“L’impiegato e i 44 gatti di cui uno intruso” di Marco Gnemmi, Eretica. A cura di Alessandra Micheli

So e ne sono consapevole che per molti la lettura di questo testo risulterà ostica.

Molto ostica.

Sembrerà un accozzaglia di racconti, a tratti confusi, quasi irreali caratteristica a cui il lettore oggi non è affatto abituato.

Senza certi paletti, senza appigli sicuri si naufraga in un mare fatto di non sense e di atti di vandalismo contro le regole di scrittura.

Che sono, non nascondiamolo, la nostra coperta di Linus.

Anzi rettifico, la vostra.

Molti da questi racconti risulteranno indignati, disgustati e grideranno allo scandalo: come può una seria casa editrice pubblicare tale assurdità?

Perché è seria.

E la serietà si ravvisa nel coraggio di provare, sperimentare o riabilitare stili ormai dimenticati quindi a conclusione della lettura è lecito domandarci e ora?

Come lo interpretiamo?

Ed è questa domanda a farci entrare, in punta di piedi nel testo.

Con rispetto siori e siore, perché questa casa non ha assolutamente le regole a cui siamo, a nostro malgrado, abituati.

Allora che senso ha il libro di Gnemmi?

Primo indizio è privo di una struttura logica di tanti testi a cui siamo oramai avvezzi.

Anzi definiamo meglio quest’affermazione.

La logica qua esercitata è differente da quella che il mondo ci ha fornito come mezzo interpretativo del reale.

Se noi siamo improntati alla razionalità, anche nel fantasy un quanto abbiamo fortemente bisogno che sia credibile, questo testo risulterà un vero pugno nello stomaco.

Creerà uno shock oserei dire culturale.

Perché Gnemmi mette e lo fa con una sorta di malvagio ghigno in crisi la strutturata percezione che usiamo anche nella fantasia.

Che ovviamente smette di essere fantasia per diventare altro.

Se avete una sorta di culto della ragione e dello scientismo, della ferra adesione alle regole allora questo libro vi farà arrabbiare.

E anche in questo caso avrà compiuto la sua missione.

Perché vi arrabbierete proprio per il motivo per cui è stato scritto: distruggere le difese e far posto a strani e bizzarri amici, fluiti dai meandri della coscienza che daranno a voi suggerimenti impossibili. E non si può credere alle cose impossibili no?

Se non si è allenati, almeno tre volte a colazione.

Ecco che tra queste follie troveremo il simbolismo, l’esoterismo ossia la ricerca di ciò che è nascosto, che sia una parola, che sia un anagramma o un doppio senso.

Troviamo la cabala ossia la possibilità che un termine assume l’aspetto del diamante, dotato di diverse sfaccettature.

E lei, la mia amata cibernetica, il volto sacro del significato che unisce tutto lo scibile umano e non disgrega assolutamente nulla. Arriverà l’importanza di una comunicazione che si nutre di metafore e metaloghi e arrivano persino gli esperimenti di Adalbert J. Junior sulla percezione, quando un racconto assumerà per ciascuno una diversa colorazione, porterà a ogni lettore un diverso messaggio.

E credo, questo concedimelo Marco, che persino l’intruso sarà diverso per ognuno, in quanto elezioni di vita, beh sono diverse per ciascuno di noi, perché l’anima cambia, l’anima ha tante sonorità. L’anima ha bisogno sempre mutanti.

Nonostante questi assunti il testo dovrà necessariamente essere ermeticamente chiuso, perché non è tanto importante il significato decodificato, quanto il tentativo di farlo.

Certi libri intinti di realismo magico, di weird e di bizzarro sono in fondo questo, mappe che non sono territori e territori che a volte si fanno beffe delle mappe.

E questo significa rifiutare davvero la cacofonia di un moderno che rinchiude anime e coscienze in una alta torre dorata.

E ci estraniano da noi stessi perché la cacofonia che ci invade disturba ogni comprensione, disturba l’interazione tra mente e natura, tra percezione e gangli nervosi, tra dati reali e immaginazione che li colora e elabora.

L’impiegato e i 44 gatti allora diventiamo noi.

Noi improvvisamente consapevoli come quell’accozzaglia di diversità, quegli elementi banali, come ombrelli, cappelli, e altri oggetti assurdi in fondo parlano.

Parlano di noi, creano reti di interazioni esoteriche perché nascoste eppure evidenti.

