“Morire ti fa bella” di Stefania Crepaldi, Salani Editore. A cura di Jessica Dichiara

Cominciato subito con il dire che ho un grosso problema con l’ironia. Non sempre la capisco e quando lo faccio quasi mai mi diverte. Chi come me con lo stesso problema? Ecco… dovete assolutamente leggere questo giallo.

Partiamo dalla dedica. A chi sta cercando il suo posto nel mondo.

Alzi la mano chi lo ha trovato. Ecco questo romanzo è dedicato alla maggior parte dei miei conoscenti e di questo sono assolutamente certa. Trovare il proprio posto è infatti una cosa complicatissima.

Ma vediamo cos’è questo posto che molti di noi a tutte le età cercano. Il nostro posto è quel luogo, spesso legato a un tempo preciso, in cui finalmente ci troviamo a casa. Il luogo dove avremmo sempre voluto stare. In cui siamo a nostro agio e ci sentiamo appagati e realizzati nelle nostre ambizioni, siano esse grandi o piccole, poco importa.

Fortunata, venticinquenne protagonista di questo romanzo, sa benissimo qual è il suo posto e sa anche che fra lei e quel posto ci sono tantissimi ostacoli che dovrà affrontare e superare per guadagnarsi il diritto di viverci. Dante, suo padrino, ci tiene infatti a ricordarle che quando si lavora non si può mettere al primo posto i desideri e le aspirazioni.

Di mestiere Fortunata cancella i segni della morte, è una tanatoesteta. Non per sua scelta però ma perché la sua famiglia ha un’agenzia di pompe funebri e nonostante questo mestiere le sia caduto addosso senza che lei abbia potuto evitarlo, la ragazza è bravissima a leggere i messaggi che la morte lascia.

La morte è un messaggio d’amore per noi che restiamo, è un invito a godere di nuovo delle nostre giornate.

Bellissimo messaggio che ci ricorda la nostra fragilità e la nostra scadenza e allo stesso tempo la nostra possibilità di essere felici, liberi e realizzati nell’unica vita che abbiamo.

È proprio così carissimi lettori! Nessuno di noi, ricco o povero che sia, ha una seconda possibilità. Abbiamo tutti un tempo limitato e la maggior parte di noi non può neanche quantificarlo.

Dunque ecco l’invito di questa bravissima autrice a cogliere quest’attimo che non ci verrà restituito per provare a realizzare i desideri più intimi e non arrenderci mai alla tristezza e allo sconforto.

Fortunata a venticinque anni non teme la morte. Quantomeno non teme la morte fisica, quella che sperimenta ogni giorno e che sembra sconvolgere le esistenze di tutti. La morte che teme Fortunata è quella dei sogni, delle aspirazioni, dei desideri. Quella per questa giovane e saggia ragazza è la vera morte che spegne lentamente l’uomo.

E davanti a cotanta saggezza non possiamo che inchinarci.

Dante Braghin, il suo padrino, è anche colonello della guardia di finanza e davanti alla morte di un giovane figlio di gioiellieri precipitato da un palazzo a Venezia, chiederà propria a Fortunata di aiutarlo nelle indagini confidando nell’occhio esperto e allenato della giovane a catturare i dettagli.

Accanto al lavoro che il fato ha scelto per lei c’è il lavoro dei sogni. La pasticciera. Il laboratorio di Mario, dove la nostra protagonista trova asilo di tanto in tanto, è un luogo affascinante in cui imparare un mestiere che non ha nulla a che vedere con la morte e le sue facce.

Un luogo che l’autrice descrive perfettamente anche attraverso immagini non visive. Il collo che perde la rigidità, il respiro che si fa regolare e leggero, sintomi di pace e di ritrovata serenità, ma anche in un certo senso di evasione.

Il suo posto, quel posto che l’autrice ha augurato a tutti noi di trovare, in cui immersa nei fumi della cucina Fortunata dimentica le difficoltà, i sensi di colpa, le aspettative del padre e si concentra sulla felicità che cancella qualsiasi stortura del mondo.

Sullo sfondo spettacolare Chioggia in festa con le sue botteghe medievali e i figuranti pronti per il Palio, Venezia con i monumenti meno visti come la Scala Contarini del Bovolo, le calli e tutta una serie di descrizioni dettagliate che mi hanno fatto apprezzare lo stile e la cura.

Vi sono albe in questo romanzo di cui vi innamorerete perdutamente e che vi faranno venir voglia di prendere e partire. Condivido pienamente la definizione che ci viene lasciata dalla Crepaldi, è un privilegio poter assistere a un simile spettacolo.

L’ironia del Signor M., il papà di Fortunata, è dissacrante e divertente e copre tutto il romanzo come una coperta leggera in grado di filtrare malessere e tensione.

La forza di queste pagine e la bellezza del messaggio che contengono possano accompagnarvi sempre.

Consiglio per la lettura: accompagnare con un vassoio di pasticceria fresca, meringhe, tarte tatin ed éclair oppure più semplicemente con un cornetto alla Nutella.

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