“Helios” di Oriano Galvanini, Self publishing. A cura di Jessica Dichiara.

Il pianeta stava morendo.

Comincia così il nuovo romanzo di Galvanini a cavallo tra fantascienza e realtà. I governi hanno dato la possibilità di abbandonare la Terra e nell’arco di due anni l’intero pianeta è stato evacuato e i suoi abitanti trasportati con migliaia di astronavi su nuovi mondi.

Non tutti però hanno scelto di scappare abbandonando tutto, qualcuno ha scelto di restare, di provare a dare ancora una chance ai terrestri.

Cominciamo così a conoscere quelli che hanno deciso di rimanere, come si sono organizzati, quali attività li occupano e quali pensieri li preoccupano. Jeremiah, Mortimer, Peter i primi che incontriamo e che ci accompagnano alla scoperta di un mondo che non si è arreso.

La fantascienza è un genere così strano… dovrebbe essere roba impossibile da immaginare, incredibile, eppure ogni volta mi ritrovo lì a pensare che quel limite sia soltanto il limite della nostra coscienza che si rifiuta di affrontare le conseguenze delle proprie azioni.

La pazzia poi, quando non la si può rinchiudere dentro manicomi o ospedali psichiatrici, fa paura. Soprattutto se la disperazione ci mette lo zampino. Un uomo pazzo e disperato che non ha nulla da perdere è un mix micidiale.

Davanti all’efficienza delle nuove tecnologie non possiamo che sentirci storditi perché una delle tante paure dell’uomo è proprio quella di venir manipolato e controllato da una mente esterna. Non accetteremo mai volontariamente una tale limitazione della nostra libertà.

Il concetto di accoglienza e integrazione si sposta su un livello più basico che in un certo senso ne rivela il segreto del successo. Non abbiamo bisogno di corsi, di psicologi, di progetti, ma di avvertire lo stare insieme, il lavorare insieme e il vivere insieme non più come limite ma come semplice conseguenza dell’occupare lo stesso spazio.

Ricostruire con la fantasia questa trama dev’essere stato anche divertente in un certo senso. Ha dato la possibilità all’autore di sperimentare, di inventare, di decidere e di selezionare ciò che potrebbe essere utile all’uomo e ciò che invece andava lasciato indietro.

L’umanità ripensata da Galvanini non è un’umanità passiva ma è un’umanità laboriosa, ingegnosa, capace di organizzarsi e di prendere decisioni importanti senza la copertura dei governi, in grado di unire le forze per uno scopo comune.

È un’umanità che un po’ affascina e un po’ spaventa perché non lascia la possibilità al tempo di trascorrere inosservato né ai pensieri di farsi angosciosi e terribili. È un’umanità che si impone di essere razionale e di considerare tutte le possibili opzioni per poter delineare un quadro e in base a questo discutere e agire.

La voce dei droni è quasi umana, straordinariamente simile a quella degli umani. Ma è priva di anima. L’anima, i sentimenti, le nostre reazioni emotive saranno messe a dura prova perché tradiranno le nostre preoccupazioni.

Eppure non vorrei essere un drone che, per quanto efficiente e pragmatico, non potrebbe mai ridere o piangere. Ma l’autore va oltre la differenza tra uomo e macchina, oltre l’anima, oltre il corpo e oltre il più esteso concetto di libertà.

Nel cuore della fantascienza un giallo-thriller con tutta la tensione e la curiosità di chi vorrebbe sapere, vedere, conoscere e scoprire. Capace di farsi leggere senza pause e con soddisfazione soprattutto nel finale.

Dinamica, scorrevole, fantasiosa, la scrittura di Galvanini rimane sempre una piacevole pausa da gustare magari in una giornata… non troppo soleggiata!

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