“Nella valigia di Sigmund Freud”, di Alessandra Falasconi, Queen Kristianka Edizioni. A cura di Barbara Anderson

Mi ha personalmente sempre affascinato la preparazione della valigia, quando dobbiamo partire per un viaggio. 

Mettere tutto ciò di cui abbiamo bisogno all’interno di un oggetto che ci limita nelle dimensioni e nelle quantità, costringendoci a selezionare ciò di cui abbiamo bisogno e piacere che venga con noi.

Quando ho letto questo titolo ho pensato all’importanza che hanno gli oggetti che decidiamo di portare con noi e le motivazioni a cui il portarle è legato: che si tratti di necessità, di comfort psicologico o di portare con sé qualcosa che ci faccia sentire a casa anche quando siamo lontani, qualcosa che ci rappresenti o che descriva in qualche modo la nostra personalità.

Alessandra Falasconi fa questo esperimento di scrittura che ho trovato assolutamente interessante e capace di alimentare la mia instancabile curiosità; mostrandomi un modo nuovo per poter scoprire il volto e la personalità di un personaggio che viene considerato il Padre della psicoanalisi: Sigmund Freud.

Uomo di grande prestigio e talento che ha fondato le basi della psicoanalisi con le sue ricerche, i suoi studi e le sue teorie straordinarie utilizzate ancora oggi, teorie su cui ancora ampio studio è necessario fare perché non si finirà mai di scoprire i meandri segreti della psiche umana.

Come Freud cercava di entrare nella testa dei suoi pazienti per capirne le dinamiche e le patologie, così noi entreremo nella sua valigia come se fosse un magico portale che ci mostra il suo vero Io, l’Es e il Super Io dell’uomo della psicanalisi.

Proprio Freud asseriva che il comportamento umano è influenzato da ricordi, da pensieri e impulsi inconsci.

Ognuno di noi ha un Es (istinti primordiali), il Super Io che contiene il senso della moralità e un Ego che cerca di bilanciare, equilibrare, l’Es e il Super Io.

Ogni oggetto ha un aspetto e una funzione psicoanalitica (per oggetto non intendiamo solo le cose materiali ma anche l’oggetto come persona, come soggetto vitale che fa parte della nostra vita, l’oggetto e gli oggetti con cui interagiamo e di cui ci circondiamo e siamo circondati.

L’autrice cosa fa quindi con questo romanzo?

Utilizzerà proprio gli oggetti per raccontarci gli affetti di Sigmund Freud, mostrandoci l’altro volto di Freud, quello più interiore, più intimo.

Attraverso una prosa semplice, piacevole, leggera, cerca di spiegarci il lavoro svolto da Freud in maniera comprensibile ma soprattutto coinvolgente, toccando argomenti delicati e importanti con sensibilità e rispetto.

Come la psicoanalisi muta nel tempo, evolve, camminando al passo del pensiero scientifico, così lei ci permette di muoverci a piccoli passi nei concetti di base della psicoanalisi, facendoci diventare esploratori, ricercatori, archeologi del passato di Freud. 

Quando ci riferiamo agli oggetti dobbiamo immaginare la loro dinamica che sta contrapponendo l’oggetto al soggetto. Per oggetto ci riferiamo anche all’oggetto sessuale, alle pulsioni, considerando le correlazioni tra questi poli e il legame che si instaura tra l’oggetto e il soggetto e viceversa.

Abbiamo tutti un personale rapporto con le cose, con le persone, oggetti su cui proiettiamo le nostre ansie, le nostre paure, perfino le nostre speranze, i nostri desideri.

Ci sono oggetti che ci fanno sentire bene, sereni, altri che ci ricordano situazioni dolorose e tristi. Altri ancora che ci riportano alla felicità.

Un saggio indubbiamente per un pubblico curioso; Freud era un uomo felice? Era un uomo fatto di successi e di fallimenti come tutti del resto.

