Ben scritto e ben costruito, questo giallo psicologico di Fedora d’Anzeo, è una piacevole e scorrevole lettura.
La trama entra subito nel pieno del racconto, con i protagonisti sulla scena del crimine.
La caratterizzazione dei personaggi è il punto di forza dello stile dell’autrice. Il commissario Alessia Licata, determinata nel lavoro, insicura nella vita privata, è una miscela affascinante di sfaccettature umane.
Combattente sul fronte dell’indagine e della sfera intima, il commissario porta avanti due indagini parallele.
La prima è quella tradizionale, alla ricerca del colpevole e del movente, la seconda è quella interiore, alla ricerca della comprensione delle proprie dinamiche familiari.
Così come si sviluppa e arriva alla conclusione l’indagine, di pari passo la protagonista scioglie i nodi della sua storia passata, preparando il terreno a una prospettiva diversa.
L’intreccio stretto fra percorso della trama e percorso interiore rende il ritmo narrativo molto sostenuto. La caratterizzazione del personaggio principale è completa e ben illustrata ma all’autrice sono bastate pochi “passaggi di penna” per dipingere anche quelli di minori. Un’abilità non sempre scontata e molto apprezzabile.
Il romanzo è ambientato a Firenze, ma la città scompare e la scrittura si concentra sulla trama e i suoi protagonisti.
Assolutamente lontano dal cliché “patinato e perfetto” e da quello “tormentoso e tormentato”, i poliziotti sono descritti come donne e uomini dalle molte sfumature, imperfetti e comuni ma mai banali.
La trama è resa interessante dall’intreccio del caso con la vita della protagonista.
La vittima è la donna responsabile della disgregazione della famiglia del commissario Licata.
Non per questo l’impegno della giovane poliziotta sarà minore; al contrario, diventa uno stimolo per dare il meglio di sé, per comprendere ciò che è accaduto, per capire gli stati d’animo che furono del padre e della madre all’epoca dei fatti.
Un libro con una forte componente psicologica elaborata nella giusta misura.
Consigliato.