
Sapete che dote può avere il fantasy?
Non solo quella di farci immaginare scenari mitici, avventure indimenticabili.
Ma quello di raccontare in modo approfondito e per nulla scontato il viaggio interiore che ciascuno di noi compie per diventare adulto.
So che molti di voi storceranno il nasino di fronte a queste affermazioni, e vi odo voi giovani menti borbottare “ridaje questa con il viaggio dell’eroe!”.
Per molti amanti o pseudo-amanti del fantasy questo non è altro che un cliché da storpiare o da distruggere cercando altri archetipi per il genere. Ecco che inizia la ricerca dell’originalità e una sorta di spavalda sfida al povero buon Campbell.
Come, vi sento dire, sbaglio a citare il sommo studioso?
Come?
Non era Campbell ma Vogler?
Errato miei cari piccoli hobbit.
Quel viaggio che voi tanto schifate, non fu raccontato e illustrato( a parole si intende) da Christoper Vogler.
Egli presa ad esempio il sommo studio del buon vecchio etnologo ( studioso di miti e di storie, non di vini quello è l’enologo, invisibile frequentatore di tanti gruppi di lettura e scrittura) un certo ( fantastico) Joseph Campbell studioso di miti, di religioni, di faccende totalmente umane che avevano a che fare con la socializzazione, l’acquisizione di valori societari e sopratutto la crescita umana.
Nel suo libro non ha solo raccontato i libri di impronta fantasy, ma elaborato una vera Mappa delle fasi di apprendimento e crescita di uno strano essere, più oscuro di elfi e draghi, un certo uomo nato da, cosi raccontato, fango e alito divino.
E infatti il suo libro si intitola proprio l’eroe dai mille volti, cosi come mille e più sono le sfaccettature dell’essere umano, fatto di sottili fili spirituali e materiali, curiosità e avventatezza, limite e rigore.
Si interessante direte voi, ma cosa centra tutto questo colto discorso con il buon vecchio Venturo?
Prima risposta.
Vi erudisco e la conoscenza certo non vi fa male.
Secondo Venturo che lo voglia o no, che sia deciso o no a tracciare strade diverse, si nutre fondamentalmente della sua esperienza umana, di uomo, padre, marito amico, lavoratore eccetera eccetera e lo piazza, con una puntugliosità tutta sua, su carta.
O pc.
O tavoletta d’argilla, o roccia di tufo.
Non importa il mazzo ma lavora su quei archetipi che dentro di lui crescono. Non a caso, l’introduzione di pregiata fattura ( chi si loda si sbroda, ma pazienza) sottolinea come nel libro esistano riferimenti a altre storie, a altri artisti facendo cosi del libro non solo una splendida rocambolesca avventura, ma una sorta di macchina temporale dove sono racchiuse tutte le nostre conoscenze, letterarie sopratutto, ma anche immaginarie.
A iniziare da ballate che rimandano a storie della bibbia, raccontate in versi e rinnovate da uno strabiliante Vecchioni.
Ecco che allora il giovanissimo Conrad inizia il suo percorso da adulto. Un incarico improntate, di quelli che solo i membri rispettabili di un clan o di una società possono portare a termine.
Ecco che richiamando le avventure di un altro gruppo di ragazzini ( memorie da anziani eh, mio caro Andrea) intraprendono non solo un viaggio materiale, ma soprattutto interiore.
La meta?
Rifiutare l’apparenza delle cose e immergersi nella sua profonda essenza.
Nulla è ciò che sembra.
Scontato direte voi?
In realtà in un mondo cosi dedito a signora immagine, andare dietro di essa, scavare nei segreti di un volto o di una storia o di un sentimento, è questione da ricordare.
Perché oggi l’immagine è tutto.
E domina incontrastata facendoci perdere davvero ogni coordinata per addentrarci in un mondo molto più complesso di un immagine su instangramm.
Allora leggete prue il libro come un momento di puro godimento mentale.
Ma imparare davvero che nulla è come sembra.
Che ogni azione anche la più banale nasconde un insegnamento degno del miglior filosofo zen.
Buon viaggio!
Pingback: “Lo specchio di Nadear” di Andrea Venturo, Myth Press. A cura di Alessandra Micheli | Malichar