“Lady Killer” di Martina Cole, La Corte editore. A cura di Alessandra Micheli

LadyKillerCOVER.jpg

In un mondo in cui il libro esiste solo come apparenza virtuale lady killer fa, finalmente la differenza.

E’ la materia che si rivolta contro l’illusorietà transitoria dell’immagine che snatura il testo dalla sua legittima origine quella nata da un misteriosa e arcana unione tra creatura e pleroma.

E’ qualcosa di reale e tangibile che mal si accosta con il soffocante senso di indefinitezza che adombra oggi la nostra esistenza.

Siamo su ogni piattaforma eppure i nostri tratti si confondono.

Siamo lontane chimere che rendono l’idea che ci ha creati solo una patina ombrosa.

Non esiste più nulla che si riferisce alla corporeità né lo sfogliare delle pagine, ne il ripetere le frasi perché esse acquisiscano una loro materialità e diventino corpo vivente.

E la colpa non è dell’era digitale che ha trasformato il cartaceo in formato dai strani nomi alchemici sigle che nascondono un universo di simboli epub, pdf mobi.

Essi continuano a illuminare il volto dei lettori perché si fanno sfogliare, rivelando le parole che iniziano a danzare un ballo indecifrabile davanti ai nostri occhi.

Le parole che sia carta o reader escono dai ristretti confini e divengono pensiero, riflessione, immaginazione e al tempo stesso realtà da osservare rapiti a ogni nostro passo.

Quello che oggi manca è proprio il senso dell’esistere.

Un libro esiste perché lo osserviamo, non perché lo leggiamo.

Lady Killer si ribella a tutto ciò.

Inizia a materializzarsi dinanzi a noi solo dopo il nostro atto consapevole di sfogliarlo.

Inizia a parlare soltanto quando le nostre labbra, seppur silenziose danno ritmo alla parola.

E allora diviene un esperienza tattile che non coinvolge solo l’aroma della carta ma quel lato del nostro cervello adibito all’immaginario.

Gli odori evaporano sia dal digitale che dal cartaceo stuzzicando, non sempre con piacevoli effluvi, le nostre narici.

Odore ferroso del sangue, quello acre del terrore quello nauseabondo della carne che marcisce dopo essere stata violata.

Continui colpi al cuore, continui schiaffi a un anima assopita e troppo assuefatta a orrori quotidiani, da restare impermeabile alla presenza del male.

E cosi con il suo ritmo apparentemente lento, Lady Killer scava nella coscienza, ponendo gli accenti sui perché ma sopratutto mettendo in rilievo l’unica cosa che non vogliamo assolutamente vedere: l’origine di ogni orrore, di ogni atto blasfemo, di ogni malattia mentale cosi devastante da portare all’atto supremo di sopraffazione l’omicidio seriale.

In quella catena di morte il protagonista diviene il capro espiatorio di ogni nostra disattenzione, di ogni nostra stupida idea che pone la basi, sempre per legittimare in modo inconsapevole un azione.

Tutto il testo è pervaso da una rabbia contenuta avvinta a un certo tono sarcastico: la Cole ci invita a osservare ogni nostra consuetudine sociale, anche quella apparentemente meno crudele, quella dell’ironia sui sessi, quella della superficialità con cui noi ci esprimiamo sulle differenze di genere e da li impianta la trama.

Sono, dunque le nostre sviste, l’accettazione sociale di una certa misoginia nei rapporti che forse, possono dare l’avvio e la basa simbolica di tanti, troppi comportamenti estremi.

E cosi una battuta fatta per goliardia, in realtà nasconde un intero mondo simbolico atto a distruggere la specificità e la complessità dell’altro.

Nel ripetere quasi ossessivamente puttana la Cole ci introduce nel lager della parola che, un a volta depositatasi sul volto della prescelta la condanna alla lenta morte per asfissia.

Dentro un concetto chiuso divenuto stereotipo, non c’è assolutamente via di scampo.

La mente si adagia sul conosciuto tanto che ogni comportamento strano, poco comprensibile verrà etichettato dal concetto a cui siamo abituata.

E cosi la donna che lavora, puttana.

La donna che mostra con fierezza la propria corporeità: puttana.

La donna che cade nel fango, non viene per nulla accolta da una mano tesa, per farla rialzare, è puttana.

Va sfruttata.

Quella che decide di non cedere al diktat della solitudine: puttana.

Quella che osa camminare per strada di notte, non importa se per comprare il latte al figlioletto è puttana.

L’intero libro è costellato da donne normali che vengono definite da un concetto con l’intero plauso vigliacco e silente della società.

Nessuno tenta di opporre resistenza: la condanna seppur taciuta è da tutti assolutamente condivisa, tanto da far risuonare un sussurro osceno: se l’è cercata.

E le donne protagoniste sono donne che lottano contro questo omertoso sistema.

