Il blog consiglia “Tommaso. Storia di un medico a Pianura” di Emanuele Scherillo, Giazira Scritture. Da non perdere!

Quello del dottore era il sorriso più resistente che avevo trovato in vita mia”

Ci sono persone che restano nel cuore. Altre, invece, proprio non ce la fanno a rimanerci. Sono incontenibili. Allora non restano soltanto nel cuore, ma anche per strada, nei vicoli, nei bassi di una famiglia, nella cameretta di un bambino, all’angolo sul marciapiede, negli occhi di chi lo ha vissuto o ci è stato accanto.

Si tratta di persone speciali. E Tommaso è una di queste.

L’AUTORE

Emanuele Scherillo è nato nel 1986 a Napoli, dove vive attualmente. Attore professionista e formatore, da sempre coltiva la passione per la Storia dell’Arte, grazie alla quale ha creato il personaggio letterario dell’Ispettore Russo. L’enigma del Cristo velato e Il novizio di Firenze sono i primi due romanzi della serie in pubblicazione con Giazira scritture.

DOVE E COME ACQUISTARE?

I nostri libri sono distribuiti sul territorio nazionale da Libro Co. Italia e sono ordinabili in tutte le librerie anche tramite il circuito Fastbook. Per acquisti online, puoi trovare il titolo sulla nostra pagina https://www.giazira.it/libro/tommaso-storia-di-un-medico-a-pianura, oppure sui principali stores online: Amazon, Ibs, Mondadori, Feltrinelli ecc.

CHI SIAMO?

GIAZIRA SCRITTURE nasce nel 2012. Pubblica narrativa, letteratura per l’infanzia e divulgazione. È una casa editrice che fa dei suoi libri una bussola di vita, un metro di riflessione e benessere quotidiani. Ogni prodotto nasce con l’obiettivo di offrire strumenti di lettura e discussione sull’attualità.

Il peso della vergogna, Serena Mc Leen, Antonio Vallardi Editore. A cura di Barbara Anderson


Quando non ci saremo più che cosa lasceremo in eredità alle nostre famiglie e al mondo?
I guadagni accumulati dopo anni di duro lavoro e sacrifici, la casa in cui abbiamo vissuto e conservato le memorie di una vita; come se fosse una preziosa teca di cristallo esposta nel museo dell’esistenza.
Eppure quella più importante sarà l’eredità morale che lasceremo indietro: quell’eredità preziosa e importante su cui chi rimarrà dopo di noi potrà basare le fondamenta della sua identità personale, scoprendo ciò che siamo stati, le scelte che abbiamo fatto, le motivazioni che si celano dietro quei piccoli grandi segreti che non abbiamo mai raccontato.

L’eredità morale ha una forza immensa, lascia un esempio ma anche una mappa con cui poter trovare la strada complicata e contorta, piena di insidie e trabocchetti che ci darà modo di realizzare quei valori in cui abbiamo fede.

Quella mappa che ci permetterà di identificare gli individui, le circostanze e i luoghi di chi ha la nostra stessa morale, il coraggio, la volontà.

Se potessimo far incontrare ai nostri figli, nipoti, familiari, ciò che nella nostra esistenza ci ha forgiati, feriti, fatto terribilmente male ma anche ciò che per noi ebbe veramente valore; i nostri cari allora davvero non ci potrebbero dimenticare mai più.

Può l’amore essere eterno?

Continuare a esistere e a coesistere tra la vita e la morte?

Sì. Quando nei sentimenti c’è un filo di continuità anche invisibile che rende il senso della perdita e il dolore qualcosa di ciclicamente essenziale.

Questo delicato romanzo inizia proprio con una bambina che dondola su un’altalena, come se quell’altalena rappresentasse proprio la vita, con i suoi alti, i suoi bassi, la voglia di voler andare veloci, quella di rallentare, quella di voler scendere, il pericolo di cadere e di farsi male.

Annabella è la piccola protagonista che diventa grande, che vuole fare le sue scelte, decidere quale sentiero della vita seguire; al di là delle volontà dei suoi genitori.

Lei vuole diventare una fotografa e, seppure deludendo le aspettative e i sogni dei suoi genitori, diventerà proprio quella che avrebbe desiderato diventare.