Noi siamo connessi a un fiore, cosi come alle immagini delle nuvole. A un impiegato che da vita a sogni e obli, a illusioni e chimere. Intento a cercare quella che amo chiamare la settima stella, lassù nel firmamento di una coscienza più ampia dell’universo stesso, fatta di di stelle morenti e di stelle che nascono.

Con la sua energia oscura che risucchia pianeti e vita dentro un famigerata zona nera.

E che la fa uscire trasformata e diversa.

Cosi Gnemmi fa con la parola.

Significati che muoiono come stelle e rinascono come emozioni.

E quest’umanità che cerca democraticamente di livellare i talenti, di omologare il significato, i quarantaquattro gatti e il suo impiegato diventano il nuovo che prende l’antico e lo rinnova e ce lo regala. Cosi Gnemmi è come Fosco Mariani.

O come Lewis che va a caccia sul suo sualo.

E cosi il non sense cosi fortemente presente nel testo ci salva dal pericolo di diventare parte di un oscurità non feconda come quella dei black hole.

E sapete perché?

Perché il non sense permette di equilibrare ordine e caos.

Trovare un bilanciamento tra senso compiuto e non compiuto.

Ci presenta il mondo in modo capovolto o forse alterato e ci dona al libertà necessaria a incidere con un unghia lunga e culminata sulla parola, costringendola a piegarsi al nostro volere.

Pensate alla poesia di Carrol abberwocky, pubblicata nel 1871 in “Alice attraverso lo specchio“.

Essa è costruita con l’uso di parole quasi del tutto prive di senso compiuto il cui significato è spiegato da Humpty Dumpty, che le interpreta usando il portmanteau (ossia la fusione di due parole diverse, che il più delle volte hanno un segmento, fonema o lettera, in comune. Può essere considerata una sotto categoria o estensione dell’acronimo.)

E questo non è che esempio fulgido di metasemantica.

La stessa tecnica di Fosco illustrata nella raccolta del o, orientalista, alpinista, fotografo, scrittore e poeta italiano) utilizzata nella sua raccolta di poesie del 1978 “Gnòsi delle fànfole”, che non ho paura di accostare al testo di Gnemmi.

Perché vedete la semantica è quella parte della linguistica che studia il significato delle parole, degli insiemi delle parole, delle frasi e quindi del testo stesso.

Ci siamo vero?

Ecco la metasemantica va oltre il significato lessicale dei termini, oltre persino il significato cultura dei reati ( non scordiamoci che il testo è sempre prodotto di una specifica cultura ndr) e utilizza parola prive di REFERENTE ma dal suono familiare del codice/lingua in uso.

E seguendo le regole sintattiche e linguistica a cui però si attribuiscono significati arbitrari.

E’ il metodo Humupty Dumpthy, che sposta il livello di percezione classica a un segmenti di significato sino a allora inesplorati, donando alle parole l’aspetto di un baule con doppio fondo.

Ecco che in questo testo il linguaggio a tratti onirico e il contesto del testo e la parola stessa usata da Gnemmi racconta molto più della prosa tradizionale ma sconvolgendo necessariamente gli assunti culturali su cui la società si basa e fonda, usando il libro come socializzazione secondaria.

Questo dobbio di aver inteso il correto dignificato di ogni racconto, assomilgia alal fatiche che il lettore fa con Finnegans Wakedi James Joyce.

Lo affermo e lo confermo.

Il lettore rimane disorientato, forse arrabbiato perché non comprende che ha inteso il senso corretto e anzi se il testo stesso abbia un senso.

Dubbio che rimane e che ci trasporta su un piano di apprendimento felicemente chiamato Deuteroapprendimento batesoniano, dove il lato immaginativo del cervello prende il sopravvento e cresce, cresce e cresce.

Ecco che io sorrido.

Perché quando la fantasia e il reale stesso che la produce diviene altro dal mero attributore di significati valoriali precisi, beh il mio volto diventa simile a quello dello stregatto.

Non posso farci nulla.

Provengo e resto felice nella mia cuccia nell’Altrove.

E quindi eccovi serviti miei lettori.

Entrate nel mondo dell’impiegato.

E leggetelo.

E trovando l’intruso scoprirete anche molto di voi.

Io il mio l’ho trovato, ma no, non ve lo svelo.

Magari lo indovini tu.

“Atra Nox, Minturnae e la notte nera di Caio”, Antonio De Meo, Ali Ribelli Edizioni. A cura di Barbara Anderson

Iubentium tibi lector!

