Miei adorati lettori.
Permettetemi una breve digressione.
Come ormai ben saprete, io ho un approccio strano ai libri.
Devo entrare dentro i mondi creati, devo familiarizzare con i protagonisti e trovare entro di loro un po di me.
E pertanto, siccome quello descritto è un evento raro, ho scelto l’approccio oggettivo.
Cosa mi fa “innamorare” del testo?
È un insieme di elementi apparentemente strutturali.
Le descrizioni ad esempio.
Sono quelle che iniziano a farmi intravvedere il dipinto.
La psicologia dei personaggi.
Ognuno dei protagonisti incontrati, cosi come le comparse, non erano altro che sfaccettature di un io umano ricco e variegato che, il buon autore, decideva di aggiungere al dipinto.
E poi qualcosa che è impossibile da spiegare se non con una parola: il talento.
E’ la capacità di renderei il mondo nato nella mente, pertanto immaginario e illusorio, credibile.
E riporlo con cura su carta.
E dalla carta per mezzo dell’arcano potere della parola, farlo rivivere.
E trasportare il lettore attraverso i significati che le frasi e i loro simboli possono raccontare.
Ci sono testi apparentemente semplici che, per me, non sono altro che scrigni segreti di cui io solo ho la chiave.
E ridente e un po’ vanitosa la guardo e la rimiro estasiata, finché non mi decido ad aprirlo e balzano con allegria lettere, parole, emozioni, sensazioni e frasi e mi prendono per mano, iniziando un ballo circolare. Un canto hondo come lo chiamerebbe la Pikola Estes.
E dal quel canto ripetuto come un incantesimo, (in-canto appunto) ripetuto nella fertile mente di un’eterna sognatrice, iniziano a manifestarsi i personaggi che contribuiscono a comporre la schiera dei miei amici, quelli che mi accompagnano per strada e che mi strappano un sorriso o una risata nei momenti meno opportuni, mentre la gente mi fissa strana.
O che mi fanno l’occhiolino quando mi annoio o prendono il tè con me e con il mio accompagnatore, fisso messer Cappellaio Matto.
Da oggi avrò nuovi amici con me, Messer Griffin e Messer Whiborne. E la spavalda Chaterine.
Anche ora sono accanto a me e mi sorridono mentre mi accingo a raccontarvi la loro storia.
Vi sembro matta forse?
Ah la meraviglia della sana pazzia!
Percival Whiborne e Griffin Flaeherty, mai persone e più diverse si ritrovano a lavorare accanto, pelle a pelle tanto da far scattare le scintille…ma alt.
So che per molte lettrici la parte migliore e più succosa del libro è sicuramente un amore un po’ inconsueto tra due anime affini ma divise dal genere sessuale.
Ma il libro non è solo questo.
Griffin mi sussurra che ci sono vicina alla verità del loro messaggio.
Cosi mi concentro e tendo l’orecchio verso la loro acuta eppur melodiosa voce.
Prima di tutto mi avvertono di indicarvi il periodo in cui la storia inizia. Fine ottocento, America, New England.
Insomma, la patria della novità, dell’ambizione e del self made man.
O almeno cosi ci narrano le cronache.
Ma è davvero cosi?
E’ l’America la patria migliore, l’oltreoceano laddove ci si possa liberare dalla moralità angosciosa di un vittoriano che cadeva pezzo per pezzo?
La risposta è no.
Widdershins, contea creata da uno strano e ambiguo personaggio, è in realtà una sorta di baluardo del puritanesimo.
Conoscete un po’ la storia di questo stato vero?
Tolti i vestiti pesanti dei padri pellegrini, e indossati quelli dell’uomo che si affacciava nel millennio ricco di promesse, i fondatori, i ricchi, i nobili la crema della crema, un freno all’innovazione assoluta dovevano metterlo.
Per quanto decisi a cavalcarle l’onda del progresso, con omnibus, commercio, allettanti scoperte scientifiche e tecnologiche, non potevano rinunciare alla sicurezza delle concezioni, delle leggende e delle superstizioni del passato.
Vi ricordate per caso il mistero di Sleepy Hollow?
E’ la parabola del progresso che si arrende, inerme, davanti alla comodità di tante tradizioni che di scienza hanno poco.
Sono i deliri soprannaturali che tolgono ai personaggi l’aridità dell’imprenditore, li allontanano dal ruolo di protagonisti scarni e rigidi di una società che si apprestava a diventare capitalista, sicuri e convinti della loro identità.
Culti antichi, vecchie storie di spettri, demoni e di antichi dei…
L’atmosfera del testo ricorderà quella del libro di Arthur Macham, il grande Dio Pan.
E qua a far capolino sotto il substrato dell’apparente normalità, c’è proprio un richiamo a quelli dell’altra parte…
Non vi viene in mente nulla?
E se vi parlassi di grandi antichi?
Ecco che i vagheggiamenti occultistici prendono il posto di quella parte religiosa che all’America manca.