Allevata da una famiglia per bene, buona, una mamma gentile e un padre presente che non hanno mai cercato di inibire l’estro artistico di questa figlia.
La vita è capace di darci esperienze meravigliose ma tutto purtroppo ha un prezzo e lo scotto da pagare per godere della nostra esistenza è anche quello di dover inevitabilmente affrontare la perdita, la morte e il dolore.
Annabella nel giro di poco tempo perderà tutto ciò che tanto ama; i suoi genitori, poi sua nonna con cui aveva un rapporto meraviglioso e intimo e perderà anche la sua ispirazione artistica. Perché le cose belle in un certo senso sembrano essere sempre collegate come una catena magica dove se un anello si spezza tutto il resto di conseguenza cade, si sfalda, si perde.
Annabella è sola e deve raccogliere i pezzi di una vita in cui era stata felice e ora non riesce a esserlo più.
All’età di soli 29 anni si trova orfana, sola e con un eredità lasciatagli dalla nonna.
Una nonna che spesso aveva visto triste e qualche volta nei suoi silenzi ci aveva sentito delle grida di sofferenza che da bambina non comprendeva. Sua nonna non le aveva mai raccontato la sua storia.
Di sua nonna Angela Bramante, Annabella sapeva tutto dalla nascita di sua madre in poi ma su ciò che era stata la sua vita precedente non aveva mai saputo nulla.
Un silenzio che aveva innalzato muri di cinta altissimi e insormontabili e ora era lì sotto quelle mura immense a guardare verso l’alto per poter capire cosa ci fosse dietro quelle barriere, quegli ostacoli.
Da cosa sua nonna per lungo tempo l’aveva tenuta all’oscuro?
Per proteggerla? O per tenerla lontana da una verità di cui avere immensa vergogna?
La paura di essere giudicati per le nostre scelte ma soprattutto per quelle delle famiglie in cui siamo nate e cresciute lascia su di noi delle eredità morali spesso difficili da portarsi dietro; che pesano come fardelli di cemento, che ci appesantiscono la vita, il cammino e l’esistenza.
Annabella alla lettura del testamento di sua nonna scoprirà che le aveva lasciato la sua villa Magnolia di Torino, il luogo dove aveva vissuto anni felici con la nonna e con i suoi genitori, una somma in denaro che insieme all’eredità lasciatale 5 anni prima dalla morte dei genitori ora le avrebbe permesso di vivere serenamente senza pressioni economiche; ma anche una misteriosa villa derelittica nel Veneto, Villa dei Conti Bramante a Rovigo.
Una villa di cui non conosceva nemmeno l’esistenza.
Annabella sentirà forte il desiderio di andare lì in quel luogo per cercare di sentirsi meno sola, per ritrovare le sue origini, la storia mai raccontata della vita di sua nonna, dei suoi bisnonni, per poter scoprire anche se stessa.
In quel viaggio troverà un diario, un’altra eredità colma di pagine mai lette, di persone mai conosciute o incontrate ma che avevano segnato la vita di sua nonna, motivato le sue scelte, anche le più dolorose e forgiato una donna forte e determinata che nel dolore era riuscita a trovare il coraggio e la forza di ribellarsi al suo destino.
Quando scaviamo nel nostro passato rischiamo di scoprire cose difficili da accettare e complesse da giustificare.
Le persone spesso non sono ciò che appaiono o che cercano di apparire.
Non tutte le famiglie vivono nell’armonia di un focolare domestico sano e colmo di amore e sua nonna aveva vissuto durante il periodo degli orrori della guerra.
Quando ci si trova però in una posizione più privilegiata rispetto a quella degli altri la sofferenza non ci verrà mai comunque risparmiata.
