“Quel che non sai di me” di Silvia Meconcelli, Scatole Parlanti. A cura di Ilaria Grossi

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Il silenzio è lo specchio dell’anima, ci obbliga alla riflessione. E io non mi sento a mio agio se sto zitta, perché tu mi osservi e non so cosa pensi. Se tu potessi parlarmi ti chiederei cosa pensi, ma non puoi e allora non te lo chiedo. Mi sono sopravvalutata, credevo di essere molto più forte e invece mi sento vulnerabile di fronte al tuo sguardo muto”

 

Si apre così “Quel che non sai di me”, Nina accanto alla mamma anziana, capace di comunicare solo con gli occhi, occhi che la fissano e sembrano finalmente ascoltarla per tutto il tempo che staranno assieme.

Nina apre cuore e mente: i ricordi iniziano a uscir fuori, l’infanzia a Grosseto, una data che segna tragicamente la vita dei grossetani, quel 26 aprile 1943 il cuore della Maremma colpito dagli aerei statunitensi, tante vittime innocenti di una guerra che “uccide l’anima”.

Attraverso gli occhi di Nina come la pellicola di un film, scorrono le immagini di un’infanzia fatta di povertà, pochissimo cibo, il freddo, i nonni, un babbo scorbutico e violento e una piccola Nina che aveva sete di crescere, di imparare, di non restare intrappolata ad una mentalità troppo bassa e ignorante. Era già una piccola guerriera con ali pronte per volare, dove i libri hanno un ruolo fondamentale, un grande potere di crescita, non prima di un percorso non sempre semplice.

Nina dalla casa popolare ad un convento, ospitata dopo la sua guarigione e “sola”. I genitori avevano deciso di lavorare in una Vergheria e la mamma aveva intenzione di restare accanto al padre. Sarà un periodo di crescita, tra regole severe, punizioni, dubbi, paure e quella sensazione di abbandono sarà compensata dalla presenza e dalle attenzioni di Suor Teresa.

Suor Teresa ha un ruolo fondamentale nella crescita di Nina, da bambina ad adolescente sino al giorno in cui dovrà abbandonare il convento per dimostrare di essere una vera guerriera, tenace, decisa per la sua strada nonostante il ritorno alla casa popolare della madre, dopo le ripetute violenze fisiche e psicologiche da parte del marito.

Nina, Suor Teresa, la mamma di Nina, storie di donne che si intrecciano, guerriere, combattenti, sopportano e supportano, ho amato queste tre donne, ognuna con la propria storia e personalità, debolezze e tenacia, accomunate da una forza disarmante, forti come “fiori d’acciaio”.

 

Io ho capito che voglio stare con le persone che mi guardano negli occhi e mi riconoscono. Che mi dispensano pensieri. Che mi regalano un loro attimo di vita. Mamma, questa è la mia rivoluzione”

 

Nina è una protagonista che amerete, ha dovuto lottare con vuoti e un perenne senso di abbandono per riscoprirsi forte nonostante tutto, nonostante le sue fragilità.

Lo stile di Silvia Meconcelli è cristallino, diretto, scorrevole, il libro l’ho letteralmente divorato in pochi giorni e ammetto di essere stata molto fortunata, quando mi è stata proposta questa lettura, non conoscevo l’autrice, un esordiente davvero brava per Scatole Parlanti e mi auguro di poter ancora leggere della sensibile e attenta penna di Silvia.

Quando riesco a trovare un pezzetto di me nelle pieghe di un libro, non posso non ringraziare l’autrice e Nina ha tanto da insegnare.

Grazie.

Buona Lettura

Ilaria Grossi per Les Fleurs du mal blog letterario

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