“Omega. La fine è solo il principio” di Licia Oliviero. A cura di Alessandra Micheli

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Scrivere un fantasy anche nella sua versione più moderna, ossia l’urban, non è sicuramente un impresa facile.

Nonostante la costante richiesta da parte dei lettori di originalità e innovazione, gli amanti del genere suddetto sono limitati dal concetto cardine che lo identifica e lo caratterizza: il percorso dell’eroe.

Senza tenere conto delle teorie che lo hanno reso famoso, il fantasy perde la sua autentica connotazione e rischia di divenire un banale resoconto di fantasie private.

Il percorso di crescita e l’acquisizione di consapevolezza, dunque, devono brillare come radiosi raggi all’interno di ogni capitolo, devono sbocciare dalla parola alla mente intrigata del lettore, raccontando per archetipi la ricerca doverosa di se stessi.

E questo avviene nel caotico e al tempo stesso ordinato del regno dell’immaginario.

E’ solo in quella dimensione, come la chiamerebbe l’abate Kirk del numinoso, che i contrasti e le differenze trovano la loro unione e laddove le contraddizioni vengono risolte.

Anche in Omega, quindi, la nostra balda autrice ha tenuto conto di questo fondamentale dettaglio.

L’intero testo, seppur ammantato anche di altri significati, pone la protagonista, Meg di fronte a se stessa, alla scoperta della sua identità e successivamente all’ardua scelta se accettarla, quindi se accettare il destino stabilito da un autorità esterna, o propendere per un altra strada, voltando bellamente le spalle al suo apprendimento.

Ed è in questa scelta che si innesca l’originalità e la modernità di un testo sicuramente godibile, sicuramente scorrevole a una prima lettura ma che, al pari del baule dell’Humpty Dumpty di Alice, contiene significati molto più profondi e importati per noi oggi.

Andiamo a scoprirli assieme.

Come ho già accennato questo fantasy come tutti i fantasy che si rispettano, pone la centro della sua narrazione la scoperta del se e delle potenzialità del protagonista.

Che pertanto diviene eroe nel senso atavico del temine, colui a cui è stata affibbiato da qualche autorità religiosa o politica, il compito di portare ordine nel caos. In questo contesto richiamando un antica leggenda celtica, il nuovo ordine deve nascere dalle ceneri di quello vecchio.

Come la leggenda che ci narra di come,  il re dell’inverno o il re cervo, deve essere sconfitto e quindi metaforicamente ucciso dal nuovo giovane re.

Questo comporta un vero e sacro passaggio di consegne: la morte, quindi la fine di ogni ordine, comporta necessariamente un nuovo inizio.

Omega, lo si intuisce già dal titolo non disdegna affatto questa pratica.

E’ necessario che il mondo, che i valori, che l’interpretazione del reale della stessa Meg venga ucciso da un suo atto consapevole affinché il caos si trasformi, appunto, in ordine.

E anche questo simbolico atto viene sancito con un uccisione (in alcuni fantasy esiste addirittura lo smembramento).

Cosa c’è di originale allora?

Nella modernità viene spesso messo in discussione il concetto stesso di autorità.

Siamo cosi subissati da voci che ci indicano il percorso migliore da sviluppare per contribuire al benessere del sistema, da aver soffocato ogni afflato interiore, ogni libero e ribelle arbitrio.

Sappiamo cosa è giusto e cosa no, dove sta il bene e il consono e dove sta il male ossia il politicamente scorretto.

Siamo in sostanza apparentemente più liberi eppure prigionieri di convezioni sociali fondate e impossibili da mettere in discussione.

Eppure il tempo scorre fluido, apportando sia all’esterno che all’interno di noi stessi e quindi del reale che noi produciamo con un inconsapevole atto mentale, i necessari aggiustamenti che ci consentono di evolverci e quindi di vivere sempre al meglio.

Senza questo accorgimento la rigidità del nostro sistema mentale ci porterebbe all’estinzione.

E’ tramite l’apprendimento delle regole sociali che noi diventiamo cittadini e soggetti di diritto.

Ma è tramite un altro necessario passo che ci porta anche a rifiutare questi dogmi, che noi diventiamo persone.

Sono necessari tutti e due e Meg li vive in prima persona.

Scopre chi è e quale compito un certo tipo di autorità gli ha consegnato.

E’ stata cresciuta per quell’evento e quella strada o quel destino deve percorrere.

E’ quindi una predestinata.

Questo significa che, in fondo, non ha addestrato un elemento che la rende umana: ossia il libero arbitrio.

Una volta compreso il suo ruolo Meg passa al livello successivo (chiamato da Bateson deutroapprendimento) ossia analizza la sua “missione” e si trova a un bivio :accettarla, rifiutarla o adeguare alle sue nuove esperienze tattili, mentali e emotive.

Ecco dove sta l’originalità di Omega.

Meg sceglie, cosi come altri “eroi” di altri fantasy non possono fare.

Meg decide che esiste la terza via per portare ordine nel caos e comprende come, in fondo, chiamiamo caos o disordine ciò che non è ordinato secondo la nostra personale mappa mentale.

Meg apprende, quindi la relatività dei concetti liberandoli dalla rigidità delle etichette.

E cosi i personaggi accanto a lei divengono grigi.

In questo grigio però non c’è indeterminatezza e relatività: c’è la volontà compassionevole di comprendere i drammi, di comprendere come certe scelte e certe etichette sono appiccicate per convenzione, per un politicamente corretto che, di etico poco ha.

Il cattivo diviene quindi un personaggio a cui è stato imposto un modo di essere, è stato costretto non da una liberà scelta ma da una necessita.

Ecco che in questo mondo in cui ci troviamo a dover accettare la maschera societaria per salvare un sistema traballante, Omega può fungere da spinta per un acuta e interessante riflessione: quanto la maschera che indossiamo deve davvero decidere la nostra identità?

Siamo qualcosa di più profondo delle etichette affibbiate e possiamo, ogni istante delle nostra vita, tramite la consapevolezza scegliere il no.

Scegliere strade diverse.

Scegliere non la voce esterna ma quella che nasce dentro di noi, educata non da facili e stantii concetti ma dal contatto umano e dunque, dall’esperienza

Ringrazio Lucia Oliviero per aver dato alla luce un romanzo cosi particolare, semplice e al tempo stesso ricco e complesso.

 

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