In un vecchio baule polvere, libri, ricordi, abiti e fotografie strappate dove mancano persone; come pezzi di puzzle dell’esistenza che sono andati perduti o che sono stati eliminati per far perdere ogni traccia, non delle persone ma del dolore che queste hanno provocato alla nostra anima, al nostro cuore.
La vita è fatta anche di errori e sua nonna fuggì via da tutto il male che aveva non solo subito ma anche visto infliggere proprio da suo padre nei confronti di persone deboli, fragili e vulnerabili.
La guerra è un mostro che crea altri mostri ma per fortuna ci sono in terra anche angeli dotati di sensibilità, di cuore e di altruismo.
Il peso della vergogna è ciò che per una vita Angela si era portata dietro e che ora dopo la morte era pronta a condividere con sua nipote.
Segreti che aveva tenuto nascosti anche alla sua migliore amica di infanzia e di gioventù perché alcune cose sono così terribili che potrebbero infangare la nostra stessa immagine, sporcata non dalle nostre azioni ma da quelle di chi per logica ci avrebbe dovuto amare, proteggere, ascoltare.
La verità è spietata, la menzogna a volte è necessaria ma una cosa è certa, bisogna sempre fare nella vita ciò che ci fa stare bene andando anche contro le convenzioni, contro le volontà delle famiglie, perfino contro i nostri ideali e soprattutto le nostre paure.
Nonna Angela aveva visto nella nipote Annabella la libertà di essere la donna che avrebbe voluto essere lei stessa.
Quante cose non conosciamo dei nostri cari, persone di cui non abbiamo fotografie, storie mai approfondite.
Di ogni persona conosceremo solo ciò che questa ci permetterà di conoscere e noi faremo inevitabilmente le stesse cose, mostrandoci per ciò che ci sentiamo sereni nel mostrare.
All’interno del diario una storia incredibile di forza, di resilienza, pagine di vita che si intrecciano con la storia del nostro Paese, in una narrazione abile, delicata, rispettosa ma anche molto incisiva e forte, che segna solchi sul cuore dove il sangue che scorre diventa un fiume di sofferenza e di dolore ma anche di coraggio.
Un baule pieno di cose antiche.
Una stanza sigillata dove all’interno si trova un tesoro di cui avere immensa vergogna.
Quanta forza aveva avuto sua nonna per scappare via da quell’atrocità e quanta forza avrà Annabella per poter riparare il riparabile portando a termine la missione sospesa da sua nonna, quella di restituire con il bene, con la generosità, con il coraggio, il riscatto di tutto il male perpetrato su altre famiglie, su altre persone che hanno avuto e subito la loro personale battaglia con la sofferenza, l’umiliazione, perfino la vita.
Una cosa è certa: quando un fardello lo si porta in due quel peso diventa più leggero. Annabella troverà non solo la pace con se stessa ma porterà pace e giustizia anche al nome infangato della sua famiglia.
Non siamo le azioni degli altri, ma nonostante la mancanza di morale altrui, simo comunque capaci di mostrare la nostra etica e le nostre qualità.
A volte chiudiamo porte dietro di noi che non apriremo mai più, a volte chi verrà dopo di noi quelle porte le riaprirà e come un vaso di Pandora lascerà uscire fuori tutta la sofferenza che racchiudeva liberandoci dalle decisioni prese sia per paura, che per vergogna, che per coraggio.
Una bellissima storia di donne, di vita, di storia del Paese, di cultura e di amore, quello che non può mai finire.
Ricostruirsi per ricostruire.