Alcune con comportamenti ribelli, alcune con la dolorosa consapevolezza di essersi arrese ma non per questo capaci di sopportare gli abusi, alcune con la volontà strenua di non mollare mai, di andare contro ogni definizione e ogni archetipo.

E cosi la donna che ha amato fino a annullarsi ritrova la libertà di scelta, andando con annosi dubbi ma con un cipiglio fiero, contro ogni pregiudizio.

E’ cosi che ritroviamo la domanda che ci attanaglia da sempre può n comportamento definire totalmente l’essere unano?

Possono in fondo le scelte davvero definire chi siamo?

O dalle scelte, seppur sbagliate, possiamo trarre insegnamenti e la possibilità di modellarci?

Ho sempre pensato che è la decisione di quale strada si intraprende, a donarci la nostra identità.

Come direbbe la Rowling sono le scelte che facciamo a dirci il nostro segreto nome.

Ma è pur vero che scegliere non è un termine cosi facilmente capibile e identificabile.

Perché quella che noi cimiamo scelta a volte non è che un alternativa tra due strade eccessivamente rigide o sopravvivi o cedi.

La scelta presuppone la consapevole “analisi” di ogni opzione e delle conseguenze o benefici che portano con se.

E’ prendersi tempo per capire la propria sete e cercare la bevanda adatta per spegnerla.

A volte l’educazione è un macigno che pesa su di noi, accentuata dall’omertà di un mondo e di un quartiere e di una società sorda.

E cosi ognuno preso dai problemi quotidiani, magari fiero perché è riuscito a non crollare e abbracciare l’abisso, guarda le categorie deboli, quelle che hanno una famiglia violenta o un padre deviato con compassione e un pizzico di malizia, perché la frase che ci risuona nella mente è premise la stessa: la mela non cade lontano dall’albero.

Allora che scelta è?

Se io sono predestinato a compiere il mio destino segnato dall’eredità familiare e dall’educazione ricevuta senza va di scampo, che scelta sarà mai?

Se non ho la possibilità di contemplare un modo di vita diverso, una famiglia diversa da quella che mi ha abituato a botte e umiliazione, che essere umano sono?

Ecco che alcuni dei personaggi di lady killer non sono altro che cavie di un esperimento sociale agghiacciante: quello che decide il nostro futuro e che guida le nostre azioni secondo percorsi prestabiliti.

Quello che ci pone sulla testa la spada di Damocle dell’ereditarietà.

Un futuro già tracciato in modo rigido, che non fa che legittimare il pensiero che, in fondo, criminali ci si nasce.

Che è un lato della nostra anima a decidere se abitare nel mondo luminoso o n quello oscuro e sotterraneo.

E cosi George è già definito.

Ha la sua strada già scritta e decisa.

E’ un fallito e un debole che non potrà non prendere il crine scivoloso del male.

E se invece fosse il nostro mutismo contro l’ingiustizia a spingerlo?

Se fosse qualcosa di marcio in seno alla nostra società ad aver bisogno di creare i mostri?

Perché quando il male erutta in quella tranquilla cittadina sono si tutti orrendamente sconvolti, ma quasi segretamente felici che la sonnolenta routine sia scossa.

Sicuri che poi tutto sarà portato alla normalità e che il male colpirà solo le famiglie deboli.

Le famiglie dei deviati.

Ma il male oramai liberato dalla sua ctonia prigione inizia a ridere beffardo delle nostre borghesi convinzioni e rivela in ogni perfetta famiglia, verità agghiaccianti, verità cresciute sotto gli eleganti tappeti, verità che in primis feriscono la nostre certezze.

E cosi il criminale è un uomo fragile e l’uomo perbene diviene un mostro. La Cole gioca con la psicologia e ci mostra in ogni dettaglio quei lati nascosti che, spesso nei thriller sono celati.

Nessuno in fondo scopre mai davvero le carte, nessuno entra nell’anima dei buoni o dei cattivi e vi svela la complessità umana.

La Cole si.

E lo fa fregandosene se incontrerà le nostre resistenze.

Se ci farà piombare nell’incubo del provare compassione per il male. Perché solo quando capiremo che è solo un bambino spaventato reso offerte per qualche osceno dio pagano, forse non avrà più quella potenza distruttiva.

Quando un libro non vuole essere apparenza ma riflessione, diventa una voce difficile da dimenticare.

Anche ora che ho chioso il libro e sigillato con una lacrima, non riesco a dimenticarlo.

E forse saranno le parole impresse a fuoco dentro di me a farmi vedere la vita, la mia società, e l’altro in una nuova veste.

Quella che definisce l’essere umano non solo dalle sue azioni, ma che scende in profondo in quell’abisso tanto temuto per capire chi è il padre e chi è la madre di quelle scelte cosi devastanti e autodistruttive.

E forse imparerò anche che ogni parola, ogni definizione, ogni discorso è un mattone che costruisce la nostra realtà e va posizionato con estrema accurata attenzione.

Perché è dal concetto che possiamo erigere un inferno o un paradiso.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...