Review party “Il volo del canarino” di Franco Casadido. A cura di Alessandra Micheli

Evito più che posso di recensire libri sul nazismo e sull’olocausto.

Perché non riesco assolutamente a essere lucida, ne a convincermi che dalle ceneri dell’umanità sia nata una diversa civiltà.

Mi guardo attorno e non vedo altro che macerie e nuovi nemici, nemici che spuntano come ortiche su un bel prato.

Anzi neanche ortiche, visto la loro benefica azione sul nostro organismo.

Non so definire il razzismo, ne i deliri di potere.

Perché se nel cosmo, se nella natura tutto ha una sua funzionalità in questo caso nelle aberrazioni della peggior natura dell’uomo, non ci sono giustificazioni, ne ci sono spiegazioni.

E’ come se un enorme buco nero risucchiasse ogni energia.

La fagocita.

La distrugge e non lascia altro che un vuoto in uno spazio che improvvisamente diventa silenzioso.

E non mi piace il silenzio non fecondo degli orrori.

Perché vedete, se l’essere definito umano è pieno di possibilità a differenza dei miei amati mostri, se ha il libero arbitrio, se può davvero con un no cambiare il corso della storia, spesso accetta soltanto di non vedere.

Di distruggere.

Di opposti al progresso e alla feconda costruzione.

E io non riesco a sopportare lo sguardo su quella nera macchia che si diffonde, senza che nessuno abbia mai avuto il coraggio di fermarla.

Però nonostante il mio pessimismo che di cosmico non ha nulla, credo che l’unica nostra arma sia la possibilità di non chiudere mai gli occhi.

Di osservare la banalità del male e di poter sopportare lo sguardo.

Fissarla negli occhi e semplicemente credere, credere nonostante il dolore, le macerie, l’orrore che una speranza possa esistere.

Anche se oggi risuonano ancora grida e bombe.

Dobbiamo crederci.

Perché è soltanto questo diverso modo di vedere la realtà che forse ci dona la speranza di cambiare il destino fatto di fumo e cenere.

Questo volo del canarino fa male.

Ma serve.

Serve ricostruire piano piano, con semplicità agghiaccianti eventi di un passato neanche tanto lontano.

Ancora vicino a noi, perché quando tutto è perduto, quando la frustrazione avanza e la miseria invade persino la nostra anima, la tentazione di trovare un capro espiatorio è forte.

Fortissima.

Tanti saranno i guru.

Tante la spiegazioni facili, le scorciatoie.

Tante le luci sfavillanti che nasconderanno il degrado e e la violenza.

Ma noi saremo con gli occhi fissi oltre l’apparenza.

E potremmo andare a salvare non solo l’altro, ma noi stessi.

Perché è questo che il libro ci sta trasmettendo.

Lucido, chirurgico, preciso nella ricostruzione storica.

Ma con un elemento che spesso manca: la speranza.

Nell’amore tormentato di due opposti eroi a loro malgrado, può nascere la compassione. Nell’amore e negli occhi dell’altro, possiamo trovare il pentimento.

Non la redenzione forse.

Ma diventare consapevoli del marcio che può emergere da noi, quando il sabato sarà sempre più importante dell’uomo.

Quando il bene comune sembrerà giustificare ogni scelta, ogni violenza, ogni calpestio della dignità altrui.

E’ solo questo che ci salva.

L’amore miei signori.

Non potremmo mai cambiare il mondo se l’altro vedrà visto come un prodotto o un ostacolo.

O un errore.

Se invece avremo il cuore pieno d’amore, se l’altro ci apparirà speciale, un miracolo, qualcosa che stuzzica la nostra meraviglia allora, soltanto allora la banalità del male diventerà soltanto una storia da raccontare di notte, per spaventare i bambini in notti buie senza sole.

Fino a allora sarà un compagno.

Che tenterà di gremirci con le sue dita artigliate.

Ecco il volo del canarino è un libro forte ma scritto con uno stile semplice e immediato.

Ci mostra come è facile farci diventare burattini di un re assiso sul trono, che se la ride e approfitta di ogni debolezza.

Un tempio fu il crollo del sogno di Weimar.

Oggi è semplicemente la stanchezza di un’umanità sconfitta da un virus per cui non esistono ancora vaccini.

La pigrizia.

Quella di farci influenzare dal leader di turno.

Quella che ci fa accontentare di spiegazioni facili.

Che sostituisce il rigore della verità, con il viscidume della bugia.

Che ci impedisce di osservare la complessità di un mondo sfumato e sfaccettato e ci costringe alla schiavitù del sistema binario.

Quella che ci fa usare la vendette al posto del perdono.

Quella che ci convince che, in un mondo cosi interconnesso, sia davvero possibile essere prescelti.

Un tempo si sentirono cosi i nazisti per non guardare il buco abissale nel loro cuore. Oggi lo siamo noi, cosi tronfi in questa finta dominazione dell’Occidente privilegiato.
Siamo semplicemente umani.

Tutti sotto lo stesso cielo.

Nati da chissà quale seme cosmico, in attesa della sua raccolta finale.

Facciamoci trovare pronti.

Facciamoci trovare degni.

Impariamo che è la ribellione alla enucleazione facile, allo status quo, all’egemonia ideologica di un pensiero senza compassione a definirci davvero umani.

Ecco io spero in un mondo che non solo abbia imparato dal passato, ma rifiuti, rifiuti una volta per tutte di far parte di qualsiasi alveare.

Sopra una tomba senza nome nasceva la coscienza

Nomadi

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