 

PRESENTAZIONE DI “SEI UN MISTERO BLU” DI GIORGIA LEURATTILibreria Mondadori Bookstore Via Roma 61, 02100, Rieti

Sabato 6 aprile 2024, ore 18.00, la Libreria Mondadori Bookstore presenta “Sei un mistero blu” di Giorgia Leuratti edito da Controluna Edizioni.
A dialogare con l’autrice, la mediatrice Roberta Giovannetti e l’attrice Giada Zacchia che si muoveranno tra lo spazio della poesia e quello della sua narrazione restituendo la natura di una scrittura che non aleggia ma esiste, che non astrae ma si concretizza e abita lo spazio.
Sei un mistero blu elegge la poesia come strumento necessario alla narrazione di una storia, una storia inabissante la cui forza si sprigiona dalla deflagrazione del tempo e dalla deformazione della spazialità come diretta conseguenza dello sguardo poetico.
Alla temporalità lineare cui la storia viene oggettivamente affidata, convive una temporalità altra che conduce la parola ad un cortocircuito fino a tramutarla in materia magmatica, malleabile: la parola-materia prende corpo e diviene entità a sé stante, soggetto di sperimentazione che indaga il mistero del linguaggio, il suo catapultarsi e l’accadimento che ne è l’origine.
Si legge nella prefazione ad opera di David La Mantia:
“… Ma il luogo prediletto dalla poeta, quello in cui, più di ogni altro, si combatte (e si perde?) la battaglia, è rappresentato dai nostri corpi. Corpi contorti. Gomiti, mani, occhi, zampe, volto, schiena, ciglia, vertebre. Una torsione di muscoli e ossa nell’abbraccio, che lo rende momento di sofferenza, più che attimo di gioia”
Se David La Mantia indaga in questa scrittura definendola un fortunato enigma irrisolto, l’incontro del 6 aprile si pone come atto di scoperta e condivisione, teso a ripercorrere i luoghi della silloge, le sue rotte e i suoi tempi.
Edito lo scorso novembre con la casa editrice Controluna Edizioni, Sei un mistero blu è la seconda raccolta dell’autrice, dopo“Inchiostro” –marzo 2022-e si pone in continuità con la visione di una poesia che nasce come urto. Se nella prima raccolta, il motore dell’urto era il vuoto, la sua esplorazione e la sua intermittenza; in questa sede la sua forza è la pienezza, landa estrema e ricolma, arena dove si realizza l’estrema battaglia fra l’io che deforma e l’io invaso dalla commozione.
43.
Vedetta invocai, su di un campo sconfinato
vedetta triviale sulle fronde boschive
ove intrepide, d’ogni sorta brulicavano
creature e fantasmi.
Traslucidi, dal lume pervasi
d’interni bagliori, scostavan le zolle
per entrarvi, scivolarvi, estasiati
spauriti, poi arditi.
Il tuo volto ribalta, le zolle della tenerezza.
Giorgia Leuratti nasce a Roma nel 1994. Nel 2018 si laurea in Lettere presso l’Università degli Studi dell’Aquila con una tesi sul drammaturgo francese Antonin Artaud, che sancirà l’inizio di un crescente interesse verso la scrittura e il teatro.
Tornata a Roma studia critica teatrale presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico diplomandosi nel 2020 con una tesi sulla figura dei clown, da Jean Starobinski a Pippo Delbono. Negli stessi anni comincia a scrivere per la testata giornalistica Quarta Parete divenendo giornalista nel gennaio del 2022.
Dieci anni fa inizia una ricerca poetica e stilistica fondata sulla sperimentazione del linguaggio e sulla creazione immaginifica, originata da una visione della scrittura come mezzo vitale di urgenza espressiva.
Esordisce nel 2022 con la sua prima opera “Inchiostro”, edita da Robin Edizioni.
David La Mantia, classe 1963, allievo di Fortini e Luperini all’Università di Siena, è oggi docente di italiano e latino a Grosseto. Ha lavorato come editor e ghost writer e pubblicato testi di tradizioni popolari, racconti, poesie raccolte in antologie. Fa parte del C.T.S. della fondazione Bianciardi, è presidente dell’associazione Portavoce ed è responsabile degli eventi culturali della Proloco Grosseto.

Review party “Edenbrooke” di Julianne Donaldson, Vintage editore. A cura di Alessandra Micheli

Sarà la primavera che bussa con grazia alle porte del tempo e che allontana con fermezza un inverno grigio e cosi secco da aver inaridito i nostri cuori.

Sarà la mia voglia di sognare rinata, assieme alla rigogliosa natura che mi chiede di poter irrorare la mia veglia con immagini delicate e armoniose.

O sarà la vecchiaia che incombe e che mi riporta indietro negli anni, quando anche io sono stata una fanciulla sospirosa, in attesa del suo principe.

No, vabbè l’ultima immagine è ovviamente farlocca.

Non sono mai stata fanciulla, ne sospirosa.

Sono nata vecchia e incarognita mio lettore.

Però, posso assicurarti che all’amore ci ho sempre creduto.

Del resto una famiglia come la mia, con un padre e una madre che hanno gettato al vento le loro vite perché travolti dal vento della passione, come potevo non crederci?

Eh si.

La storia dei miei genitori è degna di un romanzo, perché entrambi hanno superato pregiudizio, l’uno dell’altra e persino convenzioni sociali, ferree, nonostante fossero gli anni settanta.

