“Le brave ragazze vanno in paradiso, le cattive dappertutto” di Ute Ehrhardt, Libreria Pienogiorno. A cura di Barbara Anderson

Inutile fingere che non sia così, le donne devono ancora oggi combattere muri di ostacoli e resistenze per raggiungere gli uomini in ogni settore.

Veniamo al mondo partendo da una posizione sociale di “svantaggio”. Siamo femmine, e come femmine veniamo catalogate, allevate, trattate e anche modellate nel modo in cui la società, da anni sotto il potere del patriarcato, ci vuole.

E non importa quanto siamo donne sicure di noi stesse, cadere negli schemi imposti dalla società è veramente più facile che uscirne fuori.

Questa psicologa, terapeuta tedesca, in questo scritto che appare come un saggio, ci parla appunto delle “cattive ragazze”. Cercando di aiutarci nel percorso difficile e colmo di ostacoli a ritrovare i nostri valori individuali e soprattutto la consapevolezza in noi stesse.

Voler accontentare tutti è l’ingrediente per l’insuccesso.

Siamo donne, quindi dobbiamo comportarci in uncerto modo, dobbiamo parlare con un certo linguaggio, con un pacato tono della voce, dobbiamo essere gentili, dolci, ubbidienti, modeste dobbiamo vestirci in un certo modo, frequentare solo determinati ambienti.

E questi preconcetti ci plasmano, e modellano a immagine e somiglianza di quello che vogliono gli altri. Fare le brave forse è più facile che fare le cattive ma sappiate care lettrici che a fare la brava ci si rimette perché la gente tende a prendere quella bontà d’animo e di gesti come debolezza e se ne approfitterà.

Confessiamo, è capitato a tutte di essere troppo buone, troppo gentili, troppo comprensive. Ogni tanto bisogna anche dire NO e bisogna anche urlare BASTA!

Ci stiamo provando noi donne moderne, a imporci con le nostre idee, opinioni, con le nostre scelte, proviamo a far valere i nostri diritti solo che poi inevitabilmente tendiamo perfino a sentirci in colpa.

I nostri mariti devono tornare a casa dalla donna perfetta, curata, magra, bella, la cucina che profuma di buono, i figli sistemati e puliti, devono accogliere i loro uomini e trattarli come se fossero dei re in un castello che diventa prigione.

Con questo scritto l’autrice ci mostra come diventare cattive ragazze e perché farlo non sia una cosa sbagliata ma giusta, come mantenere lo sguardo fiero. Come comportarci per far sì che il linguaggio del corpo non ci faccia apparire vulnerabili quando ci confrontiamo con le altre persone, come convincere prima di tutto noi stesse a capire cosa vogliamo veramente fare ed essere.

Mai mostrare sottomissione abbassando lo sguardo o facendo un passo indietro quando si viene messe davanti a un confronto.

Diventare cattive ragazze non incita a essere malvagie o aggressive o rabbiose ma a spogliarci dei ruoli che ci hanno messo addosso gli altri.

Essere sempre disponibili, vittimizzate, succubi, dipendenti dall’opinione degli altri; disposte anche a subire umiliazioni fisiche e psichiche perché forse ce le meritiamo, perché quei colpi diventano carezze, quell’odio diventa quasi amore ma di fatto non lo è e non lo sarà mai.

Il primo amore della vostra vita dovete essere voi stesse, se non avete stima di voi stesse sarà impossibile che un altra persona possa averla di voi.

Dovete abbracciare la vostra essenza, i vostri desideri, i vostri sogni e impugnare i vostri diritti e farli valere.

Non siamo nate per essere agnellini sacrificali, né per fare le casalinghe o per mettere al mondo i figli, la vita è nostra quanto degli uomini; il mondo è nostro quanto loro e se vogliamo raggiungere un livello di eguaglianza tra i sessi è giunto il momento di alzarci in piedi e di dire anche quei no che sono necessari nell’educazione perfino dei bambini. Far capire quali sono i limiti, i confini che gli altri non hanno il permesso di varcare.

Le generazioni vanno rieducate, gli uomini vanno rieducati, le donne e anche la società e il cambiamento deve partire da tutte noi, all’unisono.

Le brave ragazze vanno in paradiso e, mi duole ammetterlo, è anche vero, basta guardare ai femminicidi che non smettono di avvenire, le brave ragazze che non denunciano i loro compagni, mariti, ex, aguzzini, che subiscono, che abbassano la testa, finiscono tutte in paradiso, chi prima, chi dopo.

La paura di denunciare, la consapevolezza che denunciando spesso si viene giudicate, non ascoltate e che quegli abusi e quelle violenze in casa diventeranno poi anche peggiori.

