teatro allestito per un pubblico pagante, manovrati da Mangiafuoco senza poesia.

Costretti a recitare un copione prestabilito, giorno dopo giorno, finché tale ripetizione appiattisce lo spirito e consideriamo questa, l’unica vita possibile, l’unica alternativa a un anonimato che ci terrorizza.

Perché le urla sguaiate, le risate fragorose diventano le uniche a farci compagnia.

E poi c’è chi non riesce, non riesce proprio a rinunciare a se stesso

E conservano gelosamente, la fanciullezza dentro il cuore, sapendo però che il pegno da pagare è una grande solitudine.

Chi non si adegua non è soltanto solo con se stesso.

Diventa il simbolo di una resistenza, strenua, contro l’omologazione, contro il conformismo.

Fin a che la sua stessa umanità quella che da vita ai sogni, diventa un ricordo lontano.

E’ il destino degli scrittori.

Quelli che per noi assolvono al compito di diventare emblema della resistenza contro il vuoto dell’oblio.

Comprendete che nome responsabilità?

Il loro male di vivere deve essere sublimato e diventare la ribellione, quella espressa almeno, da opere che pertanto Devono essere eterne.

E per diventare eterni, mio lettore, devi per forza annullare la tua umanità.

Virginia Woolf è una di quelle anime.

Successi e fama non leniscono il dolore che ha dentro.

Non acquietano i mostri che la divorano, che la fanno sentire sempre fuori posto, che alimentano quell’angoscia che preme forte sul petto.

Essere simbolo significa significa radunare i ricordi dentro un cassetto, e trarre da esso soltanto storie.

È stato il suo non far mai pace con il passato a contribuire a far nascere personaggi che oggi noi amiamo cosi tanto, che parlano di noi, che ci prendono per mano lungo questa tortuosa strada.

Loro che tagliano i fili con forbici acuminate e ci rendono liberi.

Per ogni Orlando, per ogni Mr Dalloway una parte di Virginia è essiccata al sole del non detto.

Dalla sua volontà di essere eterna e di lasciare il suo segno nel mondo.

Ma non lo ha fatto con se stessa.

Si è totalmente data a noi, fino a scordarsi di essere donna, fragile, insicura, piena di energia cosi come di dolore.

Riversandolo su carta lei ha slavato noi, ma ha condannato se stessa.

E nella sua storia questo lato non è mai compreso, non è mai stato “venerato”.

Ci pensa l’arte di Francesco Falconi a donare sollievo all’anima tormentata di Virginia.

E forse restituendole la dimensione terrena che le spetta.

Perché per noi lei è irraggiungibile, eterea persino nella disperata fine.

Eppure mai, come in questo libro in cui i fantasmi del passato si liberano da quel cassetto nascosto nelle pieghe del sui io, lei è donna.

E non più mito.

Il dolore redime la sua intera esistenza, ignota agli occhi curiosi della gente, versata pezzo per pezzo nell’arte immortale.

Del resto non è un modo per svanire, per non osservare le macerie dentro il cuore, se non rinchiudere frammenti di se nei libri?

Durante una disperata notte Virginia torna integra.

In un viaggio onirico e misterico si comprende il perché della sua assurda, frenetica, ossessiva volontà di scrivere.

E la sua drastica scelta finale, quella che metterà un punto alla personale storia di una grande donna.

Una donna che appare soltanto l’atto di uno spirito stanco, che ha dato all’universo ogni stilla di passione.

Ed è ora l’universo a ricompensare il suo ultimo sacrifico, portandola a vagare senza memoria nelle pieghe del tempo, nella grotta sotterranea della sua cangiante e ferita intelaiatura.

E cosi l’ultima luce del faro brilla per un istante, fino a spegnersi con un ultimo brillio coraggioso.

Il sipario cala sulla sua vita.

I conti sono stati pagati e la matassa dipanata.

Virginia è tonata a essere donna, ma non per questo ha smesso di essere immortale.

Virginia è ora l’ombra che sorride con gli esseri dell’altrove, in ogni angolo buio, in ogni vicolo solitario di ogni strada percorsa oggi da noi.

Con una scrittura aggraziata, perfetta e ricca di eleganza e di pathos, Falconi ci restituisce un ritratto unico di un talento altrettanto unico.

Autore: Alessandra Micheli

Saggista per passione, affronto nei miei saggi e articoli ogni argomento inerente a quella splendida e misteriosa creatura chiamata uomo, cosi amata dall'energia creatrice: "che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato" Salmo otto

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