Se siete “archeologi” nell’approccio alla lettura, come lo sono io, indubbiamente non riuscirete a frenare il desiderio non solo di leggere questo romanzo ma anche di scavare oltre le sue pagine. Analizzando, esplorando e ricercando tutto ciò che possa esservi di aiuto alla totale immersione e comprensione, non solo della storia che Antonio De Meo abilmente ci racconta, ma anche del periodo storico straordinario in cui si svolgono gli eventi e le abili indagini.

Non vi nego di aver subito un salto spazio temporale, di essermi sentita totalmente immersa tra il passato e il presente.

Il passato che mi teneva legata alla storia e l’ambientazione del romanzo e il presente in cui ricercavo materiale che mi mostrasse i resti di quei luoghi, i reperti storici che son rimasti come una firma su quelle terre consacrate a un tempo straordinariamente imponente. Quello del grande Impero Romano. 

Sono nata e vissuta per molti anni a Roma e i luoghi dove si svolgono questi eventi li ho un tempo percorsi (Formia, Minturno) ma ad oggi riesco ad apprezzare molto di più i paesaggi, lo stile architettonico, lo sfarzo e la bellezza di un’epoca che resterà per me sempre una delle più affascinanti dall’esistenza dell’uomo sulla terra.

Ed eccomi qui addirittura ad avere tra le mani fogli stampati da un computer, come si fa per le ricerche di studio: carta che mi mostra la bellezza architettonica della Villa di Mamurra con i suoi interni, il suo stile architettonico.

Villa Mamurra locata nel bellissimo Parco di Ulisse prende il nome dal suo proprietario Lucio Mamurra (Marco Vitruvio Mamurra), cavaliere romano originario di Formia, prefetto degli ingegneri di Gaio Giulio Cesare, fu anche il primo romano a costruire una villa di marmo.

Villa Mamurra è una spettacolare abitazione che ci mostra la forza, l’abilità architettonica e il lusso del suo tempo; attraverso le pagine di questo romanzo, che unite a ciò che resta di quella abitazione completano ai nostri occhi un’immagine di qualcosa di straordinariamente bello, che si affaccia proprio sulla bellezza di un mare che ha visto la gloria di un impero straordinario.

Lucio Mamurra era un nemico del grande Catullo e in questa storia è anche il padre di Caio; colui che ci guida in questo giallo storico.

Caio è un uomo di valore, legato alle sue radici, alla sua famiglia, alla sua appartenenza sociale, percorre le strade della sua bellissima cittadina a testa alta, con incedere fiero, maestoso, importante, ma soprattutto con un cuore afflitto dal dolore.

L’atmosfera con cui De Meo ci avvolge è antica, poetica, austera a tratti, ma maestosa nella sua bellezza e autentica nelle vibranti situazioni e emozioni che il lettore si trova a vivere.

Caio soffre di quella solitudine, di quel senso di vuoto e di impotenza; afflitto dal suo dolore, solo, sotto un cielo che sembra stia riversando tutte le lacrime di un universo inconsolabile.

Dopo aver perso suo padre, ora anche il suo amato fratello Publio era morto a causa di una brutta malattia e il suo dolore, la sua sofferenza, si trascina come se fosse un lungo manto di agonia su quelle strade, le stesse che regolarmente aveva percorso in periodi più felici osservato da a un cielo terso.

Caio e Publio erano figli di un padre che li aveva allontanati per molto tempo ma ciò che la vita a volte separa il sangue, riunisce. Il fratello perduto e ritrovato, gli era stato restituito solo per un breve periodo fino al momento in cui io Dio Plutone lo aveva portato via con sé nel regno Averno.

Caio ora finalmente ha sepolto suo fratello proprio all’ingresso della sua dimora e mesto nel suo dolore e in quella voragine di sofferenza che lo avvolge si sente morire anche lui.

Caio vive il suo lutto, il suo dolore con dignità e con somma devozione, si lascia trascinare nel baratro della sofferenza in silenzio, avvolto dall’inedia del lutto e il dubbio perfino dell’esistenza dei suoi dei, gettandosi nel vicolo cieco di domande in cerca di risposte che non sa dare.

Si lascia consolare dalla sua abitazione, dal mare, dal paesaggio straordinario che ora appare oscuro, avvolto da nubi e temporali interiori. Si abbandona alle sue letture soprattutto trovando conforto nel testo il Consolatio scritto per la morte dell’amata figlia da Cicerone.