Devota al dio successo, al dio denaro, all’arrivismo sfrenato, alla decisione di creare una nuova opportunità per chi era fuori dalle rigide gerarchie inglesi.
Sapete benissimo che lo spirito capitalistico è nato in seno all’etica protestante.
Se non lo sapete beh leggetevi Max Weber.
E’ proprio, per ironia della sorte, i voler togliere orpelli mistici e spirituali a una religione che doveva solo servire a mostrarsi migliori al mondo e per migliori significa ricchi, che creò una notevole mancanza nell’animo umano.
La conoscenza al servizio della crescita economica e industriale era una conoscenza a metà, che sopprimeva quegli istinti e impulsi atavici dell’uomo a appropriarsi dell’ignoto.
Anzi soffocava proprio quest’istinto.
Pericoloso, reo di condurre al caso e forse…all’anarchia.
Pensate a una conoscenza capace di rendere consapevoli gli uomini della loro diversità e al tempo stesso della loro fondamentale comunione di diritti, non solo di doveri.
Ecco che, specie nell’America nostra, tanto sognata, ma profondamente denigrata da studiosi del calibro di Tocqueville, la cosiddetta mancanza apparente di stratificazione sociale si risolveva in un tutti uguali, quindi nessuno uguale.
L’omologazione diventava lo strumento in mano a pochi, i più furbi, per decidere le sorti del paese ma mantenendo il controllo sociale grazie alla diffusione che, siccome tutti uguali, ognuno con il lavoro, l’iniziativa e la liberà imprenditoria poteva far parte della cerchia benedetta.
Widdeshins smentisce l’assunto culturale americano.
La città è fondata da poche famiglie che la gestiscono a loro piacimento, in attesa dell’occasione giusta per ottenere altri vantaggi.
Chi denaro, chi potere, chi una sorta di riparazione dei torti.
E ognuno di loro legato a una sorta di decoro che serviva da facciata per continuare a essere i migliori, gli esempi, le forze propulsive della società.
Niente caos ma ordine, quello che portava il progresso senza che però la società progredisse davvero.
Del resto primato economico o no, l’America è uno dei paesi più razzisti che esista.
Ne è una prova la fede nel modello WASP, o l’insorgere di terribili società segrete, assai peggiori della massoneria come Skulls and Bones, o il Ku Kluk Klan.
In questo caso, esiste la Fratellanza.
Rispettabilità e superiorità.
E per garantire questi due irreprensibili caratteristiche, bisognava soffocare gli istinti.
Quelli che permettevano al modello di sfaldarsi.
Come immaginare, leggere, sognare, scrivere, osare e persino amare fuori dagli schemi.
Perceval è l’anello debole della catena del potere familiare.
Non è manipolabile, è goffo ma al tempo stesso cosi forte da dire no a un destino tracciato.
Capace di lasciarsi andare, anche se questo cozza contro gli insegnamenti paterni.
E’ l’uomo più coraggioso che abbia mai incontrato.
E ancor più di Edmond Dantes.
Mi scusi Edmond e non arrossire Perceval, lo penso davvero.
Una persona che, nonostante le convezioni è capace di dire no e tracciare la sua personale via di felicità, è a tutti gli effetti un grande eroe.
La sua purezza e persino il suo sentirsi sbagliato lo rendono profondamente umano ma al tempo stesso capace di rappresentate…ognuno di noi.
Immerso nella sua privata rete di legami, di obblighi e di maschere.
Ecco che dall’ambientazione esce un monito, un consiglio o una seduzione: essere se stessi a costo di perdersi.
Perché ciò che si perde è solo una recita, una finzione una terrificante farsa a cui ci hanno costretti da piccoli.
Ma è anche la miglior parabola della purezza che vince il male.
E’ il sacrificio di chi vuole che Widdeshins smetta di essere antioraria o di girare per un verso contrario al sole, ossia alla luce della verità e della compassione, e tornare a splendere e se non eliminare a affrontare con coraggio i suoi demoni.
I demoni presenti in questo libro sono le aberrazioni di istinti asserviti alla volontà di potere senza etica.
E potrei anche definire quelle sue terrificanti e oscene immagini come un ulteriore avvertimento verso un umanità che tenta di sostituirsi all’energia creatrice, senza però avere il suo medesimo rispetto per la vita.
Perché se consideriamo la scienza, la conoscenza, la sperimentazione non un atto che intende omaggiare l’intero cosmo, ma solo un modo per auto esaltarci, creeremo solo abomini.
L’amore esiste in questo libro.
Ma non è solo l’amore tra due persone.
E’ l’amore per il bello, per il giusto, per il sole, per la libertà.
Anche se questo significa accettare signora morte, o il dolore, o la delusione, o gli affronti, le ingiurie.
Perché in fondo la vita è fatta anche di questi orrendi abissi.
E solo il prode, il giusto, il coraggioso dall’abisso sa osservare con ardore e stupore il cielo.
Ora vi saluto.
Griffin e Perceval hanno ancora delle avventure da narrarmi.