La paura e la sottomissione ce l’hanno iniettata nel DNA, non c’è nulla da fare. Le lotte femministe delle donne degli anni 90 iniziarono una battaglia che non è mai finita.

È giunto il momento di riappropriarci della nostra dignità e affermazione, smettiamo di diventare donne infelici intrappolate nella depressione e nella paura.

Fare le cattive ragazze non significa diventare selvagge, violente, libertine significa prendere una posizione e mantenerla, significa prendere coscienza dei propri diritti, la cattiva ragazza non obbedisce alla cieca a ogni ordine, si ribella. 

Quella ribellione scatenerà il dissenso di moltissime persone, non piacerà nessuno, ve lo dico in tutta sincerità. La svalutazione della donna è accettabile dalla nostra società e va rifiutata, ripugnata da tutte le donne e se alcune di noi non cominciano a dare il buon esempio diventando cattive allora non ne usciremo mai.

Ho imparato sulla mia pelle che preferisco la disapprovazione che la mia infelicità, che do valore alla mia affermazione prima che a quella degli altri e me ne infischio se alla gente non piace quello che dico, quello che faccio o come vivo; se sembro un arrogante, arrivista, esaltata. Io sono io e intendo essere e rimanere quella che sono.

Ho lo stesso diritto di vivere la mia vita, libera di essere ciò che voglio, di fare quello che sento, senza nessuna imposizione o obbligo di ruolo. Prima di essere donna sono un essere umano ed esigo il rispetto di tutti.

E se qualcuno mi dà uno schiaffo, spiacenti non porgo l’altra guancia io vado subito dai Carabinieri a denunciare.

Preferisco morire per libertà che vivere in attesa di essere uccisa da quello che alcuni definiscono amore.

Il potere del no è immenso, impariamo a usarlo e vedrete che troverete anche uomini che vi sapranno amare per la persona fantastica che siete e non per quella che vorrebbero che diventiate.

Leggendo i dettagli di questo romanzo ho identificato perfino in me gli errori che nella vita ho fatto inconsapevolmente; perché i miei atteggiamenti erano risposte condizionate come quella di Pavlov con la salivazione dei cani. Rispondevo agli stimoli esterni secondo ciò che mi era stato inculcato nella testa e nel cuore, ma per fortuna ho un’anima ribelle e quella non fa passare più nessuno.

Assolutamente una lettura che resta attuale. Che ci fa riflettere e che ci fa ritrovare quella forza che abbiamo dentro di noi, tenuta incatenata da preconcetti e anni di educazione. La chiave per sciogliere quelle catene è un semplice NO.

Ricordiamoci che abbiamo anche noi il diritto di commettere errori e il diritto di poter ricominciare anche da capo.

Il luogo dove dovete andare è dentro di voi, la persona che dovete amare siete voi. 

Tutto il bello verrà, perché quando la vita vi vedrà finalmente sorridere non potrà fare a meno di innamorarsi di voi. 

Siate libere siate forti.

Soprattutto ricordatevi che siamo tutti responsabili di noi stessi e dobbiamo cominciare a essere responsabili dei nostri comportamenti.

Non fate nulla che non sia ciò che volete fare.

Seppur questo scritto ha oltre 20 anni e alcune situazioni non sono quelle di oggi, rimane rilevante e significativo perché basta guardare i notiziari per comprendere che ancora molto c’è da cambiare per poter vivere senza la paura di essere sopraffatte, umiliate e uccise.

Inutile dire mai più e basta ogni volta che ascoltiamo la triste storia di una delle vittime del femminicidio: il basta, il no, il mai più, dobbiamo gridarlo in faccia a chi si sente in diritto di prendere il sopravvento sulla nostra esistenza.

La responsabilità è di tutti. Iniziando dall’educare i nostri figli al rispetto di tutti, mostrando ai figli maschi che non esistono responsabilità di ruolo e alle nostre figlie femmine che hanno un mondo di possibilità come tutti nello studio, nel lavoro, nella vita affinché scelgano sempre di fare e di vivere in vista di ciò che amano e non nella speranza di essere amate, a costo anche di perdere completamente se stesse.

Ancora un viaggio lungo ma in una strada sulla quale non ci è permesso di sostare, dobbiamo continuare a correre verso i nostri diritti. Sempre.

E io invece come sono? 

Sono una cattiva ragazza che spesso lotta anche contro se stessa perché la brava ragazza che ho dentro ogni tanto cerca di prevalere sull’altra e spesso devo dire no perfino a me stessa.

Lettura che ogni donna dovrebbe avere tra le mani ma che sarebbe opportuno far leggere anche gli uomini.

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