Pensate che negli anni 80, lo studioso Jeffrey Masson riuscì ad accedere ai documenti clinici e inediti di Freud e al suo archivio personale. Immaginate la preziosità di quelle carte, di quegli studi, di quei casi clinici.

Tra le carte furono ritrovati anche degli oggetti come un planisfero trafitto da spilli rossi con cui come in un risiko atavico Freud evidenzia i territori originari della psicoanalisi. 

Freud agiva come se fosse il conquistatore delle terre inesplorate della mente, così si comportava nelle sue ricerche, esplorava, scavava, ricercava per conquistare un altro pezzo della mente umana e per comprenderne il significato.

Pensate alle abilità della mente che riesce perfino a cercare di ingannare se stessa bypassando, rimuovendo i contenuti per riuscire ad aggirare la censura della mente; tanto da arrivare a noi attraverso il sogno. Anche questo ampiamente esplorato dal grande Freud.

La psicoanalisi è un edificio a multistrati che va costantemente esplorata tanto che ad oggi essa deve interagire con altre discipline come ad esempio la neuroscienza.

Gli oggetti, le cose, le azioni, le decisioni che prendiamo sono messaggi, sono segnali che vogliamo inviare a chi ci guarda e a chi ci è accanto.

Basta pensare al tatuaggio e al piercing per esempio come dei rituali che vogliono dire al mondo che il passaggio dal bambino all’adulto è avvenuto, l’assumersi la responsabilità del proprio corpo, di decidere di fare qualcosa di permanente e duraturo che rappresenti un’eternità mentale, che si rispecchi nel sociale. Il tatuaggio ci dà la sensazione di essere forti, ci fa sentire protetti e ci fa pensare che chi ci guarda ci veda come persone coraggiose senza paura. Ed è un pensiero inconscio.

Tra i vari oggetti nella valigia virtuale di Freud ce ne saranno molti che rappresentano non solo il suo stato mentale, affettivo ma anche quello sociale e il suo rapporto con se stesso: un anello, simbolo della fratellanza con i suoi esimi colleghi, prestigio, appartenenza, gli oggetti che indossiamo assumono sempre un valore allo sguardo di chi ci osserva.

Un pianoforte, un microscopio, il famosissimo divano…

Pensate al divano della psicoanalisi, pensate alle stanze sterili e asettiche degli studi medici; trovare un divano o una poltrona fa associare alla nostra mente un abbraccio, il conforto di qualcosa, di un oggetto che ci metta a nostro agio, che ci rilassi e ci permetta di affrontare la seduta medica con più serenità, un oggetto che riesce ad adattare uno stato mentale a se stesso e viceversa.

Troverete numeri, statue che sembrano rappresentare metafore dell’occhio e che Freud collezionava e teneva senza un apparente ordine così come fa la mente con i nostri pensieri, i nostri ricordi e le nostre emozioni.

Vi consiglio di approcciarvi a questa lettura con il cuore leggero, la mente curiosa e non potrete evitare alla fine di pensare quali siano i vostri oggetti all’interno della valigia della vita, quali oggetti vi rappresentino davvero.

I miei oggetti forse sarebbero il mio lettore kindle, il mio cellulare, uno stetoscopio, una penna, un quaderno, un rossetto, una fotografia e un libro che mi ricordi il rumore dei sorrisi delle persone che amo.

E voi?

Quali sono gli oggetti che sentite mostrino la vostra pura e intima essenza?

Sono certa che Freud avrebbe davvero apprezzato questo lavoro e questo mostrare le sue cose e ciò che queste hanno rappresentato nella sua vita.

Un uomo che ha studiato tanto le menti altrui non avrebbe avuto nessuna remora a permettere al mondo di ricercare nella sua testa e nella sua valigia.

Un’idea originale, davvero interessante, che mi piacerebbe vedere applicata anche ad altri personaggi importanti della storia, dell’arte e della scienza.

Grazie all’autrice per avermi permesso di esplorare il territorio della psicoanalisi attraverso ciò che rappresentano gli oggetti, i pensieri e le persone.

Bellissima e piacevolissima lettura.

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