Al pari di Pihlip e Marianne, sono stati entrambi inseriti, malvolentieri, in etichette e ruoli prestabiliti, da cui hanno avuto l’indubbio coraggio di uscire, fieri e ribelli.

Perché passano i secoli, ma le convenzioni sociali no.

Si modificano, si nascondono, ma restano i paletti fissi entro cui facciamo scorrere una vita che, deve essere più social che privata.

E cosa ha provocato in me, bambina, innamorata già allora di esseri oscuri e dispettosi?

La consapevolezza di come doveva essere l’amore.
E non certo il principe azzurro, con il so depresso cavallo bianco, costretto a portare in sella un fanfaluco con la calzamaglia.

Ne il bello e dannato, strafottente e languido in sella a una moto, costretta a portare il peso di cotanta boria.

Ne il ricco miliardario che, in cambio di un benessere avrebbe posseduto l’intero dominio della tua essenza più pura, barattandola in cambio di agi e lusso.

Ma ..una persona normale.

Con i suoi difetti e i suoi pregi.

Con le sue paura ma altrettanto disposto a accantonarle per poter osservare davvero la donna capitata per caso al suo fianco. Edenbroke diventa, dunque un paradiso non soltanto per le descrizioni di una magione immersa in boschi, con rose che si arrampicano sul balcone per sussurrare parole di fuoco alla fanciulla in attesa.

Non soltanto perché piena non tanto di nobiltà quando ti gentilezza e semplicità, rendendoci edotti di come, la vera ricchezza sia quella del cuore.

Edenbroke è il paradiso perché restituisce libertà negate a chi non si sente a suo agio con le convenzioni rigide e sociali, che costringono la tua vita su binari prestabiliti.

La bellezza delle descrizioni, dunque, fanno da sfondo a una semplice e importante verità: l’amore è capace di liberare la nostra anima incatenata a tante troppe convenzioni.

Edenbrook in fondo non è che il simbolo di una primavera che non ha più paura di imporsi davanti a occhi attoniti.

Lo fa perché ha bisogno di quegli occhi spalancati, liberati da troppe lacrime trattenute, cosi come le nuvole grigie scrollano la loro disperazione sui campi nutrendoli e donando loro il regalo della bellezza.

E cosi accade nel libro.

L’invisibilità di chi si adegua a un ruolo sociale prestabilito e accettato, forse per vigliaccheria, avvolge con uno strano velo scuro, le prime pagine del libro.

Colora di una tinta cinerea la stessa protagonista, si insinua tra le pieghe del suo volto, cosi dolce eppure pieno di rughe di disperazione.

L’invisibilità rende Marianne quasi una macchia distratta su nu candido foglio che ha bisogno disperato di raccontare.

E’ per questo che la vita, cosi come è accaduto ai miei, diventa più forte di quell’invisibilità facendo irrompere nella sua vita apparentemente perfetta, un bell’uragano, inatteso e terrificante, che però non fa altro che prometterle una vita florida e libera come vigorosa e libera è la natura che tanto ama, se è capace di rinunciare alla tranquilla routine rassicurante che però colora di riflessi plumbei il cielo della sua anima.

Ed è in quel momento che Marianne si rivela. Nei desideri semplici scorgiamo abissi di un dolore inespresso, quello che soltanto un lutto, o una profonda mancanza possono causare.

La sua anima si rivela colorata, ma costretta a indossare il saio grigio della rassegnazione.

E mentre conosciamo la profondità della protagonista, ci accorgiamo che quella sua remissiva accettazione stona, stona con una passionalità a stento trattenuta.

E mentre lei si definisce, pagina dopo pagina.

Non riesce più a sentirsi a suo agio in nessun contesto.

Ha imparato a conviverci, è vero.

Ha impara a apprezzare una nonna, dura e coriacea, ha accettato a malincuore gli agi che la vitale offre a Bath.

Ha imparato a rinchiudere quel desiderio di libertà soltanto in un acuto e persistente senso di nostalgia.

Ma mentre Marianne si rivela cosi complessa, stridente con il confronto di una gemella perfettamente omologata lei diventa reale.

Il suo incespicare con coraggio, quel cercare di assecondare regole che sente imposte, ma anche l’arguzia di accettare imprevisti che le possono però consentire un minimo di libertà.