La filosofia a volte aiuta ad affrontare argomenti che il cuore e la ragione rifiutano di comprendere.

Le sue passeggiate sono rigeneranti mentre elabora il suo lutto e sembra quasi tenere per mano il lettore, che silenziosamente lo accompagna in questo viaggio della vita che inevitabilmente tutti dovremo prima o poi affrontare.

Osservando le gesta e inseguendo i pensieri di Caio; comprenderemo che il dolore non lo si può cancellare, ma che bisogna attraversarlo andando oltre, senza mai dimenticarlo.

Le descrizioni dei luoghi e delle gesta dei protagonisti di questo bellissimo giallo sembrano dipinti su un’antica tela con minuziosi dettagli delicatamente stupendi.

Quando il suo amico giunge a fargli visita nel vederlo distrutto dal dolore cerca in qualche modo di fargli capire che lui è presente e che, seppur affranto dalla perdita dell’amato fratello egli doveva gioire del fatto che gli dei gli avevano concesso di ritrovarlo prima che egli morisse facendo perdere ogni futura possibilità di recuperare il loro rapporto.

Agli occhi del lettore si ricostruisce non solo l’architettura di quei luoghi ma anche quella di un uomo giusto, della sua vita, della forza, del suo intelletto e della sua vasta cultura. Mentre l’Impero Romano sembra aver riportato alla fioritura un terreno arido, rinnovato grazie ad Augusto colui che riportò l’Impero alla pace e al benessere, rinnovando lo stato romano, il tufo stava diventando marmo.

L’impero stava ritrovando il suo splendore, l’amico di Caio riesce a distoglierlo dalla sua chiusura verso il mondo convincendolo a recarsi con lui a teatro per assistere a uno spettacolo.

Controvoglia Caio si reca con lui in questo teatro e assiste a uno spettacolo inquietante non solo per la bravura del suo attore principale ma anche per l’infelice morte in cui questi stramazza a terra davanti a un pubblico sconvolto, infastidito, sconcertato.

Una morte naturale?Oppure un omicidio che sembra stato scenografato proprio per avvenire così pubblicamente; sotto gli occhi di tutti. 

Caio in quel momento ritrova un nuovo rinnovato interesse, quello per la verità.

La morte di un attore non è importante in quel periodo storico quanto quella di un uomo di famiglia nobile e di posizione politica importante; un attore è un uomo qualunque e la sua morte può passare facilmente impunita poiché a nessuno interessa trovare il colpevole; ma a Caio interessa la verità e inizia a svolgere le sue indagini.

Così Caio si getta nella vita, nelle persone che sono state vicine all’attore deceduto, osserva i dettagli, riconoscendo nell’apparenza del cadavere il metodo di assassinio tipico dei romani, quello da avvelenamento, Caio seguirà piste, alcune delle quali anche pericolose per la sua stessa incolumità. Ascolterà pettegolezzi, storie di mariti gelosi, di lussuria e di vendette.

Caio attraverso la morte di un uomo qualunque riuscirà a ritrovare la sua stessa voglia di vivere e di andare oltre il suo dolore.

Un giallo dove troverete complotti, congiure, tradimenti, scritto da un autore di talento che grazie alla sua familiarità con i luoghi riesce a darne una descrizione sublime mostrandoci Minturnae per come essa era vista dai romani che vi si insediarono dopo aver visto l’importanza strategica e commerciale della sua vicinanza al mare e che divenne poi un importante porto commerciale del Mediterraneo, il suo tempio, il foro, il teatro… oggi alcuni reperti sono ancora lì a ridosso di un mare e di un cielo che sembrano riportare in vita le vicissitudini di Caio, di suo padre, del suo impero, della sua epoca, della sua storia.

De Meo ci mostra anche come ciò che ben conosce come l’archeologia lo aiuta a conquistare il lettore avvicinandolo allo studio delle attività umane, analizzando, recuperando materiali, manufatti, architettura dell’epoca; i suoi paesaggi culturali, facendoci vivere il tutto come un’esperienza sociale e umanistica di inestimabile valore.

Un giallo storico che ci mostra la completezza nelle sue descrizioni, nella cura ai dettagli storici e architettonici, l’accuratezza e la ricerca dei dettagli rendono questa lettura assolutamente piacevole e avvincente.

Il blog consiglia “Trallhum” di Emmanuele Venturi, Giovane Holden. Da non perdere!

