
Ci sono storie, luoghi e personaggi, che abbiamo conosciuto solo attraverso le pagine di un libro, ma che consideriamo come cari amici; ci sono storie che è difficile lasciar andare, che quando arrivi all’ultima riga vorresti poter riniziare da capo, in un circolo infinito; ci sono storie che restano con noi, che ci fanno chiedere come sarebbe continuata; e a volte anche gli scrittori non riescono ad abbandonare queste storie e noi, fortunati lettori, otteniamo un altro libro che riprende la nostra amata storia da dove si era interrotta, ci è concesso di incontrare nuovamente i personaggi, di assaporare i profumi di una terra che credevamo persa e invece è di nuovo lì ad accoglierci. Così è successo per il nuovo romanzo di Wilbur Smith.
Con esso veniamo catapultati nuovamente nell’antico Egitto, al tempo delle vicende raccontate nel primo libro della saga egizia: Il dio del fiume, o comunque pochi anni più tardi, i protagonisti però non sono quelli che abbiamo imparato ad amare; al centro del racconto c’è un ragazzo Hui, figlio del governatore di Lahun, intrepido e sempre alla ricerca di avventure, che resta vittima di un intrigo di palazzo intessuto dalla matrigna Isetnofret e riuscirà a scappare solo grazie all’aiuto della sorella Ipwet.
Da fuggitivo, Hui, vaga nel deserto incontrando molte figure che risultano familiari a chi abbia letto le storie del ciclo egiziani di Smith, infatti ritroviamo i temibili hyskos e le famigerate Averle, anche se questa volta sono poste sotto una luce diversa, da un altro punto di vista riusciremo forse a comprenderle meglio. Ed infine ecco che la vita di Hui cambia nuovamente grazie ad un incontro, finalmente fa la sua comparsa l’Azzurro per eccellenza, Tanus e con lui il fedele Taita, ma sul loro ruolo non vi dirò di più.
Tornare nell’Egitto disegnato da Wilbur Smith è un po’ come tornare a casa, la storia avvincente, il protagonista: un giovane uomo avventuroso, ci fanno capire da subito che il tocco del maestro è sempre vincente e si percepisce l’affetto e la dedizione dell’autore. Lo stile e la trama sono impeccabili e le comparse dei personaggi più amati dei romanzi precedenti sono delle aggiunte di valore, un modo per strizzare l’occhio ai lettori più affezionati e di incuriosire chi invece si approccia con questo volume alle vicende egizie scaturite dalla penna di Smith.
Restano per ultime le considerazioni più dolceamare, la consapevolezza che questo sarà davvero l’epilogo, che non leggeremo più il nome del grandissimo scrittore sulla copertina di un libro fresco di stampa. Pensando alla sua vita privata, a come il padre abbia ostacolato il suo amore per la lettura dovremmo sentirci fortunati per tutti i capolavori che ci ha lasciato, dovremmo essere felici perché grazie a lui sono entrate nella nostra vita storie appassionanti, personaggi che abbiamo imparato ad amare, eppure resta comunque il dispiacere di aver perso uno scrittore eccellente, un Maestro nel suo genere. Non ci resta che sperare in un manoscritto rimasto nascosto nel cassetto della sua scrivania che ci possa far continuare a vivere vicende entusiasmanti attraverso la sua penna.