Tutto senza ammansire del tutto il tumulto che ha nel cuore, a cercare di tappare l’anima verso le grida disperate del proprio dolore.

E se si è costretta a vivere soltanto di nostalgici ricordi, si se e di vorrei, non si tira indietro e coglie al volo l’opportunità.

E l’opportunità si chiama Edenbroke.

Che accetta per avere almeno una possibilità di sentirsi padrona del suo destino anche se accettare la scommessa, ancora una volta significa realizzare i sogni di sua nonna.

Non i suoi.

Deve diventare una giovane elegante e raffinata, togliendo del tutto la parte del suo io che ci ha colpito all’inizio: la passione, la fantasia, la voglia di mordere la libertà.

Ecco che la sua prova è apprendere l’arte del vivere civile a Edenbroke.

Edenbroke che però rappresenta davvero l’immagine reale dei suoi sogni nostalgici.

Un incanto, cosi come suggerisce il nome.

Ed è quando accetta la “sfida” che il suo destino cambia.

Perché tutte noi se accettiamo le scommesse che il destino di pone davanti, possiamo dare un bello scossone e questa mortale tranquillità.

Un lavoro nuovo.

Il coraggio di porre il termine a una relazione tossica.

Il provare a aprirsi con persone con cui mai avremmo pensato di poter interagire.

Questo coraggio di dire si, si a ogni cambiamento pone lungo la sua strada…Philip.

Incontro burrascoso e fatale con…. l’uomo per eccellenza.

Anzi un gentiluomo.

Quello che persino a me, che sono coriacea e avvolta da una scorza infrangile, ruba una sospiro languido che sa di malinconia e di desiderio.

Eh lui, mie lettrici.

Non il solito protagonista, trito e ritrito, bello, dannato, corrotto, inavvicinabile, odioso ma irresistibile.

Non qualcuno per cui perdere se stesse nell’ardore di conquistarlo.

Non è superficiale o arrogante.

Non è sussiegoso o libertino.

E’ cavolo l’uomo che ogni donna vorrebbe accanto a se.

Simpatico e irriverente, sensibile e profondo, rispettoso della dignità altrui, incapace di sottomettere l’animo di una donna per chissà quali narcisistici obiettivi.

Profondamente legato ai valori.

Assolutamente incapace di comportarsi come il signore assoluto della vita degli altri.

Ed è questo il vero tocco magico del libro.

Questo è l’incontro che dovrebbe farvi sognare tutte.

Un uomo che non è soltanto capace di proteggere, ma che, sopratutto è capace di guardare Marianne nel profondo di se stessa, non la giudica anzi…e le chiede semplicemente di essere…quello che è.

Come direte voi, mie adorate lettrici, tutto qua?

Nessun ballo seducente, nessun bacio focoso, nessuna passione tumultuosa?

Oh anche.

Ma vedete io che oramai sono per voi una vecchia zia, vi posso assicurare che un uomo che vi guarda con curiosità e dolcezza, che vi vuole conoscere, che desidera che ogni lato della vostra anima possa essere accarezzato dalle sue forti mani, che non vi costringe su nessun piedistallo, che non vi idealizza ne etichetta, che vi considera una magica creatura che cresce, sogna e apprende, che vi ama perché siete capaci di diventare semplicemente libere, che anzi vi spinge a realizzare voi stesse… è il gesto d’amore più bello.

Cosi come è Marianna senza artifici, ne belletti, ne recite, ne moine, conquista Philip.

Perché è passionale, libera, buffa, fuori ogni etichetta.

È dolce ma risoluta, è forte e desidera essere indipendente, nonostante tutto.

È leale ma non troppo manipolabile.

Decide per se e non accetta nessuna costrizione.

Non vuole partecipare ai balli ma vuole semplicemente volteggiare da sola in mezzo a un campo di erba piena di rugiada.

Ecco che la storia d’amore colpisce, coinvolge e non lo nego, fa scendere una lacrime.

Di emozione, di nostalgia e perché no di rammarico.

E non solo perché vorrei che ognuna di voi avesse accanto a se un uomo come Philip…

Ma perché vorrei che ognuna di voi fosse, un giorno, una piccola Marianna.