Un giovane uomo cresciuto degli elfi diviene un esperto guerriero girovago, e si fa strada in un mondo di insidie e avventure, tra creature mostruose, pericoli terribili e alleati magici, verso il compito a cui il destino lo chiama. Una storia originale e avvincente, che nel segno della tradizione del ciclo di re Artù, mescola toni epici, sfondo realistico e suggestioni oniriche.

Ero certo che avresti sconfitto qualunque avversario nonostante fossi stremato, perché quando sei abbastanza forte da riuscire a non cedere a quella voce che nella tua testa ti suggerisce di mollare tutto, riuscendo a sconfiggere il nemico più potente che puoi mai affrontare, te stesso, trasformando quello che prima ti era di ostacolo in forza e in ardore, allora puoi riuscire a vincere contro tutto e contro tutti. La tua abilità ha fatto il resto. Questa era l’ultima lezione che avevo da insegnarti.

«Gli italiani sono i più stressati al mondo» (Istat). Esce il metodo bestseller, ruvido e scientifico,che trasforma ansia e stress in energia positiva

Vi sentite ansiosi, irritabili, insicuri, dormite male, avete i crampi allo stomaco, non riuscite a perdere peso, vi manca il respiro, vivete un senso diffuso di spossatezza? Benvenuti nel club meno esclusivo d’Italia. Sono circa 50 milioni di persone, infatti, il 90% della popolazione, a lamentare disturbi legati a stress e ansia, e uno su tre è affetto da stress cronico. È a questo punto che giunge in soccorso “Fanc..lo lo stress!”, il manuale bestseller – dal titolo irriverente eppure assolutamente scientifico – della dottoressa Faith G. Harper, rinomata psicoterapeuta che dopo aver raggiunto la vetta delle classifiche Usa sbarca ora nelle librerie italiane (Libreria Pienogiorno, pp. 224, € 17,50). Già 5 milioni di persone garantiscono che funziona


«GLI ITALIANI SONO I PIÙ STRESSATI AL MONDO»
INDAGINE ISTAT

Da una psicoterapeuta BESTSELLER N.1 negli USA e in Italia il metodo scorretto ma assolutamente scientifico
per mandare finalmente lo stress… dove merita

 

Il 90 % degli italiani lamenta disturbi legati a stress e ansia e uno su tre è affetto da stress cronico. Sono i numeri di un’epidemia, e non servono quasi le statistiche per averne la conferma: basta l’esperienza personale. Siamo tutti stressati, e sapere che lo stress causa mal di testa, cattiva digestione, irritabilità, insicurezza, insonnia, tensioni muscolari, aumento di peso, un senso diffuso di spossatezza, fino a malattie più gravi… non fa che stressarci ancora di più.
La prima buona notizia che questo manuale geniale ci dà è che non sempre stress e ansia vengono per nuocere, anzi: è il nostro corpo che ci avvisa che qualcosa non va e che dobbiamo reagire. La seconda è che ci sono importanti strategie da mettere in atto per imparare a debellarli e trasformarli in energia positiva.
Rinomata psicoterapeuta, la dottoressa Harper mette in campo la sua lunga esperienza, tutte le ultime scoperte scientifiche e il suo stile brillante e senza peli sulla lingua per spiegare come affrontare stress e ansia sia nell’immediato che nel medio e lungo termine, e per combattere burnout, sindrome dell’impostore e tutta una serie di odiosi aspetti correlati. E poiché dire “stai tranquillo” non funziona, c’è anche un capitolo dedicato a chi ci sta accanto.
Ricco di spiegazioni chiare e di consigli di efficacia garantita, questo metodo ruvido e diretto vi aiuterà a capire le dinamiche di stress e ansia e a governare la risposta della vostra mente per far pace con la vita, e sentirsi finalmente efficienti, leggeri e felici.

«Un metodo efficacissimo e diretto per vincere
i mali del XXI secolo: stress e ansia.»
Mental Health Association

«Il geniale bestseller della psicoterapeuta che spiega chiaro e tondo come liberarsi dallo stress che ci avvelena la vita. E funziona.»
COSMOPOLITAN

FAITH G. HARPER psicoterapeuta di fama, è autrice di bestseller da oltre 5 milioni di copie vendute nel mondo. È stata professore aggiunto all’Università di San Antonio, in Texas, prima di avviare il suo Centro di psicoterapia. Per Libreria pienogiorno ha pubblicato con grande successo anche Spegni sto c***o di cervello, che ha collezionato 13 settimane al vertice delle classifiche ed è già giunto all’ottava edizione.